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INCONTRO DEI RESPONSABILI DI TUTTO IL MONDO
DEL MOVIMENTO “EQUIPES NOTRE DAME”

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Sabato, 24 gennaio 2009

 

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

ho accolto volentieri l’invito che mi avete rivolto a presiedere questa liturgia eucaristica in occasione dell’incontro dei responsabili delle Equipes Notre Dame di tutto il mondo. Per me, che in passato ho avuto modo di conoscervi ed apprezzarvi come consigliere spirituale delle Equipes romane, è un vero piacere incontrarvi, memore delle belle esperienze che ho potuto fare con il vostro Movimento. Proprio in nome di questa amicizia che data ormai da diversi anni, vorrei allora salutarvi tutti con grande affetto. Voi svolgete un servizio apostolico di grande interesse ed utilità per la Chiesa, seguendo con fedeltà le indicazioni dei vescovi e dei parroci. Ho potuto poi constatare, per diretta mia esperienza, quanto sia attuale il vostro carisma. Il vostro Movimento laicale di spiritualità coniugale, nato per rispondere all’esigenza fortemente avvertita dalle coppie di sposi cristiani di valorizzare appieno il sacramento del matrimonio, si trova oggi, nel complesso contesto sociale e culturale in cui vive la coppia, ad affrontare nuove problematiche e a proporre un rinnovato slancio spirituale alle famiglie cristiane.

Quanto poi sia urgente prendersi cura della famiglia non è neppure necessario che lo dica. Sono appena tornato, come voi sapete, dall’incontro mondiale delle famiglie che si è tenuto in Messico: è stata una bella ed indimenticabile manifestazione di fede, di fraternità, di gioia, resa ancor più tangibile dall’accoglienza solare e vivace dei popoli latinoamericani e specialmente della gente messicana. Durante quasi una settimana si è pregato insieme per le famiglie cristiane, facendo riferimento alla singolare e difficile missione loro affidata in questa nostra epoca; si è cercato di riflettere approfonditamente sulle sfide che l’istituto familiare si trova ad affrontare in questi nostri tempi, in ogni parte del mondo; sono emerse linee formative e indicazioni pastorali per una sempre più incisiva diffusione del Vangelo della vita nelle comunità cristiane. Anche se sono stati evidenziati problemi e ombre, anche se non si è mancato di sottolineare gli aspetti preoccupanti che investono la famiglia, questa straordinaria assemblea di famiglie cristiane, di pastori e di responsabili della pastorale familiare venuti da tutti i continenti, ha voluto soprattutto testimoniare la speranza che nutre la famiglia cristiana oggi, consapevole della missione che deve svolgere e del compito sociale di enorme importanza che riveste per il futuro dell’umanità. Di tutto questo vorrei anche questa sera ringraziare il Signore insieme a voi.

A Città del Messico sono andato come Rappresentante del Santo Padre Benedetto XVI, il quale ha molto a cuore la famiglia, come hanno fatto i suoi predecessori e, in particolar modo, il Servo di Dio Giovanni Paolo II.

Di Sua Santità mi è gradito trasmettervi il saluto e l’incoraggiamento a proseguire il vostro servizio ecclesiale. Egli assicura la sua preghiera per le vostre intenzioni e per i vostri programmi spirituali e pastorali che di cuore benedice. In modo speciale benedice il presente incontro formativo, che raccoglie coppie e sacerdoti provenienti da diversi continenti.

All’augurio del Papa unisco ben volentieri il mio perché questo 2° “Raduno Internazionale dei Responsabili Regionali” serva ad approfondire la spiritualità e la missione delle Equipes Notre Dame nella nostra epoca.

Vediamo ora come le letture bibliche ci aiutino a comprendere meglio la nostra missione di cristiani nel mondo che, per essere svolta bene – come ci ha ricordato la Colletta all’inizio della Messa – occorre “aderire con tutta l’anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai lontani l’unico Salvatore”. Aderire appieno al Vangelo significa e implica aprire il cuore a Cristo, credere a Lui e porre tutta la nostra fiducia in Lui: ecco la conversione a cui ci invita Gesù stesso nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. “Dopo che Giovanni fu arrestato – scrive san Marco – Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo”.

Inizia così la vita pubblica di Gesù; e con questo stesso invito inizierà la missione della Chiesa quando gli Apostoli, dal giorno della Pentecoste, inviteranno ebrei e pagani a convertirsi e a farsi battezzare nel nome di Gesù Cristo per il perdono dei peccati e per ricevere il dono dello Spirito Santo (cfr. At.2,38),

Convertirsi e credere indicano in effetti la stessa cosa: anzi, potremmo dire, che, secondo l’invito di Gesù, convertirsi è credere, è aprire la mente e il cuore al suo Vangelo che illumina il cammino della vita umana; convertirsi, secondo la predicazione degli Apostoli, è credere ed accogliere Gesù stesso, Verbo del Padre fatto uomo per salvarci, morto e risorto: convertirsi è pertanto entrare in contatto personalmente e comunitariamente con Lui, è vivere con Lui perchè Egli è vivo! “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”: proprio con queste sue parole si chiude il Vangelo di Matteo. Ecco il nucleo centrale del kerigma apostolico, che è sempre attuale ed immutato; ecco il cuore della predicazione missionaria di san Paolo, l’Apostolo delle genti, che in quest’Anno Paolino ricordiamo particolarmente. A questa conversione, che è risveglio di una fede autentica, dobbiamo fare costantemente ritorno.

Aprire il cuore a Cristo! Questo invito si rivolge a tutti; è per ogni battezzato, così da diventare lo scopo primario a cui tendere senza stancarsi, se si vuole dare senso vero alla propria esistenza cristiana. Gesù ci chiama a vivere con Lui, e in questo consiste la nostra vocazione, in questo consiste la santità, che è chiamata universale, per tutti i battezzati, ognuno secondo le proprie condizioni di vita. Mi piace al riguardo riprendere una considerazione di san Francesco di Sales, la cui festa cade in questo giorno. “Nella creazione – egli scrive – Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna “secondo la propria specie” (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. La devozione (leggiamo, la santità) deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata”.

Quando si tende alla santità, prosegue questo santo Vescovo, a cui si è molto ispirato don Bosco, “la cura della famiglia è resa più leggera, l’amore fra marito e moglie più sincero…e tutte le altre occupazioni più soavi e amabili”.

Questa considerazione sulla santità appare per noi abbastanza ovvia, ma così non era al tempo in cui san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, 400 anni fa dispensava questi consigli nei due suoi “poveri libretti” (come li chiamava lui) che sono “Filotea, ossia introduzione alla vita devota” e il “Trattato dell’Amore divino”, esortando tutti a giungere ad “un alto grado di carità cristiana” nella vita di ogni giorno. Raccogliamo questo invito alla santità, che fa eco alle parole di Cristo, cari fratelli e sorelle delle Equipes Notre Dame! Ed, a questo proposito, alla luce della vostra quotidiana esperienza, quanti episodi di autentica conversione si potrebbero raccontare! Quante coppie ritrovano l’armonia e la pace quando si convertono all’amore del Signore! Nulla è veramente impossibile a Dio, quando ci fidiamo e ci affidiamo totalmente a Lui.

Con questo ottimismo che nasce dalla fede, dobbiamo guardare alla condizione delle famiglie pur segnate oggi da diverse “piaghe”: incomprensioni, infedeltà, separazioni, divorzi, facili convivenze, difficoltà economiche e sociali, perdita dell’entusiasmo e della reciproca fiducia, ecc. ecc. Occorre non fermarsi a questa lista, che potremmo dire, “nera” della condizione familiare. E’ bene invece – e voi potete farlo con ricchezza di elementi e testimonianze – mettere in luce i prodigi che il Signore compie in tante famiglie che, pur tra mille prove, si fidano di Cristo. Ad accogliere prontamente l’annuncio evangelico sono non di rado persone e famiglie che apparentemente sono più lontani. Proprio come si verificò con Giona e gli abitanti di Ninive, Abbiamo ascoltato nella prima lettura che, alla predicazione del profeta, si convertirono dalla loro condotta malvagia gli abitanti della “metropoli” di Ninive, città biblica della miscredenza, del rifiuto di Dio e dell’indifferenza religiosa, emblema di ostilità e di refrattarietà umana alla salvezza, gente insomma atea e lontana da Dio. Eppure compresero, assimilarono, si convinsero e cambiarono immediatamente modo di pensare e di vivere.

Questo episodio, tratto dal brevissimo libro di Giona, ci ricorda che anche i cuori più induriti, anche le situazioni più complicate riescono a trovare luce e pace se ci si apre sinceramente alla Parola di Dio. Ci ricorda anche che chiunque è al servizio del Vangelo deve proclamare insistentemente questo “Vangelo della famiglia” lasciandosi guidare però dall’amore misericordioso di Dio per il suo popolo e non da altri umani sentimenti. La missione di Giona ci fa pensare a quella degli Apostoli, che Gesù si sceglie non tra sapienti e dotti, ma tra semplici e poveri pescatori, chiedendo loro come unica condizione indispensabile per seguirlo, di andare dietro a lui abbandonando tutto: casa, lavoro, famiglia ecc. E loro si fidarono di Lui: “E subito – nota l’evangelista Marco – lasciarono le reti e lo seguirono”.

Possiamo leggere qui il segreto del nostro apostolato, cari fratelli e sorelle.

Tutto sta nel «seguire»! Anziché dire che il discepolo è chiamato a imparare, il Vangelo dice che è chiamato a seguire. È una specie di anomalia sulla quale si riflette poco. Il verbo, che abitualmente si accompagna alla parola discepolo, è «imparare». Usando, invece, il verbo «seguire», il Vangelo sottolinea che al primo posto non c'è una dottrina, ma un modo di vivere. E quando ci poniamo alla sequela evangelica, il Signore ci chiama a camminare con Lui: a uscire da noi stessi, dai nostri interessi e persino dai nostri limiti per aprirci alla ricchezza del suo amore. Solo così possiamo diventare suoi apostoli nei vari campi in cui la Provvidenza ci pone nella Chiesa e nella società.

Cari amici, delle molte altre riflessioni, che si potrebbero aggiungere, mi limito, infine, ad accennare allo stile con cui dobbiamo vivere la nostra missione, facendo riferimento alla seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi. “Il tempo si è fatto breve… - scrive l’Apostolo - quelli che usano del mondo vivano come se non ne usassero appieno: passa infatti la figura di questo mondo”. E’ una chiara esortazione a saper discerne ciò che è effimero e passeggero per non distogliere il cuore da ciò che essenziale, a non confondere l’utile con l’indispensabile. Per voi, cari amici delle Equipes Notre Dame, questa Parola di Dio è incoraggiamento a rafforzare il «sì» del vostro impegno per vivere il vostro amore fedelmente; è spinta ad aiutare le altre coppie, comunicando loro la vostra esperienza che, in definitiva, è incontro con Cristo, fonte inesauribile di luce e di amore nella vita coniugale. Proseguendo la celebrazione eucaristica, chiediamo al Signore di benedire e proteggere il vostro Movimento e le coppie di sposi che beneficiano delle vostre attività ed iniziative pastorali. Preghiamo perché, fedeli all’insegnamento del vostro fondatore, il Servo di Dio padre Henri Caffarel, possiate rendere ovunque una chiara ed incoraggiante testimonianza dell’amore coniugale e familiare, testimonianza che è tra le più urgenti ed attese nell’attuale epoca storica.

Affidiamo queste nostre intenzioni a san Francesco di Sales e a san Paolo, la cui conversione ricorderemo domani, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Imploriamo soprattutto la materna protezione di Maria su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie e sulle attività del vostro Movimento.

 

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