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FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO Parrocchia di Castel Gandolfo, 6 agosto 2008
Cari fratelli e sorelle, Nel racconto della Trasfigurazione mi colpiscono sempre queste parole di san Pietro: ÂÂÂSignore, è bello per noi restare qui!ÂÂÂ. EÂÂÂ come se lÂÂÂapostolo invitasse pure noi a rivivere le stesse indescrivibili emozioni provate in quellÂÂÂincontro celestiale avvenuto sul ÂÂÂmonte santoÂÂÂ, secondo la tradizione identificato nel monte Tabor; è come se, per rinvigorirci nella fede, rendesse anche noi spettatori di ciò che Pietro provò insieme agli altri attoniti e fortunati suoi amici Giacomo e Giovanni. In effetti per i tre discepoli fu unÂÂÂesperienza unica, che compresero però appieno solo dopo gli eventi salvifici della passione, morte, risurrezione e ascensione al Cielo. Sul Tabor sperimentarono in una certa misura il mistero della gloria divina di Cristo, il cui fulgore li avvolse allÂÂÂimprovviso; sentirono ripetere dallÂÂÂAlto le stesse parole proclamate al momento del Battesimo al Giordano: ÂÂÂQuesti è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!ÂÂÂ. Pregustarono così la gioia del paradiso ÂÂÂ meta di tutti i redenti ÂÂÂ e sia pure per qualche istante contemplarono faccia a faccia il Signore che apparve loro con il volto luminoso ÂÂÂcome il soleÂÂÂ e con le vesti ÂÂÂcandide come la luceÂÂÂ. La Trasfigurazione è mistero di luce! La luce di Cristo risorto che rischiara la nostra vita, la luce eterna e inestinguibile della nostra Pasqua definitiva che ci viene qui anticipata, in frammento, mentre camminiamo nellÂÂÂoscurità delle prove durante il pellegrinaggio terreno. LÂÂÂodierna festa è allora un invito a vivere con lo sguardo costantemente fisso in Dio. LÂÂÂincontro definitivo con Lui, al termine della nostra ÂÂÂcorsaÂÂÂ, fugherà ogni tenebra perché, come afferma san Pietro nella seconda lettura, ÂÂÂ spunterà il giorno e la stella del mattino si leverà per sempre nei nostri cuoriÂÂÂ. Fin dÂÂÂora, pertanto, è necessario impegnarci a ÂÂÂvivere nella luceÂÂÂ; è necessario che ci sforziamo di fuggire le tenebre del peccato e ci lasciamo pervadere dal mistero dellÂÂÂilluminazione divina: siamo stati trasfigurati a immagine di Cristo nel Battesimo, e nostro impegno dunque sia ÂÂÂcamminare nella luceÂÂÂ sino al giorno in cui anche noi saremo totalmente illuminati e trasfigurati dal Signore della Vita, nella gloria eterna del Cielo. Ogni anno, il 6 agosto, la liturgia ci offre lÂÂÂopportunità di rivivere spiritualmente questo mistero di luce, di gloria e di santità. Gli Orientali chiamano questa festa la ÂÂÂPasqua dellÂÂÂestateÂÂÂ perché nella sua Trasfigurazione Gesù manifesta ai discepoli lo splendore della vita divina che è in Lui, splendore che anticipa quello della sua risurrezione. Dopo la comunione, i nostri fratelli dellÂÂÂOriente cantano questÂÂÂoggi una bella ed espressiva antifona che inizia così: ÂÂÂidomen tò phòs ÂÂÂ abbiamo visto la luceÂÂÂ. Parole che echeggiano quelle del Salmista: Signore, ÂÂÂè in te la sorgente della vita, nella tua luce vediamo la luceÂÂÂ (Sal. 30, 10). Noi vediamo la luce se restiamo in comunione con il Cristo risorto. La luce è la forma più perfetta di comunione perché permette la conoscenza reciproca e la compenetrazione più totale: proprio per questo essa viene vista come il segno dellÂÂÂEucaristia, sommo mistero della nostra salvezza. In ogni celebrazione eucaristica il fulgore di Cristo risorto illumina le nostre anime, illumina la nostra attesa del giorno beato della venuta del Signore alla fine dei tempi. E questa attesa di Lui che è ÂÂÂnostra Pasqua e nostra sicura paceÂÂÂ (cf. Preghiera Eucaristica della Riconciliazione I) dà senso e valore a tutto ciò che siamo e a tutto ciò che facciamo. La festa della Trasfigurazione del Signore ci spinge pertanto a pensare alla nostra personale trasfigurazione. Nel libro dellÂÂÂApocalisse lÂÂÂAutore sacro racconta la visione degli eletti ÂÂÂvestiti di biancoÂÂÂ e viene chiesto chi essi siano e donde vengano. Essi sono ÂÂÂ è la risposta ÂÂÂ quelli che ÂÂÂsono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dellÂÂÂAgnelloÂÂÂ. Sono dunque i ÂÂÂtrasfiguratiÂÂÂ, quelli che, raggiunta la meta, ÂÂÂstanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuarioÂÂÂ (cf 7, 13 ÂÂÂ 15). Sono i santi che contemplano Dio in eterno, nella gloria del Cielo. A questo siamo chiamati anche noi, cari fratelli e sorelle! Il Cielo è la nostra meta; meta a cui però potremo giungere solo dopo aver percorso, seguendo Gesù, il cammino della croce. Mentre scendono dal monte Gesù avverte i tre apostoli di non parlare a nessuno della visione avuta ÂÂÂfinché il Figlio dellÂÂÂuomo non sia risorto dai mortiÂÂÂ. Queste sue parole suonano come ammaestramento anche per noi ad accogliere il mistero della Croce. Tra poco canteremo nel prefazio: Cristo ÂÂÂrivelò la sua gloriaÂÂÂ per preparare i discepoli a sostenere lo scandalo della croce e anticipare, nella trasfigurazione, il destino meraviglioso della Chiesa, suo mistico corpoÂÂÂ. Guardando a Cristo trasfigurato, la Chiesa si rende conto di essere in cammino verso la sua gloria, ed, al tempo stesso, prende coscienza che prima però deve condividerne la dolorosa passione. ÂÂÂSe qualcuno vuol venire dietro a me ÂÂÂ dirà agli apostoli Gesù ÂÂÂ rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi seguaÂÂÂ. QuestÂÂÂoggi, nella festa della Trasfigurazione, Gesù ci invita a prendere di nuovo ognuno la nostra croce, a rafforzarci nella via della croce, disponibili ad accettare tutto dalle sue mani, con piena fiducia nelle sue promesse. In questo contesto di fede e di docile ascolto delle parole del Signore ben sÂÂÂinserisce il ricordo del Servo di Dio, il Papa Paolo VI, il quale fece ritorno alla casa del Padre, al tramonto del giorno della festa della Trasfigurazione. Era il 6 agosto del 1978 e proprio qui, a Castel Gandolfo, nel palazzo Apostolico egli terminò il suo pellegrinaggio terreno. Sono trascorsi trentÂÂÂanni da quel momento e questÂÂÂanniversario viene giustamente sottolineato con varie manifestazioni. Il Santo Padre Benedetto XVI lo ha ricordato domenica scorsa allÂÂÂAngelus a Bressanone, dove si trova per alcuni giorni di riposo, e ne ha sottolineato lÂÂÂamore fedele per Cristo, amore che lo ha ispirato e guidato nel suo lungo e non facile ministero pastorale. Anche noi questa sera vogliamo farne memoria in questa celebrazione eucaristica, rendendo grazie al Signore per il fedele servizio reso alla Chiesa e allÂÂÂumanità da questo grande Pontefice, apprezzato ancor più proprio a partire dal giorno della sua morte. Il momento della sua morte fu infatti per lÂÂÂopinione pubblica lÂÂÂoccasione per conoscerlo meglio e per riconoscere lÂÂÂopera straordinaria da lui compiuta con paziente saggezza e indomita fedeltà al Vangelo. Che dire di lui? EÂÂÂ veramente ricco il patrimonio spirituale che ha lasciato alla Chiesa e allÂÂÂumanità del secolo XX. Il suo nome è legato ad eventi che hanno profondamente segnato la vita della Chiesa, primo fra tutti il Concilio Vaticano II, ma anche la storia contemporanea. Eletto il 21 giugno del 1963, dopo la morte del beato Giovanni XXIII mentre era in pieno svolgimento lÂÂÂAssemblea conciliare, Papa Montini raccolse la non facile eredità del suo predecessore. Con coraggiosa prudenza, con illuminata sapienza e saldo discernimento seppe guidare la ÂÂÂBarca di PietroÂÂÂ e dialogò con il mondo contemporaneo senza lasciarsi condizionare da remore conservatrici e né cedere a pericolose e affrettate fughe in avanti. La bussola che ne guidò le scelte e le decisioni fu sempre ed unicamente lÂÂÂamore fedele ed appassionato per Cristo, il cui volto ÂÂÂ ha ricordato domenica scorsa Sua Santità ÂÂÂ egli ricercò e contemplò incessantemente. A trentÂÂÂanni di distanza è più facile oggi riconoscerne con ammirazione le doti umane, spirituali e pastorali come pure valutare lÂÂÂimportanza di alcune sue scelte profetiche, che lo portarono in alcuni momenti ÂÂÂ si pensi ad esempio alla pubblicazione 40 anni fa dellÂÂÂEnciclica Humanae vitae, il 25 luglio del 1968 ÂÂÂ a ritrovarsi quasi isolato, non compreso, persino ingiustamente osteggiato dalla pubblica opinione dominante. Nella catechesi di mercoledì 31 luglio 1968 egli confidò come un padre ai fedeli che su un tema tanto delicato e importante per la vita della società, qual è appunto ÂÂÂla moralità coniugale in ordine alla sua missione dÂÂÂamore e di fecondità nella visione integrale dellÂÂÂuomoÂÂÂ egli, dopo aver consultato molte persone di alto valore morale, scientifico e pastorale, aveva messo la sua coscienza nella piena e libera disponibilità alla voce della verità cercando dÂÂÂinterpretare la norma divina che scaturisce dallÂÂÂintrinseca esigenza dellÂÂÂautentico amore umano. Abbiamo riflesso ÂÂÂ disse - sopra gli elementi stabili della dottrina tradizionale e vigente della Chiesa, specialmente sopra gli insegnamenti del recente Concilio, ponderando le conseguenze dellÂÂÂuna e dellÂÂÂaltra decisione, ma ÂÂÂnon abbiamo avuto dubbio sul nostro dovere di pronunciare la nostra sentenza nei termini espressi dalla presente EnciclicaÂÂÂ. Sapeva bene che una vasta porzione della pubblica opinione, con ripercussioni anche dentro la comunità ecclesiale, gli era contro, ma non esitò nel decidere: e lo fece illuminato dallo Spirito Santo per il vero bene dellÂÂÂuomo e della donna. Analoga fermezza dimostrò in diverse altre circostanze, mostrando una autentica sete di verità e di amore per Dio e per gli uomini. Mosso da ciò formulò sempre un chiaro ed inequivocabile insegnamento su scottanti temi di dottrina e di morale, allora fortemente in discussione, quali il celibato sacerdotale, il ministero presbiterale, il ruolo della donna nella Chiesa, la morale familiare, la questione sociale ecc. A trentÂÂÂanni dalla sua morte, varrebbe certamente la pena di riprendere in mano lÂÂÂintero suo magistero, al quale si sono ispirati i suoi successori. Sarebbe quanto mai proficuo per tutti rileggere i suoi cesellati discorsi ed i suoi ponderati interventi di alto spessore teologico e pastorale, meditare sulle sue omelie e catechesi di profondo afflato ascetico e spirituale, riascoltare le sue riflessioni di ampio respiro filosofico e sociale, per cogliere tutta la ricchezza del suo animo di Pastore innamorato di Cristo e della Chiesa, in ascolto e dialogo sincero con la modernità. Mentre, come ci ha invitati domenica scorsa il Santo Padre, preghiamo perché possiamo venerare presto Paolo VI come Beato, ringraziamo il Signore per averlo dato alla Chiesa. Invochiamo lÂÂÂintercessione di Maria e dellÂÂÂapostolo Paolo, del quale egli era particolarmente devoto (in questÂÂÂanno giubilare paolino) perché ÂÂÂ così egli scrisse nellÂÂÂEsortazione Apostolica Marialis cultus ÂÂÂ tutti i cristiani siano sempre ÂÂÂilluminati dalla luce della divina Parola ed indotti ad agire secondo i dettami della Sapienza incarnataÂÂÂ. Amen!
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