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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI S.E. MONS. LUCIANO RUSSO,
NUNZIO APOSTOLICO IN RWANDA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Cattedrale di San Paolo, Aversa
Sabato, 14 aprile 2012

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!

Rivolgo il mio cordiale saluto a Sua Eccellenza Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, ai Fratelli nell’episcopato della Campania, ai Nunzi Apostolici originari di Aversa e agli altri Presuli presenti, ai numerosi sacerdoti, al Signor Sindaco della Città e al Commissario Prefettizio di Lusciano, alle Autorità civili e militari di ogni ordine e grado della Città e della Provincia di Caserta, all’intero popolo di Dio che vive in questa benedetta terra, oggi festante per l’Ordinazione episcopale di un suo figlio, Mons. Luciano Russo.

Le letture di questa Domenica che conclude l’Ottava di Pasqua e che il Beato Giovanni Paolo II volle intitolata alla Divina Misericordia, ci aiutano a riscoprire i doni del Signore risorto, in particolare il dono dello Spirito Santo. Nella Chiesa lo Spirito rende permanente la potenza della risurrezione di Gesù, e insegna il senso della storia umana. Per ciascun cristiano lo Spirito è “maestro interiore”, è l’amore che guida alla santità. Lo Spirito Santo suscita la fede e l’amore per Cristo; nello Spirito Santo il Risorto comunica il perdono, la pace e la gioia; e per grazia dello Spirito la Comunità cristiana permane nella sua autenticità.

Il brano degli Atti degli Apostoli ci consegna una suggestiva immagine della comunità delle origini. Il centro è rappresentato dal ruolo che i Dodici rivestono per l’intera Chiesa: essi sono i testimoni autorevoli della risurrezione del Signore Gesù. La fede in Cristo si rende concretamente visibile nella comunione che la “moltitudine dei credenti” riesce a realizzare e a vivere, unità che ha un forte impatto missionario presso tutta la popolazione. Questo è anche il segno della novità introdotta dalla Pasqua del Signore, una novità capace di ricondurre gli uomini alla comunione, pur nella varietà delle loro provenienze e tradizioni. E’ significativo che, proprio in ragione di questa comunione, la gente manifesti simpatia nei confronti dei cristiani: la prima e insostituibile forma di evangelizzazione è proprio la fraternità che i credenti riescono a vivere tra loro. San Giovanni, nel brano della sua Prima Lettera che è stato proclamato, indica da dove ha origine la comunione con Dio e con i fratelli: dalla fede che ci rende figli di Dio, che ha come contenuto Gesù, Messia e Figlio di Dio, e si compie nell’osservare i suoi comandamenti. Amare Dio e praticare i suoi comandamenti rende possibile l’amore fraterno. La fede che nasce dall’annuncio della Pasqua è dunque vittoria definitiva sulla logica del mondo, quella logica che vede spesso nel fratello un rivale, un possibile concorrente della propria felicità. La Pasqua è vittoria sull’egoismo che domina i rapporti personali, e i comandamenti si riassumono nel comandamento dell’amore, che proprio perché libera non è gravoso, né opprimente, al contrario genera vita nuova e dona pace al cuore.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato riporta due apparizioni del Risorto avvenute una la sera del giorno in cui fu scoperto il sepolcro vuoto, “il primo dopo il sabato”, l’altra otto giorni dopo. Questi due racconti formano un’unità, poiché la prima apparizione ebbe luogo quando Tommaso, “uno dei Dodici”, non era con gli altri, mentre la seconda volta stava con loro. Non si tratta solo di un particolare. Infatti la duplice reazione di Tommaso, che prima non crede a quanto gli dicono i suoi compagni: “Abbiamo visto il Signore!”, mentre alla fine proclama la propria fede: “Mio Signore e mio Dio!”, stabilisce uno stretto legame tra i due racconti delle due apparizioni in cui Cristo risorto si è manifestato agli Apostoli. Esse terminano con una parola del Signore che riguarda tutti i credenti: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Questa pagina costituisce anche la prima e originaria conclusione del quarto Vangelo, scritto perché noi crediamo e perché con la nostra fede abbiamo la vita eterna (cfr Gv 20,31).

Gli Apostoli, impauriti, sono visitati dal Signore risorto: la loro condizione subito si muta in “gioia” e “pace”, ed essi sono pronti a ricevere lo Spirito Santo che permetterà loro di continuare efficacemente la missione del Maestro. Il dono per eccellenza della Pasqua è dunque lo Spirito, il Paraclito, lo Spirito di verità. D’ora innanzi gli Apostoli sono inviati ad annunciare al mondo la remissione dei peccati, la riconciliazione, definitivamente attuata nella morte e risurrezione di Gesù. La fede è dunque ancorata alla testimonianza e all’esperienza degli Apostoli. L’incredulità di Tommaso, che pone delle condizioni per poter credere, diventa istruttiva per tutti coloro che affidandosi alla parola degli Apostoli, “pur non avendo visto” e non avendo toccato, credono che il Signore è vivo e opera nella Chiesa attraverso l’invio dello Spirito Santo. L’annuncio della risurrezione, prima di essere opera degli uomini, è dono che viene dall’alto, è azione dello Spirito che cambia i cuori. Gesù sarà sempre vicino ai suoi Apostoli, unito alla sua Chiesa, ma in altro modo: mediante l’azione dello Spirito Paraclito.

Tra pochi istanti, caro Mons. Luciano, per l’imposizione delle mani mie e degli altri Vescovi e per la nostra preghiera, la potenza dello Spirito Santo si effonderà su di te. Questo stesso Spirito consustanziale al Padre e al Figlio, primo dono del Risorto ai credenti, ti trasfigurerà nel tuo essere profondo, in un modo che nessuna parola umana può esprimere: ti concederà il carisma sacramentale del sommo sacerdozio, ti collocherà tra i successori degli Apostoli e ti porrà a governare e a pascere la Chiesa.

Cristo risorto sta per ripetere anche per te l’invito rivolto agli Apostoli perché continuino la sua opera: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21). In forza di questa missione apostolica, anche tu sei inviato nel mondo, per portare a tutti, senza distinzione di fede, di cultura, di razza l’annuncio del Signore Risorto, Principe della Pace. Tu sai bene che il cuore del Vangelo sta tutto nella redenzione dell’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte, per farlo entrare con Cristo nella Città di Dio. Questa è la grande rivoluzione del Vangelo di cui il Vescovo è il primo araldo e testimone.

Cari amici, il ministero affidato a Mons. Luciano quale Nunzio Apostolico in Rwanda è un servizio di particolare impegno, delicatezza e generosità. In quel Paese africano, infatti, la Chiesa ha una grande tradizione di annunciatori, educatori e testimoni del Vangelo, fino al martirio. Anche durante i giorni drammatici del genocidio del 1994, così come negli anni della ricostruzione e della rinascita, la Comunità cattolica ha saputo svolgere un ruolo di primo piano nell’offrire il suo contributo positivo ad una società in profonda ricerca di giustizia e di verità.

Proprio in tale contesto il Rappresentante Pontificio è chiamato ad ascoltare e ad accompagnare i Vescovi, i sacerdoti e tutti i fedeli, facendosi servitore privilegiato della comunione nella Chiesa. Alle Autorità civili di quella Nazione egli saprà offrire la collaborazione sincera della Santa Sede per la promozione umana, per la riconciliazione e per la pace, nella fedeltà operosa al Magistero del Papa.

Oggi, in modo tutto particolare, il Santo Padre Benedetto XVI è spiritualmente unito a noi, assicura la sua speciale preghiera per te, novello Vescovo, per i tuoi cari genitori, la tua famiglia e per tutti i presenti, a cui invia, per mio mezzo, la sua apostolica Benedizione.

E noi vogliamo esprimergli in questo momento tutta la nostra filiale devozione ed il nostro affetto a pochi giorni dal suo 85° compleanno e dal Settimo Anniversario dell’Elezione al Soglio Pontificio.

Il lavoro che ti attende, caro Mons. Luciano, è molto impegnativo, ma insieme esaltante e consolante. L’esperienza maturata negli anni del servizio diplomatico alla Santa Sede, nelle Nunziature di Papua Nuova Guinea, Honduras, Siria, Brasile, Paesi Bassi, Stati Uniti d’America e Bulgaria, insieme alla solida formazione spirituale e soprattutto all’esercizio nel ministero sacerdotale, ti sosterranno nel nuovo compito. Nessun timore prevalga sulla speranza. Colui che dall’alto della Croce ha il potere di attrarre gli uomini e le cose al suo cuore aperto, il grande Amico del nostro cuore, ci ha promesso di essere al nostro fianco, con presenza invisibile ma reale, fino alla fine.

Va’ dunque, caro Mons. Luciano, con animo forte e sereno dove la tua missione ti porta. E, come hai voluto esprimere nel tuo motto episcopale: “Sapientia et prudentia”, va’ sorretto dalla sapienza del Vangelo e dalla prudenza, virtù necessaria a reggere il popolo di Dio. Va’, accompagnato dalla materna protezione della Vergine Maria, Stella dell’Evangelizzazione, e sii sempre e dovunque un messaggero di misericordia e di pace.

  

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