Index

  Back Top Print

 DISCORSO DEL SEGRETARIO DI STATO PIETRO PAROLIN
A CONCLUSIONE DEL SIMPOSIO

"STAND TOGHETER TO DEFEND RELIGIOUS FREEDOM SYMPOSIUM"

Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede
Roma, 3 aprile 2019

 

Una breve analisi delle numerose violazioni della libertà di religione a livello globale e dello spaventoso numero di persone innocenti che subiscono persecuzioni a motivo del loro credo, compresi molti cristiani, non dovrebbe lasciare alcun dubbio sul fatto che ci troviamo di fronte a un attacco aggressivo che colpisce il cuore stesso dei diritti umani fondamentali, necessari per la crescita di ogni persona, delle società nel suo insieme e per la pacifica coesistenza tra le nazioni.

Malgrado i numerosi sforzi per promuovere la libertà religiosa, in molte aree del mondo stiamo di fatto assistendo al continuo deterioramento — si potrebbe addirittura parlare di attacco — di questo diritto inalienabile. La religione è sempre stata oggetto di profonda considerazione, come dimostra la sua regolamentazione da parte dei sistemi giuridici nazionali e internazionali. La scelta della fede e la conseguente adesione a una religione hanno un impatto su ogni livello della vita, come anche sulle sfere del sociale e della politica. Pertanto, la scelta, e la pratica, della propria religione deve essere libera da vincoli e da coercizione. Nonostante l’assoluta tutela che la libertà di religione riceve nel quadro del diritto internazionale, chiaramente espressa nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e nella Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, continuiamo ad assistere a gravi violazioni di questo diritto fondamentale, che spesso avvengono nell’impunità e che talvolta ricevono poca o nessuna attenzione dai media.

Gli argomenti in discussione nei due momenti di riflessione che si sono susseguiti questa mattina sono quanto mai attuali. Sensibilizzare la società sulla realtà della persecuzione religiosa, in particolare attraverso gli strumenti offerti dai media digitali, continua a essere una misura importante per affrontare le violazioni della libertà. Di fatto, quanti sono impegnati nell’ambito dei media e delle comunicazioni sociali sono chiamati a fare emergere quelle realtà che minacciano il bene comune della famiglia umana. Le violazioni della libertà religiosa vanno annoverate tra tali minacce.

Il secondo dibattito solleva un tema ancor più complesso, quello della cooperazione internazionale, focalizzando l’attenzione sulla necessità di lavorare insieme a ogni livello per difendere e promuovere la libertà di religione. Riguardo a questo aspetto, la Chiesa cattolica ha sempre cercato ogni mezzo possibile per incoraggiare il rispetto reciproco e la collaborazione tra nazioni, popoli e religioni, al fine di favorire la pacifica coesistenza, alimentare un ambiente sociopolitico che rispetti la libertà della coscienza individuale della persona e le sue credenze, rispettando al tempo stesso i suoi diritti di comune cittadino, specialmente in quei contesti in cui tali credenze non sono quelle della maggioranza.

Di fatto, riflettendo sui due argomenti centrali affrontati durante i dibattiti, appare evidente che informare sui casi di persecuzione religiosa nel mondo sarebbe inutile in assenza di uno sforzo serio a lavorare insieme per affrontare e superare le cause che sono alla radice del problema. Ovviamente si tratta di una grande sfida, poiché passando dalle parole ai fatti si incontrano sempre molte complicazioni.

Un aspetto importante è che, nel discutere di libertà religiosa, non dobbiamo mai perdere di vista la base antropologica di tale diritto. Farlo significa rischiare di intendere la libertà di religione come un qualcosa di accessorio alla persona umana, qualcosa che viene concesso “dal di fuori” della persona, o perfino dallo Stato. Si tratta invece di un dono fatto da Dio, radicato nella dimensione trascendente della natura umana. Chiaramente, le autorità civili hanno l’obbligo di proteggere e difendere la libertà religiosa, ma non nel senso di esserne l’autore, ma piuttosto il custode.

Protezione e limitazioni sono i due elementi chiave intorno a ogni dibattito sulla libertà religiosa quale diritto fondamentale, per via del suo rapporto diretto con la persona umana. Di fatto esso svolge un ruolo strategico nel valutare e nell’assicurare l’attenzione e la garanzia adeguate fornite dalle autorità pubbliche. Questa interpretazione rispecchia il processo di affermazione di diritti umani che ha caratterizzato la storia degli ultimi secoli, ponendo la persona umana e i suoi diritti al centro delle azioni giuridiche, politiche, culturali e religiose. La libertà di religione solleva la questione della indivisibilità dei diritti umani, che è diventata un principio guida e un presupposto fondamentale del diritto internazionale.

La libertà di religione è un diritto fondamentale che rispecchia la dignità umana, la capacità di cercare la verità e conformarsi ad essa, e riconosce in essa una condizione indispensabile per poter dispiegare tutta la propria potenzialità. La libertà religiosa non riguarda solo il credo personale o il culto. È la libertà di vivere, sia in privato sia in pubblico, secondo i principi etici che derivano da quelli religiosi. È una grande sfida nel mondo globalizzato, dove convinzioni deboli abbassano anche il livello etico generale e, nel nome di una falsa concezione di tolleranza, si finisce col perseguitare coloro che difendono la loro fede.

Un altro aspetto che esige la nostra attenzione è la necessità di essere saggi nel valutare le sfide e le minacce alla libertà di religione. Mentre le violazioni di tale diritto avvengono in una grande varietà di modi, sembra che, senza voler semplificare troppo il discorso, a portare alla violazione di questo diritto concorrano due elementi che si prestano a essere facilmente politicizzati. Da un lato c’è, ed è forse quello più ovvio, l’atteggiamento di intolleranza religiosa, un certo approccio miope che considera qualsiasi religione o credo al di fuori del proprio non semplicemente inferiore, ma addirittura meritevole di essere degradato o considerato di second’ordine. Lo si osserva fin troppo spesso in situazioni politiche, sociali o culturali, per esempio con i cristiani, che vengono trattati come cittadini di seconda classe. Dall’altro c’è una tendenza ad attaccare la libertà religiosa da quella che si potrebbe definire una posizione “ideologica”, che adotta, per esempio, principi che si trovano nel quadro dei diritti umani considerati come “intersettoriali” e “trasversali”. In tale contesto, a volte alcuni dei cosiddetti “nuovi diritti umani” tendono a entrare in conflitto con i diritti umani fondamentali universalmente riconosciuti, tra i quali la libertà di religione e il diritto alla vita. Per esempio, l’esercizio della libertà religiosa, specialmente pubblicamente, per quanto riguarda l’istituzione del matrimonio o il diritto inviolabile all’integrità della vita umana in tutto il suo percorso, talvolta si scontra con i cosiddetti “nuovi diritti”, che tendono a presentarsi in completa contraddizione con i diritti umani fondamentali o a violarli.

Data la loro importanza, questi due aspetti devono rimanere in primo piano nel nostro dibattito. Perderli di vista significherebbe rischiare di “non capire” che cos’è in realtà la libertà religiosa. Libertà di religione certamente significa il diritto di rendere culto a Dio, individualmente e come comunità, secondo i dettami della nostra coscienza. Ma la libertà religiosa, per sua natura, trascende i luoghi di culto e la sfera privata degli individui e delle famiglie. Le nostre diverse tradizioni religiose servono la società principalmente attraverso il messaggio che proclamano. Invitano le persone e le comunità a rendere culto a Dio, fonte di ogni vita, libertà e felicità. Ci ricordano la dimensione trascendente dell’esistenza umana e la nostra libertà irriducibile dinanzi a ogni pretesa di potere assoluto.

Per concludere, vorrei ribadire che la Santa Sede continuerà a impegnarsi appieno nella promozione della libertà religiosa, poiché questo diritto fondamentale è strettamente collegato con la protezione della coscienza e la difesa della persona umana. Un esempio recente di questa priorità per la Chiesa è il documento sulla «Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune», firmato lo scorso 4 febbraio ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb. Mentre esorto tutti a leggere il testo completo, vorrei concludere citando uno dei passi che mi sembrano essere al centro di questo simposio: «Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni».