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DISCORSO DEL DECANO DEL
CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE,

 
S.E. ALEJANDRO EMILIO VALLADARES LANZA,
AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DI HONDURAS,
A SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Giovedì, 8 gennaio 2009




Santità,
La mia emozione è grande ora che, per la prima volta, mi spetta l'insigne onore, in qualità di nuovo Decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, di presentarle i voti più ferventi che noi formuliamo, all'inizio del nuovo anno, per la sua felicità personale e per la fruttuosa e felice prosecuzione del suo Ministero apostolico. Mi permetta, Santità, di avere in questo momento un pensiero per il mio predecessore, l'ambasciatore Giovanni Galassi, duramente provato dalla recente scomparsa della sua amata consorte.

Nonostante questi tempi agitati in cui l'umanità s'interroga sui valori delle nostre società, nutrivo la speranza che il mio messaggio potesse essere portatore di rassicuranti prospettive. Purtroppo non è stato così.

Come quelli che l'hanno preceduto, l'anno 2008, caratterizzato dal 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes e dai sessant'anni della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ci ha purtroppo presentato la sua triste e dolorosa sequela di guerre dichiarate o ignorate, di atti di terrorismo cieco sempre più omicida, di persecuzioni religiose, di disperazione umana provocata dalla malattia o dalla carestia, d'insopportabili e intollerabili attentati alla dignità della persona umana, di catastrofi naturali. A questo elenco di drammi che seminano morte e desolazione e mettono in pericolo la vita di milioni di uomini, di donne e di bambini, si sono aggiunte una crisi finanziaria senza precedenti, di cui non è ancora possibile misurare le gravi conseguenze per l'economia mondiale già indebolita dalla globalizzazione e, all'indomani del Natale, un nuovo e cruento episodio di violenza in Terra Santa.

Il clima politico continua a essere «bollente» in Africa dove in alcuni Paesi sono ripresi gli scontri mortali.

Il divario fra il Nord e il Sud non smette di aumentare generando, fra le altre disgrazie, un'immigrazione massiccia di persone povere private di tutto e a cui sono stati promessi illusori eldorado che a molti purtroppo hanno aperto le porte della morte.

Davanti a questo terribile panorama, le organizzazioni internazionali, la cui credibilità è talvolta messa in discussione, dovrebbero agire con molta più determinazione e tenacia.

La secolarizzazione e un laicismo sempre più virulento stanno scalzando le fondamenta delle civiltà e, più in particolare, di quelle di cui noi siamo gli eredi.

La mondializzazione e il potere troppo spesso nefasto del denaro, ai quali le civiltà di oggi non possono sfuggire, aggravano gli squilibri economici e sociali, arricchendo quelle agiate e impoverendo quelle bisognose. I consistenti flussi migratori che questi generano sono spesso incontrollabili e, fatto ancor più grave, incontrollati. Ne derivano drammi umanitari di grande entità.

Malgrado le severe sanzioni decise da numerosi Paesi che hanno compreso l'estrema gravità della situazione, i trafficanti di esseri umani, di droghe e di armi, proseguono il loro odioso e sinistro commercio.
Comprendiamo che un così triste quadro mostri, se ce ne fosse bisogno, quanto sia importante, non solo leggere e ascoltare i suoi insegnamenti, Santità, ma fare anche tutto il possibile, a qualsiasi razza o religione apparteniamo, perché divengano realtà per la nostra società umana resa oggi così fragile.

Le dobbiamo, Santità, un ringraziamento particolare per le diverse attività intraprese durante il 2008 (viaggio negli Stati Uniti d'America, in Francia, discorso all'Onu, Giornata mondiale della gioventù in Australia, Dialogo interreligioso, impegno in favore della pace nel mondo, Sinodo dei vescovi, Anno paolino). Lei ha esortato, in diverse occasioni, a una nuova riflessione sulle relazioni fra la sfera politica e quella religiosa.

Santità, abbiamo bisogno di dignità per l'uomo, di un ritorno ai valori morali e cristiani, di giustizia sociale, di solidarietà e di amore per il prossimo, di ecumenismo, di dialogo interreligioso... Tutti ambiti di riflessione e insieme sfide per il nostro tempo. La strada sarà lunga e difficile, gli ostacoli numerosi, ma è nostro dovere di uomini — che Dio ha voluto a sua immagine — «rimboccarci su le maniche» e metterci al lavoro.

Dobbiamo inoltre sradicare il ricorso alla forza nella soluzione dei conflitti internazionali, salvo nei casi previsti e approvati dal Consiglio di sicurezza dell'Onu. Così la lotta contro il terrorismo internazionale deve essere condotta dalla comunità internazionale attraverso le Nazioni Unite.

Dobbiamo mettere fine in modo definitivo alle politiche migratorie di natura selettiva e discriminatoria dei Paesi industrializzati che sottopongono la mano d'opera qualificata dei Paesi poveri a una concorrenza sleale, incitandola a lasciare il proprio Paese d'origine.

La sua prima enciclica, Deus caritas est, ha fatto nascere una nuova luce, piena di carità e di speranza, sul nostro mondo tormentato, esposto alle forze del Male. Dio faccia sì che venga ascoltata.

Santità, desideriamo ringraziarla ancora per gli interventi che continuamente fa per la difesa della vita e dei diritti dell'uomo e anche per la pace e la solidarietà a favore dei malati, delle famiglie in difficoltà, dei disoccupati e degli immigrati... Quella pace e quella solidarietà alle quali giungeremo solo attraverso una lotta globale contro la povertà, quella pace e quella solidarietà che Lei ha implorato a voce alta qualche giorno fa davanti a decine di migliaia di pellegrini riuniti in piazza San Pietro, nel suo recente Messaggio per la Giornata mondiale della pace.

Mi permetta, Santità, per concludere, di ricordare le parole del primo ministro francese, durante la sua visita in Francia: «Lei ha messo in guardia la nostra civiltà contro le sue debolezze materiali, le sue pulsioni di guerra, i suoi fanatismi. Ha fatto appello all'Europa umanista e alla sua eredità cristiana».

Buon anno, Santità.


 

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