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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CARDINALI RIUNITI IN CONCISTORO SEGRETO,
IN OCCASIONE DEL SETTECENTESIMO ANNIVERSARIO
DELL'ISTITUZIONE DEL TERZO ORDINE FRANCESCANO

Domenica, 27 febbraio 1921

 

Venerabili Fratelli.

Ci è sommamente gradito vedervi nuovamente intorno a Noi per riflettere sugl’interessi della Chiesa e sul bene delle anime affidate alle Nostre cure. Così Ci fosse dato di potervi mettere al corrente di cose serene e liete, ma purtroppo la tristezza dei tempi non Ce lo consente, ed i disordini civili e le lotte fra i popoli che continuano ad infierire in varie parti del mondo Ci sono causa di gravi preoccupazioni.

Solleciti come sempre di portare, per quanto Ci fu possibile, rimedio a questi mali, non abbiamo tralasciato alcuna occasione per contribuire alla restaurazione e alla pacificazione sociale, che più volte nei secoli passati è stata opera della Chiesa. Perciò, in occasione della celebrazione del settecentesimo anniversario dell’istituzione del Terzo Ordine Francescano, abbiamo recentemente invitato tutto il mondo cattolico a quello spirito di abnegazione e di carità cristiana con il quale il Patriarca di Assisi, acceso dal desiderio di condurre gli uomini dall’amore delle cose terrene a quelle celesti, aveva portato così efficace rimedio ai disordini del suo tempo.

Infatti, forse mai come ora è stata necessaria tale esortazione per questa povera umanità, a stento uscita dal flagello della guerra ed ora agitata dalla cupidigia dei beni e dai conflitti politici. Se non si rinnova la vita dei singoli con gl’ideali cristiani, sarà oltremodo difficile contrastare la peste del paganesimo, che affluisce da ogni parte e s’infiltra in tutte le manifestazioni della vita pubblica e nei costumi privati.

Se è vero, infatti, che è cessata la guerra guerreggiata, tuttavia una sicura e durevole pace non è ancora venuta a consolare il mondo, e tanto meno sono ritornati nelle famiglie, nelle classi sociali e nelle nazioni quella tranquillità e quell’ordine che nascono dallo spirito di fratellanza e di solidarietà cristiana. Assistiamo tuttora al doloroso spettacolo di lotte fratricide, cittadini contro cittadini; vediamo popoli nati e cresciuti sotto lo stesso cielo lottare palmo a palmo per il possesso dello stesso territorio, spargere al proprio interno i semi di eterne discordie. Vediamo pure intensificarsi antiche e latenti contese nazionali, con uso di violenze che non possono conciliarsi con le norme dell’umanità e della moralità e che Noi, da qualunque parte provengano, deploriamo. Tutti certamente riconoscono che le norme di uomini, sia pure preparatissimi, elaborate per realizzare la pace rimarranno nei trattati come documento di convivenza civile, ma non potranno mai penetrare nelle coscienze delle genti né avere forza di legge né alcun vigore se, oltre ad essere fondate sui princìpi della giustizia e dell’equità, non raggiungeranno anche, secondo l’etica cristiana, i costumi e gl’istituti dei popoli, eliminando dai rapporti civili la turpitudine pagana, in modo che trionfi mirabilmente la virtù privata e pubblica dei tempi di Francesco. Certamente, se si domineranno le passioni con la virtù, prevarrà nei singoli individui quell’ordine intimo sul quale poggia la stessa società umana. Dall’amore fraterno, se le classi sociali e i popoli lo apprezzeranno non meno della giustizia, come è doveroso per i cristiani, rinascerà quella mutua fiducia della quale nulla è più idoneo per alimentare e consolidare la pace.

Questo cristiano rinnovamento di costumi, che da se stesso porterà la tranquillità sulla terra, Noi invochiamo ardentemente dalla bontà divina, desiderando in pari tempo che la ricorrenza secolare che celebriamo, diffondendo lo spirito di San Francesco, ne affretti il sospiratissimo arrivo.

 

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