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 CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN ONORE DELLE RECLUTE DELLA
GUARDIA SVIZZERA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Mercoledì, 30 giugno 2010
 

Carissimi,

desidero esprimere a tutti voi qui presenti il mio più cordiale saluto, che rivolgo in modo particolare al Comandante, dott. Daniel Rudolf Anring, ed al Reverendo Cappellano, Mons. Alain de Raemy.

Dopo la festività congiunta degli Apostoli Pietro e Paolo, oggi la Chiesa celebra la memoria dei numerosi Martiri cristiani che, come attesta Papa Clemente, furono crudelmente uccisi con supplizi diversi nei giardini vaticani per ordine dell’Imperatore Nerone, dopo l’incendio di Roma del luglio dell’anno 64. Nerone diede il via all’assurda ostilità del popolo romano, peraltro molto tollerante in materia religiosa, nei confronti dei cristiani: la ferocia con la quale colpì i presunti incendiari non trova neppure la giustificazione del supremo interesse dell’Impero. “Allora – scrive Tacito - si manifestò un sentimento di pietà, pur trattandosi di gente meritevole dei più esemplari castighi, perché si vedeva che erano eliminati non per il bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di un individuo” (­­­­Annales XV, 44). La persecuzione non si arrestò a quella fatale estate, ma si prolungò fino all’anno 67.

La Lettera agli Ebrei, da cui è tratto il testo della prima Lettura, esorta a “richiamare alla memoria quei primi giorni”, innanzitutto per lodare Dio per quanti hanno bagnato con il loro sangue il suolo di questa Città di Roma, non solo per testimoniare la fedeltà a Cristo, ma anche per ricordare che Egli, il Re dei Martiri, ha segnato per tutti e per sempre una strada, quella della Croce, chiamando i discepoli di tutti i tempi a seguirlo da vicino portando ogni giorno la propria croce.

Iniziando il vostro servizio nel Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, voi entrate a far parte di questa meravigliosa storia cristiana, i cui segni più eloquenti sono conservati come in uno scrigno prezioso specialmente tra le mura del Vaticano. Dalla grande tribolazione che ha segnato i primi secoli della Chiesa di Roma, che presiede alla carità, per volontà del suo Signore, si è sviluppata, nascendo proprio dal seme prezioso del sangue dei Martiri, la gloriosa Chiesa Cattolica, guidata dai Successori di Pietro nell’unica e vivente tradizione apostolica.

L’Orazione “Colletta” della celebrazione di oggi, esprime il senso profondo di questa memoria, implorando Dio, “che ha fecondato con il sangue dei martiri i primi germogli della Chiesa di Roma, di concederci che il luminoso esempio di così coraggiosi testimoni, ci confermi nella fede, perché possiamo raccogliere il frutto del loro sacrificio”.

L’idea del Martirio ha subìto una certa evoluzione nella tradizione biblica; infatti, se per il Giudaismo morire martire era un atto di obbedienza alla Legge, pur con una crescente prospettiva nella speranza della risurrezione (cfr 1-2 Maccabei); per i cristiani questi motivi sono assunti in un contesto cristologico, che pone nella Croce di Cristo la potenza escatologica di Dio.

Il Cristo è stato sottoposto alla passione, perché satana ha scatenato la sua opposizione contro di Lui; ma la Risurrezione diventa l’orizzonte di gloria della stessa passione, per cui il martire cristiano va considerato come un continuatore della lotta di Cristo contro il male e insieme testimone della potenza di Dio, che è stata vittoriosa nella Croce (cfr 2Cor 12,9). Ecco perché nel Martirio si manifesta la presenza dello Spirito, che fa superare la debolezza della carne; e mediante il culto dei Martiri noi troviamo conferma nella fede, perché il loro luminoso esempio costituisce un segno costante della vittoria di Cristo. In questo senso si passa dalla dimensione cristologica e trinitaria del Martirio all’aspetto etico, per cui esso diventa un’impresa a favore della verità cristiana, assumendo quelle dimensioni eroiche che emulano il coraggio dei Martiri proposti come nostro esempio.

L’Evangelista Matteo ci esorta a non avere paura di coloro che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima. Infatti, era proprio questa la certezza che sosteneva i primi Martiri nell’andare incontro al supplizio: l’anima immortale si sarebbe congiunta a Cristo, vincitore del peccato e della morte, nell’unica vittoria riservata a coloro che credono, desiderando imitare il Maestro nella vita, ma anche nella morte. La Chiesa ha preso coscienza ed esprime qui la sua convinzione di essere chiamata a mettere a disposizione di tutti ogni ricchezza che Cristo le ha affidato. Sa di essere la coscienza critica del mondo mediante la Parola del suo Signore.

E’ chiaro che ciò suscita in alcuni reazioni negative, ma il loro potere è limitato al “corpo”, alla vita terrena: non tocca “l’anima”, la vita eterna, il destino finale. Dio sa condurre avanti il suo disegno di salvezza rispettando la libertà dell’uomo, che si può esprimere in rifiuto o in accoglienza. Il male verrà alla fine punito, nella misura della sua ostinatezza, con il castigo definitivo che sancisce la rovina totale dell’uomo, facendo perire e l’anima e il corpo. Il timore di Dio è allora la coscienza dell’enorme posta affidata alla nostra libertà, ma anche dell’onnipotenza misericordiosa di Dio che ha cura di tutto il creato – “due passeri” - , e tanto più veglierà sui suoi figli.

L’uomo, però, è chiamato a corrispondere con la confessione aperta e pubblica di Gesù, il quale ancora una volta si pone come elemento discriminante per la salvezza, perché sta in una relazione unica con Dio, che chiama “Padre mio”, ma anche in stretto rapporto con gli uomini, che devono riconoscere in Lui la potenza salvatrice di Dio stesso.

Ogni anno, cari fratelli, la Guardia Svizzera commemora un avvenimento scritto in caratteri d’oro nella storia della Chiesa di Roma: l’eroico esempio di quei vostri connazionali che poco più di 500 anni or sono seppero testimoniare col sacrificio della vita la loro fedeltà al Papa. Sappiamo bene che quell’atto eroico non è rimasto isolato nella storia del vostro Corpo, ma alimenta tuttora lo spirito di fedeltà al Successore dell’Apostolo Pietro che vi caratterizza e che si è tramandato inalterato lungo i secoli, quale precisa consegna di ogni membro della Guardia Svizzera Pontificia.

In questo momento di intimità spirituale attorno all’Altare del Signore, mi è caro esprimere un affettuoso e devoto pensiero al Santo Padre Benedetto XVI, che ciascuno di voi avrà la gioia di incontrare e l’alto onore di servire. In un frangente delicato per l’intera Comunità ecclesiale, vengono in mente le parole dell’unico Maestro e Signore, Gesù: “ Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” ( Gv. 15,20 ). Rinnoviamo la nostra fedele adesione alla Persona ed al Magistero del Sommo Pontefice, assicurando costanti preghiere per la fecondità del Suo Ministero di Pastore della Chiesa Universale. Questa fedeltà al Papa, di cui è giustamente fiera la Guardia Svizzera, saprete testimoniarla anche voi, nuove reclute, in ogni situazione della vita, in modo che costituisca il vostro distintivo di onore ed il vostro più caro tesoro. Della fedeltà al Vicario di Cristo ha bisogno la Chiesa, soprattutto oggi, per la sua difesa e per il suo sviluppo e, su di essa fa principalmente affidamento per svolgere la sua impegnativa, e spesso difficile, ma insostituibile missione nel mondo. La fiaccola della fedeltà a Cristo e alla Chiesa non solo non si è mai spenta, ma è stata tramandata con grande fermezza di generazione in generazione, nel crogiuolo di un mondo in continuo mutamento.

Care Guardie, vi auguro che nel compiere il vostro dovere, siate sempre animati da vivo e luminoso spirito di fede. Non si può vivere a Roma, a contatto con le memorie più sacre di Pietro e degli Apostoli, nella Casa stessa del Vicario di Cristo in terra, testimoni quotidiani della vitalità e del fervore della Chiesa Cattolica e dei suoi figli provenienti da tutto il mondo, senza lasciarsi profondamente permeare da questo spirito, che qui fortemente si irradia perché qui trova la sua espressione più alta e autentica. Oltre a esortarvi ad essere fedeli all’impegno che state per assumere, invoco dal Signore per voi un particolare aiuto, perché possiate perseverare in questo compito così importante e delicato. La solida vita di fede, la consapevolezza dell'appartenenza alla Chiesa, la ferma volontà di non venir meno al giuramento di fedeltà al Papa, sono le motivazioni profonde che danno senso al vostro lavoro quotidiano. Vi assistano sempre la celeste protezione della Vergine Maria e l’intercessione dei santi Patroni.

 

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