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DEDICAZIONE DELLA STAZIONE CENTRALE DI MILANO
A SANTA FRANCESCA SAVERIO CABRINI

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Sabato, 13 Novembre 2010

 

Mi è particolarmente gradito rivolgere un cordiale e sincero ringraziamento a quanti hanno reso possibile questo evento. Al Sindaco di Milano, On. Letizia Moratti, che con prontezza ha accolto la richiesta di tanti cittadini non solo milanesi ma lombardi e perfino da tanti Paesi sparsi per il mondo, di dare un segno tangibile del significato permanente dell'opera di santa Francesca Cabrini. All'Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, Ing. Mauro Moretti, per la benevolenza con la quale ha dato il suo assenso per questo evento che viene ad impreziosire una delle stazioni più importanti dell'Italia con il contributo originale dell'arch. Mario Botta. Il mio saluto si estende alle Personalità qui riunite: in primo luogo, a Sua Eminenza il Cardinale Dionigi Tettamanzi arcivescovo di Milano, agli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi, alla Rev.ma Madre Generale della Congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore e alla Comunità delle Suore Cabriniane, alle autorità civili e militari, e a tutti quanti sono qui convenuti.

Dedicare a Francesca Cabrini la Stazione Centrale di Milano ha un profondo significato, carico di grande attualità. In primo luogo, fa emergere il valore di una grande donna lombarda che con la sua profonda fede e instancabile attività può costituire un'icona del nostro tempo, spesso lacerata da conflitti sociali, per una testimonianza coerente dei contenuti della dottrina sociale della Chiesa. Riprendere tra le mani la sua biografia, equivale a ripercorrere le tappe salienti di una giovane ragazza, una "maestrina", che dal paese natale Sant'Angelo Lodigiano, si recò a Codogno chiamata dal Parroco di allora, per dirigere una scuola e da qui fondare l'Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore. Una data che merita di essere ricordata per la vicinanza con la scadenza odierna è proprio il 10 novembre 1880, quando con sette amiche diventate da subito sorelle, a Codogno fondò il suo Istituto. A 130 anni di distanza ci piace ricordare in modo particolare che l'obbedienza fu il fondamento della sua azione di carità. Era suo desiderio essere missionaria in Cina, l'incontro con Leone XIII fu determinante per capire cosa il Signore prospettava per lei. Il Papa le disse testualmente: "Cabrini, non ad Oriente, ma in Occidente... Andate negli Stati Uniti troverete un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Unti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza". Forte dell'esperienza imprenditoriale acquisita in famiglia e sostenuta dall'entusiasmo della fede, Francesca Cabrini iniziò a realizzare qualcosa di inaspettato, sorprendente e, perfino, incredibile. Fondò scuole, ospedali, orfanatrofi, si dedicò alla cura dei carcerati... La sua opera fu, da subito, concepita e realizzata come la volontà di consentire ai tanti immigrati in quelle terre, poveri ed emarginati, di esprimere al meglio le loro qualità e la ricchezza di patrimonio culturale e religioso che portavano dall'Italia.

Non fu un'ingenua, ma una donna lungimirante sostenuta da una fede incrollabile. La sua opera consistette in un'azione intelligente di inserimento e integrazione nella società che accoglieva gli emigrati, senza tuttavia venire meno alle proprie tradizioni. Integrazione per lei equivaleva a conservare intatta la propria cultura e la propria fede, ma inserendosi pienamente nel nuovo contesto sociale e culturale apprendendo, anzitutto, la lingua del luogo per diventare “buoni e onesti cittadini” – come direbbe Don Bosco - capaci di contribuire al progresso della nuova società in cui si inserivano. Francesca Cabrini, comunque, riuscì in questa opera perché prima di tutto fu una vera santa. Il suo abbandonarsi alla Provvidenza le permetteva non solo di sognare, ma di realizzare concretamente opere apparentemente impossibili, trasmettendo il suo stesso ardore e zelo alle sorelle di avventura che diventavano sempre più numerose così come si estendevano a macchia d'olio le sue opere di carità. Francesca Cabrini fu un'instancabile viaggiatrice. Tante volte questa stessa stazione Centrale di Milano la vide con le sue valigie prendere il treno. Le destinazioni erano le più svariate: Codogno, Piacenza, Cremona, Genova, Roma... e tante città d'Italia; inoltre, da New York a Boston, da Chicago a New Orleans, da Managua e Buenos Aires a Rio de Janeiro e San Paolo, dovunque c'era bisogno di una testimonianza cristiana, là vi era Francesca Cabrini con le sue suore. II treno, la nave, il dorso di un mulo per superare le Ande... Francesca non conosceva sosta né riposo. Quante persone avrà incontrato nei suoi viaggi e quanta testimonianza di fede e di amore avrà dato. Ai ricchi che incontrava qui in Lombardia, in Italia e in America ricordava la necessità di essere solidali con i più poveri; a quanti incontrava nelle Americhe portava la speranza per una vita migliore e più degna di essere vissuta. La giovane Francesca si faceva così migrante con i migranti, forte solo del suo entusiasmo giovanile e della semplicità evangelica di tante ragazze che con lei condividevano lο stesso ideale di vita che continua fino ai nostri giorni. Non è un caso che, paradossalmente, sia più conosciuta negli Stati Uniti che in Italia, tanto da farla ritenere la prima santa di quel Paese, e con ragione nel 1950 Pio XII la proclamava Patrona degli Emigranti.

Come non indirizzare a lei e alle sue consorelle quel tributo di gratitudine verso le donne, così ben espresso dal Venerabile Giovanni Paolo II in una Lettera intitolata Mulieris dignitatem. “La Chiesa – vi si legge – (e nel nostro caso si potrebbe dire anche la società) ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni […] per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità” (cfr n. 31).

Dedicare oggi a questa grande donna e santa la Stazione Centrale di Milano, proprio nel giorno in cui la liturgia ne fa memoria e la festeggia, equivale a ricordare a quanti si addentreranno tra queste mura e tra questi binari, che il vero progresso verso cui dobbiamo tendere comprende in sé anche l'accoglienza generosa e disinteressata. Il cammino compiuto da chi ci ha preceduto e la sofferenza vissuta da quanti sono stati costretti a trovare una nuova Patria deve essere per tutti un monito a considerare le nuove prospettive che si aprono nel futuro delle relazioni internazionali. Come ha scritto Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate: "Il fenomeno delle migrazioni impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale... Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale... Tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori... Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione" (n. 62). Questo ricordo obbliga tutti noi a mantenere viva la memoria di ciò che intere generazioni di italiani sono state nel passato, costrette a emigrare in terre sconosciute per tentare di dare un futuro ai loro figli, per consentire che l'esperienza vissuta sia una nuova pagina di storia di civiltà e progresso che potremo lasciare alle generazioni che seguiranno. Santa Francesca Cabrini, il cui nome da oggi questa Stazione Centrale di Milano porta impresso su di sé, sostenga - come è inciso nella targa - il "cammino" e l'impegno di quanti hanno la responsabilità per il progresso e lο sviluppo dei popoli e delle nazioni.

    

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