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La varietà dei carismi arricchisce la Chiesa 

"Non si ristà mai, l’anima inamorata della mia verità, di fare utilità a tutto il mondo, in Comune e in particulare, poco e assai, secondo la disposizione di colui che riceve e dell’ardente desiderio di colui che dà. 

Poi che egli à fatto utilità per l’amore unitivo che à fatto in me, per lo quale ama lui, disteso l’affetto alla salute di tutto quanto il mondo, sovenendo alla sua necessità, ingegnasi, poi che à fatto bene a sé per lo concipere la virtù, unde a tratto la vita della grazia, di ponere l’occhio alla necessità del prossimo in particolare, poi che mostrando l’à generalmente ad ogni creatura che à in sé ragione, per affetto di carità come detto è. Onde egli sovviene quelli da presso secondo diverse grazie che Io gli ò dato a ministrare: chi di dottrina con la parola, consigliando schiettamente senza alcuno rispetto; chi con esempio di vita, e questo debba fare ogni uno, di dare edificazione al prossimo di buona e santa vita.  

Queste sono le virtù, e molte altre le quali non potresti narrare, che si partoriscono nella dilezione del prossimo. Perché l’ò poste tanto differenti, che Io non l’ò date tutte a uno, anco a cui ne do una e a cui ne do un’altra particulare? poniamo che una non ne può avere che tutte noi l’abbi, perché tutte le virtù sono legate insieme Ma le do molte quasi come per capo di tutte le altre virtù, cioè che a cui darò principalmente la carità, a cui la giustizia, a cui l’umilità, a cui una fede viva, ad altri una prudenzia, una temperanzia, una pazienzia, e ad altri una fortezza.

E così molti doni e grazie di vertù e d’altro spiritualmente e corporalmente — corporalmente dico, per le cose necessarie alla vita dell’uomo - tutte l’ò date in tanta differenzia che non lò poste tutte in uno, acciò che abbiate materia, per forza d’usare la carità l’uno con l’altro; che bene potevo fare gli uomini dotati di ciò che bisognava, e per l’anima e per lo corpo, ma Io volsi che l’uno avesse bisogno dell’altro, e fossero miei ministri a ministrare le grazie e doni che ànno ricevuti da me. Chè, voglia l’uomo o no, non può fare che per forza non usi l’atto della carità. E’ vero che se ella non è fatta e donata per amore di me, quello atto non gli vale quanto a grazia. 

Questo vi mostra che nella casa mia à molte mansioni, e che Io non voglio altro che amore.

Dal Dialogo” di santa Caterina da Siena, vergine (Cap. VII, in «S. Caterina da Siena - il Dialogo», a cura di G. Cavallini, Roma 1968, pp. 18-19).  

Preparato dalla Pontificia Università Urbaniana, 
con la collaborazione degli Istituti Missionari. 

 

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