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VISITA PASTORALE IN CALABRIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Reggio Calabria - Domenica, 7 ottobre 1984

 

1. “. . . Costeggiando, giungemmo a Reggio” (At 28, 13).

Cari fratelli e sorelle! Abitanti dell’Antica Regium, oggi Reggio Calabria!

Ecco, siamo sulla rotta dell’apostolo delle genti! Di qua è passato san Paolo. Qui per la prima volta ha messo piede sulla vostra terra. Toccò la costa della penisola Appenninica.

Beati i passi di colui che annunziava il Vangelo”!

Paolo proveniva da Siracusa, dopo un lungo e avventuroso viaggio che gli aveva fatto toccare molti lidi, tra i quali l’isola di Malta, e tutto questo perché - come sappiamo - per difendersi dalle accuse che gli avevano mosso i giudei, si era appellato a Cesare. Aveva fatto il viaggio come prigioniero, superando mille rischi e difficoltà, forte di quella fede dirompente che caratterizza così bene la sua personalità, tutta protesa - quale strumento nelle mani di Dio - a testimoniare la potenza e le opere dello Spirito.

2. Paolo di Tarso si dirige a Roma, capitale dell’Impero e del mondo di allora. Va lì, dove la volontà del Signore ha già condotto Simon Pietro.

Che cosa porta nel suo cuore?

Porta il vero mistero di Dio.

Porta il canto di Isaia sulla vigna, quella vigna che il Signore e Padrone eterno piantò, scelse, amò e coltivò.

Ma la vigna produceva uva selvatica. Per questo Dio mandò i profeti. Alla fine mandò il suo Figlio, pensando: “Avranno rispetto di mio figlio”! (Mt 21, 37). Ma i vignaioli, ai quali era stata affidata la vigna, hanno crocifisso il Figlio!

Gesù stesso parla di ciò nella parabola, nella quale pone la domanda: “Quando dunque verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaioli”? (Mt 21, 40).

Gli ascoltatori rispondono: “Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo” (Mt 21, 41).

L’apostolo Paolo - una volta Saulo di Tarso - porta nel suo cuore la memoria di queste parole di Cristo.

Da esse nasce un sentimento di dolore, perché egli stesso è figlio del suo popolo, è figlio d’Israele. In pari tempo, nasce da queste parole una chiamata.

Paolo va ad annunziare ai pagani la parabola sulla vigna del Signore, la verità sull’elezione divina e sulla salvezza: porta questo annunzio ai figli e alle figlie di questa penisola. Ai figli e alle figlie di Roma. E innanzitutto i suoi piedi toccano la vostra terra qui a Reggio.

3. Di qua si sono mossi i passi dell’apostolo.

Di qua è partito il Vangelo, la Buona Novella: verso il centro del mondo di allora.

Paolo di Tarso va ad annunziare Gesù Cristo ai romani. Gesù di Nazaret è la pietra “che i costruttori hanno scartata”; essa però “è diventata testata d’angolo”: la pietra angolare.

“Dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri” (Mt 21, 42).

Chi sono questi “costruttori” che hanno scartato la “pietra angolare”? Quei giudei che non hanno voluto credere in Gesù. Paolo, allora, va a cercare, nei pagani - cioè presso i romani - altri “costruttori”, che abbiano il buon senso di costruire sul terreno solido, cioè su Cristo. Egli aveva compreso bene il significato delle profezie e delle parabole del Maestro, le quali appunto annunciavano questa svolta, drammatica ed esaltante al tempo stesso, nella storia della salvezza. Paolo va quindi sereno verso questi popoli sconosciuti, con una fiducia soprannaturale che gli viene dall’aver creduto nella parola del Signore. E, sia pure tra varie difficoltà, il successo non mancherà. Anche i pagani cominceranno ad ascoltare il messaggio della salvezza.

4. Il soggiorno dell’apostolo a Reggio fu breve, ma questo soggiorno significò l’inizio del Vangelo e della Chiesa nella vostra terra: è la “implantatio ecclesiae” in Calabria da cui parte la prima evangelizzazione e a cui fanno riferimento le prime comunità cristiane di questa terra.

L’inizio al quale vi richiamate con gratitudine dinanzi a Dio e con nobile orgoglio. L’inizio di una delle comunità cristiane più antiche del mondo. Quale ricchezza di esperienza storica! Quanta gratitudine dovete alla Provvidenza, che da tanto tempo si prende cura di voi! Nel corso della sua storia quasi bimillenaria, la vostra Chiesa e quella calabrese in genere hanno dato uno splendido e copiosissimo contributo allo sviluppo del cristianesimo e della Chiesa universale, mediante numerosi santi, martiri, sommi pontefici e innumerevoli altri membri, religiosi, sacerdoti e laici, uomini e donne, del popolo di Dio!

Le radici della vostra Chiesa affondano quindi saldissime in una plurisecolare storia, eccezionalmente lunga e feconda, di fedeltà a Cristo e ai suoi vicari in terra. Il patrimonio spirituale accumulato in questo arco di tempo può e deve costruire la base e il criterio per giudicare la situazione presente e per affrontare con coraggiosa serenità i problemi, più o meno gravi, che essa presenta.

5. Tali problemi sono ben noti. Io stesso ne accennai in occasione della visita “ad limina” dell’episcopato calabrese nel 1981. Di essi si parla nella lettera pastorale pubblicata in preparazione di questa mia visita. Di essi, ancora e diffusamente, si era trattato nel convegno di Paola del 1978. Non mi soffermerò quindi qui a parlarne. Basterà un breve accenno. Problemi ecclesiali: come la necessità di uno sbocco più efficace e più incisivo nella vita sociale di una fede e religiosità peraltro ancora molto diffuse; un’ulteriore promozione della formazione cristiana; la realizzazione di un servizio pastorale più adatto alle situazioni e quindi, in concreto, una migliore distribuzione del clero nelle parrocchie. Problemi sociali: come quello del persistente e tuttora grave divario tra Nord e Sud; quello della disoccupazione, dell’emigrazione, della criminalità mafiosa, e quello che forse è il principale: ovverosia di un “decollo” e di una crescita autonoma dell’intera regione, le cui forze, se da una parte sembrano ancora avere troppa sfiducia in se stesse, dall’altra sono ancora l’oggetto di una sempre meno comprensibile disistima da parte di altre componenti, soprattutto settentrionali, della compagine nazionale.

6. Molto si è fatto e molto si sta facendo, sia da parte della Chiesa che della società civile, per ovviare a questo grave stato di cose. L’attività ecclesiale, in particolare, sulla base di una più chiara presa di coscienza della situazione, sta apprestando molti salutari rimedi che rientrano nella sua competenza: una più intensa promozione della catechesi, un maggiore sviluppo e un migliore coordinamento dell’associazionismo e dei “movimenti”, l’aumento dei ministeri laicali: tutte ottime iniziative le quali, creando un costume comunitario, spingono il singolo a non sentirsi più isolato e quindi tentato di cadere in una sterile rassegnazione o a lasciarsi vincere dalla paura.

Molto, tuttavia, si può e si deve ancora fare. Il vittimismo, il clientelismo e lo spirito di rivalsa da una parte, nonché l’egoismo, lo spirito di sopraffazione e il disprezzo dei diritti altrui, dall’altra, possono e debbono essere gradualmente vinti, come la storia della civiltà cristiana insegna. Occorre allora credere maggiormente all’efficacia dei mezzi offertici dal Vangelo e dalla Chiesa. Occorre credere maggiormente nelle energie morali proprie e altrui, soprattutto considerando - cristianamente - che la grazia divina bussa alla porta di ogni coscienza, anche di quelle più indurite nel peccato e nell’ingiustizia.

Occorre ricordare, però, che la lealtà, l’amore, la solidarietà, il rispetto del diritto e della legge si affermano a livello sociale e diventano uno stile comune di vita, quando, confidando nell’aiuto dello Spirito del Signore, ci impegniamo noi per primi - come fermento nella pasta - in questi valori, senza aspettare che comincino gli altri.

Non si tratta certo - quasi mossi da un’incauta presunzione - di fare del vano eroismo. Si tratta invece di dare spazio, in un cuore puro, alla parte che vuole svolgervi lo Spirito di sapienza e di fortezza.

In questa vasta opera di rinascita spirituale e morale l’intera Chiesa di Calabria deve saper utilizzare e orientare tutte le energie disponibili; deve essa stessa dare testimonianza di unione e di comunione attraverso programmi pastorali comuni e forme comuni di presenza nella società, specialmente quando si tratta di promuovere diritti fondamentali dell’uomo, a cominciare dal diritto alla vita, la giustizia, la pace.

Questa testimonianza di unità e comunione dovrà essere sempre più intensa, tra i vescovi della regione pastorale calabra, e poi tra i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tra le antiche e nuove espressioni dell’associazionismo laicale, le quali sono segno della vivacità religiosa di questa terra benedetta.

7. Cari fratelli e sorelle! Abitanti dell’Antica Regium!

Figli e figlie della Chiesa!

Ringrazio la divina Provvidenza che mi ha concesso oggi di trovarmi tra voi, in questo luogo, dove i piedi dell’apostolo delle genti hanno per la prima volta toccato le coste dell’Italia.

“Beati i passi di colui che annunzia il Vangelo della salvezza”. Insieme con voi ringrazio qui i duemila anni della vigna del Signore sulla vostra terra.

Ecco, “la vigna del Signore” si è estesa a tutta la terra e a tutti i popoli. I vostri antenati sono diventati la “vigna del Signore degli eserciti”; gli uomini di questa penisola, la casa del “nuovo Israele”.

“Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato. / Rialzaci Signore, Dio degli eserciti, / fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” (Sal 80, 15-20).

Queste parole del salmista si compiono sulle labbra del Vescovo di Roma, che viene a voi nel nome dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Cari fratelli e sorelle! Vi saluto tutti di gran cuore, rivolgendo uno speciale pensiero al vostro arcivescovo metropolita, monsignor Aurelio Sorrentino, a tutti i vescovi della Calabria qui presenti, alle autorità civili, ai sindaci della provincia, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, a tutti i cristiani impegnati con particolare sollecitudine per gli ammalati, per i più piccoli e i più bisognosi.

Un saluto ancora ai fedeli delle vicine diocesi di Bova, di Oppido-Palmi, di Gerace-Locri, come pure ai numerosi messinesi che si sono uniti a questa celebrazione.

A tutti dico con san Paolo: “La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e i vostri pensieri in Gesù Cristo” (Fil 4, 7).

Amen.

 

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