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MESSA IN SUFFRAGIO DI S.E. MONS. AMBROSE MADTHA,
NUNZIO APOSTOLICO IN COSTA D’AVORIO

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Cappella Paolina
Lunedì, 17 dicembre 2012

 

Cari fratelli e sorelle,

ci siamo radunati stamani intorno all’altare del Signore per offrire la santa Eucaristia in suffragio del compianto Nunzio Apostolico Mons. Ambrose Madtha, perito in un tragico incidente stradale insieme all’autista. Nei nostri cuori ci sono sentimenti di dolore per la perdita di uno stimato Rappresentante Pontificio nel pieno della maturità e della missione, ma c’è anche la riconoscenza a Dio per la testimonianza di questo zelante Pastore. Noi lo pensiamo nella luce e nella pace del Signore, che ha amato e servito per tutta la vita, distinguendosi per generosa disponibilità alla Sede Apostolica e sincera fedeltà al Papa.

In questo tempo liturgico dell’Avvento, la Chiesa ripropone, come un tema fondamentale, l’appello alla vigilanza: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42); «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese. … Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate» (Lc 12,35-40). Questi pressanti inviti di Gesù ci ricordano che, in vista del nostro ultimo incontro con Lui al termine della nostra vita, dobbiamo sempre tenerci pronti e vigilanti. E’ stato così per l’Arcivescovo Madtha. Il Signore è venuto nell’ora che non pensavamo. Questa morte, come tutte le morti inattese e premature, ci è di ammonimento e ci fa comprendere quanto valide e sempre attuali siano le raccomandazioni di Gesù: vegliate e pregate, siate pronti. In questa attesa vigilante è vissuto il caro Nunzio per il quale offriamo questo Sacrificio eucaristico, affinché egli possa godere presto la pienezza della comunione con Dio. Amiamo pensare che egli, nelle vicende della storia e nei singoli eventi della sua vita quotidiana, abbia saputo tenere sempre desto il senso dell’attesa e sempre accesa la lampada della fede, ben convinto che il messaggio di Cristo è essenzialmente e primariamente escatologico: Dio ci ha creato per amarci e attende il nostro amore, per donare ai suoi servi la corona di giustizia che il Signore, giusto Giudice, consegnerà a quanti attendono con amore la sua manifestazione (cfr 2 Tm 4,8).

Vivere nell’attesa non vuol dire restare come paralizzati dal pensiero della morte, ma significa realizzare il proprio compito giorno per giorno, nel contribuire, per tutto il tempo che ci è donato, alla diffusione del Regno di Dio nel servizio e nell’amore dei fratelli, con spirito libero e disponibile all’ascolto della Parola di Dio e dei suoi avvertimenti. Così ha fatto Mons. Ambrose Madtha, che, specialmente in Costa d’Avorio, si è fatto apprezzare per la sollecitudine nell’offrire la sua opera di mediazione e di riconciliazione, in uno spirito di umiltà, di semplicità e di serena apertura al dialogo con tutti. Egli ha vissuto il suo servizio con grande zelo, seguendo la vita dello Stato e il cammino della Comunità cattolica verso traguardi sempre migliori di collaborazione con la Santa Sede.

Nato a Belthangady, in India, il 2 novembre 1955, fu ordinato sacerdote il 28 marzo 1982 per la Diocesi di Lucknow. Laureatosi in Diritto Canonico, nel 1990 iniziò il servizio diplomatico alla Santa Sede, svolgendo il suo lavoro nelle Rappresentanze Pontificie di Ghana, El Salvador, Georgia, Albania, e poi come Incaricato d’Affari ad interim nella Nunziatura Apostolica in Cina. L’8 maggio 2008 il Santo Padre Benedetto XVI lo nominò Nunzio Apostolico in Costa d’Avorio, dove in quattro anni di intensa opera ha affiancato l’Episcopato nella promozione di varie iniziative ecclesiali, specialmente in aiuto alle popolazioni più bisognose, prodigandosi altresì con grande impegno nel contesto civile per la riconciliazione della popolazione, da lui tanto amata. La sua vita è stata spesa senza riserve al servizio della Chiesa nelle Nazioni dove egli, uomo di fede profonda e Vescovo fervoroso, profuse le sue doti di intelligenza e di bontà, suscitando ovunque stima e benevolenza.

Mons. Ambrose Madtha lascia a tutti noi un’importante eredità spirituale: la ricerca costante del Regno di Dio sopra ogni cosa, il compimento fedele del proprio dovere, e l’esempio di un’incrollabile fiducia in Cristo in ogni circostanza della vita. La dedizione con la quale egli ha servito la Santa Sede in Paesi diversi, costituisce per noi un incoraggiamento ad aderire senza tentennamenti al Vangelo e al Magistero della Chiesa, faro di luce e porto di salvezza per l’umanità. «Rimanete nel mio amore – abbiamo ascoltato poc’anzi nel Vangelo –. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,10-11). Questa parola del Signore, cui ha cercato di conformare i propri pensieri e il proprio operato, Mons. Madtha sembra ripeterla a ciascuno di noi, ora che ha compiuto il suo cammino terreno ed è entrato nella «gioia piena», quella del suo Signore (cfr Mt 25,21). Ma anche quella seguente, là dove Gesù dice: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,12). Mons. Madtha ha dato la vita. Quando il suo corpo ha cessato di vivere, la sua vita era già donata: donata a Dio e alla Chiesa; donata anche a quegli “amici” tra i quali possiamo annoverare tante persone e comunità incontrate nel servizio diplomatico della Santa Sede, in modo particolare gli Ivoriani, per i quali stava operando nel momento del suo decesso.

«O Sapienza dell’Altissimo, che tutto disponi con forza e dolcezza: vieni ad insegnarci la via della saggezza».

Quanto bene si addicono al Nunzio Ambrose Madtha queste parole dell’odierna Antifona maggiore, proclamata nel versetto allelujatico! Nella sua non lunga ma intensa vita, egli era intimamente unito a Cristo, così da essere un instancabile contemplatore e annunciatore del Verbo divino. Per questo, nel suo lavoro ha saputo testimoniare la virtù della saggezza, che è frutto dell’insegnamento della Sapienza dell’Altissimo. Conobbe infatti persone di ogni estrazione sociale ed avvicinò culture fra loro tanto diverse, donando sempre amabilità, comprensione e pazienza nei rapporti col prossimo, individuando e percorrendo sentieri di pace.

Per questo nostro Fratello si è ormai compiuta la «beata speranza» che, come ripetiamo ogni giorno nella celebrazione eucaristica, noi attendiamo cercando di progredire nel nostro pellegrinaggio sulla terra «liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento». Sorretti dal suo esempio, vogliamo vivere anche noi in attesa della beata speranza, e ripetere ancora una volta con lui e in suo nome le parole del ritornello del Salmo: «Venga il tuo regno di giustizia e di pace». Il Signore l’ha chiamato a sé l’8 dicembre scorso, festa dell’Immacolata. A Lei, modello di bontà, immagine della Chiesa, esempio di obbedienza e di amore alla volontà del Padre, affidiamo l’anima dell’Arcivescovo Ambrose Madtha, mentre per lui offriamo questo santo Sacrificio. Rimangano a lungo il suo ricordo e il suo insegnamento in noi, che ancora siamo in cammino verso la Patria eterna.

 

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