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INAUGURAZIONE DELLA STRUTTURA
PER LA RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA PER L’ETÀ EVOLUTIVA
PRESSO IL PRESIDIO DI SANTA MARINELLA
DELL’OSPEDALE PEDIATRICO BAMBINO GESÙ

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Giovedì, 26 marzo 2009

 

Stimatissimo Presidente,
Illustri Signori Medici,
Pregiatissimi Signori e Signore del Personale,
carissimi Degenti e rispettivi Familiari,

sono onorato di partecipare a questa Conferenza dal titolo “L’eccellenza in riabilitazione pediatrica”, in occasione dell’inaugurazione della Struttura per la Riabilitazione Neuromotoria per l’Età Evolutiva e dei Servizi connessi nel Presidio di Santa Marinella dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Innanzitutto desidero ringraziare di cuore il Dott. Pietro Marrazzo, Presidente della Regione Lazio, per la fattiva e positiva collaborazione data, in accordo con le Autorità Sanitarie e Amministrative dell’Ospedale Bambino Gesù, per rendere possibile l’ampliamento della rete di servizi resi ai bambini e alle loro famiglie, riconoscendo con ciò il valore, noto non solo in Italia ma anche all’estero, dell’ “Ospedale del Papa”, come viene definito. Si tratta, infatti, di un’ulteriore prova della reciproca collaborazione, che manifesta anche il legame del Vescovo di Roma con la Città Eterna e il territorio circostante e, in particolare, con quella porzione di sofferenza che nel volto dei bambini trova la sua più struggente espressione.

Con questa nuova Struttura di Santa Marinella - la cui inaugurazione che cade nel 140° anniversario dell’istituzione dell’Ospedale Bambino Gesù, sorto nel cuore di Roma grazie ad una donazione dei duchi Salviati - si intende puntare all’“eccellenza”, come hanno confermato le Relazioni che hanno preceduto questo mio breve intervento.

L’ “eccellenza”, se molte volte può essere identificata o verificata dalle strutture e dagli apparati organizzativi e tecnologici, trova anzitutto la propria verifica più autentica nelle figure professionali che operano al loro interno, e che dovrebbero essere animate dallo stesso spirito di fede e di carità che ha caratterizzato fin dal suo sorgere questa Istituzione. In questo senso, l’“eccellenza” professionale, e ancor più quella rivolta a favore dei bambini, di sua natura si nutre di una realtà sempre più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere, aprendoci così anche alla dimensione dell’infinito e dell’eterno.

Al riguardo, nella Sua prima Enciclica “Deus caritas est”, il Santo Padre Benedetto XVI affermava che l’amore si apre all’eternità e ci unisce al vero Amore: nella morte in croce - queste le parole del Papa - “ [Gesù] si dona per rialzare l'uomo e salvarlo - amore, questo, nella sua forma più radicale” (Enc. Deus caritas est, n. 12). Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo contempla questa verità, “e partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare” (Enc. Deus caritas est, n. 12).

Il senso e il valore della professione medica e di ogni servizio reso al più piccolo dei fratelli si misurano, dunque, anche in questa Struttura Sanitaria, sulla capacità di eccellere nell’anteporre a noi stessi il bene dell’altro, soprattutto quando questo altro assume le sembianze dell’indifeso e dell’innocente sofferente.

In questo Anno nel quale si celebra il Bimillenario della nascita dell’Apostolo Paolo, avvertiamo quanto mai attuale ed impegnativa l’affermazione paolina, rivolta ai cristiani di Corinto “caritas Christi urget nos” (2 Cor 5, 14). L’amore stesso di Gesù vi sproni intimamente ad offrire le vostre diverse e complementari professionalità nel rapporto quotidiano con la sofferenza e col sofferente, definendo così la misura della vostra umanità.

In questo luogo mi auguro quindi che possiate costituire un esempio e un incentivo per la società odierna, per ridare senso alla vita, in qualunque forma essa si manifesti, anche quando questa è profondamente segnata e minata dalla sofferenza, tanto che a volte – come purtroppo ne danno attestazione anche recenti vicende - risulta perfino difficile considerarla nella sua valenza e dignità, e, conseguentemente, nella sua indisponibilità. Là dove invece la vita è accolta e amata sempre si apre alla speranza, nella certezza di una condivisione che ancora prima di essere donata ad un altro, ci è anticipatamente partecipata da un Altro, da Dio stesso nel Suo Figlio Gesù.

A tal riguardo, non possiamo non avvertire l’afflato profetico delle parole di Benedetto XVI, quando nella sua Enciclica sulla speranza affermava testualmente: “una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana. La società, però, non può accettare i sofferenti e sostenerli nella loro sofferenza, se i singoli non sono essi stessi capaci di ciò e, d'altra parte, il singolo non può accettare la sofferenza dell'altro se egli personalmente non riesce a trovare nella sofferenza un senso, un cammino di purificazione e di maturazione, un cammino di speranza. Accettare l'altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c'è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell'amore”. (Enc. Spe salvi, n. 38).

Il senso della Benedizione che tra poco impartirò a questi nuovi locali, che accoglieranno un coagulo di professionalità, di sofferenza, di condivisione e di speranza vissuti rispettivamente dagli operatori sanitari, dai bambini ammalati e dai loro familiari, vuole esprimere il fatto che “l'uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter compatire con l'uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza” (Enc. Spe salvi, n. 39).

Questa Benedizione esprime altresì la vicinanza del Santo Padre a tutti e a ciascuno di voi, come segno della costante ansia e compassione che Egli nutre per ogni uomo segnato dal mistero della croce e della sofferenza, assolvendo in tal modo al ministero affidatoGli come Vescovo di Roma, esercitando una sorta di primato nell’amore in tutta la Chiesa Cattolica e cioè universale.

Al riguardo, Ignazio, terzo Vescovo di Antiochia († ca. 117), immediatamente a ridosso del periodo apostolico, con una splendida e significativa espressione contenuta nel prologo della Lettera ai Romani, qualifica la Chiesa di Roma come colei “che presiede nella carità (agape)”. Si può ritenere che egli, con questa definizione intendesse un vero riconoscimento di una autorità e di una dignità proprie della Chiesa di Roma, ma senz’altro esprimerne in qualche modo anche la concreta attività caritativa.

Pertanto, mentre ringrazio fin d’ora tutti coloro che partecipano a questo incontro, auguro a coloro che usufruiranno dei servizi sanitari di questa Istituzione di ritrovare salute, vera compassione e speranza. Confido che questa struttura, con l’intercessione di Maria Santissima, Madre della speranza, possa corrispondere con eccellenza alla missione affidata in particolare alla Chiesa di Roma e a ciascuno dei sui membri nel servizio della carità.

 

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