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La regale dignità dell’uomo

"Quaggiù gli artisti conferiscono ai loro strumenti la forma idonea all’uso al quale questi ultimi sono destinati. Non diversamente il migliore degli artisti forgia la nostra natura in maniera da renderla adatta all’esercizio della regalità. Attraverso la superiorità emanata dall’anima, per mezzo della conformazione medesima del corpo, egli dispone le cose in modo che l’uomo sia realmente idoneo al potere regale.

Codesto crisma della regalità, infatti, che eleva d’altronde l’uomo assai al di sopra delle sue condizioni, l’anima lo manifesta spontaneamente, attraverso la sua autonomia e la sua indipendenza: è in tal modo che l’anima diviene, nella sua condotta, maestra della sua propria volontà.

E di chi mai è proprio tutto ciò, se non di un re? Aggiungetevi, altresì, che la sua creazione a immagine di quella natura che tutto governa, dimostra appunto che l’anima umana possiede, fin dal principio, una natura regale.

Secondo quanto accade solitamente, gli autori dei ritratti di prìncipi, oltre alla rappresentazione dei lineamenti, esprimono la loro dignità regia vestendoli di abiti purpurei. Di fronte a immagini del genere, infatti, si ha l’abitudine di dire: «ecco il re». Similmente la natura umana, creata per dominare il mondo in virtù della sua rassomiglianza con il re universale, è stata concepita come un’immagine vivente che partecipa del proprio archetipo nella dignità e nel nome. Non l’avvolge la porpora, né lo scettro né il diadema illustrano la sua dignità (l’archetipo, neppure lui, possiede tutto ciò); al posto della porpora, invece, essa è rivestita della virtù, il più regale di tutti gli abiti; in luogo dello scettro, essa si sostiene sulla beata immortalità; al posto del diadema regale, essa reca la corona di giustizia. In essa dunque, grazie alla sua precisa rassomiglianza con la bontà dell’archetipo, ogni cosa palesa la sua dignità regale." 

Gregorio di Nissa, La formazione dell’uomo, 4

    

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