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  DISCORSO DEL DECANO DEL
CORPO DIPLOMATICO
PRESSO LA SANTA SEDE,
 
S.E. GIOVANNI GALASSI,
AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO,
A SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II*

Lunedì, 11 gennaio 1999

 

Beatissimo Padre,

Come nuovo Decano del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ho il gradito compito di porgerVi a nome di tutti gli Ambasciatori qui riuniti i nostri deferenti e sinceri auguri di buono e felice Anno.

È con la stessa emozione provata nel lontano 1980, allorché Vi presentai le mie lettere credenziali di Rappresentante di un minuscolo ma stimato Paese, che oggi mi accingo a porgerVi non solo il ringraziamento per l'opera instancabile che Voi svolgete a favore dell'umanità intera, ma anche le speranze che molti Paesi in Voi ripongono per la soluzione dei loro problemi. Con grande gioia tutti noi ci siamo stretti intorno a Voi, Santità, il 18 ottobre 1998 per la celebrazione sul sagrato della Basilica di San Pietro del XX Anniversario del Vostro Pontificato: abbiamo ricordato riconoscenti quanto Voi ci avete donato in venti anni di ineguagliabile magistero sia sul versante religioso che su quello sociale, ed abbiamo immaginato che il nostro futuro potesse identificarsi nell'innocenza dei bambini, che al termine della Santa Messa Vi hanno sommerso con il loro giovanile entusiasmo.

Purtroppo i recenti tragici fatti di guerra occorsi in varie parti del mondo ci hanno richiamato ad una realtà ben più crudele e spesso ingiusta per le popolazioni civili coinvolte.

Così come nell'anno trascorso, Voi siete stato obbligato a levare a più riprese la Vostra voce per attirare l'attenzione del mondo intero su fatti angoscianti e d'una attualità sempre cocente, quali: – l'enorme divario di vita tra Paesi ricchi, talora insensibili, e Paesi poveri bisognosi di tutto; – l'immenso debito estero accumulato dai Paesi più indigenti e che ne impedisce in pratica qualsiasi sviluppo futuro; – l'odissea degli emigranti e degli emarginati, costretti spesso con la forza ad abbandonare le loro Terre; – i conflitti legati all'intolleranza e fanatismo religioso; – lo sfruttamento sistematico dei più deboli ed indifesi; – le sanzioni economiche, poste in essere per troppo lungo tempo come mezzo di coercizione di un Paese sull'altro e, soprattutto, il loro nefasto effetto sui più deboli, che assistono impotenti, marcati nella loro carne e nel loro spirito, alla sparizione delle giovani promesse appena sbocciate.

Di fronte a tante ingiustizie la Vostra voce, Santità, si è levata sempre in modo autorevole e coraggioso. Sorretto dalla fede, mai Vi siete stancato di rinnovare l'invito alla fraternità ed alla pace.

Né avete risparmiato il Vostro sforzo di pastore universale recandoVi, pur a costo di sofferenze personali, in varie parti del mondo al solo scopo di testimoniare ad ogni uomo e ad ogni donna l'amore di Dio. La Vostra è un'incisiva missione che giunge al cuore di tutti.

Vorrei qui ricordare, tra i documenti da Voi redatti nel 1998, la Lettera Apostolica «Dies Domini»; l'Enciclica «Fides et ratio», nella quale si sviluppa un costruttivo dialogo con il pensiero contemporaneo, evidenziandone luci ed ombre; la Bolla di indizione del Giubileo del 2000. Ecco solo alcuni esempi della Vostra costante attività rivolta sempre più a sostenere il rispetto della «dignità dell'uomo», quale elemento indispensabile per una pace duratura.

A questi vanno uniti taluni interventi dei Dicasteri ed Organismi della Curia Romana come il Documento del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace «Per una migliore distribuzione della terra », quale bene che Dio ha messo a disposizione per tutti gli uomini; il testo della Commissione della Santa Sede per i rapporti con l'ebraismo «Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoa» e la Dichiarazione congiunta tra Chiesa Cattolica e Federazione Luterana sulla dottrina della giustificazione. Pellegrino di pace, i mesi passati Vi hanno visto presente tra i terremotati del Centro-Italia per recare loro la Vostra parola consolatrice. Dopo le visite pastorali in alcune Diocesi italiane, Vi siete recato in Nigeria, in Austria ed in Croazia, ove Vi siete compiaciuto di proclamare Beato il Cardinale Stepinac.

Il più alto risalto ha avuto sicuramente il Vostro Viaggio a Cuba, che ha dato nuovo impulso alla Chiesa locale e speranza di vita migliore ai cittadini di questo Stato da tanti anni provati da un preoccupante e pericoloso isolamento: non a caso da quest'anno il Natale è riconosciuto a Cuba come festa civile oltreché religiosa.

Grazie alla Vostra sollecitudine pastorale, nel Continente Americano il Brasile ha gioito per la proclamazione del suo primo Beato - Antoine De Sainte Anne Galvao; gli Argentini residenti in Italia Vi hanno accolto con incredibile calore nella Chiesa Argentina di Roma; nel Cile si sono vissute giornate di entusiasmo in occasione del primo incontro continentale dei giovani, mentre in Messico fervono, con altrettanta intensità, i preparativi per la Vostra prossima Visita nel corso della quale, presenterete il Documento finale del recente Sinodo dell'America.

Alcuni Paesi del Centro e Sud-America, mentre si adoperavano tenacemente a risanare i loro problemi interni nel segno di una pacifica trattativa, sono stati colpiti da un immane disastro naturale: essi Vi ringraziano per la Vostra amorevole partecipazione al loro dolore e sperano nella Comunità Internazionale per un sostegno duraturo alla loro fragile economia.

I Paesi dell'Africa, dei quali sovente i media presentano immagini tragiche legate alle guerre, alla fame ed alle epidemie e che Voi, Santità, avete più volte visitato e sostenuto con i Vostri incessanti appelli ad una comune solidarietà, stanno attivamente lavorando nel mettere a punto, nel seno di organizzazioni panafricane, dei meccanismi di prevenzione e regolamento dei conflitti per ridurre i focolai di tensione e riportare la pace, preambolo indispensabile per il loro sviluppo economico e sociale.

Nuova risonanza ha avuto nell'anno passato il Vostro invito a risolvere in modo più concreto l'ingente debito estero che pesa sui Paesi più indigenti, affinché essi possano liberarsi da una spirale perversa di scambi commerciali impari, che non permette loro né la pacificazione interna né un reale sviluppo.

La Vostra paterna attenzione si è rivolta premurosa anche ad Oriente, ove rimane ancora insoluta la situazione dell'Irak, da lungo tempo sottoposto a sanzioni economiche, e lo «status» di Gerusalemme, che dovrà essere definito in modo equo sia per la parte religiosa che per quella territoriale e politica.

In Europa, infine, mentre la tensione nei Balcani e specialmente nel Kosovo ha preoccupato ed allarma tuttora Vostra Santità, la nascita della moneta unica europea fa sperare in una fruttuosa collaborazione multilaterale non solo economica, ma soprattutto politica e spirituale per un mondo nuovo e più giusto.

In questo scenario, nell'anno del 50° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e alle soglie del Grande Giubileo del 2000, Voi, Santità, ci invitate ad un cammino nuovo di riconciliazione e di genuina speranza: possano, nel terzo millennio, tutte le Nazioni, che noi qui rappresentiamo, sentirsi parte attiva dell'Unica Famiglia umana, ove il più debole è sorretto dal più forte con una nuova cultura di vera solidarietà e cooperazione internazionale per un modello di sviluppo al servizio di ogni uomo!

Con questa fiducia, Vi rinnoviamo, Santità, i nostri più fervidi auguri con l'intima speranza che possiate recarVi presto a Gerusalemme a scambiare il saluto della pace con ebrei, cristiani e musulmani, tutti figli di un solo Padre!


*L’Osservatore Romano, 11-12.1.1999 p.8.

 

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