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MESSA PER GLI STUDENTI DEL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Cappella Paolina - Martedì, 22 ottobre 1985

 

“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese!”.

Signor cardinale,
carissimi superiori, docenti e alunni del Seminario romano maggiore!

1. L’esortazione di Gesù ai discepoli, riportata dal Vangelo dell’odierna liturgia, suona come un programma per il nuovo anno scolastico, appena iniziato, e come una suprema e chiara direttiva per tutta la vostra vita.

Sono lieto di iniziare questa giornata, tanto significativa per me, insieme con voi attorno all’altare del Signore, per offrire con voi e per voi il santo sacrificio della messa e per meditare insieme brevemente sulla parola di Dio.

2. “Siate pronti - dice il Signore - con la cintura ai fianchi e le lucerne accese”. Pronti occorre essere prima di tutto per accogliere la verità. Noi sappiamo che la verità è Cristo, il Verbo divino incarnatosi per la nostra salvezza: egli è la luce del mondo; egli è il pane della vita, è “l’immagine del Dio invisibile . . . Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1, 15-16). Nella Lettera ai Romani, San Paolo mette in evidenza in modo chiaro e definitivo che il centro della storia è la redenzione, che si collega strettamente e logicamente alla creazione e alla caduta dei progenitori, e che consiste nel dono della vita divina all’umanità mediante la morte in croce del Cristo e infine nel dono della grazia alle singole anime per mezzo della Chiesa: “Come per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita” (Rm 5, 18-19).

Questa è la verità che Gesù ci ha rivelato e che la Chiesa, madre e maestra, custodisce nel tempo, tramanda, difende e sviluppa; questa è la verità che illumina sul significato autentico dell’esistenza dell’uomo sulla terra e dell’intera storia umana; questa è la verità che dobbiamo conoscere, comprendere, amare, vivere, testimoniare.

Sentite perciò sempre profondamente, cari seminaristi, il culto per la verità! Bisogna avere una cintura ai fianchi” e cioè bisogna sempre essere in cammino, in ricerca, in attesa; talvolta è faticoso e costa sacrificio piegare l’intelligenza alla luce della verità e accettarne tutte le esigenze morali e ascetiche. Bisogna avere le “lucerne accese”, come le vergini prudenti, e aprire subito, non appena la verità bussa alla porta dell’anima! “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” -ammonisce l’autore della Lettera agli Ebrei - “Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine” (Eb 13, 8). Anche oggi, come al tempo di San Paolo, “molti si comportano da nemici della croce di Cristo” (Fil 3, 18). Siate perciò sempre vigilanti! Studiate con amore e con passione: lo studio della filosofia, della teologia, della Sacra Scrittura sia per voi una gioiosa meditazione della verità, accompagnata dalla preghiera e dalla carità.

3. Occorre poi essere vigilanti e pronti nell’accogliere la chiamata del Signore alla sua sequela: “Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito appena arriva e bussa”. La vocazione non è un’imposizione; è una proposta: il Signore bussa alla tua porta! “Se vuoi venire dietro a me . . .”. Questo è certo: tra migliaia e milioni di giovani, qualcuno è chiamato a diventare suo ministro, perché Dio vuole che gli uomini conoscano la verità e siano salvi, e il mezzo ordinario per tale scopo è l’opera della Chiesa, realizzata in modo primo e principale dai ministri ordinati, i sacerdoti. “La messa è molta e gli operai sono pochi” (Mt 9, 37) fa notare Gesù ed esorta a pregare il padrone della messe affinché mandi molti operai nella sua messe (cf. Mt 9, 38). Dunque, è espressa volontà di Dio che i ministri della verità e della grazia siano molti e attivi, per ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole e insegnando loro il messaggio di Cristo (cf. Mt 28, 19-20).

Siate dunque pronti e generosi nel rispondere alla chiamata; “Ecco, io vengo, o Signore, per fare la tua volontà . . . Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore!” (Sal 40, 8-9). Questi anni di studio e di preghiera siano perciò un periodo di ulteriore chiarificazione circa la vostra chiamata, e, soprattutto, di vera formazione interiore. Infatti, la vocazione al sacerdozio non cambia la natura umana e non elimina il fascino del mondo. Bisogna perciò formarsi all’autocontrollo, alla disciplina personale, alla mortificazione, al senso dell’umiltà e dell’obbedienza, convinti che le anime si salvano solo mediante la croce; tali virtù vi saranno indispensabili nella vita pastorale, a contatto diretto e responsabile delle persone da istruire, amare, salvare.

Ma soprattutto dovete essere pronti e generosi nell’impegno della vostra santificazione, perché vi attende la celebrazione dell’eucaristia e l’amministrazione del perdono delle colpe “in persona Christi”. Alessandro Manzoni, il grande scrittore italiano, di cui - come sapete - ricorre quest’anno il secondo centenario della nascita, nel suo libro Osservazioni sulla morale cattolica ha una pagina di profondo elogio della sublime missione del sacerdote, “ministro di un’autorità divina”, “dispensatore del sangue dell’alleanza, stupito ogni volta di proferire le parole che danno la vita”; ma soggiunge poi che deve essere un uomo “nutrito di preghiera” e che “avvezzo alla contemplazione delle cose del cielo e al sacrificio di se stesso, deve sapere in particolare maniera stimar le cose col peso del santuario” (A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, cap. XVIII). Parole sempre valide di un genio, che convertitosi alla fede cristiana, seppe totalmente apprezzarla e impegnarsi a viverla radicalmente.

4. Infine, accogliendo il monito alla vigilanza, proprio del contesto evangelico riportato da San Luca, occorre essere pronti sempre per l’incontro ultimo e definitivo col Signore: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli . . . E se giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!”. La vita è un cammino verso l’eternità; dobbiamo trafficare intensamente tutti i talenti, senza mai dimenticare che “non abbiamo qui la città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Eb 13, 14). Ogni attimo diventa prezioso proprio per questa prospettiva. Bisogna vivere e operare nel tempo portando in cuore la nostalgia del cielo. Dio ci ha creati per renderci partecipi della sua eterna e assoluta felicità. Noi non riusciamo a comprendere in che cosa consista questa gioia suprema e totale; ma Gesù ce lo fa in certo modo intuire, dicendo che la situazione allora si capovolgerà, e Dio stesso si metterà a nostro servizio: “In verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Il pensiero del paradiso deve farci esultare di letizia e deve stimolare ciascuno all’impegno costante per la propria santificazione.

Attingiamo ora con fervore la grazia al sacrificio di Cristo, che si immola misticamente sull’altare, rinnovando il sacrificio redentore della croce, e chiediamo con fiducia a Maria santissima la sua materna protezione, per essere sempre pronti e vigilanti, con la lampada accesa della fede e della carità.

 

© Copyright 1985 - Libreria Editrice Vaticana



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