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EPISTOLA 
NEL GRAVE PERIODO
DEL PAPA BENEDETTO XV
A MONSIGNOR ALESSANDRO KAKOWSKI,
ARCIVESCOVO DI VARSAVIA,
CON LA QUALE ANNUNCIA, CHE NEL PROSSIMO CONCISTORO
LO ELEVERÀ ALLA DIGNITÀ CARDINALIZIA
  

 

Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.

Nel grave periodo che attraversa l’Europa, Noi non abbiamo potuto resistere al Nostro affetto che Ci spingeva a dirigere a Lei ed alla nobile Nazione Polacca una parola di comune conforto e speranza.

La storia ha registrato a caratteri d’oro le benemerenze della Polonia verso la religione cristiana e la civiltà europea, ma ahimè! ha dovuto pur registrare quanto male l’Europa l’ha ricompensata. Dopo averla spogliata violentemente della sua personalità politica, si tentò anche, in alcune parti, di rapirle la sua fede cattolica e la sua nazionalità: ma, con ammirevole resistenza, i Polacchi hanno saputo l’una e l’altra conservare, ed oggi, superstite ad una oppressione più che secolare, la « Polonia semper fidelis », è più viva che mai.

La Santa Sede, che aveva amato la Polonia quando era all’apogeo della sua gloria, la amò ancor di più, se è possibile, nella sua sventura; al pari di una madre, che tanto più ama la sua figlia, quanto la vede più infelice. Abbiamo forse bisogno di ricordare che, durante lo smembramento della Polonia, il solo che si levasse a sostenere, benché inutilmente, la nazionalità e l’indipendenza di essa fu il Pontefice Clemente XIV di s.m., scrivendone con forte linguaggio a tutte le Potenze cattoliche? Ci è forse d’uopo ricordare che nei lunghi anni di martirio del popolo Polacco, mentre altri, dinanzi alla forza brutale dell’oppressore, assistevano silenziosi, furono i Nostri predecessori Gregorio XVI e Pio IX, che alzarono la voce di energica protesta a difesa dell’oppresso?

Quando verrà pubblicata (e speriamo sia presto) la storia della Chiesa cattolica in Polonia dal secolo XVIII, coi documenti autentici che trovansi nei Nostri archivi, allora saranno meglio conosciute tutte le inenarrabili sofferenze del popolo Polacco e la sollecitudine incessante, veramente materna, della Santa Sede per venire in suo aiuto.

Ma, ne siano rese grazie infinite al Signore; l’aurora della risurrezione della Polonia è finalmente sorta! Noi facciamo i voti più ardenti che quanto prima, restituita alla sua piena indipendenza, essa riprenda il suo posto nel consesso degli Stati e continui la sua storia di nazione civile e cristiana; ed auguriamo in pari tempo a tutte le altre nazionalità anche non cattoliche, già soggette alla Russia, che sia loro dato di decidere della propria sorte e svilupparsi e prosperare secondo il loro genio e le loro risorse particolari.

Nella speranza di veder realizzati questi Nostri voti in un prossimo avvenire, Noi, dopo le altre provvidenze prese recentemente per un più largo ed adeguato assetto della Gerarchia cattolica in codesto Paese, desideriamo di dare a Lei, Venerabile Fratello, e per mezzo di lei al popolo Polacco una ulteriore e più solenne prova della Nostra benevolenza e della Nostra fiducia: ed a questo fine, nel primo Concistoro che il Signore Ci concederà di celebrare, intendiamo di elevarLa alla dignità cardinalizia. La Sacra Porpora, mentre sarà un riconoscimento ed una ricompensa delle di Lei esimie virtù sacerdotali e dei grandi meriti che Ella si è acquistati sia nell’ordine ecclesiastico che nell’ordine civile, sarà pure, lo speriamo, un vincolo che unirà più strettamente ancora la Polonia alla Cattedra di San Pietro.

Ci riserviamo di farle conoscere a suo tempo l’epoca in cui Ci sarà dato tenere il Concistoro; frattanto, supplicando di cuore l’Altissimo, affinché, in quest’ora decisiva, sia propizio a codesta Nazione fedele e generosa, ed interponendo all’uopo i materni uffici ai Colei che dal Santuario di Czestochowa, palladio venerando della fede e della pietà polacca, veglia da secoli sulle sorti di codesto popolo, impartiamo, come pegno della Nostra predilezione, a Lei, ai suoi colleghi nell’episcopato, al Clero ed ai fedeli tutti di Polonia l’Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 15 ottobre 1918.

BENEDICTUS PP. XV

 

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