Seconda assemblea speciale per l'Europa, 1998: Lineamenta
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SINODO DEI VESCOVI

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SECONDA ASSEMBLEA SPECIALE PER L'EUROPA

GESÙ CRISTO VIVENTE NELLA SUA CHIESA

SORGENTE DI SPERANZA PER L'EUROPA

LINEAMENTA

CITTÀ DEL VATICANO

1998


© Copyright 1998 - Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e Libreria Editrice Vaticana.

Questo testo può essere riprodotto dalle Conferenze Episcopali oppure con la loro autorizzazione, a condizione che il suo contenuto non sia modificato in nessun modo e che due copie del medesimo siano inviate alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 00120 Città del Vaticano.


PRESENTAZIONE

Non sfugge certamente all'attenzione la significativa circostanza, secondo la quale il Santo Padre nella lettera Apostolica "Tertio Millennio Adveniente", ai numeri 21 e 38, preannunciando in vista del Giubileo del 2000 la "serie di Sinodi", incentrati sul tema della evangelizzazione, comunica la sua intenzione di celebrare sinodi continentali per l'America, per l'Asia, per l'Oceania, senza far cenno ad altre iniziative sinodali. Invece fu durante il suo viaggio apostolico in Germania, nella sua allocuzione all'"Angelus" del 23 giugno 1996 a Berlino, che convocò una seconda assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi.

Tale decisione è degna della massima attenzione per le sue caratteristiche cronologiche e geografiche, ma soprattutto per la sua portata ecclesiale e pastorale.

Nella cronaca ecclesiastica, infatti, non è facile trovare qualcosa di simile, almeno nei tempi recenti. È vero che il Sinodo è un'istituzione giovane nella Chiesa e pertanto sarebbe inadeguato cercare al suo interno riscontri storici su lunghi periodi. Ma è pur certo che riveste carattere di eccezionalità l'atto di dedicare ad un unico continente i lavori di un'intera assemblea sinodale, per due volte a breve intervallo di tempo.

Questa nota di cronologia e di geografia, con il suo forte riferimento a fatti di straordinario e impellente richiamo, rimanda ad un'urgenza di altra natura, che è esattamente spirituale e teologica insieme, considerate le res novae, di cui Berlino era l'indice emblematico. Esse coinvolsero la società e la Chiesa, e nella Chiesa sollecitarono fortemente la capacità di discernimento e la coscienza dei pastori e dell'intera comunità dei credenti.

È da questa urgenza che è nata la convocazione della Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi.

Ora che le Chiese locali in Europa sono invitate attraverso questo documento dei Lineamenta a prepararsi in modo immediato alla celebrazione di quella assemblea, è necessario far riferimento attento alle circostanze della convocazione, considerare gli scopi della medesima assemblea intesi dal Santo Padre, prendere coscienza delle correnti di pensiero e dei comportamenti concreti che si manifestano nei vari ambienti, affinché si possano presentare al Sinodo le reali urgenze e aspirazioni, in vista di un'azione pastorale corrispondente al bene della Chiesa in Europa.

Il presente testo infatti è destinato a provocare la riflessione nelle Chiese locali sulla loro condizione particolare nel grande ambito geografico ed ecclesiale dell'intero territorio europeo, "dall'Atlantico agli Urali". Si tratta, così, di giovarsi degli spunti e degli accenni presenti nei Lineamenta per trasferire poi l'attenzione alle innumerevoli richieste proprie delle piccole comunità o dei grandi centri, per far presenti al Sinodo le oggettive esigenze spirituali di ogni porzione della Chiesa in Europa.

Poiché mai come ora l'Europa sperimenta la sua totalità, è giusto che tutti i suoi Vescovi in ben due assemblee sinodali si uniscano per dedicare ad essa il massimo della loro sollecitudine pastorale. Ma questo dovrà essere preceduto da un'ampia consultazione delle varie istanze nelle differenti diocesi e comunità, che coinvolga, finalmente, tutta l'Europa geografica ed ecclesiale. Il successo di un Sinodo, infatti, dipende dalla vastità e dalla profondità della preparazione delle chiese particolari. Tanto più che per la prima assemblea sinodale per l'Europa, data la specialissima urgenza della celebrazione di quel Sinodo e la particolare condizione delle Chiese del Centro e dell'Est uscite da poco dalle ben note angustie, non si poté procedere ad una facile e generale consultazione.

Ecco allora che questi Lineamenta vengono offerti per soddisfare a questa necessità. Essi, dopo un'illustrazione generale dell'argomento scelto dal Santo Padre, "Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa", propongono un Questionario, diretto a provocare risposte appropriate alle questioni più urgenti delle Chiese particolari. Da queste risposte si avrà la possibilità di percepire le intenzioni che provengono al Sinodo attraverso la diretta partecipazione delle varie istanze ecclesiali.

Il risultato della totalità numerica e qualitativa delle risposte potrà esser raggiunto, se da tutte le Chiese locali si riuscirà, insieme all'attento esame del proprio cammino, a gettare lo sguardo anche aldilà dei propri confini, non con intenti indagatori, ma nello spirito della "comunione nel cammino" dell'intera Chiesa che è in Europa, con il senso cattolico dello "scambio dei doni" e della partecipazione alle sollecitudini dei fratelli e delle sorelle, portando i pesi gli uni degli altri (cf. Gal 6,2), e, concretamente, dando nelle risposte suggerimenti anche sulle situazioni dell'Europa in generale, così come vengono percepite e seguite nel proprio ambiente e nella propria Chiesa locale.

L'efficacia delle risposte sarà proporzionata alla fedeltà al Questionario nel senso che esse saranno ricche e originali, se le domande verranno intese come rivolte precisamente alle situazioni locali. Questo, tuttavia, non impedisce che argomenti particolari, assenti o appena sfiorati nei Lineamenta o nel Questionario, vengano ugualmente trattati ed esposti con libertà e franchezza.

Le risposte dovranno essere inviate alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi entro il 1º novembre 1998 dagli abituali organismi aventi diritto, cioè: Chiese Orientali, Conferenze Episcopali o Corpi Episcopali simili, Dicasteri della Curia Romana, Unione dei Superiori Generali.

Quello che si auspica è che si promuovano particolari iniziative nelle diocesi e nelle comunità perché i Lineamenta siano ampiamente diffusi, meditati e discussi, in vista di una risposta comunitaria completa. Tutto questo si potrà ottenere più facilmente se verranno interessate e sollecitate quelle strutture di dialogo che il Concilio Vaticano II ha previsto nelle Chiese particolari. Questo rappresenterà il primo passo dell'itinerario sinodale.

Se il documento dei Lineamenta verrà ben accolto e discusso, con la partecipazione e la preghiera di tutti, sarà una preziosa occasione per gustare, già in questo primo grado dell'esperienza sinodale, come il Signore Gesù sia fonte di speranza per l'Europa e per tutti i suoi popoli.

Jan P. Card. Schotte, C.I.C.M.

Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi


INTRODUZIONE

1. Il Signore Gesù, prima di tornare alla destra del Padre, promise agli undici la sua perenne presenza, a sostegno della loro missione (cf. Mt 28, 18-20). Ma, immediatamente dopo la sua resurrezione, anzi "in quello stesso giorno" (Lc 24, 13), anticipò con un intervento concreto questa promessa, che avrebbe annunciato prima della sua ascensione.

Nello stesso giorno della resurrezione il Risorto si rese subito presente a "due di loro" (idem), che verso sera tornavano a casa con il volto triste e con lo sconforto nel cuore. Le loro parole mostravano tutta intera questa loro tristezza, che aveva allontanato ogni speranza dalla loro vita: "Noi speravamo" (Lc 24, 21). Del passato, che era stato pieno di fiducia e di attesa, allora non restava che uno sconsolato ricordo.

Il Signore, che apparve ai due "sotto altro aspetto" (Mc 16,12), si nascose momentaneamente ai loro occhi, "incapaci di riconoscerlo" (Lc 24, 16), ma si fece ad essi presente con la sua stessa persona, sebbene velata, e soprattutto con la sua parola, con la quale "spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui" (Lc 24, 27).

Questa compagnia fisica, che diventò presenza esegetica, fu rivelazione di una parola che lentamente rianimava in loro la fiducia e l'ardore del cuore (cf. Lc 24, 32), fino a condurre pedagogicamente i due al pieno svelamento della stessa persona del Risorto ( cf. Lc 24,31). Quella di Emmaus fu la prima nuova evangelizzazione, ad opera del Signore Gesù, il Rabbì degli inizi, ora risuscitato alla sua perenne missione di Maestro inviato dal Padre.

La vicenda dei due discepoli di Emmaus sta davanti alla Chiesa in Europa come un modello interpretativo della sua stessa odierna esperienza di continente, che da venti secoli ha iniziato un cammino illuminato dalla Parola diffusa e penetrata profondamente in esso. Mentre si avvicina la meta epocale del terzo millennio l'Europa, pur nel pieno possesso di immensi segni di fede e testimonianza, sente tutto il logoramento che la storia con le sue varie tensioni ha prodotto nelle fibre più profonde dei popoli, generando spesso delusione. Essa, tuttavia, non è abbandonata ad una disperazione priva di riscatto. Le radici cristiane restano e permane costante soprattutto la presenza della Parola del Signore, che non si stanca di fare la stessa strada dei popoli, al loro fianco, riservando al kairos, che solo Lui conosce, la grazia di una nuova rivelazione della sua Persona.

Tale nuova rivelazione, nuova evangelizzazione, ridesterà la speranza. E la fede confermata da questo nuovo incontro risveglierà il coraggio delle origini per annunciare ai popoli che "davvero il Signore è risorto" (Lc 24, 34).

2. Il mistero della Parola e della presenza di Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa alimenta in essa la comunione e ne sostiene perennemente la missione.

Prima di tornare in cielo, alla destra del Padre, Gesù, avvicinatosi agli undici apostoli, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20).

Con queste parole il Maestro, rivestito di tutto il suo potere, incarica i suoi discepoli, divenuti così apostoli, di andare alle nazioni, ammaestrare, battezzare, insegnare l'obbedienza ai comandamenti di Lui che assicura la sua indefettibile presenza e compagnia (cf. Mc 16, 20).

Nasce così la vocazione della Chiesa, che ha la sua origine nel mistero del Signore morto, risorto e asceso al cielo, si esercita nel vincolo della comunione, si diffonde nella missione di salvezza di tutti.

Questa Chiesa, inviata alle nazioni, partecipa agli eventi dell'umanità e vive insieme con essa. Dall'interno della famiglia umana la Chiesa desidera annunciare di nuovo l'eterno messaggio di Gesù Cristo, nel quale si trova la fonte della vita e della speranza.

L'intima unione della Chiesa con la comunità dei popoli è vivamente espressa dalla costituzione pastorale sulla Chiesa del Concilio Ecumenico Vaticano II con le seguenti parole: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò essa si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia".(1)

Questa condizione della Chiesa universale si riflette oggi in modo particolarmente chiaro sull'intero territorio europeo, così come esso appare agli occhi degli osservatori esterni, ma soprattutto di coloro che vivono in esso e in esso soffrono, gioiscono e sperano, dopo gli immani rivolgimenti storici, civili, sociali, culturali e politici recentemente accaduti.

3. Così, dopo quei memorabili eventi, nella famiglia delle nazioni europee altre profonde trasformazioni hanno investito i popoli. In considerazione di esse, con lo sguardo rivolto al terzo millennio che viene, il Santo Padre ha voluto arricchire la "serie di Sinodi" (2) anche con una seconda assemblea per l'Europa.

Nel suo viaggio apostolico in Germania, all'Angelus del 23 giugno 1996 a Berlino, Giovanni Paolo II diceva: "Da questa famosa città, che ha vissuto in modo particolare il destino della storia europea di questo secolo, vorrei annunciare a tutta la Chiesa la mia intenzione di convocare una seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Insieme ad altre simili assemblee sinodali in altre parti del mondo, essa dovrà occuparsi della preparazione del Grande Giubileo dell'Anno 2000 (cf. Tertio millennio adveniente n. 38). Dopo i noti avvenimenti del 1989 e le nuove condizioni createsi in seguito alla caduta del muro che era stato eretto proprio in questa città, è sembrata necessaria una riflessione dei rappresentanti delle conferenze episcopali del continente. L'assemblea speciale del 1991 ha svolto questo compito. Gli ulteriori sviluppi dei cinque anni successivi in Europa hanno offerto l'opportunità di un nuovo incontro con i rappresentanti dei vescovi europei per una attenta analisi della situazione della Chiesa in vista del prossimo Giubileo. È necessario fare in modo che le grandi forze spirituali del continente possano dispiegarsi in tutte le direzioni e vengano creati i presupposti per un'epoca di autentica rinascita religiosa, sociale ed economica. Questo sarà frutto di un nuovo annuncio del Vangelo".(3)

Quando il 22 aprile del 1990 il Santo Padre Giovanni Paolo II annunciò a Velehrad la convocazione della Prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, pronunziò parole che rivelavano la sua attenzione agli straordinari eventi accaduti in quegli anni in vasti territori dell'Europa centrale ed orientale, e così dimostrava di obbedire alla vocazione dei pastori di vegliare sul tempo che scorre e scrutarne i segni. (4)

Questa medesima responsabilità pastorale viene sollecitata oggi nella coscienza dei vescovi europei, poiché nuovi avvenimenti hanno rivelato in Europa nuove urgenze e richiedono nuovi interventi.

Gli eventi del 1989, che ad una immediata ed entusiastica considerazione sembravano aver di colpo risolto tante crisi sociali, culturali e spirituali, in realtà non sono stati che la porta improvvisamente spalancata sopra uno sterminato campo, dove i differenti popoli si ritrovarono repentinamente in possesso di antiche prerogative, da tempo represse, e incominciarono a muoversi autonomamente per strade proprie.

Questo diffuso movimento della libertà recuperata per sua natura non poté limitarsi ai territori di origine e quindi scosse in qualche modo tutto il resto dell'Europa, ponendo anche le altre nazioni davanti alle nuove condizioni, che da allora non potevano più essere tenute nascoste dentro i forzati confini di un regime oppressivo.

L'Europa si ritrovò come geograficamente aperta, così drammaticamente esposta ad una gravissima serie di esigenze, a "nuovi pericoli e nuove minacce", specialmente i nazionalismi.(5)

Sono queste novità che il Santo Padre ha scrutato alla luce della storia e dello Spirito che nella storia misteriosamente agisce, quando ha deciso di convocare questa seconda assemblea sinodale per l'Europa, come se si trattasse di un momento da cogliere con premura, perché il continente nelle sue ormai libere dimensioni geografiche dedicasse anche le sue totali energie alla sua integrale rinascita.

1. Manifestazioni di queste novità sono anche altri fenomeni che appartengono ormai a tutta l'Europa: il materialismo, l'indifferenza agnostica, la nuova mentalità nei paesi usciti dall'oppressione totalitaria, la complessità della società con i fenomeni del soggettivismo religioso e dell'individualismo relativistico, lo statuto della verità nel pluralismo, la sopravvalutazione della soggettività e della tolleranza, le tentazioni della gnosi nella cultura, particolarmente attraverso i movimenti panteistici naturalisti.

2. È d'obbligo, comunque, notare anche altri elementi nuovi nell'esperienza europea, per esempio il dialogo con la cultura d'Europa fondato sul fatto che la dottrina della creazione, della redenzione, della comunione con Dio è più alta del relativismo o del panteismo naturalista; il catecumenato degli adulti, la ricerca della spiritualità nella politica e nella socialità, la realtà nuova della famiglia, la protezione della vita nel suo intero arco naturale. Questi elementi aprono la strada alla speranza che portano in se stessi e che lasciano intravedere per il futuro del continente.

4. Ai Padri che si riuniranno in Sinodo si presenterà con sempre maggiore urgenza il compito di meditare sull'annuncio del Vangelo, come fedele risposta al mandato del Signore e come offerta di ecclesiale servizio ai popoli europei.

Si tratta di un annuncio da compiere con rinnovato spirito di missione in un continente attraversato profondamente e distintamente da segni, che richiedono risposte attive e obbedienti a quanto lo Spirito Santo dice alla Chiesa mediante le esperienze di ciascuna delle Chiese particolari nel continente europeo, ora che ci avviciniamo all'inizio del terzo millennio dopo Cristo. (6)

Questo pensiero che il Santo Padre manifestò in preparazione alla prima assemblea sinodale per l'Europa stabilisce una profonda relazione con la seconda assemblea, poiché le proietta entrambe verso quel termine cronologico e profetico insieme, che è quella soglia della speranza posta all'ingresso del terzo millennio, termine cronologico di una memoria cristologica, riferita appunto alla nascita storica del Verbo di Dio fatto uomo, fatto salvezza per tutti i secoli e i millenni.

Inoltre, le due assemblee sono collegate dall'istanza di un annuncio da protrarre attraverso il tempo e le vicissitudini storiche con immutata fermezza e fedeltà, con istintivo senso di comunione salvifica con l'umanità.

Nel celebrare questa assemblea è, poi, pieno di significato il gesto di associare l'Europa a tutti gli altri continenti, i cui pastori, in preparazione al medesimo evento del Giubileo, si riuniscono anch'essi in sinodo. Questo risponde a quel legame istitutivo posto dal Santo Padre nella "serie di Sinodi",(7) sinodi in certo senso "giubilari", inseriti nel cammino verso l'inizio del terzo millennio.

5. E in questa correlazione sinodale, che appare come un caso di speciale esercizio della collegialità episcopale e della carità pastorale, poiché quella per l'Europa seguirà tutte le altre assemblee continentali, sarà storicamente ed ecclesialmente fecondo far memoria del vincolo che unisce l'Europa agli altri continenti in virtù del Vangelo e del suo annuncio.

Mentre in spirito di avvento si procede verso il Grande Giubileo dell'Anno 2000, il Santo Padre attende una "nuova primavera di vita cristiana", ad una condizione: che i cristiani siano docili all'azione dello Spirito Santo, agente principale della nuova evangelizzazione.(8)

Nella contemplazione dell'azione dello Spirito Santo Giovanni Paolo II esorta i credenti a riscoprire la virtù teologale della speranza. Infatti "il fondamentale atteggiamento della speranza, da una parte, spinge il cristiano a non perdere di vista la meta finale che dà senso e valore all'intera sua esistenza e, dall'altra, gli offre motivazioni solide e profonde per l'impegno quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio".(9)

Il cammino della Chiesa che è in Europa verso quella meta, nelle attuali circostanze storiche, civili e religiose, attinge nella meditazione del Vangelo la sua più genuina energia, che consente il superamento della stanchezza, del dubbio, dello sconforto. Il messaggio dell'episodio dei due discepoli di Emmaus suggerisce al riguardo profonde consonanze, che invitano ad una revisione della relazione con il Signore che era, che è, che viene, ieri, oggi e sempre, salvatore unico di tutti.

La speranza è quella di ritrovare sulla strada dell'ascolto e dell'accoglienza del Signore la forza e la luce per superare le tante oscurità che hanno ottenebrato l'Europa di questi nostri giorni, che pure è l'Europa che accolse la prima predicazione apostolica, la diffuse al suo interno e la portò agli altri popoli. La stanchezza e l'assuefazione, lo smarrimento e la stoltezza non giustificano né l'ostinazione né la passività. La rivelazione del Signore ai due discepoli sconsolati e la loro successiva testimonianza sollecitano, incoraggiano e garantiscono anche la speranza di tutti coloro che, avendo da tempo conosciuto il Signore, non possono averne per sempre smarrito o cancellato le tracce.


PARTE I

L'EUROPA VERSO IL TERZO MILLENNIO

Discernimento degli spiriti

6. Gli eventi che stanno all'origine delle due assemblee sinodali per l'Europa sono notoriamente quelli collegati alla caduta del comunismo, fisicamente rappresentata dalla caduta del muro che divideva in due la città di Berlino. Si trattò di avvenimenti sociali e politici, che tuttavia erano segno di una profonda revisione culturale e di un impellente bisogno di rinnovamento.

"Cadde il muro che divideva l'Europa. Cinquant'anni dopo l'inizio della seconda guerra mondiale i suoi effetti cessarono di scavare il volto del nostro continente. È terminato mezzo secolo di separazione per la quale milioni di abitanti dell'Europa Centrale e Orientale pagarono il terribile prezzo".(10)

Tali rivolgimenti colsero di sorpresa il mondo intero, ma anche gli stessi popoli direttamente interessati.

La Chiesa davanti ad essi si interrogò e continua ancora ad interrogarsi sul loro significato e soprattutto sulle conseguenze per il suo ministero pastorale di rinnovato annuncio del Vangelo, nel permanente ed inderogabile mandato di predicare Gesù Cristo, che nei diversi tempi e nei diversi popoli era, è e sarà, ieri, oggi e sempre, Salvatore unico dei popoli e delle persone.

Il discernimento della Chiesa sulle nuove condizioni di vita nelle nazioni europee si esercita nel cercare il senso delle varie delusioni, che sono il frutto dell'incapacità delle strutture politiche, sociali ed economiche di soddisfare gli aneliti dell'uomo.

L'uomo europeo si trova ora di fronte allo smascheramento del volto del socialismo reale e appaiono in tutta la loro gravità le conseguenze morali negative del comunismo. Contemporaneamente in quelle regioni si è fatto strada un ottimismo ingenuo favorito dalla riconquista delle libertà fondamentali della persona, ma non sorretto da una stabile attitudine all'esercizio della libertà stessa. Così si è imposta la necessità di adottare comportamenti di adeguamento alla realtà circostante, che resta oggettivamente difficile, con il risultato che in certi casi emerge una certa nostalgia del passato e il tentativo o il desiderio di ritornarvi.

In occidente si diffondono i mali propri di un progresso umano spesso disancorato dai valori della persona e dello spirito. E tali tendenze invadono facilmente anche i territori orientali, dove, paradossalmente, si arriva ad una condizione molto simile a quella propria della filosofia materialista adottata dai regimi caduti, che si manifesta in una antropologia chiusa alla visione trascendente dell'esistenza umana.

Lo Spirito del Signore parla alla Chiesa anche mediante gli avvenimenti storici. A queste vicende la comunità dei fedeli non è estranea, anzi vive dentro di esse come segno posto tra le nazioni (11) e la sua presenza di discernimento, che le è propria da duemila anni, non mancherà in questo nostro tempo, segnato da profondi rivolgimenti e prossimo ormai all'inizio del terzo millennio.

Segni contraddittori e delusione

7. È noto, tuttavia, che l'Europa di oggi è giunta al riconoscimento e al possesso ormai consolidato di alti valori nel campo sociale e culturale che sono motivo ed espressione del suo grande sviluppo, quantunque anch'essi nascondano minacce e rischi in altri campi.

L'abbattimento del totalitarismo e il conseguente ristabilimento della democrazia ha portato anche uno svilimento dei valori e delle verità oggettive. Nel campo dei diritti umani si è giunti a misure che proteggono saldamente l'individuo, ma questo avviene spesso a danno dei più poveri e indifesi. La libertà di scelta è considerata come diritto inalienabile della persona, ma è anche portata a pretesto per giustificare un codice di comportamento incentrato sulla propria persona. La dignità attribuita all'individuo lo sottrae, è vero, alla perversa macchinazione, che lo riduceva nell'immediato passato ad una semplice unità di un grande movimento collettivistico, ma non può condurre ad una solitudine senza significato e all'indebolimento del senso di solidarietà.

La cultura in sé appare oggi in Europa come una qualità assoluta e onnicomprensiva della persona, mentre manifesta una grande precarietà, che consiste in una frammentazione manipolata contro la fede in Gesù Cristo. È in atto un tentativo di eliminare il riferimento a questa fede come elemento fondante e origine della cultura europea stessa e della sua unità. Si assiste al sorgere di una cultura giuridica che propone modelli di comportamento, nei quali sono assenti i valori del Vangelo.

La nuova evangelizzazione, le condizioni antropologiche e storiche dell'uomo, la persona di Gesù Cristo nella sua piena relazione con la Chiesa sono le mete preferenziali dell'annuncio odierno in Europa.

A seguito dei rivolgimenti politici si è passati spontaneamente a parlare di una nuova Europa, come reazione ad una limitazione forzata della libera comunicazione tra gli stati, pur nella consapevolezza della comune appartenenza non solo geografica, ma anche morale e sociale.

La novità non può essere soltanto quella della forma di governo, di organizzazione sociale o di comunicazione internazionale. In questa realtà dovrà entrare la grande novità del Vangelo, Parola di Dio che fa nuove tutte le cose. La nuova evangelizzazione è parte integrante della Chiesa di oggi nel presente dell'Europa, che dovrà essere portata ad ad una nuova situazione diversa da quella presente. L'Europa è da rinnovare con la testimonianza e con lo Spirito del Signore che opera nel mistero, nella comunione e nella missione della Chiesa stessa.

Esame di coscienza

8. La nuova azione di annuncio evangelico viene direttamente congiunta ad una urgente necessità: l'esame di coscienza. "Dopo il 1989 sono emersi, però, nuovi pericoli e nuove minacce. Nei paesi dell'ex blocco orientale, dopo la caduta del comunismo, è apparso il grave rischio dei nazionalismi, come mostrano purtroppo le vicende dei Balcani e di altre aree vicine. Ciò costringe le nazioni europee ad un serio esame di coscienza, nel riconoscimento di colpe ed errori storicamente commessi, in campo economico e politico, nei riguardi di nazioni i cui diritti sono stati sistematicamente violati dagli imperialismi sia del secolo scorso che del presente".(12)

Di fronte alle nuove circostanze si rende necessario un esame di coscienza da parte della Chiesa,(13) soprattutto in quei campi dove l'annuncio del Vangelo tocca le acute necessità dell'uomo di oggi. L'odierna sensibilità spinge verso una convivenza sempre meno isolata, al punto da manifestare che le mancanze di unità tra i cristiani, particolarmente gravi e contraddittorie, scoraggiano la concordia e il movimento verso la pace. L'indifferenza religiosa e la mancanza di chiarezza nella testimonianza dei membri della Chiesa contribuisce alla diffusione dei movimenti pseudosalvifici. Il sorgere delle sette e dei nuovi movimenti religiosi, sia all'Est che all'Ovest, interpella la Chiesa poiché tale fenomeno indica il desiderio di un "salvatore", ma anche diminuisce l'unità fra Cristo e la Chiesa.

L'intolleranza ed anche l'uso della violenza nel servizio della verità,(14) spesso come espressione di un certo nazionalismo che strumentalizza la fede per raggiungere i propri scopi, sono materia che la Chiesa dovrà considerare attentamente perché non facciano mai più ombra alla sua testimonianza. Sara opportuno riflettere anche sull'importanza del rispetto della libertà religiosa nel mondo attuale.(15)

È fonte di disagio anche la mancanza di una chiara condanna delle gravi ingiustizie nell'ordine sociale ed economico,(16) come anche la difficoltà di adottare nella formazione delle coscienze una catechesi orientata a trasmettere i valori della fede in riferimento alla vita concreta dell'uomo.


PARTE SECONDA

GESÙ CRISTO VIVENTE NELLA SUA CHIESA

MISTERO

Presenza del Signore

9. In intima condivisione degli intenti preparatori del grande Giubileo dell'anno 2000, accogliendo 1'invito del Santo Padre a vivere il periodo di attesa come un "nuovo avvento", anche per questa seconda assemblea per l'Europa si fa urgente suscitare una particolare sensibilità per tutto ciò che lo Spirito dice alla Chiesa e alle Chiese,(17) soprattutto in riferimento alla divina persona del Figlio di Dio fatto uomo 2000 anni fa, Gesù Cristo, vivo oggi e sempre e perennemente presente nella sua Chiesa.

La costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, al n. 7 espone i diversi modi della presenza del Signore, che restano di grande significato anche per la celebrazione dell'assemblea sinodale per l'Europa. "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della Messa sia nella persona del ministro..., sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti... È presente nella sua parola, perché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. È presente, infine, quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha promesso: 'Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro' (Mt 18, 20)".

Un'altra presenza speciale del Signore è ravvisata anche in singole persone che hanno particolari titoli di vicinanza con Lui. "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo (cf. 2 Cor 3,18) Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto. In loro è Lui stesso che ci parla e ci mostra il segno del suo regno". (18)

Presenza nella storia

10. "Il popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio". (19)

Tutta la Chiesa proclama che il Signore si è manifestato efficacemente nella recente storia dell'Europa, in essa ha operato con lasua presenza inafferrabile e decisiva e resta dentro le fibre stesse delle strutture del pensiero e dell'azione degli uomini. È di questa presenza che si rivelano i segni anche oggi nel continente europeo.

Circa questo mistero di relazione con l'umanità si può dire che è possibile discernere la presenza di Dio nella storia, non solo nel passato, ma anche nel presente: il grido del mio popolo è giunto ai miei orecchi (cf. Es 3, 9 ); "in molti modi e in diverse occasioni Dio ha parlato..."(Eb 1,1).

La comunicazione di Dio culmina nella persona di Gesù Cristo, il Signore di tutto, il Signore della storia, l'unico che dà senso e significato cosmico al mondo e all'esistenza umana. Cristo è l'unico che non solo partecipa alle sofferenze dell'uomo, ma è anche l'unico capace di trascenderle e trasformarle, perché egli solo è veramente divino e veramente umano. Cristo assume nella sua persona i problemi sollevati dalla fragilità della natura umana e della esperienza della morte, della quale la gente in Europa ha timore di parlare.(20)

In questo mistero del Signore la Chiesa vive come nel suo ambiente proprio ed originario e nel trascorrere dei secoli e dei millenni trova in esso la sorgente del rinnovamento e della testimonianza.

Il mistero della presenza del Maestro nella sua Chiesa è eloquentemente manifestato nell'esistenza dei discepoli. Nella vita dei santi parole e azioni procedono insieme e in essa si rivela la natura escatologica del mistero di Gesù Cristo.

COMUNIONE

Comunione con Dio e con l'umanità

11. Dalla presenza efficace di Dio nella storia la Chiesa riceve non soltanto il beneficio delle "grandi opere di Dio" (cf. At 2,11), ma anche il dono inestimabile della comunione con Dio stesso e con l'umanità. Il dono di Cristo è dato attraverso e nella Chiesa, come opera di Cristo, che Lui sempre sostiene nella santità. Egli è la pietra angolare della Chiesa, che costituisce il sacramento dell'unità di Dio con gli uomini e di tutti gli uomini tra di loro.(21)

Tutto questo proviene non dalla potenza, non dalla volontà, ma dallo Spirito Santo. La Chiesa è nello stesso tempo istituita da Cristo e costituita dallo Spirito Santo. Nell'opera dello Spirito la nostra debolezza diventa fonte di salvezza. L'invito di Cristo consiste nell'amicizia con Dio: nella comunione della vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La Trinità è la fonte e la sorgente della vita di tutto l'uomo e per tutti gli uomini.

Comunione e speranza

12. La prima assemblea sinodale per l'Europa si concluse con una Declaratio nella quale si trovano principi e indicazioni per la costruzione della nuova Europa, argomenti che rispondono alle richieste di comunione, unità, speranza (22) e permettono un profondo esame di coscienza di fronte al Giubileo che viene, anche riflettendo sull'applicazione di quei principi nei sei anni trascorsi da quella prima assemblea.

Tanto più è evidente l'aspirazione all'unità e alla comunione, quanto più si osserva il corso degli eventi a partire dalla prima assemblea. In essa si faceva ricorso alla necessità dello scambio tra i due polmoni della Chiesa in Europa, come ad un atto che nei decenni precedenti aveva conosciuto violente limitazioni. Allora, dopo la caduta dei blocchi, si ristabilirono le relazioni, ma con esse si assistette anche ad una diffusione incontrastata all'ovest come all'est di fenomeni deleteri che fomentavano la crisi sociale, politica, economica, religiosa. A questo proposito basti pensare alla proliferazione di sette e movimenti a servizio del fondamentalismi o della sfrenata pulsione verso la reazione o l'evasione rispetto alle precedenti condizioni storiche.

MISSIONE

Compito diffusivo

13. In forza dell'intima unione con tutta l'umanità come creatura eletta di Dio, perviene alla Chiesa il compito diffusivo della bontà di Dio manifestata nella storia e soprattutto rivelata nella Persona del Figlio suo, nelle sue opere e nelle sue parole. La missione per il mondo rappresenta esattamente l'esercizio di questo impulso connaturale all'esistenza stessa della Chiesa. La pienezza della vita è sempre un dono; la salvezza è opera di Dio in Cristo, mai solo opera delle mani umane. La promessa della salvezza nella sua pienezza è escatologica ed avanza attraverso un mondo segnato dalla realtà del peccato.

Il primo compito della Chiesa è di vivere pienamente il mistero di Cristo come comunione di amore e annunciarlo a tutti gli uomini. Quindi, la Chiesa, nell'annunciare il messaggio della salvezza attraverso la missione, ha come scopo di invitare gli uomini a partecipare al mistero di Dio, aprendo le porte dell'esistenza umana ad una visione trascendente.

In questo particolare momento dell'Europa la missione della Chiesa prende il carattere della nuova evangelizzazione, come originario mandato ricevuto dal Signore Risorto e come suo compito storico in vista dei sinodi "di avvento" verso il Giubileo dell'anno 2000.(23)

"Alla soglia del terzo millennio...dobbiamo riprendere con nuovo vigore ... l'opera di evangelizzazione. Aiutiamo a riscoprire Cristo chi lo ha dimenticato insieme con il suo insegnamento. Ciò si avvererà quando schiere di testimoni fedeli del Vangelo cominceranno di nuovo a percorrere il nostro continente; quando le opere di architettura, di letteratura e di arte mostreranno in modo convincente all'uomo di oggi Colui che è 'lo stesso ieri, oggi e sempre'; quando nella liturgia celebrata dalla Chiesa gli uomini vedranno quanto è bello rendere gloria a Dio; quando scorgeranno nella nostra vita una testimonianza di cristiana misericordia, di eroico amore e di santità". (24)

"L'Europa, con il suo grandioso passato missionario, interroga se stessa nei vari punti della sua attuale 'geografia ecclesiale' e si chiede se non stia per diventare un continente missionario. Esiste quindi per l'Europa il problema che nella "Evangelii Nuntiandi" è stato definito 'autoevangelizzazione'. La Chiesa deve sempre evangelizzare se stessa. L'Europa cattolica e cristiana ha bisogno di tale evangelizzazione".(25)

"Ma se è vero che le difficoltà e gli ostacoli all'evangelizzazione in Europa trovano appiglio nella stessa Chiesa e nello stesso Cristianesimo, i rimedi e le soluzioni andranno cercati all'interno della Chiesa e del Cristianesimo e cioè nella verità e nella grazia di Cristo, Redentore dell'uomo, Centro del cosmo e della storia.

La Chiesa stessa deve allora autoevangelizzarsi per rispondere alle sfide del1'uomo di oggi".(26)

Ecumenismo e missione

14. "L'incisività della predicazione evangelica dipende in non piccola parte dalla concorde armonia di accenti con cui essa è proposta al mondo. Esiste un legame intrinseco tra ecumenismo e missione. In questo appello all'unità dei cristiani per un'efficace azione missionaria il pensiero si volge in particolar modo ai popoli del continente europeo. L'Europa per il suo passato e il suo presente è chiamata a sentire 'sempre maggiormente l'esigenza dell'unità religioso-cristiana e della fraterna comunione di tutti i suoi popoli' (Slavorum Apostoli, 30)". (27)

È certo che in quest'epoca postconciliare le comunità cattoliche rivelano nell'impegno ecumenico uno speciale segno di vitalità e maturità nella fede. La storia in questo campo è stata difficile e complessa e nel passato non ha portato i cristiani a vivere in profondità la comunione creata dal dono del battesimo. È difficile immaginare come si possa oggi testimoniare autenticamente il battesimo trascurando i legami che esso stabilisce tra tutti coloro che l'hanno ricevuto. (28)

"Noi abbiamo avuto un'occasione privilegiata e provvidenziale per scoprire come 'nelle diverse culture delle nazioni europee, sia in Oriente che in Occidente, nella musica, nella letteratura, nelle arti figurative e nell'architettura, come anche nei modi di pensare, scorre una comune linfa attinta ad un'unica fonte' (Lettera Apostolica Euntes In Mundum, V, 12)".(29)


PARTE TERZA

GESÙ CRISTO FONTE DI SPERANZA

LEITOURGIA

Dono di Dio e spiritualità umana

15. La liturgia (leitourgia) è la risposta dell'uomo a Dio che comunica se stesso e cerca il dialogo con tutti gli uomini. L'autocomunicazione di Dio consiste nella rivelazione di se stesso, chiamando ad un colloquio, attraverso il quale Egli offre il dono della verità.

Di fronte a certe tendenze odierne a collocare la persona umana al centro dell'azione liturgica è motivo di speranza proclamare che essa è l'"opus Dei" per eccellenza, come atto libero e preveniente di Dio, e in essa Gesù Cristo è e rimane il primo e l'ultimo, l'alfa e l'omega, il principio e la fine (cf. Ap 1,8; 21,6; 22,13), l'unico mediatore (cf. 1Tm 2,5) della grazia e di ogni dono perfetto che scende dall'alto (cf. Gc 1,17), chiamando a salvezza ogni creatura che è sotto il cielo.

Questo dialogo della salvezza, operante nella liturgia, diventa per 1a Chiesa un costume, un'attitudine di comunione, un modo di agire che qualifica l'azione e la presenza della Chiesa nei suoi vari compiti: comunione all'interno della sua stessa vita tra cristiani nella diaconia della verità, dialogo con le altre religioni sulla duplice base della comune esigenza di verità e della fedeltà alla verità ricevuta, dialogo con la società, spesso sulla base della dignità della persona umana.

In vista del grande Giubileo del 2000 è quanto mai opportuno ricordare questo carattere della liturgia, allo scopo di mantenere al centro di ogni celebrazione la persona di Gesù Cristo nato, morto e risorto, affinché non avvengano degenerazioni, che toglierebbero all'avvenimento la sua vera anima e il suo ultimo fine.

Esigenza di spiritualità

16. Oggi è facile notare all'est e all'ovest una diffusa aspirazione verso i beni dello spirito, una ricerca di risposte alle domande profonde dell'esistenza umana, un anelito inquieto e insistente verso i destini definitivi dell'umanità. (30)

Se è vero che in queste circostanze l'uomo europeo può rivolgersi, e di fatto si rivolge, anche verso metodi e strumenti non sempre adeguati, resta oggettivamente certo che nella cultura millenaria del continente si trova una verità capace di soddisfare le aspirazioni umane perenni.

La Chiesa dispone dell'unica misura valida per interpretare i momenti decisivi della vita umana ed affrontare l'evangelizzazione in modo globale. "E questa misura è Cristo, il Verbo di Dio incarnato: in Cristo nato, morto e risorto la Chiesa può leggere il vero senso, il senso pieno, del nascere e del morire di ogni essere umano.Già Pascal annotava: 'Non soltanto noi conosciamo Dio attraverso Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi che per mezzo di Gesù Cristo e solo mediante Lui la vita e la morte. Fuori di Gesù Cristo non sappiamo che cosa siano vita e morte, Dio e noi stessi' (Pensieri, n. 548). È un'intuizione che il Concilio Vaticano II ha espresso con parole meritatamente famose: 'Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo... Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione' (Gaudium et spes, 22). Ammaestrata da Cristo, la Chiesa ha il compito di portare l'uomo di oggi a riscoprire la piena verità su se stesso". (31)

Nelle odierne società democratiche, che in Europa si sono affermate già da molti secoli, si prova una certa insofferenza sotto il peso lasciato depositare dal tempo e dalle antiche istituzioni stesse sul "vecchio continente". L'Europa invecchia sul piano della storia e invecchia anche nel campo demografico e generazionale. E questa debilitazione rischia di minare la capacità stessa di vera rinascita, se non si ricorre alle origini spirituali della storia, della cultura e dello stesso essere europeo.

Si può parlare con verità di un'anima cristiana dell'Europa. Paolo VI "aveva invitato a 'risvegliare l'anima cristiana dell'Europa in cui si radica la sua unità'; a purificare e a ricondurre alla loro origine i valori evangelici ancora presenti ma disarticolati, orientati verso obiettivi puramente terreni; a risvegliare e fortificare le coscienze alla luce della fede predicata a tempo e fuori tempo; a convogliare il loro fuoco al di sopra di tutte le barriere".(32)

"La storia della formazione delle nazioni europee corre parallela a quella della loro evangelizzazione; fino al punto che le frontiere europee coincidono con quelle della penetrazione del Vangelo. Dopo venti secoli di storia, nonostante i sanguinosi conflitti che hanno contrapposto tra loro i popoli d'Europa, e nonostante le crisi spirituali che hanno segnato la vita del continente, fino a porre alla coscienza del nostro tempo gravi interrogativi sulle sorti del suo futuro, si deve ancora affermare che l'identità europea è incomprensibile senza il cristianesimo e che proprio in esso si ritrovano quelle radici comuni dalle quali è maturata la civiltà del vecchio continente, la sua cultura, il suo dinamismo, la sua intraprendenza, la sua capacità di espansione costruttiva anche negli altri continenti; in una parola, tutto ciò che costituisce la sua gloria. E ancor oggi l'anima dell'Europa rimane una, perché, oltre alle comuni origini, vive di comuni valori cristiani e umani".(33)

Una riflessione sugli eventi del 1989 portava Giovanni Paolo II a felici constatazioni e a profetiche premonizioni: "La Santa Sede ha accolto con soddisfazione le grandi trasformazioni le quali, particolarmente in Europa, hanno segnato in questi ultimi tempi la vita di diversi popoli. La sete irreprimibile di libertà manifestatasi in essi ha accelerato le evoluzioni, ha fatto crollare i muri e aprire le porte: tutto ha assunto il ritmo di un autentico sconvolgimento...Sembra rinascere sotto i nostri occhi una 'Europa dello spirito' sul filo dei valori e dei simboli che l'hanno modellata di 'questa tradizione cristiana che unisce tutti i popoli' (Allocuzione al Congresso per il V Centenario della nascita di Martin Lutero, 24 marzo 1984). Pur costatando questa felice evoluzione che ha portato tanti popoli a ritrovare la loro identità e la loro uguale dignità, non si deve dimenticare che niente è definitivamente acquisito ... È sempre possibile che riemergano rivalità secolari, che si riaccendano conflitti tra minoranze etniche, che si inaspriscano nazionalismi".(34)

MARTYRIA

Esistenza umana annunciante

17. La testimonianza (martyria) consiste nell'annuncio, con opere e parole, del messaggio di Cristo che ci ha liberati in tutti gli aspetti della nostra vita. Egli indica il vero significato della libertà nell'esistenza umana.

La libertà è stata usata in maniera sbagliata sia dal nazismo che dallo stalinismo: "il lavoro rende liberi" (Auschwitz) e "Io non conosco altro paese nel quale gli uomini possano respirare con tanta libertà" (Inno nazionale sovietico).

E questo abuso ha provocato mali inauditi e disumani: odio, persecuzione, esilio, genocidio, carcere, pena capitale, mentre attraverso questo stessa stagione di dolore si è manifestata tra i cristiani la grazia del martirio o comunque della testimonianza della capacità redentiva della sofferenza. Da essa oggi si attende il frutto spirituale della riconciliazione come dono di Dio e motivo di speranza per il futuro.

Libertà e verità

18. La libertà che non riconosce i limiti inerenti alle esigenze della verità ed alla verità della persona in comunità diventa presto licenza. La libertà senza obblighi e responsabilità è illusoria.

La verità come si rivela in Cristo è il contesto per l'esercizio della libertà.(35)

"Già la parola stessa 'libertà' provoca un palpito più forte del cuore. E ciò certamente perché durante i decenni passati bisognava pagare per essa un prezzo molto alto. Sono profonde le ferite rimaste dopo quell'epoca nelle anime umane. Molto tempo passerà ancora, prima che esse si possano rimarginare".(36) Con queste parole il Santo Padre invitava alla meditazione sulla libertà dell'Europa "per lunghi anni dolorosamente provata perché privata di essa dal totalitarismo nazista e comunista" (37) e contemporaneamente esprimeva i legami essenziali della libertà: "Sì, la vera libertà esige ordine. Ma di quale ordine si tratta qui ? Si tratta prima di tutto dell'ordine morale, dell'ordine della sfera dei valori, dell'ordine della verità e del bene. Nella situazione di un vuoto nel campo dei valori, quando nella sfera morale regna il caos e la confusione, la libertà muore, l'uomo da libero diventa schiavo, schiavo degli istinti, delle passioni e degli pseudovalori". (38)

Interrogandosi, poi, sulla via di accesso alla libertà Giovanni Paolo II aggiunge: "Può l'uomo costruire l'ordine della libertà da solo, senza Cristo, o perfino contro Cristo? È una domanda straordinariamente drammatica, ma quanto attuale in un contesto sociale percorso da concezioni della democrazia ispirate alla ideologia liberale! Si tenta, infatti, di persuadere l'uomo e le società intere che Dio è di ostacolo sulla via verso la libertà, che la Chiesa è nemica della libertà, che essa non comprende la libertà, che ha paura di essa. In questo c'è un'incredibile confusione di nozioni! La Chiesa non cessa di essere nel mondo l'annunciatrice del Vangelo della libertà! Questa è la sua missione. 'Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi' (Gal 5, 1). Per questo un cristiano non ha paura della libertà, non fugge davanti ad essa! L'assume in modo creativo e responsabile, come compito della sua vita. La libertà, infatti, non è soltanto un dono di Dio; essa ci è data come compito! È la nostra vocazione: 'Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà' (Gal 5, 13), ricorda l'Apostolo". (39)

DIAKONIA

Servizio

19. Il servizio (diakonia) reso alla persona che soffre diventa fonte di speranza in quanto è una manifestazione concreta della dignità della persona umana.

Si può certamente notare un progresso nel riconoscimento della dignità umana e dei diritti umani nell'ambito delle nazioni europee. Si osserva maggiore sensibilità, in confronto con i tempi passati, rispetto al tema dei diritti umani. È avvenuto un progresso nel riconoscimento della dignità della persona in vista degli interventi pratici e della carità.

Una maggiore attenzione viene riservata ai crescenti abusi che si ripercuotono sulle persone: povertà in mezzo all'abbondanza, tossicodipendenza, pornografia, turismo del sesso, pedofilia, aborto, eutanasia.

Ma, sul versante opposto, va crescendo l'insensibilità nei confronti della sofferenza degli altri, anche a causa della eccessiva divulgazione che di essa operano i mezzi d'informazione.

Questo svela una profonda incoerenza dentro la cultura e la vita in Europa. Si tratta di dicotomie drammatiche tra elementi di progresso e pratica concreta, che è necessario sanare attraverso il ricorso alla vera fonte della salvezza e della speranza. Dal Vangelo si impara l'attitudine del servizio e del dono di sé, che è il modo di vivere proprio del Vangelo e la caratteristica centrale del suo annuncio. La capacità di amare secondo il Vangelo si esercita innanzitutto attraverso un'alta considerazione della vita, in modo particolare in riferimento alle persone vulnerabili e i poveri, sviluppando la carità evangelica nelle varie espressioni della solidarietà. In questo senso si può giustamente proclamare il servizio come via alla speranza, per un mondo pacificato nel riconoscimento dell'onore dovuto alla dignità di ciascuna persona umana.

In questo quadro si rende necessario dare evidenza a quello che costituisce lo specifico apporto della Chiesa in Europa nell'attuale momento storico.

La Chiesa ha una 'diaconia' da esercitare verso i popoli europei che dopo le delusioni sociali e politiche, con l'espansione dei fenomeni del liberalismo e dell'economicismo, con 1a perdita della speranza e del senso della tradizione, hanno necessità dell'annuncio del Vangelo della salvezza alla fine del secondo millennio. La specificità della Chiesa in Europa sta nel presentarsi come comunione nell'evangelizzare un continente che ha una sua natura cristiana, anche se in esso il messaggio cristiano non arriva sempre in modo dinamico ed efficace.

Altro carattere specifico dell'Europa è che il cambiamento stesso è diventato specifico, ma rimane privo di contenuti e di valori. Quello che Gesù Cristo può dare all'Europa di oggi è la speranza e la comunione.

Compito proprio dell'Europa è la ricerca del senso spirituale del suo processo sociale e politico, come testimoniano anche certi dirigenti politici europei, mentre permangono segni di odio e di violenza.

In questo tentativo la Chiesa porta il suo contributo mostrando la sua via, quella della comunione, come risposta all'esigenza di unità e all'affermazione dell'odio. A questo proposito si deve ricordare che lo scopo del comunismo è stato sempre quello di distruggere la Chiesa come comunione. Perciò se si deve rinnovare la Chiesa superstite dal comunismo, si deve rafforzare la Chiesa come comunione.

Speranza

20. "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Con queste parole il Maestro indicava ai discepoli la sua condotta di vita e nello stesso tempo esigeva che in questo fosse imitato da loro (cf. Lc 22, 24ss). E nel dare tale precetto faceva riferimento ai capi delle nazioni, i quali praticano altri metodi nell'esercizio delle loro funzioni, i metodi del potere e del prestigio.

"Colui che serve" offre un beneficio sapendo di svolgere così la sua missione, senza pretendere per questo che venga trasformata la sua esistenza e la sua stessa identità; è servo per essere servo (cf. Lc 17,10).

I discepoli del Signore, nelle vicende storiche che attraversano, non possono esimersi da questa vocazione e nel dare alla comunità umana e religiosa il loro impegno eseguono il mandato del servizio ricevuto dal loro Maestro, imitandone prima di tutto l'esempio.

Dimostrarsi servo tra le nazioni, i cui capi governano e si fanno chiamare benefattori (cf. Lc 22,25), significa indicare ad esse l'accesso a quei beni che non possono aspettarsi certo dai propri governanti: le ricchezze della fede, i doni della carità, il servizio della speranza.

In questo momento della vita del continente europeo questo messaggio ha un immediato richiamo, poiché "Colui che serve" è il Signore Gesù, risorto, vivente nella sua Chiesa e nei suoi discepoli, che ne prolungano l'opera. Infatti "la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi. Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli". (40)

La Chiesa è segno di questa speranza, annuncia, cioè, la verità della speranza riposta nella bontà di Dio e nel suo amore per gli uomini (cf. Tit 3,4) e stimola le nazioni europee a mantenere ferma la coscienza della propria identità e coltivare, guardando al futuro, un ottimismo storico, l'ottimismo della speranza, dopo aver considerato le "grandi cose" (cf. At 2,11) operate da Dio nel suo passato.


CONCLUSIONE

Speranza teologale

21. Quando la Chiesa parla di speranza non intende certo negare la verità e la forza della speranza e delle speranze che esprimono gli aneliti spesso molto profondi, altre volte repressi o anche incerti, dell'umanità intera. Sono questi che muovono la storia della famiglia umana e ne sorreggono le opere geniali, benefiche, illustri per valore morale, civile, sociale, culturale.

Esiste, tuttavia, il pericolo di confondere la speranza in senso cristiano con la speranza umana. La speranza cristiana è trascendente e primaria nella confessione della Chiesa; è virtù teologale.

È in questa prospettiva che Cristo va inteso quale segno di speranza per gli uomini. La Chiesa ha la missione di rendere un servizio alla società attraverso l'annuncio di questo messaggio di speranza. Cristo è sorgente di speranza nel presente della storia (kairos), soprattutto in riferimento alla liturgia, alla testimonianza, al servizio.

"Surrexit Christus, spes mea" canta la Chiesa nella sequenza liturgica del giorno di Pasqua. La resurrezione del Signore è la pienezza della fede, perché se Cristo non è risorto è vana la nostra fede (cf. 1Cor 15,14.17); nello stesso tempo Lui è il fondamento della speranza (cf. 1 Pt 1,21; 1Cor 3,11; Rom 5,4.5), perché come Lui è risorto, primizia di coloro che sono morti, così risorgeremo anche noi (cf. 1Cor 15,20 ss.; 1Tess 4,16 ss.).

Risorgeremo alla luce dell'ultimo giorno e risorgiamo continuamente nella storia terrena sospinta fortemente verso la meta delle nostre opere (cf. 1 Pt 1,9). La storia d'Europa, come per i discepoli di Emmaus, è incamminata verso l'incontro con il Signore nelle stesse vicende terrene, come testimoniano gli eventi recenti e come reclamano le sorti future del continente, nato sul ceppo della fede (cf. Rom 11,16 ss.) e, in evoluzione di continuità con le sue origini, immerso nell'esigenza di dare a se stesso, aldilà di ostacoli e cadute, la certezza di saper ritrovare se stesso e, in compagnia del Signore risorto, trovare soluzioni di pace e non di sventura (cf. Ger 29,11) per i suoi figli.

Colui che è risorto e ha promesso è fedele (cf. Eb 10,23) e per mezzo di Lui diventiamo eredi, secondo la speranza, della vita eterna (cf. Tt 3,6-7). La sua promessa è la ragione della speranza, non la fiducia nelle proprie capacità avulse dalla fiducia in Dio (cf. Ger 17,5). Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che "l'uomo non può rispondere pienamente all'amore divino con le sue proprie forze" (41) e l'Europa sa bene che talvolta le "proprie forze" l'hanno tradita. Essa, invece, nella fedeltà del Signore e nella sua resurrezione ha la fonte e il sostegno della propria speranza.

Spes nostra, salve

22. Inoltre, nell'attesa del grande Giubileo dell'Anno 2000 il Sinodo per l'Europa occupa un posto singolare, a motivo di una particolare circostanza che consiste nella speciale presenza della Madre di Dio nella storia dell'Europa. La convocazione della prima assemblea sinodale per l'Europa, infatti, avvenne a seguito della caduta del totalitarismo, che provocò, poi, quelle nuove condizioni di vita indicate ora come occasione della indizione della seconda assemblea sinodale. E a questo proposito Giovanni Paolo II dichiara espressamente: "E difficile non rilevare che l'Anno Mariano (del 1987/88) ha preceduto da vicino gli eventi del 1989. Sono eventi che non possono non sorprendere per la loro vastità e specialmente per il loro rapido svolgimento. Gli anni ottanta si erano andati caricando di un pericolo crescente, sulla scia della 'guerra fredda'; il 1989 ha portato con sé una soluzione pacifica, che ha avuto quasi la forma di uno sviluppo 'organico'... Si poteva del resto percepire che, nella trama di quanto accaduto, era all'opera con premura materna la mano invisibile della Provvidenza: 'Si dimentica forse una donna del suo bambino...?' (Is 49,15)". (42) Con questa sua intuizione Giovanni Paolo II, nella sua illimitata meditazione sull'Europa, scopre un preciso 'luogo' originario dello sviluppo 'organico', della nascita alla nuova luce e alla nuova dignità. Quell'Anno Mariano è considerato come una gestazione attraverso la quale Maria dimostra ancora la sua maternità verso il genere umano, Lei che è Madre del Signore, al quale guardano gli occhi degli uomini (cf. At 1,11) e degli angeli (cf. 1 Pt 1,12; Ap 4,6.8.; 5,6ss), in contemplazione e in attesa di misericordia (cf. Sal 123,2).

Questa storia di misericordia e di meraviglia autorizza la speranza anche per il presente e per il futuro. Giustamente la Chiesa continua a salutare Maria con le antiche parole, piene di fiducia e stupore: "Spes nostra, salve".

Se la maternità di Maria è rappresentabile, per l'Europa, come atto generativo di provvidenza, che apre la porta ad ogni speranza, non si può certo omettere di osservare come nell'Europa siano frequenti e intensi i segni della presenza materna della Vergine Madre di Dio. Si tratta di luoghi, di apparizioni, di interventi che lungo la storia hanno quasi fisicamente accompagnato il cammino dell'umanità sulle strade d'Europa. Si tratta di santuari e di memorie evocativi di devozione e di esaudite suppliche, di preveniente soccorso e di pressante richiamo, libera sollecitudine materna che genera sicurezza nel presente e fiduciosa attesa del futuro. Tanti luoghi e interventi mariani, anche numericamente così preponderanti, sono segni incancellabili dalla storia e dalla geografia d'Europa, a rendere evidente quella qualità, che assimila la Vergine Madre alla prerogativa suprema del Figlio, come un uomo d'Europa l'ha cantata, 'di speranza fontana vivace' .(43)

23. Le innumerevoli e inquietanti vicende, che hanno segnato la storia recente d'Europa, inducono impegnativi compiti ai pastori della Chiesa, per i quali il discernimento e l'invocazione dello Spirito del Signore, il consiglio e l'azione pastorale rappresentano la quotidiana sollecitudine del loro ministero ecclesiale.

La speranza, che dal Signore risorto è offerta ai popoli d'Europa in questo particolare momento della loro storia, rifulge anche agli occhi dei Pastori nelle loro singole chiese particolari come nella futura assemblea sinodale. È la speranza di riuscire nel compito di portare all'Europa, con la nuova evangelizzazione, una nuova coscienza della propria identità, una più acuta capacità di vedere il cammino futuro e di mettere in atto ogni buona decisione per affrontarlo con un sincero "amore per gli uomini" (cf. Tit 3,4) e nell'obbedienza allo Spirito del Signore della storia e dei popoli.

Questi Lineamenta hanno lo scopo di proporre in modo generale l'argomento della Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, di dare indicazioni comuni, che servano da stimolo alla meditazione nelle diverse chiese particolari circa le attese e le urgenze proprie di ciascuna comunità o conferenza episcopale.

Con l'allegato Questionario si intende favorire questa diretta attenzione alle istanze particolari, suscitare interrogativi, avviare risposte, che, pur provenendo da ambiti circoscritti, successivamente saranno integrate fra loro e formeranno il necessario quadro d'insieme della meditazione offerta dalla Chiesa in Europa alla futura assemblea sinodale.

"Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa", alla vigilia del Grande Giubileo del millennio, è posto, ora più che mai, come pietra angolare (cf. Is 28,16 ; Ef 2,20), segno dei popoli (cf. Is 11,10), che riunisce in sé in unità le cose diverse (cf. Ef 2,14), i tempi, l'oggi e il sempre, a sorreggere e spingere nello spazio e nel tempo questa sua porzione di Chiesa universale, al fine di farsela comparire davanti "tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ef 5,27).

I Pastori riuniti in Sinodo intendono annunciare alla Chiesa in Europa con nuovo slancio e nuove energie, in nuovi modi, "in ogni occasione...con ogni magnanimità e dottrina" (2 Tim 4,2), questo Gesù (cf. At 1,32), "autore della vita" (At 3,15), "autore della salvezza" (Ebr 2,10), "autore e perfezionatore della fede" (Ebr 12,2) e autore anche della nostra speranza.


QUESTIONARIO

Il presente Questionario espone alcune domande, seguendo le diverse parti del testo dei Lineamenta, per favorire la riflessione sui vari argomenti, in modo tale che sia facilitata l'elaborazione delle risposte in vista della composizione del futuro Instrumentum laboris.

Pertanto, mentre i Lineamenta hanno un carattere necessariamente generale e comune, il Questionario ha lo scopo di indirizzare l'attenzione alle condizioni concrete delle comunità e delle chiese locali, suscitando risposte rivelatrici delle esigenze e delle aspettative particolari e immediate.

Le domande riguardano argomenti e situazioni che si presentano con particolare urgenza nelle chiese locali dell'Europa di oggi, ma non hanno la pretesa di corrispondere a tutte le possibili aspirazioni e necessità. Per questo è lasciata piena facoltà di aggiungere nelle risposte l'esposizione di suggerimenti e indicazioni che riflettano il reale stato dei fatti.

Due Sinodi per l'Europa di oggi

1. La Prima Assemblea Speciale per l'Europa ha avuto luogo nel 1991, appena due anni dopo gli avvenimenti del 1989, delle cui conseguenze oggi è possibile avere una visione più completa.

Quali segni hanno lasciato nella tua Chiesa gli eventi del 1989? Quali opportunità possono cogliersi nelle nuove condizioni di vita in Europa? Si può parlare di delusioni, e quali, dopo i fatti del 1989? E quali segni positivi si osservano per l'accoglienza del Vangelo? Quali sono i segni di rinnovamento nel vivere il mistero del Signore vivente nella sua Chiesa? Quali sono i pericoli e le minacce che si presentano?

2. Nella situazione religiosa e morale della società di oggi in Europa quali sono le preoccupazioni principali del Vescovo? Come egli svolge l'esame di coscienza circa le nuove circostanze e quali sono i risultati per il suo ministero?

La Chiesa, la cultura e la società

3. Come reagisce la tua Chiesa di fronte al pluralismo di fede e di cultura in Europa? Come si fonda l'etica oggi nella società? A quali radici culturali si alimentano l'ateismo, l'agnosticismo e l'indifferenza religiosa di oggi?

4. Come si manifesta nel tuo ambiente il distacco tra il progresso e i valori dello spirito? Quali conseguenze vedi nel difficile rapporto tra libertà e solidarietà? La libertà religiosa trova rispetto e accoglienza intorno a te o vedi ancora episodi di intolleranza?

5. Quali aspetti delle relazioni tra Chiesa e Stato sono da approfondire? Ti sembra che talvolta la fede sia strumentalizzata a difesa dei nazionalismi?

La Chiesa mistero, comunione, missione

6. Nel tuo ambiente si coltiva la consapevolezza che la Chiesa è mistero, comunione, missione? Oppure prevale qualche altra concezione della Chiesa?

Mistero e liturgia nella Chiesa

7. Quale considerazione e attenzione viene riservata nella tua Chiesa al mistero divino che è insito nella liturgia e nelle celebrazioni del culto? La liturgia rappresenta un evento della presenza di Dio e un tempo di unione con il Signore o in essa prevale l'espressione esteriore di capacità e doti umane nella guida dell'assemblea, nell'osservanza delle rubriche, nello svolgimento dei riti, nell'uso della voce o nell'esecuzione dei gesti?

8. Come si manifesta nel tuo ambiente l'esigenza di spiritualità e in che modo si risponde ad essa?

Comunione e servizio nella Chiesa

9. Nella tua Chiesa con quali gesti i credenti riescono oggi a manifestare la comunione con Dio e con il prossimo? Come collaborano laici e sacerdoti nel cercare la comunione nella Chiesa? Quali relazioni si stabiliscono con i cristiani di poca fede o con i lontani?

10. Nel tuo ambiente la mancanza di unità tra i cristiani porta conseguenze particolari? In quali modi si manifesta l'ecumenismo nella tua Chiesa? Quali sono le tue esperienze e le tue difficoltà nelle relazioni con le altre chiese? Come consideri e come affronti il fenomeno del diffondersi delle sette?

11. La comunione è prerogativa della Chiesa, ma diventa anche un compito: come si manifesta nella tua Chiesa questo servizio di comunione da rendere nei vari ambienti e alle varie categorie di persone, all'interno e all'esterno della comunità ecclesiale?

Missione e testimonianza della Chiesa

12. Nel tuo ministero la nuova evangelizzazione è centrata sulla persona di Gesù Cristo vivente nella Chiesa, tenendo conto delle nuove condizioni antropologiche e storiche? La nuova evangelizzazione è sentita come un impegno primario? Se è vero che l'Europa ha un'anima cristiana, il senso spirituale del processo sociale e politico può diventare nella tua Chiesa una via alla nuova evangelizzazione? In che modo la nuova libertà in Europa ispira la nuova evangelizzazione? Quali sono presso di te gli ostacoli alla nuova evangelizzazione?

13. Quali sono le priorità nella testimonianza cristiana richieste dal tuo ambiente? Quali sono le persone che hanno maggiore bisogno della testimonianza della carità da parte dei cristiani? In che modo si svolge il servizio alla vita dal concepimento fino al termine naturale? Quale attenzione si rivolge agli abusi sulle persone e alle persone più esposte alla miseria materiale e morale?

Gesù Cristo, la Chiesa e la speranza

14. Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, è sorgente di speranza per l'Europa. In quale modo la spiritualità, la comunione, la testimonianza missionaria della Chiesa possono alimentare la speranza oggi in Europa? La speranza offerta dalla tua Chiesa si fonda sull'offerta dei beni propri del Vangelo o si affida ad altre risorse?

Altri argomenti

15. Nella tua Chiesa si manifestano esigenze e aspirazioni non comprese nel Questionario o nel testo di questi Lineamenta, ma che abbiano carattere di urgenza pastorale e siano comuni alle altre Chiese particolari? Puoi suggerire altri argomenti da trattare nel Sinodo?


Repertorio

di testi del Santo Padre sull'Europa

Per la celebrazione della Prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi venne pubblicata una raccolta completa degli interventi del Santo Padre Giovanni Paolo II e nei lettori l'ammirazione fu grande nel costatare con quanta insistente sollecitudine il Papa avesse dedicato discorsi, messaggi, appelli sull'argomento dell'Europa, delle novità che l'avevano investita, del suo futuro ancora nebuloso, ma già acutamente intravisto attraverso inequivocabili segni.

Questo alto magistero, che si impone all'attenzione anche fuori della Chiesa, si è protratto, senza interruzione, negli anni successivi, segnati dalle storiche e drammatiche vicende della ricostruzione dei confini, delle coscienze e della libertà.

E così in questi anni, fino ad oggi, quella illimitata meditazione sull'Europa non ha conosciuto soste e alla vigilia della Seconda Assemblea si vede ampiamente arricchita questa vera e propria "Summa de Europa" che il Santo Padre va componendo come appassionato e pensoso tributo a questa terra e a questa Chiesa.

Qui si raccolgono alcuni documenti che nel periodo tra il 1992 e i primi mesi del 1998 hanno rivelato l'instancabile insegnamento di Giovanni Paolo II circa l'Europa. Si tratta soltanto di un saggio antologico, che non intende dispensare il lettore dall'accedere alla fonte, anzi lo sollecita verso di essa alla scoperta dell'intera ricchezza del presente magistero pontificio in questa materia.


1 -Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (1º dicembre 1992), L'Osservatore Romano, 2 dicembre 1992, p. 5.

1. Di fronte alla nuova situazione, il cui inizio risale all'anno 1989, è sorta la necessità di una nuova impostazione soprattutto delle strutture del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell'Europa (CCEE), perché di per sè questo Consiglio comprende la Chiesa in tutto il Continente..... Proprio perché esso, nella sua attività istituzionale, possa ricevere nuova forza e più autorevole efficacia, sono chiamati ad esserne membri gli stessi Presidenti delle rispettive Conferenze Episcopali.

2. Se la parola "synodos" indica "la comunione delle vie" sulle quali cammina la Chiesa, allora il Consiglio degli Episcopati deve sistematicamente attualizzare, approfondire e rafforzare tale "comunione". Questo è richiesto dal dinamismo interiore della Chiesa. Questo è richiesto anche dalla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo (cfr. Gaudium et spes) e dal suo servizio all'uomo - questo "uomo europeo" tra l'Atlantico e gli Urali - perché proprio lui è la "via" della Chiesa nel Continente....

3. Quando parliamo di "nuova evangelizzazione", lo facciamo perché essa è sempre e dappertutto "nuova". "Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e sempre" (Ebr 13, 8). Questa "novità" appartiene all'identità del Vangelo e dell'evangelizzazione, che costituisce un continno e permanente imperativo per i testimoni di Cristo.....L'imperativo dell'evangelizzazione è, quindi, sempre attuale.

Per quanto riguarda, invece, I'Europa, è noto che, nel secolo presente, essa è stata attraversata da forti correnti di "contro-evangelizzazione".... Siccome lo costatiamo dappertutto, occorre che da parte della Chiesa si rinnovi e rafforzi la disponibilità a dare una testimonza coerente in favore di Cristo, "che è lo stesso ieri, oggi e sempre...".

4. La Dichiarazione del Sinodo dell'anno scorso ha messo in rilievo la necessità della collaborazione tra tutti i cristiani d'Europa, per la causa del Vangelo. Da parte nostra vogliamo fare tutto il possibile a favore di questa collaborazione ecumenica.


2 -Discorso al Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (16 aprile 1993), L'Osservatore Romano, 17 aprile 1993, p. 5.

Venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. La liturgia di questi giorni propone alla nostra riflessione l'invito della Prima Lettera di Pietro a costruire «un edificio spirituale», per offrire sacrifici graditi a Dio (cf. 1 Pt 2, 5).

Sono parole che ci aiutano a comprendere, ancor più a fondo, il valore e la portata dell'impegno della Chiesa in questo singolare periodo della storia europea: impegno di rinnovata evangelizzazione e di fattivo concorso alla costruzione della «nuova Europa», aperta alla solidarietà universale.

In tale contesto, il presente incontro può definirsi, in un certo senso, «storico», giacché non solo imprime al Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) un deciso impulso nella linea della sua azione ormai consolidata da molti anni, ma contribuisce ad adeguarlo ai «segni» e alle «sfide» del momento presente, in modo da renderlo efficace strumento per la nuova evangelizzazione in vista del terzo Millennio del Cristianesimo. Si tratta di ricercare insieme le vie più idonee per evangelizzare l'Europa e di promuovere un autentico rinnovamento sociale fondato su Cristo risorto, «pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio» (1 Pt 2, 4). I Pastori si stringono perciò a Cristo, in lui pongono la loro fiducia, su di lui, e solo su di lui, fondano i loro progetti apostolici e missionari.

Con questi intendimenti ci siamo incontrati nell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, svoltasi nell'autunno del 1991, ed «uniti nel nome di Cristo, abbiamo pregato affinché potessimo ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese d'Europa (cf. Ap 2, 7-11-17) ed esse sappiano discernere le vie per la nuova evangelizzazione del nostro continente» (Dichiarazione conclusiva, proemio).

2. Da quell'importante assemblea sinodale sono scaturiti orientamenti e proposte che il CCEE, nella sua nuova composizione, dovrà approfondire e realizzare...

3. La storia del CCEE prende il suo avvio negli anni immediatamente successivi al Concilio come risposta al bisogno, avvertito da molti, di opportune forme di collaborazione fra le Chiese d'Europa. Dopo i primi simposi - nel 1967 a Noordwijkerhout (Paesi-Bassi) e nel 1969 a Coira (Svizzera) - che erano aperti ai vescovi dell'intero continente europeo, fu fondato a Roma, nell'incontro del 23-24 marzo 1971, il «Consilium Conferentiarum Episcopalium Europae», i cui statuti vennero approvati il 10 gennaio 1977 dalla Congregazione per i Vescovi. Seguirono altri simposi, tutti svoltisi a Roma, mentre, grazie a regolari contatti fra i rappresentanti delle varie Conferenze Episcopali, soprattutto dell'Europa occidentale, che potevano fra loro facilmente comunicare ed incontrarsi, si è sempre più intensificato lo scambio di informazioni, di esperienze e di punti di vista sui principali problemi pastorali di ogni nazione, favorendo l'affermarsi di uno spirito di reale collaborazione e fraterna comunione a dimensione europea.

Né va sottaciuto il contributo dato al dialogo ecumenico con le diverse Confessioni cristiane mediante un apposito gruppo di lavoro misto creato nel 1971 tra il CCEE e la Conferenza delle Chiese Europee (KEK). Speciale attenzione è stata riservata anche alle problematiche delle altre religioni. I frutti di tale paziente opera di ascolto e ricerca fraterna sono consolanti: è, infatti, maturato un clima di reciproco rispetto e si è estesa la collaborazione tra i cristiani dell'intero continente, preoccupati tutti di recare agli uomini del nostro tempo l'annuncio evangelico della salvezza.

4. Se ci si ferma ad analizzare gli argomenti affrontati nelle varie assemblee generali del CCEE si nota nel tempo una certa evoluzione: nei primi anni l'accento è posto sulle tematiche tipiche del post-Concilio, in seguito l'interesse viene rivolto a problemi più specificamente europei. A fronte delle profonde e complesse trasformazioni della società negli ambiti culturale, politico, etico e spirituale, è maturata sempre più la coscienza di una nuova evangelizzazione.

Dopo gli eventi del 1989, che hanno visto crollare ideologie per lunghi anni dominanti e cadere storiche barriere fra i popoli dell'Europa, l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa svoltasi nel 1991 ha rappresentato in tale prospettiva una tappa importante e provvidenziale. «L'Europa - ricorda la Dichiarazione conclusiva - non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo» (n. 2).

L'Europa è pertanto chiamata ad una necessaria opera di coraggiosa «autoevangelizzazione», missione a cui la Chiesa intende provvedere nel contesto delle mutate situazioni sociali e politiche, che favoriscono sicuramente un più proficuo incontro e «scambio dei doni» fra le Comunità ecclesiali dell'Est e dell'Ovest.

Auspico di cuore, e per questo prego, che il Signore benedica gli sforzi sin qui profusi dal vostro organismo ed infonda sempre più aperto slancio alla vostra azione quanto mai importante per il futuro del continente.

5. Il CCEE si trova, in effetti, di fronte a delicati compiti in ordine alla nuova evangelizzazione dell'Europa: occorre provvedere alla promozione di una sempre più intensa comunione fra le diocesi e fra le Conferenze Episcopali Nazionali, all'incremento della collaborazione ecumenica tra i cristiani e al superamento degli ostacoli che minacciano il futuro della pace e del progresso dei popoli, al rafforzamento della collegialità affettiva ed effettiva e della «communio» gerarchica.

Venerati Fratelli nell'Episcopato, mi sia permesso di offrirvi qui qualche riflessione che spero utile per meglio impostare i vostri lavori, in questa fase di rinnovamento e di programmazione.

Alla luce della positiva esperienza degli anni passati, il CCEE, che è un organismo continentale, si occuperà dei problemi connessi con la situazione ed i compiti della Chiesa in Europa. Se è vero che, in base alle esigenze della sussidiarietà, ciascuna Conferenza nazionale si dedica a quanto è di sua precipua competenza, così come il Pastore di una diocesi si consacra al servizio della porzione di popolo cristiano affidata alle sue cure, è tuttavia facilmente intuibile che essa non può ridurre il suo orizzonte ai confini della Nazione, dal momento che la realtà riveste sempre un particolare «taglio» europeo. Il compito del CCEE è allora quello di analizzare le problematiche da tale angolatura, valutandone le implicazioni sovranazionali e con questo fornendo un valido aiuto agli Episcopati di ogni regione ed ai Pastori delle Chiese locali.

6.Conoscere l'uomo europeo e quanto lo concerne è indispensabile per l'adempimento della missione salvifica del popolo di Dio nel continente. Ma una tale e aggiornata conoscenza è ugualmente importante perché il CCEE possa autorevolmente presentarsi dinanzi all'opinione pubblica, nelle diverse sue istanze, come testimone e portavoce di una incisiva presenza della Chiesa. La comunità dei credenti ha così modo di far sentire la sua voce anche negli ambiti civili, voce di una comunità concorde e tutta protesa ad annunciare il vangelo della speranza e della carità.

Da questo punto di vista risulta quanto mai opportuno il dialogo con le altre Confessioni cristiane, riunite nel KEK. La collaborazione, tuttavia, deve essere coltivata soprattutto in vista del ristabilimento progressivo della piena unità fra i cristiani nel «vecchio» continente, nel quale si sono prodotte da principio le divisioni e le sofferte lacerazioni.

Così, oltre che alla sussidiarietà, il CCEE deve ispirare la propria azione alla solidarietà, nei suoi molteplici aspetti: solidarietà fra gli Episcopati cattolici, solidarietà nella ricerca dell'unità fra tutti i cristiani, solidarietà, infine, con l'Europa, continente nel quale popoli diversi sono incamminati sulla strada dell'intesa politico-sociale ed economica. Mediante il CCEE, la Chiesa cercherà di infondere alla comunità continentale un «supplemento d'anima», ravvivando in essa quella che potrebbe dirsi «l'anima dell'Europa».

7. Come non rendersi conto, venerati e carissimi Fratelli nell'Episcopato, che tutto ciò si collega strettamente con la svolta storica del nuovo Millennio ? Una missione evangelizzatrice di vaste dimensioni tutti ci incalza. Occorre riscoprire e rinsaldare le radici cristiane delle diverse nazioni e dell'intero continente; occorre far emergere il lievito cristiano che ha permeato le molteplici espressioni del suo patrimonio culturale e promuovere la presenza del fermento evangelico nell'«oggi» e nel «domani» dell'Europa, specialmente dinanzi ai tentativi, non così nascosti, di emarginare la fede e la verità salvifica da ogni manifestazione della vita pubblica.

E non si potrebbe pensare, proprio nell'ottica di questa urgenza evangelizzatrice, ad un «programma» europeo in vista del prossimo giubileo della fede dell'anno 2000?

8. La solidarietà, che deve animare le relazioni fra le diverse componenti della società ecclesiale e civile, non mancherà di spingere il CCEE ad allargare gli orizzonti e ad avviare contatti ed intese anche con le Chiese ed i popoli «fuori dell'Europa». Non si tratta soltanto di un problema organizzativo e di rapporti permanenti da tessere con analoghe organizzazioni operanti negli altri continenti. L'obiettivo è ben più alto e più essenziale è il compito che lo attende. Si tratta, infatti, di mettere in luce la stretta solidarietà che esiste fra l'Europa e i Paesi dell'Africa, dell'Asia e delle Americhe, nei confronti dei quali il continente europeo, e le Chiese in esso operanti, hanno meriti ma anche debiti da assolvere. Crescere in questa coscienza e far maturare nella solidale consapevolezza di essere gli uni responsabili degli altri, soprattutto dei più poveri e meno fortunati, sarà la vostra ansia costante, in adempimento di quel Vangelo della carità e della pace che in questo tempo di Pasqua il Risorto proclama con potenza per l'intera umanità.

9. Ci rivolgiamo, allora, a Cristo vincitore della morte e del peccato per riaffermare la nostra disponibilità a costruire con l'offerta di noi stessi quell'«edificio spirituale» in cui regna la sua giustizia ed il suo amore.

Certo, grande è la consapevolezza del nostro limite, ma altrettanto potente è la certezza della sua presenza e del suo costante intervento salvifico.

La missione dei credenti, venerati Fratelli nell'Episcopato, è sempre e dappertutto rivolta al futuro. Verso il futuro escatologico, del quale siamo certi nella fede, e verso il futuro storico, del quale possiamo essere umanamente incerti. Pensiamo ai primi evangelizzatori del continente europeo, ai Santi Pietro e Paolo; a San Benedetto, Padre del monachesimo in occidente, che tanto rilievo ha avuto nella formazione dell'Europa cristiana; pensiamo ugualmente a quanti hanno spianato le vie del Vangelo verso nuovi popoli, come Agostino, Bonifacio o i santi Fratelli di Tessalonica, Cirillo e Metodio. Neppure essi erano sicuri dell'umana riuscita della loro missione e persino della loro stessa sorte. Potente più di ogni incertezza fu la fede e salda la speranza; più potente fu l'amore di Cristo che li «spingeva» (cf. 2 Cor 5, 14). Nella loro audacia apostolica si rese visibile lo Spirito operante e santificatore. Come loro, anche noi siamo invitati ad essere, nell'epoca in cui viviamo, strumenti docili ed efficaci dell'azione dello Spirito.

Invochiamo per questo Maria, Stella dell'evangelizzazione, ed a Lei affidiamo lo sviluppo del nuovo CCEE, al servizio del continente europeo e del suo cristiano avvenire.

Con tali sentimenti, vi ringrazio per il lavoro di questi giorni e rinnovo a ciascuno fervidi e fraterni auguri pasquali. Unisco una particolare Benedizione Apostolica per le vostre persone e le comunità ecclesiali affidate alle vostre cure pastorali.


3 -Messaggio in occasione del 50º anniversario della fine della seconda guerra mondiale in Europa, L'Osservatore Romano, 21 maggio 1995, p. 4, nº 1, 2, 11-16.

1. Cinquant'anni fa, l'8 maggio 1945, si concludeva sul suolo europeo la seconda guerra mondiale. La fine di quel terribile flagello, mentre ravvivava nei cuori l'attesa del ritorno dei prigionieri, dei deportati e dei rifugiati, vi suscitava il desiderio di costruire un'Europa migliore. Il Continente poteva ricominciare a sperare in un futuro di pace e di democrazia.

A mezzo secolo di distanza, i singoli, le famiglie, i popoli custodiscono ancora il ricordo di quei sei terribili anni: memorie di paure, di violenze, di penuria estrema, di morte; esperienze drammatiche di separazioni dolorose, vissute nella privazione di ogni sicurezza e libertà; traumi incancellabili dovuti a stermini senza fine.

Col trascorrere del tempo si comprende meglio il senso

2. Non fu facile allora comprendere appieno le dimensioni molteplici e tragiche del conflitto. Ma, col passare degli anni, è andata crescendo la consapevolezza dell'incidenza che quell'evento ha avuto sul secolo XX e sull'avvenire del mondo. La seconda guerra mondiale non è stata soltanto un episodio storico di primo piano; essa ha segnato una svolta per l'umanità contemporanea. Col trascorrere del tempo, i ricordi non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e per le future generazioni.

Che cosa quella guerra abbia significato per l'Europa e per il mondo lo si è compreso in questi cinque decenni grazie all'acquisizione di nuovi dati che hanno consentito una migliore conoscenza delle sofferenze da essa causate. La tragica esperienza compiuta tra il 1939 ed il 1945 rappresenta oggi come un punto di riferimento necessario per chi vuole riflettere sul presente e sul futuro dell'umanità.

Nel 1989, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'inizio della guerra, scrivevo: «Cinquant'anni dopo, abbiamo il dovere di ricordarci davanti a Dio di quei fatti drammatici, per onorare i morti e per compiangere tutti quelli che questo dilagare di crudeltà ha ferito nel cuore e nel corpo, completamente perdonando le offese».

Occorre mantenere viva la memoria di quanto è accaduto: è un nostro preciso dovere. Sei anni orsono, in coincidenza con l'anniversario ora ricordato, nell'Est europeo si andavano delineando inediti scenari sociali e politici con la rapida caduta dei regimi comunisti. Era un rivolgimento sociale profondo che consentiva di eliminare alcune tragiche conseguenze della guerra mondiale, la cui fine non aveva di fatto significato per molte Nazioni europee l'inizio del pieno godimento della pace e della democrazia, come sarebbe stato logico attendersi il 9 maggio 1945. Alcuni popoli infatti avevano perso il potere di disporre di se stessi, ed erano stati chiusi nei confini soffocanti di un impero, mentre si cercava di distruggere, oltre che le tradizioni religiose, la loro memoria storica e la secolare radice della loro cultura. È quanto ho voluto sottolineare nella Lettera enciclica Centesimus annus. Per tali popoli, in un certo senso, solo nel 1989 la seconda guerra mondiale ha avuto fine...

La guerra non è scomparsa

11. Con il 1945, le guerre non sono purtroppo finite. Violenza, terrorismo ed attacchi armati hanno continuato a funestare questi ultimi decenni.

Si è assistito alla cosiddetta «guerra fredda», che ha visto contrapporsi minacciosamente due blocchi in equilibrio tra loro grazie ad una costante corsa agli armamenti. Ed anche quando è venuta meno questa bipolare contrapposizione, non sono finiti gli scontri bellici.

Troppi conflitti in diverse parti del mondo sono ancora oggi aperti. L'opinione pubblica, colpita dalle orrende immagini che entrano ogni giorno nelle case attraverso la televisione, reagisce emotivamente, ma finisce troppo presto con l'abituarsi e quasi con l'accettare l'ineluttabilità degli eventi. Questo, oltre che ingiusto, è oltremodo pericoloso. Non si deve dimenticare quanto è successo nel passato e quanto anche oggi succede. Sono drammi che toccano innumerevoli vittime innocenti, le cui grida di terrore e di sofferenza chiamano in causa le coscienze di tutti gli onesti: non si può e non si deve cedere alla logica delle armi!

La Santa Sede, anche attraverso la firma dei principali Trattati e Convenzioni internazionali, ha voluto richiamare, e continua a farlo instancabilmente, la Comunità delle Nazioni all'urgenza di rafforzare le norme circa la non-proliferazione delle armi nucleari e l'eliminazione delle armi chimiche e biologiche, come pure di quelle particolarmente traumatiche e con effetti indiscriminati. Parimenti la Santa Sede ha recentemente invitato l'opinione pubblica a prendere più viva coscienza del perdurante fenomeno del commercio delle armi, fenomeno grave circa il quale è necessaria ed urgente una seria riflessione etica. Occorre pure ricordare che non solo la militarizzazione degli Stati, ma anche il facile accesso alle armi da parte dei privati, favorendo il diffondersi della delinquenza organizzata e del terrorismo, costituisce una imprevedibile e costante minaccia per la pace.

Una scuola per tutti i credenti

12. Mai più la guerra! Sì alla pace! Questi erano i sentimenti comunemente manifestati all'indomani di quello storico 8 maggio 1945. I sei terribili anni del conflitto sono stati per tutti un'occasione di maturazione alla scuola del dolore: anche i cristiani hanno avuto modo di riavvicinarsi tra di loro e di interrogarsi sulle responsabilità delle loro divisioni. Essi hanno inoltre riscoperto la solidarietà di un destino che li accomuna tra loro e con tutti gli uomini, di qualsiasi nazione essi siano. In tal modo, l'evento che ha segnato il massimo della lacerazione e della divisione tra i popoli e le persone si è rivelato per i cristiani un'occasione provvidenziale per prendere coscienza di una comunione profonda nella sofferenza e nella testimonianza. Sotto la croce di Cristo, membri di tutte le Chiese e Comunità cristiane hanno saputo resistere fino al sacrificio supremo. Molti di essi hanno sfidato esemplarmente, con le armi pacifiche della testimonianza sofferta e dell'amore, i torturatori e gli oppressori. Insieme ad altri, credenti e non credenti, uomini e donne di ogni razza, religione e nazione, hanno lanciato ben alto, al di sopra della marea montante della violenza, un messaggio di fratellanza e di perdono.

In questo anniversario, come non fare memoria di tali cristiani che, rendendo testimonianza contro il male, hanno pregato per gli oppressori e si sono curvati a curare le piaghe di tutti? Nella condivisione della passione, essi hanno avuto modo di riconoscersi fratelli e sorelle, sperimentando tutta l'illogicità delle loro divisioni. La sofferenza condivisa li ha portati a sentire maggiormente il peso delle divisioni tuttora esistenti tra i seguaci di Cristo e delle conseguenze negative da esse derivanti per la costruzione dell'identità spirituale, culturale e politica del continente europeo. La loro esperienza è per noi un monito: su questa linea occorre proseguire, pregando e lavorando con intensa fiducia e generosità, nella prospettiva dell'ormai prossimo Grande Giubileo del 2000. Verso quella meta siano incamminati con un pellegrinaggio di penitenza e riconciliazione, nella speranza di poter realizzare finalmente la piena comunione tra tutti i credenti in Cristo, con sicuro vantaggio per la causa della pace.

13. L'onda di dolore, che con la guerra si è riversata sulla terra, ha spinto i credenti di tutte le religioni a mettere le loro risorse spirituali al servizio della pace. Ogni religione, sia pure con percorsi storici diversi, ha vissuto tale singolare esperienza in questi 5 decenni. Il mondo è testimone che, dopo l'immane tragedia della guerra, è nato qualcosa di nuovo nella coscienza dei credenti delle varie Confessioni religiose: essi si sentono più responsabili della pace tra gli uomini e hanno cominciato a collaborare tra di loro. La «Giornata mondiale di preghiera per la pace» ad Assisi, il 27 ottobre 1986, ha pubblicamente consacrato questo atteggiamento maturato nella sofferenza. Assisi ha rivelato «il legame intrinseco che unisce un autentico atteggiamento religioso e il grande bene della pace». Nelle successive «Giornate di preghiera per la pace nei Balcani» (ad Assisi il 9-10 Gennaio 1993 e nella Basilica di San Pietro il 23 gennaio del 1994) si è sottolineato specialmente il contributo specifico richiesto ai credenti per la promozione della pace mediante le armi della preghiera e della penitenza.

Il mondo, che si avvia alla fine del secondo Millennio, attende dai credenti un'azione più incisiva in favore della pace. Ai rappresentanti delle Chiese cristiane e delle grandi religioni, riuniti a Varsavia nel 1989 per il cinquantesimo anniversario dell'inizio del conflitto, dicevo: «Dal cuore delle nostre diverse tradizioni religiose scaturisce la testimonianza della partecipazione compassionevole ai dolori dell'uomo, del rispetto per la sacralità della vita. È questa una grande energia spirituale che rende fiduciosi per il futuro dell'umanità». Le tristi vicende del secondo conflitto mondiale, a cinquant'anni di distanza, ci rendono maggiormente consapevoli dell'esigenza di liberare, con rinnovata forza ed impegno, queste energie spirituali.

È doveroso, a questo proposito, ricordare che proprio dalla terribile esperienza della guerra è nata l'Organizzazione delle Nazioni Unite, considerata dal Papa Giovanni XXIII di v.m. uno dei segni dei nostri tempi per la «volontà di mantenere e consolidare la pace tra i popoli». Dal crudele disprezzo per la dignità e per i diritti delle persone è nata inoltre la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Il cinquantesimo anniversario delle Nazioni Unite, che si celebra quest'anno, dovrà essere l'occasione per rafforzare l'impegno della comunità internazionale a servizio della pace. A tal fine, occorrerà assicurare all'Organizzazione delle Nazioni Unite gli strumenti di cui essa ha bisogno per perseguire efficacemente la sua missione.

C'è chi ancora prepara la guerra

14. Si tengono in questi giorni celebrazioni e manifestazioni in molte parti d'Europa alle quali prendono parte Autorità civili e Responsabili di ogni Comunità e Paese. Unendomi al ricordo del sacrificio di tante vittime della guerra, vorrei invitare tutti gli uomini di buona volontà a riflettere seriamente sulla necessaria coerenza che deve esservi tra la memoria del terribile conflitto mondiale e gli orientamenti della politica nazionale ed internazionale. In particolare, occorrerà disporre di efficaci strumenti di controllo del mercato internazionale delle armi ed insieme prevedere strutture adeguate di intervento in caso di crisi, per indurre tutte le parti a preferire la trattativa allo scontro violento. Non è forse vero che, mentre celebriamo la riconquista della pace, c'è purtroppo chi ancora prepara la guerra sia mediante la promozione di una cultura di odio che mediante la diffusione di sofisticate armi belliche? Non è forse vero che in Europa restano aperti dolorosi conflitti che attendono da anni pacifiche soluzioni? Questo 8 maggio 1995 non è purtroppo un giorno di pace per alcune regioni dell'Europa! Penso in particolare, alle martoriate terre dei Balcani e del Caucaso, dove ancora rumoreggiano le armi ed altro sangue umano continua ad essere versato.

A vent'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, nel 1965, Paolo VI, parlando all'O.N.U., si chiedeva: «Arriverà mai il mondo a cambiare la mentalità particolaristica e bellicosa che finora ha intessuto tanta parte della sua storia?». È una domanda che ancora attende una risposta. Ravvivi in tutti la memoria della seconda guerra mondiale il proposito di operare - ciascuno secondo le proprie possibilità - a servizio di una decisa politica di pace in Europa e nel mondo intero.

Un significato speciale per i giovani

15. Il pensiero va ai giovani, che non hanno sperimentato personalmente gli orrori di quella guerra. Ad essi dico: cari giovani, ho grande fiducia nella vostra capacità di essere autentici interpreti del Vangelo. Sentitevi personalmente impegnati al servizio della vita e della pace. Le vittime, i combattenti ed i martiri del secondo conflitto mondiale erano in gran parte giovani come voi. Per questo chiedo a voi, giovani del 2000, di vigilare attentamente di fronte all'insorgere della cultura dell'odio e della morte. Respingete le ideologie ottuse e violente; respingete ogni forma di nazionalismo esasperato e di intolleranza; è per queste vie che si introduce insensibilmente la tentazione della violenza e della guerra.

A voi è affidata la missione di aprire nuove vie di fratellanza tra i popoli, per costruire un'unica famiglia umana, approfondendo la «legge della reciprocità del dare e del ricevere, del dono di sé e dell'accoglienza dell'altro». Lo richiede la legge morale iscritta dal Creatore nell'intimo di ogni persona, legge da Lui ribadita nella Rivelazione dell'Antico Testamento e portata infine a perfezione da Gesù nel Vangelo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19, 18; Mc 12, 31); «Come Io vi ho amato così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34). È possibile realizzare la civiltà dell'amore e della verità solo se l'apertura all'accoglienza dell'altro si estende ai rapporti tra i popoli, fra le nazioni e le culture. Risuoni nella coscienza di tutti questo invito: Ama gli altri popoli come il tuo!

La via del futuro dell'umanità passa per l'unità; e l'unità autentica - questo è l'annuncio evangelico - passa per Gesù Cristo, nostra riconciliazione e nostra pace (cfr Ef 2, 14-18).

Il bisogno di un cuore nuovo

16. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore Dio tuo ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8, 2-3).

Non siamo ancora entrati nella «terra promessa» della pace. La memoria del doloroso cammino della guerra e di quello non facile del secondo dopoguerra ce lo richiama costantemente. Questo cammino, nei tempi bui della guerra, nei momenti difficili del dopoguerra, nei nostri incerti e problematici giorni, ha spesso rivelato che nel cuore degli uomini, ed anche dei credenti, è forte la tentazione dell'odio, del disprezzo dell'altro, della prevaricazione. In questo stesso cammino, però, non è mancato l'aiuto del Signore, che ha fatto germinare sentimenti di amore, di comprensione e di pace, insieme col sincero desiderio di riconciliazione e di unità. Come credenti, siamo consapevoli che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Sappiamo pure che la pace si radica nei cuori di quanti si aprono a Dio. Ricordarsi della seconda guerra mondiale e del cammino percorso nei decenni successivi non può non evocare nei cristiani l'esigenza di un cuore nuovo, capace di rispettare l'uomo e di promuoverne l'autentica dignità.

Questa è la base della vera speranza per la pace del mondo: «Un sole - ha profetato Zaccaria - sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1, 78-79). In questo tempo pasquale, che celebra la vittoria di Cristo sul peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri, ritorna sulle nostre labbra l'invocazione con cui si chiude l'Enciclica Pacem in terris del mio venerato Predecessore Giovanni XXIII: «Illumini il Signore i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei cittadini, garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù della Sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace».

Maria, Mediatrice di grazia, sempre vigile e premurosa verso tutti i suoi figli, ottenga per l'umanità intera il dono prezioso della concordia e della pace.


4 -Omelia della Santa Messa celebrata a Paderborn (22 giugno 1996), L'Osservatore Romano, 23 giugno 1996, p. 5, nn. 3 e 6.

Cari fratelli e care sorelle

3. .... Anche il nostro secolo lascia dietro di sé un ricco martirologio (cfr Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente, n. 37). Sforziamoci per fare in modo che tutte queste testimonianze di un'autentica grandezza dello spirito e della santità non vengano dimenticate.

Un martirologio non è solo una registrazione di fatti. È un'esortazione. Anche il martirio del nostro secolo è un'esortazione. Anche l'opera del Concilio Vaticano II non è forse sorta da essa? E la Giornata mondiale della preghiera per la pace? Le tante iniziative apostoliche come, ad esempio, gli incontri mondiali della gioventù?

Attraverso il martirio, che rappresenta l'esperienza del nostro secolo, la Chiesa ha acquisito una migliore comprensione di se stessa e del suo compito nel mondo...

6. Cari fratelli e care sorelle, l'unica speranza e «l'unità dello Spirito» ci uniscono come Chiesa cattolica, ossia universale. In questo luogo che, non da ultimo grazie all'impegno dell'indimenticato Cardinale Jaeger, è di grande importanza per l'ecumenismo, esorto di nuovo tutti i cristiani all'unità! Proprio in vista dell'Anno Santo del 2000, la Chiesa rivolge una preghiera insistente allo Spirito Santo e invoca la grazia dell'unità di tutti i cristiani (cfr Tertio Millennio adveniente, n. 34).

7. Cari fratelli e care sorelle, l'anno 1989 ha cambiato radicalmente il mondo. Questo unico mondo cresce sempre più velocemente e diventa sempre più piccolo. Dovremmo dare il benvenuto a questo processo, perché offre a innumerevoli persone una nuova prospettiva di vita. Ma questa crescita congiunta di Nord e Sud, Est e Ovest, deve assumere una forma degna dell'uomo. Non ne deve nascere un mondo che potrebbe essere di nuovo caratterizzato da una «ideologia radicale di tipo capitalistico» (Centesimus annus, n. 42). Il mondo spera in un relazionarsi di nazioni e di Stati che rispetti i diritti vitali di tutti gli uomini e che promuova il loro sviluppo. Specialmente per i Paesi ricchi ciò significa imparare a condividere, e non solo aiutare i popoli bisognosi, ma anche accoglierli e accettarli come partner. Questa inevitabile trasformazione deve e può realizzarsi in solidarietà e in giustizia.

8. Lo stesso vale per l'unità dell'Europa, che non deve consistere solo in una comunanza degli interessi materiali. I suoi fondamenti sono il consenso sugli obiettivi e valori ideali fondamentali, la comune eredità culturale e, non da ultima, un'unione dello spirito e dei cuori. Senza la fede cristiana mancherà l'anima all'Europa. Noi cristiani siamo chiamati a prenderci cura dello spirito che unirà e plasmerà l'Europa futura. Questa è una grande sfida e una grande responsabilità che vogliamo e dobbiamo assumere seriamente superando i confini.


5 -Angelus (Berlino, 23 giugno 1996), L'Osservatore Romano, 24-25 giugno 1996, p. 8

Care Sorelle e Cari Fratelli!

1. Alla fine della celebrazione vorrei ancora una volta salutarvi di cuore e ringraziarvi per questa commovente solennità della beatificazione di Karl Leisner e Bernhard Lichtenberg. Proprio la storia e il carattere di simbolo di questa città ci esortano a svolgere, in ogni occasione opportuna o non opportuna, il compito che è stato affidato a noi e a loro. Dobbiamo chiamare sinceramente per nome la ragione e il torto, la giustizia e l'ingiustizia, l'umanità e la disumanità e schierarci apertamente e con decisione per la libertà, la solidarietà e la dignità dell'uomo.

2. Da questa famosa città, che ha vissuto in modo particolare il destino della storia europea di questo secolo, vorrei annunciare a tutta la Chiesa la mia intenzione di convocare una Seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa. Insieme ad altre simili assemblee sinodali in altre parti del mondo, essa dovrà occuparsi della preparazione del grande Giubileo dell'anno 2000 (cfr Tertio Millennio adveniente, n. 38).

Dopo i noti avvenimenti del 1989 e le nuove condizioni createsi in seguito alla caduta del muro che era stato eretto proprio in questa città, sembrò necessaria una riflessione dei rappresentanti delle Conferenze Episcopali del Continente. L'Assemblea speciale del 1991 svolse questo compito. Gli ulteriori sviluppi dei cinque anni seguenti in Europa hanno offerto l'opportunità di un nuovo incontro con i rappresentanti dei Vescovi europei al fine di analizzare la situazione della Chiesa in vista del Giubileo. È necessario fare in modo che le grandi forze spirituali del Continente possano dispiegarsi in tutte le direzioni e che vengano creati i presupposti per un'epoca di autentica rinascita a livello religioso, sociale ed economico. Ciò sarà frutto di un nuovo annuncio del Vangelo.

3. Invito tutti voi a invocare fin d'ora l'intercessione celeste dei Patroni d'Europa, san Benedetto e i santi Cirillo e Metodio. Partendo dalle rispettive tradizioni occidentali e orientali riuscirono a offrire un contributo fondamentale all'unità culturale e spirituale di questa parte della terra.

Vorrei affidare la prossima assemblea sinodale anche a tutti i Beati e a tutti i Santi del vecchio Continente e in particolare alla protezione materna della Santissima Vergine Maria, tanto venerata da tutti i popoli d'Europa. Ella, che per prima, mediante il suo «fiat», ha accolto il Verbo incarnato e lo ha offerto a tutta l'umanità, ci accompagni e ci sostenga nel nostro cammino fino allo storico traguardo dell'inizio del terzo millennio cristiano.


6 -Regina Caeli (Sarajevo, 13 aprile 1997), L'Osservatore Romano, 14-15 aprile 1997, p. 9.

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Al termine di questa solenne Concelebrazione, mentre secondo un'antica e bella tradizione in tutto l'orbe si elevano le lodi alla Madre di Dio con la recita del Regina Caeli, il mio pensiero si rivolge in preghiera all'intera regione nella quale vivono, insieme con altri popoli, gli slavi del sud. Un tratto significativo accomuna i cristiani di queste terre: la profonda devozione ed il grande amore per la Madre di Dio.

Con intensa gratitudine a Dio ricordo le visite che ho potuto effettuare in Albania, nell'aprile del 1993, in Croazia, nel settembre del 1994, ed in Slovenia, nel maggio dell'anno scorso. Mentre la mia permanenza a Sarajevo e nella Bosnia ed Erzegovina volge ormai al termine, desidero far pervenire un cordiale saluto a tutte le popolazioni della vicina Repubblica Federale di Jugoslavia, che da tanto tempo desidero visitare e che accompagno con la mia solidarietà, unita alla preghiera, nelle loro difficoltà e nelle loro speranze. Il mio pensiero beneaugurante va anche alle popolazioni dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, per le quali invoco dal Signore pace e prosperità.

2. Come in ogni altra parte del mondo, anche in queste regioni la Santa Sede promuove il rispetto della uguale dignità dei popoli e del loro diritto a scegliere liberamente il proprio avvenire. Al tempo stesso, essa si adopera perché sia salvaguardato ogni possibile spazio di mutua solidarietà, in un clima di pacifica e civile convivenza.

Ciò richiede il coraggio della lungimiranza e la pazienza dei piccoli passi, affinché lo spirito di leale e costruttiva intesa fiorisca fino a portare frutti abbondanti. Il clima della pace e del reciproco rispetto è l'unica via per combattere nel modo più efficace i nazionalismi esasperati, colpevoli di tanti lutti e di tanti danni passati e recenti.

Queste terre, nelle quali Oriente e Occidente hanno sentito più acuta la fatica del dialogo e della reciproca collaborazione, sono diventate il simbolo del nostro secolo seminato di amarezze, ma anche ricco di promesse per l'intera Europa.

3. Da Sarajevo, città simbolo di questo ventesimo secolo che volge al termine, giunga a tutti i popoli europei l'appello per un impegno solidale sulla via della pace! Il nuovo millennio ormai alle porte si apra con la decisa determinazione di costruire un'era di civile crescita nella concordia con l'apporto dei doni particolari di cui ogni Nazione, nel corso della sua storia, è stata arricchita da Dio, Signore e Padre di tutti i popoli!

È questo il cordiale auspicio, che insieme a voi affido con fiducia a Maria, Regina della Pace, invocandola con la tradizionale preghiera del tempo pasquale.


7 -Omelia della Santa Messa per il millennio del martirio di Sant'Adalberto (Gniezno, 3 giugno 1997), L'Osservatore Romano, 4 giugno 1997, pp. 6-7.

1. Veni, Creator Spiritus! Oggi ci troviamo presso la tomba di sant'Adalberto a Gniezno. In questo modo siamo al centro del millennio di Adalberto. Un mese fa ho iniziato questo itinerario in onore di sant'Adalberto a Praga e a Libice, diocesi di Hradec Králové - da lì infatti egli proveniva. E oggi siamo a Gniezno, nel luogo - si può dire - dove egli terminò la sua peregrinazione terrena. Rendo grazie a Dio uno e trino, perché al tramonto di questo millennio mi viene dato nuovamente di pregare presso le reliquie di sant'Adalberto, che sono uno dei più grandi tesori della nostra nazione. Vogliamo seguire questo percorso spirituale di sant'Adalberto, che in un certo senso comincia dal Cenacolo. L'odierna liturgia ci conduce proprio al Cenacolo, dove gli Apostoli tornarono dal Monte degli Ulivi dopo l'ascensione di Cristo in cielo. Per quaranta giorni dopo la risurrezione Egli appariva loro e parlava con loro del Regno di Dio. Raccomandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere la promessa del Padre: «... quella... che voi avete udito da me», diceva. «Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni... avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1, 5.8). Gli Apostoli, dunque, ricevono il mandato missionario. In virtù delle parole del Risorto devono andare in tutto il mondo ad ammaestrare tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo (cfr. Mt 28, 14-20). Per ora, tuttavia, tornano al Cenacolo e là rimangono in preghiera, attendendo il compimento della promessa. Il decimo giorno, nella festa di Pentecoste, Cristo inviò loro lo Spirito Santo, che trasformò i loro cuori. Divennero forti e pronti ad assumersi il mandato missionario. Iniziarono così l'opera di evangelizzazione. La Chiesa continua quest'opera. I successori degli Apostoli continuano ad andare in tutto il mondo ad ammaestrare tutte le nazioni. Verso il termine del primo millennio, in terra polacca giunsero i figli di varie nazioni già cristianizzate, specialmente quelli delle nazioni confinanti. Tra essi occupa un posto centrale sant'Adalberto, giunto in Polonia dalla vicina ed affine Boemia. Egli fu all'origine, in un certo senso, del secondo inizio della Chiesa nelle terre dei Piast. Il battesimo della nazione nel 966, ai tempi di Mieszko I, venne confermato con il sangue del Martire. E non soltanto questo: con lui la Polonia entra nella famiglia dei Paesi europei. Presso le reliquie di sant'Adalberto, infatti, si incontrano l'imperatore Ottone III e Boleslao il Prode, alla presenza di un legato pontificio.

Quest'incontro ha un'importanza di portata storica — l'«Incontro di Gniezno». Ovviamente ebbe un significato politico, ma anche ecclesiale. Presso la tomba di sant'Adalberto viene proclamata dal Papa Silvestro II la prima metropoli polacca: Gniezno, alla quale furono unite le sedi episcopali di Cracovia, di Wroclaw e di Kolobrzeg.

2. Il seme che muore porta molto frutto (cfr. Gv 12, 24). Queste parole del Vangelo di Giovanni, rivolte un giorno da Cristo agli Apostoli, trovano singolare applicazione in Adalberto. Morendo, egli diede la testimonianza suprema. «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25). Sant'Adalberto rese anche testimonianza al servizio apostolico. Dice infatti Cristo: «Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà» (Gv 12, 26). Adalberto seguì Cristo. Fece un lungo cammino, che lo portò dalla nativa Libice a Praga, da Praga a Roma. Quando, poi, dovette ancora imbattersi nella resistenza dei suoi connazionali di Praga, partì come missionario verso la Pianura della Pannonia e in seguito, attraverso la Porta di Moravia, a Gniezno e sul Baltico. La sua missione fu quasi il coronamento dell'evangelizzazione delle terre dei Piast. E ciò proprio perché Adalberto rese testimonianza a Cristo subendo la morte per martirio. Boleslao il Prode riscattò il corpo del Martire e lo fece venire qui, a Gniezno.

In lui si compirono le parole di Cristo. Al di sopra dell'amore per la vita terrena, Adalberto aveva posto l'amore per il Figlio di Dio. Seguì Cristo come un servo fedele e generoso, testimoniandolo a prezzo della propria vita. Ed ecco il Padre l'ha onorato. Il Popolo di Dio l'ha circondato sulla terra della venerazione che si riserva ad un santo, nella convinzione che un Martire di Cristo nel cielo viene circondato di gloria dal Padre. «Il chicco di grano che muore, produce molto frutto» (cfr. Gv 12, 24). Come si sono realizzate letteralmente queste parole nella vita e nella morte di sant'Adalberto! La sua morte per martirio, mescolata al sangue di altri martiri polacchi, sta alla base della Chiesa polacca e, in certo modo, anche dello stesso Stato nelle terre dei Piast. La semina del sangue di Adalberto continua a portare frutti spirituali sempre nuovi. Tutta la Polonia ai primordi del suo essere Stato e nel corso dei secoli successivi ha continuato ad attingere da essa. L'«Incontro di Gniezno» aprì per la Polonia la strada verso l'unità con tutta la famiglia degli Stati d'Europa. Alla soglia del secondo millennio la nazione polacca acquistò il diritto di inserirsi, al pari di altre nazioni, nel processo di formazione di un nuovo volto dell'Europa. Sant'Adalberto è, dunque, un grande patrono del nostro continente, che allora andava unificandosi nel nome di Cristo. Sia con la sua vita che con la sua morte il Santo Martire pose le basi dell'identità e dell'unità europea. Molte volte ho camminato su queste storiche orme, nel periodo del Millennio del Battesimo della Polonia, venendo da Cracovia a Gniezno con le reliquie di san Stanislao, e rendo grazie alla Divina Provvidenza perché oggi mi viene dato ancora una volta di trovarmi su questo itinerario.

Ti ringraziamo, sant'Adalberto, di averci uniti oggi qui così numerosi. Ci sono qui tra noi degli Ospiti illustri. Penso innanzitutto ai Signori Presidenti dei Paesi legati alla persona di Vojtech-Adalberto. Ringrazio per la presenza il Signor Kwasniewski, Presidente della Polonia, il Signor Havel, Presidente della Repubblica Ceca, il Signor Brazauskas, Presidente della Lituania, il Signor Herzog, Presidente della Germania, il Signor Kovac, Presidente della Repubblica Slovacca, il Signor Kuczma, Presidente dell'Ucraina, il Signor Göncz, Presidente dell'Ungheria.

Signori Presidenti, la vostra presenza qui, a Gniezno, ha oggi un significato particolare per tutto il continente europeo. Come mille anni fa, così anche oggi essa testimonia la volontà di una pacifica convivenza e della costruzione di una nuova Europa, unita dai legami della solidarietà. Vi chiedo di voler gentilmente trasmettere i miei cordiali saluti alle Nazioni che rappresentate.

Rivolgo parole di gratitudine anche ai Cardinali giunti dalla Città Eterna, a cominciare dal Signor Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, e dai Cardinali dei Paesi collegati con la persona di sant'Adalberto, guidati dal Signor Cardinale Miloslav Vlk, successore di sant'Adalberto nella sede episcopale di Praga. Sono lieto che con noi ci siano i Cardinali venuti da lontane parti del mondo, dall'America fino all'Australia. Saluto cordialmente e ringrazio per la loro presenza i Cardinali polacchi e per primo il Signor Cardinale Primate, gli Arcivescovi e i Vescovi. Ringrazio anche i Vescovi ortodossi e i Capi delle Comunità nate dalla Riforma, ed anche i Responsabili di altre Comunità ecclesiali.

Rivolgo parole di cordiale saluto all'Arcivescovo Mons. Muszynski, Metropolita di Gniezno, e a voi, cari Fratelli e Sorelle, giunti per quest'incontro da tutta la Polonia.

3. Mi è rimasto profondamente impresso nella mente l'incontro di Gniezno nel giugno del 1979, quando per la prima volta il Papa, nativo di Cracovia, poté celebrare l'Eucaristia sul Colle di Lech, alla presenza dell'indimenticabile Primate del Millennio, di tutto l'Episcopato Polacco, di molti pellegrini venuti non soltanto dalla Polonia ma anche dai paesi confinanti. Oggi, dopo diciotto anni, occorrerebbe tornare a quell'omelia di Gniezno, che in un certo senso divenne il programma del pontificato. Tuttavia, essa fu prima di tutto un'umile lettura dei disegni di Dio, collegati con gli ultimi venticinque anni del nostro millennio. Dicevo allora: «Non vuole forse Cristo, non dispone forse lo Spirito Santo, che questo Papa polacco, Papa slavo, proprio ora manifesti l'unità spirituale dell'Europa cristiana? Sappiamo che questa unità cristiana dell'Europa è composta da due grandi tradizioni: quella dell'Occidente e quella dell'Oriente... Sì. Cristo vuole, lo Spirito Santo dispone, che quanto io dico sia detto proprio qui, ora, a Gniezno» (Cattedrale intitolata all'Assunzione della B.V.M., 3.6.1979).

Da questo luogo si riversò allora la potente forza dello Spirito Santo. Qui il pensiero sulla nuova evangelizzazione cominciò a rivestire forme concrete. Nel frattempo si compirono grandi trasformazioni, sorsero nuove possibilità, apparvero altri uomini. Cadde il muro che divideva l'Europa. Cinquant'anni dopo l'inizio della seconda guerra mondiale i suoi effetti cessarono di scavare il volto del nostro continente. È terminato mezzo secolo di separazione, per la quale milioni di abitanti dell'Europa Centrale ed Orientale pagarono il terribile prezzo. Perciò qui, presso la tomba di sant'Adalberto, rendo oggi grazie a Dio Onnipotente per il grande dono della libertà concesso alle Nazioni d'Europa, e lo faccio con le parole del Salmista: «Allora si diceva tra i popoli: "Il Signore ha fatto grandi cose per loro". Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia» (Sal 124[125], 2-3).

4. Cari Fratelli e Sorelle, dopo tanti anni ripeto la stessa cosa: è necessaria una nuova disponibilità. Infatti si è visto, a volte in modo molto doloroso, che il ricupero del diritto di autodeterminazione e l'ampliamento delle libertà politiche ed economiche non è sufficiente per la ricostruzione dell'unità europea. Come non menzionare qui la tragedia delle nazioni della ex Iugoslavia, il dramma della nazione albanese e gli enormi pesi subiti da tutte le società che hanno riacquistato la libertà e con un grande sforzo si liberano dal giogo del sistema totalitario comunista? Non sarà che dopo la caduta di un muro, quello visibile, se ne sia scoperto un altro, quello invisibile, che continua a dividere il nostro continente - il muro che passa attraverso i cuori degli uomini? È un muro fatto di paura e di aggressività, di mancanza di comprensione per gli uomini di diversa origine, di diverso colore della pelle, di diverse convinzioni religiose; è il muro dell'egoismo politico ed economico, dell'affievolimento della sensibilità riguardo al valore della vita umana e alla dignità di ogni uomo. Perfino gli indubbi successi dell'ultimo periodo nel campo economico, politico e sociale non nascondono l'esistenza di tale muro. La sua ombra si estende su tutta l'Europa. Il traguardo di un'autentica unità del continente europeo è ancora lontano. Non ci sarà l'unità dell'Europa fino a quando essa non si fonderà nell'unità dello spirito. Questo fondamento profondissimo dell'unità fu portato all'Europa e fu consolidato lungo i secoli dal cristianesimo con il suo Vangelo, con la sua comprensione dell'uomo e con il suo contributo allo sviluppo della storia dei popoli e delle nazioni. Questo non significa volersi appropriare della storia. La storia d'Europa, infatti, è un grande fiume, nel quale sboccano numerosi affluenti, e la varietà delle tradizioni e delle culture che la formano è la sua grande ricchezza. Le fondamenta dell'identità dell'Europa sono costruite sul cristianesimo. E l'attuale mancanza della sua unità spirituale, scaturisce principalmente dalla crisi di questa autocoscienza cristiana.

5. Fratelli e Sorelle, è stato Gesù Cristo, «lo stesso ieri, oggi e sempre» (cfr. Rm 13, 8), a rivelare all'uomo la sua dignità! È lui il garante di questa dignità! Sono stati i patroni d'Europa - san Benedetto e i santi Cirillo e Metodio - a innestare nella cultura europea la verità su Dio e sull'uomo. Furono le schiere dei santi missionari, che ci ha ricordato oggi sant'Adalberto, vescovo e martire, a portare ai popoli europei l'insegnamento sull'amore del prossimo, perfino sull'amore per i nemici - insegnamento confermato con il dono della vita per loro. Di questa Buona Novella, del Vangelo, sono vissuti in Europa nel succedersi dei secoli, fino al giorno d'oggi, i nostri fratelli e le nostre sorelle. La ripetevano i muri delle chiese, delle abbazie, degli ospedali e delle università. La proclamavano i volumi, le sculture e i quadri, l'annunziavano le strofe poetiche e le opere dei compositori. Sul Vangelo venivano poste le fondamenta dell'unità spirituale dell'Europa.

Dalla tomba di sant'Adalberto domando dunque: è lecito per noi respingere la legge della vita cristiana, la quale afferma che porta un frutto abbondante solo colui che offre la propria vita per amore di Dio e dei fratelli, come un seme gettato nella terra? Qui, da questo luogo ripeto il grido dell'inizio del mio pontificato: Aprite le porte a Cristo! Nel nome del rispetto dei diritti dell'uomo, nel nome della libertà, dell'uguaglianza, della fraternità, nel nome della solidarietà interumana e dell'amore, grido: Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo! Senza Cristo non è possibile comprendere l'uomo. Perciò il muro, che si erge oggi nei cuori, il muro che divide l'Europa, non sarà abbattuto senza il ritorno al Vangelo. Senza Cristo, infatti, non è possibile costruire una durevole unità. Non si può farlo separandosi dalle radici dalle quali sono cresciute le nazioni e le culture dell'Europa e dalla grande ricchezza della cultura spirituale dei secoli passati. Come si può costruire una «casa comune» per tutta l'Europa, se essa non viene edificata con i mattoni delle coscienze degli uomini, cotti nel fuoco del Vangelo, uniti dal vincolo di un solidale amore sociale, frutto dell'amore di Dio? Per una tale realtà si adoperava sant'Adalberto, per un tale futuro diede la propria vita. È lui a ricordarci oggi che non è possibile costruire una società nuova senza l'uomo rinnovato, che è il solidissimo fondamento della società.

6. Alla soglia del terzo millennio la testimonianza di sant'Adalberto è sempre presente nella Chiesa e sempre produce frutto. Dobbiamo riprendere con nuovo vigore la sua opera di evangelizzazione. Aiutiamo a riscoprire Cristo chi lo ha dimenticato insieme col suo insegnamento. Ciò si avvererà quando schiere di testimoni fedeli del Vangelo cominceranno di nuovo a percorrere il nostro continente; quando le opere di architettura, di letteratura e di arte mostreranno, in modo avvincente all'uomo d'oggi, Colui che è «lo stesso ieri, oggi e sempre»; quando nella liturgia celebrata dalla Chiesa gli uomini vedranno quanto è bello rendere gloria a Dio; quando scorgeranno nella nostra vita una testimonianza di cristiana misericordia, di eroico amore e di santità.

Cari Fratelli e Sorelle, in quale straordinaria ora della storia ci viene dato di vivere! Quali importanti compiti ci ha affidato Cristo! Egli chiama ciascuno di noi a preparare la nuova primavera della Chiesa. Vuole che la Chiesa — la stessa, dei tempi degli Apostoli e di sant'Adalberto — entri nel nuovo millennio piena di freschezza, di una nuova vita che sboccia e di slancio evangelico. Nel 1949 il Primate del Millennio esclamava: «Qui, presso la tomba di sant'Adalberto accenderemo fiaccole che annunceranno alla nostra terra la "luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo" (Lc 2, 32)» (Lettera pastorale per l'ingresso). Oggi innalziamo nuovamente questo grido, chiedendo la luce e il fuoco dello Spirito Santo, per accendere le nostre fiaccole come degli annunciatori del Vangelo fino agli estremi confini della terra.

7. Sant'Adalberto è sempre con noi. È rimasto a Gniezno dei Piast e nella Chiesa universale, circondato dalla gloria del martirio. E dalla prospettiva del millennio sembra parlarci oggi con le parole di san Paolo: «Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari» (Fil 1, 27-28). Sì, in un solo spirito, combattendo unanimi per la fede.

Oggi rileggiamo una volta ancora, dopo mille anni, questo testamento di Paolo e di Adalberto. Chiediamo che le loro parole si compiano anche nella nostra generazione. Ci è stata infatti concessa in Cristo la grazia, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, dato che abbiamo sostenuto la stessa lotta di cui Adalberto ci ha lasciato la testimonianza (cfr. Fil 1, 29-30). Ci affidiamo a sant'Adalberto, chiedendogli di intercedere per noi, mentre la Chiesa e l'Europa si preparano al Grande Giubileo dell'Anno 2000.

Ed invochiamo lo Spirito Santo, Spirito di sapienza e di fortezza: Veni, Creator Spiritus! Amen.


8 -Angelus (Vaticano, 15 febbraio 1998), L'Osservatore Romano, 16-17 febbraio 1998, p. 5

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Ieri abbiamo celebrato la Festa dei santi Cirillo e Metodio, Compatroni d'Europa insieme con san Benedetto. Questi due fratelli greci del secolo nono, nativi di Tessalonica e formati nella scuola del Patriarcato di Costantinopoli, si dedicarono all'evangelizzazione dei popoli della Grande Moravia, sul medio Danubio.

Cirillo e Metodio svolsero il loro servizio missionario in unione sia con la Chiesa di Costantinopoli che con la Sede del Successore di Pietro, manifestando in questo modo l'unità della Chiesa, che in quei tempi non era ancora ferita dalla divisione tra oriente e occidente.

Vorrei affidare all'intercessione di questi due Santi l'anelito alla piena unità fra tutti i credenti in Cristo, specialmente in vista del Grande Giubileo del 2000. La necessità di proseguire con ogni sforzo il dialogo ecumenico è stata fortemente sottolineata nell'incontro del Comitato Centrale del Giubileo con i delegati delle Conferenze Episcopali, svoltosi nei giorni scorsi. Voglia Iddio affrettare i passi di una totale riconciliazione, perchè l'alba del terzo millennio veda i cristiani, se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a questa meta.

2. La ricorrenza dei Santi Cirillo e Metodio mi offre, altresi, I'opportunità di richiamare ai cristiani ed a tutte le persone di buona volontà del nostro Continente quella che possiamo chiamare la sfida europea, l'esigenza cioè di costruire un'Europa fortemente memore della propria storia, seriamente impegnata nell'attuazione dei diritti dell'uomo, solidale con i popoli degli altri Continenti nel promuovere la pace e lo sviluppo su scala mondiale.

Obiettivi tanto alti non sono però perseguibili senza una profonda e costante motivazione spirituale, che i cittadini e le nazioni europee possono attingere dal ricchissimo patrimonio culturale che li accomuna, in fecondo dialogo con altre grandi correnti di pensiero, come è stato sempre nei momenti migliori della loro bimillenaria civiltà.

Celebrare questi insigni apostoli dell'Europa significa, pertanto, rinnovare l'impegno per la nuova evangelizzazione del Continente, affinché, nello storico passaggio dal secondo al terzo millennio, le sue radici cristiane ricevano nuova linfa, a beneficio di tutti i popoli europei, della loro cultura della loro pacifica convivenza.

3. Maria Santissima, amata e venerata tanto in Oriente quanto in Occidente, ottenga ai cristiani di oggi di collaborare in armonia per la nuova evangelizzazione, e a tutte le nazioni europee di incontrarsi in una casa comune, recando ciascuna il proprio contributo e mettendolo al servizio di tutti.


INDICE

Presentazione

Introduzione

Parte I: L'Europa verso il Terzo millennio

Discernimento degli spiriti

Segni contraddittori e delusione

Esame di coscienza

Parte II: Gesù Cristo Vivente nella sua Chiesa

Mistero

Presenza del Signore

Presenza nella storia

Comunione

Comunione con Dio e con l'umanità

Comunione e speranza

Missione

Compito diffusivo

Ecumenismo e missione

Parte III : Gesù Cristo fonte di speranza

Leitourgia

Dono di Dio e spiritualità umana

Esigenza di spiritualità

Martyria

Esistenza umana annunciante

Libertà e verità

Diakonia

Servizio

Speranza

Conclusione

Speranza teologale

Spes nostra, salve

Questionario

Repertorio

1. Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (1 dicembre 1992)

2. Discorso al Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (16 aprile 1993)

3. Messaggio in occasione del 50º anniversario della fine della seconda guerra mondiale in Europa

4. Omelia della S. Messa a Paderborn (22 giugno 1996)

5. Angelus (23 giugno 1996)

6. Regina Caeli (13 aprile 1997)

7. Omelia della S. Messa a Gniezno (3 giugno 1997)

8. Angelus (15 febbraio 1998)

Indice


NOTE

(1) Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio pastoralis de Ecclesia in mundo huius temporis Gaudium et spes, 1.

(2) Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 21: AAS 87 (1995), 17.

(3) Ioannes Paulus II, Angelus (Berlino, Germania - 23.VI.1996) 2, L'Osservatore Romano, 24-25.VI.1996, p. 8.

(4) Cf. Ioannes Paulus II, Regina Caeli (Velehrad, Repubblica Ceca -22.IV.1990) 2, L'Osservatore Romano, 23-24. IV.1990, p. 8.

(5) Cf. Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 27: AAS 87 (1995), 22.

(6) Cf. Ioannes Paulus II, Allocutio (Riunione di consultazione dell'Assemblea Speciale per l'Europa, 5.VI.1990) 9, L'Osservatore Romano, 6.VI.1990, p. 5.

(7) Cf. Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 21: AAS 87 (1995), 17.

(8) Cf. Ibidem, 18: AAS 87 (1995), 16 ; ibidem, 45: AAS 87 (1995), 33-34.

(9) Ibidem , 46: AAS 87 (1995), 34.

(10) Ioannes Paulus II, Homilia (S. Messa per il millennio del martirio di Sant'Adalberto - Gniezno, Polonia -3.VI.1997), 3: L'Osservatore Romano, 4.VI.1997, p. 7.

(11) Cf. Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Decretum de oecumenismoUnitatis Redintegratio, 2.

(12) Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 27: AAS 87 (1995), 22.

(13) Cf. Ibidem, 33-37: AAS 87 (1995), 25-30.

(14) Cf. Ibidem, 35: AAS 87 (1995), 27.

(15) Cf. Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Declaratio de libertate religiosa Dignitatis Humanae, 1.

(16) Cf. Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 36: AAS 87 (1995), 27-29.

(17) Cf. Ibidem, 23: AAS 87 (1995), 19.

(18) Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio dogmatica de Ecclesia Lumen gentium, 50.

(19) Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio pastoralis de Ecclesia in mundo huius temporis Gaudium et spes, 11.

(20) Cf. Ioannes Paulus II, Litterae Encyclicae Redemptor Hominis (4.III.1979), 13.15: AAS 71 (1979), 282-284; 286-289.

(21) Cf. Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio dogmatica de Ecclesia Lumen gentium, 1.

(22) Cf. Synodus Episcoporum, Coetus Specialis pro Europa (1991), Declaratio: Ut testes simus Christi qui nos liberavit, 5, 6, 10.

(23) Cf. Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente (10.XI.1994), 21: AAS 87 (1995), 17.

(24) Ioannes Paulus II, Homilia (S. Messa per il millennio del martirio di Sant'Adalberto - Gniezno, Polonia -3.VI.1997), 6: L'Osservatore Romano, 4.VI.1997, p. 7.

(25) Ioannes Paulus II, Homilia (IV Simposio dei Vescovi Europei- 20.VI.1979), 4: L'Osservatore Romano, 21.VI.1979, p. 1.

(26) Ioannes Paulus II, Allocutio (V Simposio dei Vescovi Europei - 5.X.1982), 4: L'Osservatore Romano, 7.X.1982, p. 2.

(27) Ioannes Paulus II, Homilia (Conclusione dell'ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani, 25.I.1991), 4: L'Osservatore Romano, 27.I.1991, p. 5.

(28) Cf. Ioannes Paulus II, Lettera al Card. Carlo Maria Martini, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, in occasione del IV incontro ecumenico europeo a Erfurt (26.9.1988), in: "Europa. Un Magistero tra storia e profezia", a cura di M. Spezzibottiani, 1991, p.292-294.

(29) Idem.

(30) Cf. Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio pastoralis de Ecclesia in mundo huius temporis Gaudium et spes, 10.

(31) Ioannes Paulus II, Allocutio (VII Simposio dei Vescovi Europei - 17.X.1989), 4: L'Osservatore Romano, 18.X.1989, p. 5.

(32) Ioannes Paulus II, Allocutio (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee - 19.XII.1978), 2: L'Osservatore Romano, 20.XII.1978, p.1

(33) Ioannes Paulus II, Allocutio (Atto Eucaristico a Santiago di Compostela, Spagna -9.XI.1982), 2 : L'Osservatore Romano, 11.XI.1982, p. XLIII.

(34) Ioannes Paulus II, Allocutio (Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13.I.1990), 5: L'Osservatore Romano, 14.I.1990, p. 6.

(35) Cfr. Ioannes Paulus II, Litterae Encyclicae Veritatis splendor (6.VIII.1993) 1-3, 84 -87: AAS 85 (1993), 1200-1203.

(36) Ioannes Paulus II, Homilia (S. Messa per la chiusura del 46º Congresso Eucaristico Internazionale - Wroclav, Polonia - 1.VI.1997), 5: L'Osservatore Romano, 2-3.VI.1997, p. 7.

(37) Idem.

(38) Idem.

(39) Idem.

(40) Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio pastoralis de Ecclesia in mundo huius temporis Gaudium et spes, 10.

(41) Catechismus Catholicae Ecclesiae, 2090.

(42) Ioannes Paulus II, Epistula Apostolica Tertio millennio adveniente, (10.XI.1994), 27: AAS 87 (1995), 22.

(43) Cf. Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XXXIII, 12.

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