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  ARCIBASILICA PAPALE SAN GIOVANNI IN LATERANO

 BATTISTERO
 

L'attuale Battistero Costantiniano detto anche San Giovanni in Fonte o San Giovanni in Onda, è stato costruito con materiali antichi non oltre l'epoca di Sisto III (432-440). Le forme architettoniche più vicine a quelle originali sono state ricavate dagli scavi, come la pianta, l'andamento del muro perimetrale e la posizione dei pilastri di rafforzo. Gli scavi inoltre hanno consentito di accertare l'esistenza di un fonte battesimale anteriore a quello di Costantino, forse un adattamento del nym-phaeum imperiale del tempo del papa Milziade (311-314), stando agli scavi del 1925-1929, ed al quale si potrebbe riferire la dedìcatio baptìsterii antiqui fissata nel Martyrologìum hieronimianum al 29 giugno.

La notizia del battesimo dell'imperatore Costantino nel Battistero Costantiniano recata nell'iscrizione apposta sulla base dell'obelisco di piazza S. Giovanni in Laterano al tempo di Sisto V, deriva da leggenda romana della seconda metà del secolo V, recepita dal Liber pontificalis.Eusebio di Cesarea, lo storico della Chiesa, racconta che Costantino fu battezzato in punto di morte presso Nicomedia (oggi Ismid) mentre Sant'Elena, madre di Costantino, secondo Giovanni Diacono, sarebbe stata battezzata nel Battistero Costantiniano che avrebbe arricchito con quanto Tito e Vespasiano avevano sottratto al tempio di Gerusalemme.

Sergio III (904-911) restaurò il Battistero, che dai tempi di Stefano IV (816-817) era fatiscente, mise in opera le otto colonne di porfido -inutilizzate dall'imperatore Costantino- alte metri 6, 3 su basi di travertino con capitelli corinzi a sostegno dell’architrave di marmo bianco (epistylià) ottagonale, recante su ogni faccia un distico del pontefice sul sacramento del Battesimo. Appare certo che il pontefice abbia trasformato la pianta circolare originale in ottagonale con pronao, delimitato la vasca battesimale con le dette otto colonne di porfido, ornato la volta con mosaico ed inciso sull'architrave ottagonale i suoi versi sulla dottrina del Battesimo. L'accesso più antico era a sud ed era, probabilmente, quello aperto -nella parte interna dell'attuale zona extraterritoriale- dalla ristrutturazione di Sisto III (432-440). San Leone Magno restaurò l'ambiente battesimale rovinato dai Vandali di Genserico nel 455. Anastasio IV (1153-1154) aggiunse nel pronao due colonne di porfido di metri 7,20 e di metri 7,28 tuttora visibili -di cui quella di sinistra di marmo bianco ha basi e capitelli d'ordine composito- sorreggenti un moncone di architrave romano ed un reliquato di parasta scanalata.

San Leone IX (1049-1054) concesse all'Arcibasilica le fonti d'acqua con gli oratorii di S. Giovanni Battista, Santa Croce e S. Giovanni Evangelista, la chiesa di S. Venanzio con le pertinenze e confermò quello delle sante Rufina e Seconda. Alessandro II (1061-1073) donò al clero lateranense la metà di tutte le offerte dell'altare principale, le case che erano nell'ambito dell'Arcibasilica e molti terreni in varie città. Pasquale II, il 27 dicembre 1105, confermò al priore Roccio ed ai suoi canonici che la fondazione di ogni luogo pio, oratorio o ospedale con le pertinenze intitolati a santi e sante e dedicati all'Arcibasilica fosse sempre sub protectione beati Petri.

Leone X (1513-1522) consolidò il tetto, Paolo III nel 1540 soppresse la volta anulare -i cui mosaici erano scomparsi durante il sacco di Roma (1527)- e la coprì con l'attuale legno dorato recante le figure del Salvatore, della Vergine Assunta, di S. Giovanni Battista e di S. Giovanni Evangelista. Gregorio XIII (1572-1585) fece scolpire al centro del soffitto ligneo l'Assunta (1574), dotare della balustra la piscina e la cappella di S. Venanzio (1575), coprire il tetto con piombo ed aprire l'accesso a nord, cioè dalla piazza di S. Giovanni in Laterano (quella con l'obelisco egizio). Il nome del pontefice è inciso sull'architrave della porta ed anche sulle porte di legno sfuggite alla violenza delle bombe del 1993.

Gregorio XIII dotò della balaustra marmorea la piscina battesimale -usata nell'antica liturgia per l'amministrazione del Battesimo ad immersione- che circonda l'urna di basalto, come si rileva dagli stemmi in bassorilievo posti agli ingressi nord e sud. Cola di Rienzo, nella notte del primo agosto 1347 (l'anno di nascita di S. Caterina da Siena), si immerse in questa piscina prima di portarsi nell’Arcibasilica per ricevere il cingolo di cavaliere, assumere il titolo di candidatus Spiritus Sancti miles, Nicolaus severus et clemens, liberator Urbis, zelator Italiae, amator orbis et tribunus augustus, dichiarare Roma capitale e fondamento della fede cristiana del mondo e stabilire che chiunque avesse vantato diritti in contrario si sarebbe dovuto presentare a lui in san Giovanni in Laterano .

Innocenzo X pose, sull'architrave di Sisto III, otto colonnine di marmo bianco con capitello ionico a sostegno del tiburio, per il quale commise otto tele ad Andrea Sacchi (1599-1661) sulla biografia del Battista: apparizione dell'angelo a Zaccaria, visita di Maria a sant'Elisabetta, nascita del Battista, circoncisione, dimora del Battista nel deserto, predicazione del Battista, battesimo di Cristo e decollazione del Battista. Gli affreschi dell'aula furono dipinti tra il 1580 ed il 1661. Da destra: L’apparizione della Croce a Costantino di Giacinto Gemignani (1605-1681), la battaglia di ponte Milvio, il trionfo di Costantino di Andrea Camassei (1602-1649), allievo del Domenichino e di Guido Reni, i santi Giovanni Battista ed Evangelista di Carlo Magnoni, lo stemma di Innocenzo X fra due virtù, il rogo degli idoli di Carlo Maratta (o Maratti 1625-1713), allievo di Andrea Sacchi e capo di una scuola pittorica romana, il rogo dei libri eretici del Magnoni, lo stemma di Innocenzo X di Carlo Maratta sulla porta d'ingresso della cappella di S. Venanzio. Cristoforo Unterberger diresse il restauro della cappella nel 1795.

L'urna di basalto rossastro su poggiolo di due gradini di marmo pario, al centro dell'aula battesimale, è stata collocata alla fine del secolo XVI nel luogo della grande vasca di porfido. II fastigio in bronzo dorato del pittore Ciro Ferri (1634-1689), allievo di Pietro Berrettini da Cortona, è sovrapposto all'urna dal tempo di Innocenzo XI (1676-1689).

Urbano VIII (1623-1644), ha patrocinato ampi lavori di restauro nel Battistero Costantiniano affidati alla direzione del cardinale Francesco Adriano Ceva, al quale nel 1632 successe il cardinale Angelo Giori exprecettore dei nepoti Barberini. I lavori furono commessi nel 1629-1635 a Domenico Castelli detto il Fontanino (1658), architetto della Camera Apostolica, al quale fu affiancato Gianlorenzo Bernini nel 1633. Bartolomeo de Rossi rifece, con le dorature di Simone Lagi, la cupola di legno. Il pontefice nel 1639 incaricò Andrea Sacchi di decorare l'ottagono della cupola con otto quadri ad olio colossali raffiguranti episodi della vita di san Giovanni Battista e di terminare gli affreschi delle pareti. Collaboratori del Sacchi furono: Giacinto Gemignani (visione di Costantino), Andrea Camassei (battaglia di ponte Milvio e trionfo di Costantino), Carlo Maratta (la distruzione degli idoli). Ai lati dei portali i monocromi Costantino, papa Silvestro, san Giovanni Evangelista, san Giovanni Battista e le allegorie dello stemma di Innocenzo X. Carlo Magnoni dipinse il concilio di Nìcea.

Il tetto del Battistero Costantiniano, come risulta dalle memorie di Domenico Fontana (1543-1607), utilizzava ancora le tegole di fabbricazione romana, disponeva di un ninfeo (poi vasca battesimale), di un portico, di un epistilio, di colonne e fastigii. Intorno al Battistero Costantiniano vi erano gli oratori costruiti da Teodoro I (642-649): S. Silvestro, Scala Santa e S. Sebastiano; da Adriano I (772-795): S. Pancrazio, S. Cesario in palatio e S. Apollinare; e da Niccolò I (858-867): S. Maria Genitrice.

  1. sette cervi d'argento, che immettevano acqua nell'antica vasca per il battesimo ad immersione, furono trafugati dai barbari: Paolo VI per conservarne la memoria li sostituì con due cervi di bronzo a grandezza naturale.

  2. papa Ilario (461-468), successore di san Leone Magno (440-461), ha costruito la cappella della S. Croce e quelle laterali, che sono una di fronte all'altra, dedicate a san Giovanni Battista a destra ed a san Giovanni Evangelista.

La cappella della S. Croce, demolita da Sisto V per costruire la loggia sulla facciata settentrionale, si elevava a nord-ovest di quella di S. Giovanni Battista e, nella forma a croce greca, si richiamava al mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. La cappella, dilapidata fin dal secolo IX per edificare l'oratorio di S. Tommaso , era insigne per i mosaici a fondo oro, aveva ninfeo, triportico, colonne di porfido di non comune grandezza, due bacini striati ai lati del peristilio, nello spazio intermedio una fontana di porfido con conca striata versante acqua ed era circondata da cancelli di bronzo.

La cappella del Battista a forma ovale, con il nome del pontefice costruttore sulla soglia, ha la volta a cupola, portale con due colonne di porfido su basi di marmo bianco e capitelli corinzi a sostegno della architrave in marmo bianco. I battenti di bronzo, girando sui cardini, emettevano un suono armonioso -"cantano", come rammenta Dante Alighieri -cessato dopo l'attentato del 27 luglio 1993. Sopra l'altare, un tabernacolo formato da due colonne scanalate a spira di serpentino con basi e capitelli dorati sorreggenti l'architrave di marmo bianco. La statua in bronzo del Battista entro la nicchia è stata attribuita a Donatello ma è opera di Donatello (Donato) da Formello, la fusione è opera dell'orafo e scultore romano Luigi Valadier (Valladier, 1726-1785), fonditore della campana maggiore della Basilica Vaticana, originario della Linguadoca e padre del più celebre Giuseppe. Gli affreschi laterali sul battesimo di Gesù e sulla decollazione del Battista sono di fine secolo XVIII. L'aspetto attuale proviene dal rifacimento del 1780 dell'architetto Giovanni Battista Ceccarelli.
 

La cappella dell'Evangelista, a forma di croce greca, con soffitto a crociera in mosaico ed al centro l’agnus Dei, fu costruita dal papa Ilaro a scioglimento del voto fatto liberatori suo beato Johanni Evangeliste Hilaras episcopus famulus Christi, che si legge nell'iscrizione sullo stipite della porta, emesso mentre versava in pericolo di vita nelle controversie dello pseudo-concilio di Efeso. Il portale è identico a quello della cappella del Battista; i battenti, protetti da cancellata, sono stati commessi da Cencio Camerario -poi Onorio III- come da epigrafe in alto sul battente di destra (1195-1196), anche se creduti provenienti dalle terme di Caracalla. I fratelli Uberto e Pietro da Piacenza, autori dell'opera, si sono sottoscritti nel battente inferiore. Le porte furono consegnate al cardinale Giacomo Savelli in cambio di tanto metallo che aveva fornito alla Carnera Apostolica per la fusione delle statue dei santi Pietro e Paolo. Sull'altare la nicchia, tra due colonne di alabastro orientale con stilobati e capitelli di metallo che sostengono un fronte di marmo bianco, racchiude la statua di bronzo di san Giovanni Evangelista di Giovanni Battista della Porta erroneamente attribuita a Taddeo Landini (1550-1596), venne fusa nel 1772 da Luigi Valadier. Il bassorilievo di marmo raffigurante Giovanni Rossi, vescovo di Alatri, inginocchiato davanti a san Giovanni Evangelista, è attribuito al milanese Luigi Capponi (sec. XV-XVI).

Clemente VIII, come si rileva dallo stemma pontificale su bassorilievo in bronzo, fece restaurare la cappella dalle fondamenta per il giubileo del 1600 ed affrescare la volta e le pareti dai fiorentini Agostino Ciampelli (prima del 1575-1630) e dal pittore e cartografo Antonio Tempesti (o Tempesta 1555-1630), allievi di Santi di Tito, in stile tardo-manierista. Nella volta il bresciano Giacomo Stella (+ 1630) dipinse gli angeli, il pittore fiorentino Giovanni Balducci detto il Cosci (c. 1560- dopo 1631), allievo di Battista Naldini (1537-1591), la danza di Erodiade, deperdita , il fiorentino Andrea Commodi (1560-1638), allievo di Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559-1613), il Battesimo dì Cristo, deperdito, e l'aretino Giovanni Alberti (1558-...) le grottesche. A destra vi è un altare cosmatesco, che è tra i più antichi di Roma.

Urbano VIII fece restaurare la cappella dall'architetto Domenico Castelli nel 1626-1635 ed Alessandro VII da Francesco Borromini nel 1657, autore del fregio esterno recante elementi araldici chigiani. Il restauro del 1967 ha eliminato gli intonaci e le aggiunte ottocentesche.

L'antico portico del Battistero Costantiniano detto di S. Venanzio, costruito da Sergio III -del quale sussistono le due solenni colonne di porfido- con due absidi decorate da mosaici, è stato trasformato nel 1054 dal papa Anastasio IV in due cappelle. Di queste, una è dedicata alle sante Rufina e Seconda, martirizzate sulla via Cornelia nel 260, le cui reliquie Anastasio IV trasferì sotto l'altare dell'abside occidentale che aveva consacrato in loro onore; l'altra, secondo Giovanni Diacono dedicata a sant'Andrea apostolo ed alla vergine santa Lucia, nella quale il pontefice depositò le loro reliquie .

Il mosaico della calotta è deperdito da epoca imprecisata (l'ultimo restauro è del 1757), mentre quello dell'abside orientale, tuttora presente, risale -come sembra- al secolo IV o al principio del V. La pala d'altare -il Salvatore tra le sante Rufina e Seconda- è un rifacimento settecentesco dell'antico affresco deperdito del Salvatore. Alle pareti, affreschi della Vergine e di san Filippo Neri attribuiti alla scuola di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato (1609-1685) o di Guido Reni (1565-1642). Gerolamo Rainaldi (1570-1655) nel 1645 presentò un preventivo per la manutenzione della cappella e per la copertura in piombo del Battistero Costantiniano: i lavori furono effettuati vari anni dopo dal Borromini e dallo scultore romano Tommaso Righi.

A sinistra, la memoria del cardinale Niccolò Antonelli (1698-1767) dell'architetto romano Gaspare Sibilla (1777) di non eccelso michelangiolismo. La cappella è stata restaurata nel 1757 dalla famiglia Lercari ad opera del Righi (1727-1802). A questa famiglia appartengono i cenotafi di destra e di sinistra fuori della cancellata.

L'altra cappella è dedicata ai martiri Cipriano e Giustina (Antiochia 304), ha nella calotta un mosaico a racemi e fiori, in un emiciclo ritenuto del secolo V, un agnello e quattro colombe con tante piccole croci gemmate. L'altare barocco, di fine secolo XVIII, ha gli angeli in gesso con lesene di marmo, nella pala d'altare il Salvatore corona i due martiri. La cappella è stata restaurata dalla famiglia Borgia di Velletri; a sinistra fuori della cancellata il cenotafio di mons. Alessandro Borgia, disegnato dal Righi.

Sopra la porta meridionale di accesso all'aula battesimale è murato un altorilievo di marmo bianco sulla Crocifissione in una cornice di angioletti della scuola di Andrea Bregno (1418/21-1503/6), con alla base, tra i due stemmi, la dedica al Salvatore dell'uditore Guglielmo de Pereiris e la data: 1482.

Entrati nell'aula battesimale, uno stemma terragno di Urbano VIII; ai lati del portale due affreschi monocromi dei santi Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista. Segue a destra sopra l'ingresso della cappella di S. Giovanni Evangelista l'affresco di Carlo Maratta sull'intronizzazione della Croce.

La cappella dei santi Venanzio e Domnio , detta anche di S. Maria in Fonte -presso l'antico oratorio di S. Stefano tra l'oratorio di S. Giovanni Evangelista e l'ingresso antico del Battistero Costantiniano-, si deve al riattamento di edificio preesistente: fu iniziata dal dalmata papa Giovanni IV (640-642) per custodirvi reliquie di santi e martiri della sua terra. Ha soffitto ligneo del secolo XVI. L'abside ha nell'arco trionfale mosaici bizantini con la rappresentazione apocalittica dei quattro evangelisti, racchiusi in cornici quadrangolari, nel catino in alto tra le nubi il busto (imago clypeata) del Cristo benedicente alla greca -che richiama lo stile del IV-V secolo- tra due angeli dai tratti di donne bionde. Nella zona inferiore, da sinistra, i santi Paoliniano e Telio, con clamide della milizia palatina, Asterio prete, Anastasio in tunica e pallio dorato, a destra Mauro vescovo, Settimo diacono, Antiochiano e Gaiano militi con clamide. Nella nicchia da sinistra a destra, il papa Giovanni IV in pianeta azzurra e pallio con il modello della cappella in mano, san Venanzio vescovo di Duvno, san Giovanni Evangelista, san Paolo, la Vergine orante in veste azzurra ed, a destra, san Pietro, san Giovanni Battista, san Domnio vescovo di Salona e Teodoro I. Sotto il mosaico un'iscrizione che ricorda Giovanni IV: "sacri fontis simili fulgente metallo / providus instanter hoc copulavìt opus".

Carlo Rainaldi (1611-1691), demolito l'antico altare con l'immagine di san Giacomo, provenuta dalla Sala dei Concili (detta Basilica Giulia) e poi Sala della Conciliazione del demolito Patriarchio, costruì l'attuale timpano sorretto da quattro colonne a guardia dell'immagine della Vergine con il Bambino, reliquato di un affresco quattrocentesco. I sepolcri dei cardinali Adriano e Francesco Adriano Ceva di Mondovì furono disegnati dallo stesso architetto; le sculture sono del romano Jacopo Antonio Fancelli (1619-1671), allievo ed aiuto del Bernini, il ritratto ed i put-tini di Paolo Naldini (1615/9-1691). Il soffitto in legno senza dorature, con cartiglio datato 1573, ha al centro, in un ovale attribuito a Michelangelo, la Vergine Assunta con stelle. L'aspetto attuale della cappella, terminata dal papa Teodoro I (642-649), si deve al restauro del papa Paolo VI, il cui stemma campeggia sul pavimento.

 

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