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Cristo ama la fanciullezza
 

"Quando lo splendore della nuova stella condusse i tre magi ad adorare Gesù, essi lo videro non comandare ai demoni, risuscitare i morti, ridonare ai ciechi la vista, ai zoppi il passo saldo o la parola ai muti: lo videro come bambino silenzioso, quieto, tutto abbandonato alle cure della madre: in lui non appariva certo nessun segno di potestà, ma si rivelava un grande prodigio di umiltà. L'aspetto stesso della sacra infanzia, a cui si era adattato Dio, il Figlio di Dio, poneva davanti agli occhi ciò che un giorno egli avrebbe predicato alle orecchie, e ciò che ancora il suono della voce non annunziava, già l'effetto della vista lo insegnava. Tutta infatti l'azione vittoriosa del Salvatore, che sconfisse il diavolo e il mondo, cominciò con l'umiltà e si compì nell'umiltà. Egli iniziò i suoi giorni, da lui stesso predisposti, nella persecuzione, e nella persecuzione li finí; né all'infante mancò la sopportazione delle sofferenze né al futuro sofferente mancò la mansuetudine infantile, perché l'unigenito Figlio di Dio, umiliando la sua maestà, accettò di nascere come uomo e di essere ucciso dagli uomini.

Così dunque l'onnipotente Iddio rese buona, col privilegio della sua umiltà, la nostra causa di per sé perduta; egli distrusse la morte con l'autore della morte, precisamente non sottraendosi a tutto ciò cui i persecutori lo sottoposero, ma tollerando con mitezza e soavità, per obbedienza al Padre, le crudeltà di quelli che in lui infierirono. Quanto dunque conviene che siamo umili, quanto si addice che siamo pazienti noi, che se incontriamo qualche sofferenza non dobbiamo mai sopportarla se non a nostro buon merito! Chi infatti si glorierà di avere il cuore casto o essere mondo dal peccato? (Prov. 20, 9). San Giovanni dice: Se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi (1 Gv. 1, 8); chi si troverà tanto immune da colpa che in lui la giustizia non abbia nulla da condannare né la misericordia da perdonare?

Perciò tutta la saggezza della vita cristiana, carissimi, non consiste nelle molte chiacchiere, non nelle dispute sottili e neppure nella brama di lode e gloria, ma nell'umiltà vera, voluta, che il Signore Gesù Cristo scelse, dal grembo della madre fino al supplizio della croce, preferendola ad ogni prestigio, e che a noi insegnò. Quando infatti i suoi discepoli discutevano fra di loro, come ci dice l'evangelista, chi fosse maggiore nel regno dei deli, egli chiamò un fanciullo, e lo pose in mezzo ad essi e disse: In verità vi dico, se non vi convergete e non diverrete come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli. Colui dunque che si renderà piccolo come questo fanciullo, sarà il più grande nel regno dei cieli (Mt. 18, 1; Mc. 9, 3 ss; Lc. 9, 44 ss.). Cristo ama la fanciullezza, che all'inizio accettò nell'anima e nel corpo. Cristo ama la fanciullezza, maestra d'umiltà, norma d'innocenza, modello di mansuetudine. Cristo ama la fanciullezza, verso la quale orienta il comportamento degli adulti e che fa abbracciare agli uomini nella loro tarda età. Sul suo stesso esempio, egli umilia coloro che poi innalza al regno eterno."

S. Leone Magno, Sermoni, 37, 2-3

  

Preghiera:

O Dio, il Tuo divino Figlio si umiliò per amarci e servirci. Noi non potremo mai ripagare nella misura adeguata ciò che Egli ha fatto per noi. Ti chiediamo di concederci la gioia di servirti umilmente e di essere seguaci e imitatori suoi, per lo stesso Cristo, nostro Signore, Amen.
 

A cura dell'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum"

 

 

 

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