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SECONDA SESSIONE DELLA SECONDA FASE DELLA CSCE
(SOTTO-COMMISSIONE A - LIBERTÀ RELIGIOSA)

INTERVENTO DI MONS. ACHILLE SILVESTRINI*

Ginevra - Venerdì, 4 ottobre 1974

 




Signor Presidente,

Nel riprendere la discussione sulla frase dedicata alla libertà religiosa la nostra Delegazione ha l’impressione e la fiducia che la pausa di questi giorni, riservata a consultazioni informali, non sia rimasta senza frutto.

Abbiamo condotto le consultazioni con spirito aperto, nell’intento di arrivare ad una formulazione che da una parte salvaguardi la sostanza non rinunciabile della proposta, e dall’altra tenga conto, per quanto possibile, delle esigenze manifestate da varie parti.

Abbiamo ricercato, con atteggiamento flessibile, la convergenza più ampia sul testo da proporre, perché siamo consapevoli che, con la proposta sulla libertà religiosa, la Santa Sede non rivendica un interesse che sia esclusivamente suo, anche se l’iniziativa presa da Esse corrisponde perfettamente alla sua natura e alla sua missione. Noi crediamo infatti che il rispetto della libertà religiosa rappresenti un interesse e un’esigenza di tutti, persone e gruppi religiosi di ogni Paese, cattolici e non cattolici; una richiesta vivamente condivisa dalle principali confessioni cristiane di Europa, dalle quali abbiamo avuto esplicita adesione ed incoraggiamento, ed ugualmente condivisa da quanti, anche non cristiani e non credenti, hanno a cuore il valore di tale libertà, inteso come un diritto, una prerogativa delle persona umana.

La dignità della persona umana: è questo il punto di partenza, la ragione di fondo che motiva la convergenza di tutti su tale richiesta. Noi non abbiamo avuto difficoltà a consentire che il richiamo a questa dignità della persona venisse tolto dal primitivo nostro progetto ed inserito come motivazione ideale del rispetto di tutti i diritti umani – civili, politici, economici, sociali e culturali – per sottolineare l’ispirazione comune che ci trova tutti concordi nella loro tutela, ma, nello stesso tempo, siamo convinti che la dignità della persona sia soprattutto in giuoco qui, a proposito della libertà religiosa, e che proprio la preoccupazione di garantire il rispetto della dignità della persona permetta di formulare, sulla libertà religiosa, un testo sul quale possano consentire tutte le delegazioni, anche partendo da posizioni ideologiche e filosofiche diverse.

Ciò facendo, siamo convinti che le varie delegazioni non soddisferanno soltanto ad un motivo di riguardo verso la S. Sede che è promotrice della proposta. Certo, tale considerazione trova il nostro apprezzamento e ci incoraggia, in quanto esprime una valutazione positiva della presenza e dell’azione della S. Sede in questa Conferenza, e in genere nella vita internazionale; ma ciò non toglie che, approvando una formula che sottolinei il valore del rispetto della libertà religiosa, si darà una riposta positiva alle attese delle persone, dei cittadini di ogni Paese in Europa e nel mondo, e perciò si soddisferà un’esigenza che è interna di ciascuna società politica e di ciascuno Stato, e dei rapporti di amicizia e di cooperazione tra gli Stati ed i loro popoli.

La richiesta di inserire una menzione specifica della libertà religiosa non è fatta – come già rilevato altre volte – per rivendicare un trattamento privilegiato con pregiudizio degli altri diritti umani e delle altre libertà fondamentali, ma ha lo scopo di sottolineare un elemento di carattere ideale che può costituire un fattore molto valido di distensione, di comprensione, di amicizia e di cooperazione tra i popoli di questo Continente.

Se, come è stato detto bene alcune volte nei nostri dibattiti, per la cooperazione e l’amicizia è molto importante porre l’accento su ciò che unisce, che è comune – certi valori umani, certe tradizioni storiche, certi ideali che sono patrimonio dei popoli d’Europa – al di sopra e al di là degli elementi di differenziazione o di divisione, non c’è dubbio che il rispetto dei diritti delle coscienze, in quanto valore umano che è anche una tradizione storica comune dei Paesi d’Europa, merita in modo particolare questa sottolineatura che proponiamo. Tale rispetto, che ha una radice nell’insegnamento del Vangelo, e che il Cristianesimo ha rivendicato come un’esigenza dell’uomo, si è venuto affermando e consolidando in Europa dopo lotte, divisioni, contese, ed anche guerre – combattute talora con motivi di religione – divenendo una conquista di alto valore morale e spirituale socialmente riconosciuto, e che ha avuto un ennesimo collaudo anche nel nostro secolo nel contesto di dolorose esperienze di carattere oppressivo e totalitario. Oggi che tutte le Costituzioni riconoscono la libertà della coscienza religiosa, sottolinearne il valore significa ribadire il riconoscimento di una realtà pluralistica, di carattere ideale, che è propria, del nostro Continente; un riconoscimento che l’Europa ha contribuito in modo determinante a trasmettere come valore ai popoli di altri continenti e a farlo accogliere nelle formulazioni di solenni documenti internazionali.

Perciò noi confermiamo il nostro convincimento che tale menzione specifica possa avere un significato rilevante di rassicurazione, di incoraggiamento, di distensione degli animi per tutti quanti, in Europa e nel mondo, sono preoccupati e solleciti dell’affermazione e del rispetto di questa libertà fondamentale dello spirito.

È mio dovere aggiungere alcune considerazioni sui criteri che ci hanno ispirato nel proporre la formula sia dei testi precedentemente presentati, sia di quello che oggi ho l’onore di sottoporre all’attenzione dei delegati nella fiducia che su di esso si possa formare il consenso.

Fonte principale, punto costante di riferimento, sia ed Helsinki sia qui a Ginevra, sono sempre stati i documenti di carattere internazionale, e specificamente l’art. 18 della Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo, e l’art. 18 del Patto internazionale (Covenant) sui diritti civili e politici. Oggetto di questi articoli è la libertà religiosa intesa nel suo senso più ampio: pensiero, coscienza che ne sono le radice, e religione o credo (religion or belief) che ne sono per così dire la materia, la sostanza ideale. Libertà della coscienza di avere o non avere una religione o una fede, cioè di aderire ad una propria concezione metafisica sulla vita e sul destino dell’essere umano in rapporto a Dio, per i credenti, e in rapporto all’esistenza in generale, per i non credenti. Concezione religiosa o metafisica, in quanto risponde ai grandi interrogativi che assillano la mente dell’uomo in riferimento al proprio esistere; che ha radici nelle convinzioni intime della coscienza, e che ispira all’uomo i suoi comportamenti etici, il suo dover essere nelle scelte che danno significato alla vita. Per queste considerazioni, nella proposta presentata in precedenza nella nostra Sottocommissione, avevamo formulato: «The participating States will guarantee the full exercise, individually or in community with others, of the freedom of thought, conscience, religion or belief as inspiring the basic choices of life».

Tenuto conto delle osservazioni che ci sono state fatte da varie parti e nell’intento, pure desiderato, che la formula risultasse sintetizzata nei suoi elementi essenziali, riteniamo oggi di proporre il testo seguente: «Within this framework the participating States will ensure, guarantee, recognise the freedom of persons to exercise (to profess and practice), individually or in community with others, religion or belief according to the dictates of their own conscience».

Intendiamo questa frase come strettamente legata alla seconda, sull’esercizio effettivo di tutti i diritti dall’uomo e di tutte le libertà fondamentali, della quale costituisce una continuazione. E poiché questa seconda frase riguarda l’esercizio di tutti i diritti, abbiamo inteso mettere l’accento sull’azione concreta dell’esercizio della libertà religiosa (freedom of persons to exercise),

L’ «individually or in community with others» è un secondo elemento essenziale, in quanto una fede religiosa non si può esprimere compiutamente – almeno per la maggior parte delle religioni – se non anche e simultaneamente in comunità di carattere confessionale, istituzionale ed organizzativo con gli altri aderenti alla stessa fede.

L’espressione «religion or belief» vuole sinteticamente esprimere l’oggetto di questa libertà che è di avere, o scegliere, o non avere una religione o un equivalente di essa, cioè una fede, un credo. E per sottolineare la libera scelta, ed esercizio, insindacabili da interferenze esterne, di questa fede, abbiamo ritenuto di rilevare il dettame (the dictates) della coscienza, la quale è alla radice della scelta libera di una fede religiosa, e che è l’elemento costante, atteso che si tratta di affermare una libertà della persona di fronte a possibili coercizioni, che si ritrova in tutti i documenti costituzionali e internazionali, e che correntemente si dice «libertà di coscienza».

Un’ultima osservazione, di carattere linguistico, sulle parole «to exercise religion or belief». Concetto base è che ai tratti dell’esercizio concreto della libertà di religione o credo, che include l’avere o adottare una fede, esprimerla con atti esterni, comunicarla ad altri e praticarla nei suoi insegnamenti o precetti. Per sé, to exercise sembrerebbe l’espressione più adatta. Ma se per ragioni linguistiche si ritenesse che «to exercise a religion or a belief» non sia proprio, proponiamo come alternativa «to profess and practice». Questi due termini dovrebbero però andare insieme in quanto si integrano e completano tra loro.

Grazie, signor Presidente.

 

 

 

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