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CONVEGNO SU “FAMIGLIA, FATTORE PER LA CRESCITA” -
INTERGRUPPO PARLAMENTARE PER LA SUSSIDIARIETÀ

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Mercoledì, 23 maggio 2012

 

Illustri Signori e Signore!

Ho accolto con piacere l’invito a partecipare a questo Convegno sul tema della famiglia, promosso dalla Presidenza della Camera con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà. Saluto cordialmente tutti i presenti e mi compiaccio dell’iniziativa a pochi giorni dall’Incontro Mondiale delle Famiglie, evento che la Chiesa celebrerà con la presenza del Santo Padre a Milano. Come sappiamo il titolo di tale evento è il seguente: “La famiglia: il lavoro e la festa”. Si tratta, come ricordava il Cardinale Angelo Scola durante la recente Conferenza Stampa (22 maggio 2012), “di tre aspetti fondamentali della vita quotidiana di ogni uomo che fanno emergere con forza due tratti costitutivi dell’umana esperienza, a tutte le latitudini: l’unità della persona e il suo essere sempre in relazione”.

Il lavoro, innanzitutto, è da proteggere proprio in quanto esso è una parte integrante della persona. La perdita del lavoro va ben oltre la perdita dello stipendio, poiché essa è spesso accompagnata da crisi esistenziali, che coinvolgono e minacciano gli equilibri familiari. Il lavoro nella nostra Costituzione è elevato a dignità e posto a fondamento istituzionale della Repubblica. L’espressione costituzionale “fondata sul lavoro” (Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 1), è chiaramente da intendersi riferita al lavoro umano produttivo, non fagocitante e non alienante la persona.

Non possiamo negare che il lavoro può sfuggire alla regolamentazione e sotto certi aspetti può essere causa di sfruttamento o di alienazione delle persone. Il lavoro non può e non deve ridurre l’uomo “a una dimensione”, e nemmeno può privarlo del riposo, della gioia, della comunione familiare, della dimensione della festa. Il lavoro per poter raggiungere finalità etiche non può essere vissuto senza riposo e senza festa. Anche il riposo quindi, come il lavoro, deve poter godere di alcuni requisiti umanizzanti ed etici per potenziare il benessere sociale.

L’argomento merita un’ampia trattazione e l’Incontro Mondiale delle Famiglie non mancherà di dare il proprio contributo. Da parte mia ho voluto fare solo un breve accenno che in qualche modo può essere in sintonia con il tema proposto per questo Convegno, in quanto lavoro-riposo-festa, sono fattori di coesione e di crescita interna della famiglia, e di conseguenza fattori di crescita sociale.

Il mio intervento di oggi vorrebbe piuttosto soffermarsi sinteticamente sulle ragioni di fondo della famiglia quale comunità naturale fondata sul matrimonio, che da sempre la Chiesa, certo non da sola, presenta quale luogo privilegiato dell’incontro relazionale, del mutuo arricchimento e del patto tra generazioni. Possiamo realisticamente dire che senza famiglia non c’è futuro!

Tale opera è resa ancora più urgente da alcuni fattori problematici della società odierna, quali: il primato dell’individuo, la preferenza di alcuni valori a discapito di altri, la diversità relazionale tra uomini e donne rispetto al passato, la netta separazione tra pubblico e privato come se la persona non fosse sempre la stessa.

1) I valori tra coscienza e diritto naturale

Nella propria coscienza, ogni persona individua dei bisogni comuni a tutti gli esseri umani e che, proprio perché universali, sono riconosciuti come valori. La coscienza, alla luce dei propri bisogni, diventa la sede della scoperta dei valori, insegnando anche a classificarli e a situarli in un contesto oggettivo che va oltre la propria personale esperienza. In altri termini, si è sempre chiamati a passare dall’ambito strettamente individuale a quello sociale, che per natura propria è oggettivante.

Dunque, la persona umana, dotata di struttura assiologica, riconosce i valori e li esprime con dei principi nella realtà privata, mentre li promuove attraverso gli strumenti giuridici e legislativi nella sfera pubblica. Il diritto, così, non essendo “tout court” a disposizione del solo Legislatore, mira consapevolmente, oltre la legge stessa, a tutelare i valori costitutivi della persona umana e della convivenza sociale. Essi rimangono quali elementi di ancoraggio tra la sfera del diritto ed il mondo reale a cui apparteniamo. In tal senso il valore della famiglia ha chiaramente una rilevanza meta-giuridica, proprio perché non è un bene a disposizione della nostra volontà, così da poter essere de-strutturato o, addirittura, manipolato secondo il mutare degli eventi o delle sensibilità del momento, attraverso quelle che potremmo definire anche a livello di pensiero “maggioranze variabili”.

In Europa la riflessione giuridica contemporanea ha archiviato, forse troppo rapidamente, il pensiero “naturale” in favore del solo “positivismo giuridico”, strutturato poi secondo il criterio delle procedure, e quasi prescindendo dalla necessità intrinseca di perseguire il bene ultimo della persona, intesa in tutta la complessità, la sua fragilità, ma anche la permanente dimensione etica.

Se dunque si accetta una visione meramente positivistica del diritto, tralasciando ogni riferimento alla dimensione naturale dell’esistenza umana (che pure è sotto gli occhi di tutti!) si corre il rischio concreto di perdere quella originale capacità di equilibrio e di discernimento che sempre era garantita anche dal semplice buon senso.

Vorrei a questo punto riproporre un brano del Discorso di Papa Benedetto XVI al Parlamento tedesco, il 22 settembre 2011: “Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista dell’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura comune e come fondamento comune per la formazione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura allo stato di una sottocultura. […] La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo auto-costruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.”

Penso che le parole del Papa, possono aiutarci a considerare questo particolare momento di crisi, che tocca purtroppo molteplici ambiti della convivenza sociale, non solo come un momento di prova per tutti e specialmente per le famiglie, ma pure come premessa e promessa di qualcosa di nuovo, quasi a riportare ancora una volta al centro del pensiero, del diritto, e pure dell’azione politica la dignità naturale della persona umana.

2) La famiglia secondo il diritto naturale

La famiglia, comunione d’amore e di vita basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, è la cellula fondamentale della società umana. Il magistero della Chiesa lo sostiene e lo esplicita con estrema chiarezza nei propri documenti; in particolare l’Esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II del 1981, ne ha fatto un’ampia trattazione. In sintesi, espressa in termini cristiani, la realtà naturale del matrimonio dimostra che “l'uomo, essere razionale e libero, è chiamato a trasformare il volto della terra. In questo compito, che in misura essenziale è opera di cultura, sia l'uomo che la donna hanno sin dall'inizio uguale responsabilità. Nella loro reciprocità sponsale e feconda, nel loro comune compito di dominare e assoggettare la terra, la donna e l'uomo non riflettono un'uguaglianza statica e omologante, ma nemmeno una differenza abissale e inesorabilmente conflittuale: il loro rapporto più naturale, rispondente al disegno di Dio, è l'«unità dei due», ossia una «unidualità» relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante. A questa «unità dei due» è affidata da Dio non soltanto l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia” (Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, giugno 1995, nn. 7-8).

La famiglia è quindi il luogo in cui nasce la vita umana e in cui crescono e vengono educati i figli; luogo privilegiato in cui si acquisiscono i valori fondamentali della solidarietà, della responsabilità reciproca e dell’impegno disinteressato per l’altro. Il riconoscimento della legge naturale è un invito pressante per il Legislatore a tutelare la famiglia. È necessaria, quindi, come Benedetto XVI ha sottolineato nel già citato discorso al Parlamento tedesco, un’ulteriore attenzione per la natura, una rinnovata “ecologia dell’uomo” che riconosca la centralità della persona nella cornice più ampia degli esseri viventi. Egli faceva notare che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente.

Occorre riconoscere che l’art. 29 della Costituzione Italiana è, al riguardo, ben concepito: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Soffermiamoci su “naturale” e “riconoscere”: la società naturale della famiglia è metagiuridica e antecedente allo Stato. Quest’ultimo non concede, non stabilisce, né autorizza, ma riconosce ciò che è già in esistenza.

Anche la pace e la coesione sociale, tanto desiderate dalla comunità civile, si appoggiano sul fondamento della famiglia. Buone strutture familiari sono, quindi, la garanzia più efficiente per una società stabile e solidale.

Segnalo, a questo proposito il recente libro intitolato “La famiglia risorsa della società” del Prof. Pierpaolo Donati, Ordinario di sociologia della famiglia all’Università di Bologna, il quale spiega le ragioni per le quali la famiglia cosiddetta “normo-costituita” (la coppia uomo-donna stabile e unita da un vincolo pubblico con i propri figli) è e rimane la fonte e l’origine della società. L’autore dimostra, con una indagine ben documentata, che la famiglia è una risorsa per la società, e ciò si realizza quando essa vive secondo l’etica del dono, caratterizzato da fiducia, cooperazione, reciprocità, dentro il quale crescono le virtù personali e sociali.

3) Unicità della famiglia naturale

Il ruolo centrale della famiglia, riconoscibile negli effetti positivi per la vita sociale, richiede una speciale attenzione da parte dello Stato.

L’art. 31 della Costituzione italiana recita: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia, la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo». E’ qui esplicito il favor familiae del nostro testo costituzionale. Il sostegno alla famiglia non è quindi un principio generale e generico, né puramente morale, ma richiama la necessità di misure economiche e di interventi legislativi e regolamentari ad hoc.

Pur apprezzando il numero dei provvedimenti fin qui adottati, che hanno segnato importanti conquiste emancipative dei soggetti individuali, è auspicabile che l’ordinamento giuridico proceda nel tutelare la famiglia in quanto tale, nella sua funzione di istituto finalizzato al bene umano comune. Pur nelle attuali difficoltà economiche, rimane imperativo un sostegno reale ed efficace della famiglia. Lo dobbiamo specialmente alle nuove generazioni.

Nell’unione familiare, l’impegno della coppia di sostenersi, di amarsi, di procreare e di educare i propri figli, deve essere riconosciuto dallo Stato. Non si tratta, quindi, di privilegiare forme tradizionali di convivenza, ma di tutelare i fondamenti ultimi della società umana.

4) I diritti dei genitori

Come abbiamo detto, uno dei compiti specifici dei genitori è l’educazione dei figli. Il compito educativo abbraccia il bene integrale dell’uomo e la sua crescita morale. La famiglia è il luogo privilegiato di quella prima e fondamentale esperienza dell'amore che i bambini fanno, o almeno dovrebbero fare, con i loro genitori. Altre istituzioni sostengono tale missione, ma non possono sostituirli. È quindi fondamentale che lo Stato non solo riconosca il diritto dei genitori all’educazione dei figli in modo generale, ma garantisca loro la possibilità, in particolare nel campo etico e religioso, di trasmettere ai figli i propri valori morali. Fondamentale in questo senso è il diritto alla libertà religiosa che assicura da parte delle autorità statali il rispetto del credo dei genitori, nei limiti dello stesso diritto naturale, e non obbliga nessun bambino ad insegnamenti contrari a tali convinzioni. Questo vale anche per quell’aspetto essenzialmente umano che è, ad esempio, l’educazione sessuale, che non può limitarsi ai semplici fattori biologici, ma deve includere – per essere veramente una formazione umana – aspetti etici in vista di un esercizio integrale della responsabilità. L’idea che la sessualità sia una realtà completamente indipendente dalla procreazione rischia di intaccare il più alto principio regolatore di quell'ambito specifico della vita umana.

5) I diritti dei bambini

La Santa Sede si impegna per la tutela dei diritti dei bambini. La recente Dichiarazione della XIX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia (Roma, 8-10 febbraio 2010), offre alcune pregnanti puntualizzazioni: in primo luogo, oltre il diritto alla vita, al bambino spetta il diritto ad avere una famiglia. Ne consegue che il bambino ha diritto ad avere un padre e una madre per potersi relazionare, fin dalla primissima infanzia, con due figure complementari, che si amano tra loro e lo amano, per acquisire così una chiara e solida identità, una personalità matura e compiuta.

Nella complessità dell’argomento mi limito ad accennare un aspetto importante che emerge dalle discussioni sull’adozione: non ogni desiderio di avere figli è un diritto. Il bene del bambino è centrale rispetto a qualsiasi provvedimento in merito. Tale principio sussiste anche nel regolare i tristi casi di separazione delle coppie.

6) Vincolo tra le generazioni

La famiglia è il luogo che unisce diverse generazioni e garantisce l’adeguata cura per quanti sono nel bisogno. Gli anziani – la generazione dei nonni – trovano nella comunità della famiglia non solo sostegno, ma anche il rispetto, l’affetto e l’attenzione che meritano. In una società in cui non poche persone soffrono di solitudine non si dovrebbe dimenticare l’influsso positivo di legami familiari forti. E’ compito della politica preoccuparsi di promuovere maggiori agevolazioni per i figli che si prendono cura dei genitori, anziani o malati, riconoscendo il loro impegno come un contributo essenziale per il bene comune.

7) Il ruolo della donna

Le donne, con il loro compito specifico della maternità, sono una presenza significativa e imprescindibile nella famiglia. Il pericolo da evitare è che possano, proprio perché madri, essere penalizzate in ambito lavorativo. Richiamo qui l’Enciclica Laborem exercens del Beato Giovanni Paolo II: «Conviene che esse (le donne) possano svolgere pienamente le loro funzioni secondo l'indole ad esse propria, senza discriminazioni e senza esclusione da impieghi dei quali sono capaci, ma anche senza venir meno al rispetto per le loro aspirazioni familiari e per il ruolo specifico che ad esse compete nel contribuire al bene della società insieme con l'uomo. La vera promozione della donna esige che il lavoro sia strutturato in tal modo che essa non debba pagare la sua promozione con l'abbandono della propria specificità e a danno della famiglia, nella quale ha come madre un ruolo insostituibile» (n. 19).

Sostenendo la famiglia nella reciprocità tra uomo e donna, offriamo un contributo significativo allo sviluppo integrale di ogni persona e creiamo le basi per guardare con fiducia al nostro futuro.

8) Conclusione

Per concludere vorrei evidenziare come il dovere dell’azione politica che mira a tutelare e sostenere la famiglia, come cellula fondamentale della società, è un compito che esalta la politica stessa in quanto esercizio di responsabilità verso il prossimo. Benedetto XVI collega a ragion veduta l’azione politica alla carità. Scrive nell’Enciclica Caritas in veritate: “Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall'altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni […] Quando la carità lo anima, l'impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell'impegno soltanto secolare e politico. Come ogni impegno per la giustizia, esso s'inscrive in quella testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l'eterno. L'azione dell'uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all'edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana” (n. 7).

Ringrazio per questa possibilità di riflessione sulla famiglia e formulo i migliori auguri di buon lavoro a tutti i partecipanti.

 

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