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La parola della croce è forza di Dio per coloro che si salvano

"Gesù Cristo mi ha mandato a evangelizzare, ma non con la sapienza delle parole, cioè con la sapienza mondana. Per sapienza delle parole l'Apostolo intende la retorica che insegna a parlare in modo cattivante, tanto da indurre gli uomini a assentire a errori e falsità.Ma dal momento che il testo greco riporta il termine «Logos», che significa «ragione» e «parola», si potrebbe più convenientemente intendere la ragione umana, la quale è inadeguata a evangelizzare perché i contenuti della fede la trascendono. Bisogna tuttavia notare che legittimamente usa della ragione umana colui che, supponendo i fondamenti della vera fede, assume a servizio della fede quelle verità che eventualmente trova nelle dottrine dei filosofi. Anche sant'Agostino dice: «La tecnica dell’eloquenza è indifferente quanto a indurre al male o al bene: perché non viene assimilata dai buoni con lo studio e l'esercizio per porla al servizio della bontà, dal momento che i cattivi la usurpano per le loro iniquità?» (De Doct. Christi 4,2.2). 

Alcune volte il modo di insegnare non è adatto all'argomento, soprattutto quando non si presta a esporre le verità principali di quella materia, come ad esempio capiterebbe a chi volesse procedere in dimostrazioni intellettuali attraverso metodi che non vanno oltre il livello dell'immaginazione e quindi di per sé non esprimono un contenuto intellettuale e astratto. Ciò che è precipuo nella religione cristiana è la salvezza nella croce di Cristo, per cui l'Apostolo dice: «lo ritenni infatti di non sapere altro di mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1 Cor 2,2). Chi nell'insegnare il cristianesimo si appoggia soprattutto alla sapienza umana, per quel che lo riguarda rende vana la croce di Cristo. Quindi insegnare con sapienza di parole umane non è modo conveniente alla catechesi cristiana. E' per questo che l'Apostolo dice: «Perché non venga resa vana la croce di Cristo» (1 Cor 1, 17), cioè, affinché, oscurata dai mezzi umani di sapienza, non venga meno la fiducia nella croce di Cristo. 

Più sopra abbiamo quindi precisato che se si dà la precedenza alla sapienza umana si rende vana la croce di Cristo: «La parola della Croce infatti», cioè l'annuncio della croce di Cristo, «è stoltezza», cioè sembra qualcosa di stolto «per quelli che vanno in perdizione» (1 Cor 1, 18), cioè per gli infedeli che si reputano sapienti secondo questo mondo, per il fatto che la predicazione della croce di Cristo contiene qualcosa che secondo l'umana sapienza pare impossibile; per esempio che Dio muoia e che l'onnipotente perisca sotto le mani dei violenti. La medesima predicazione presenta inoltre alcuni contenuti che sembrano contrari alla sapienza umana; per esempio che qualcuno, potendolo, non rifugga dalle umiliazioni: quanto Festo fece notare a Paolo che gli annunciava la potenza della croce: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello» (At 26,24) e Paolo risponde nelle sue lettere: «Noi stolti a causa di Cristo» (1 Cor 4,10). 

 Ma perché non si creda che la parola della croce contiene veramente in sé della stoltezza, aggiunge: «Ma per quelli che si salvano, per noi», cioè fedeli di Cristo che siamo da lui salvati, «è potenza di Dio» (1 Cor 1, 18), poiché essi attraverso la croce di Cristo conoscono un annientamento divino che ha il potere di vincere il demonio e il mondo: «Ha vinto il leone della tribù di Giuda» (Ap 5,5); morendo con Cristo ai vizi e alle concupiscenze, riconoscono in sé una forza superiore, secondo quanto è scritto: «Quelli che sono in Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri» (Gal 5,24), per cui «Da lui (Gesù) usciva una forza che sanava tutti» (Lc 6,19)."

(Dai «Commenti sulla prima lettera ai Corinzi» di san Tommaso d'Aquino, sacerdote e dottore della Chiesa, Torino 1953, vol. I, pp. 240-241)

A cura dell'Istituto di Spiritualità: 
Pontificia Università S. Tommaso d'Aquino

   

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