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MESSA PER GLI UNIVERSITARI ROMANI

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Pietro
Giovedì, 12 dicembre 1985

 

1. «Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto »[1]. Si può dire che questa invocazione del Profeta Isaia è la più significativa dell'Avvento. Nella sua versione originale ci introduce in modo completamente autentico in ciò che fu l’essenziale contenuto del primo Avvento. Israele aspetta il Giusto così come la terra aspetta la pioggia: « ... Le nubi facciano piovere... / si apra la terra e produca la salvezza »[2].

Conviene soffermarci su questa metafora. La terra aspetta la pioggia. Questa attesa della terra è un tempo particolarmente drammatico, come per esempio in quella zona africana colpita dalla siccità qual è il territorio dei paesi situati nel Sahel.

La terra aspetta la pioggia, ma il dramma di questa aspettativa si svolge nel cuore dell'uomo. Infatti dalla pioggia dipende la fertilità della terra ed, insieme con essa, la possibilità di sopravvivenza come pure dell’esistenza da parte dei suoi abitanti.

2. Ecco allora che quella dimensione ambientale — ed insieme economica — del testo di Isaia è molto significativa. Essa appare in diversi brani del libro di Isaia tra cui quello della I lettura della liturgia odierna.

« I miseri e i poveri cercano acqua ma non ce n’è, / la loro lingua è riarsa per la sete; / io, il Signore, li ascolterò, io, Dio di Israele, non li abbandonerò. / Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli. / Cambierò il deserto in un lago d’acqua, / la terra arida in sorgenti. Pianterò cedri nel deserto, / acacie, mirti e ulivi; / porrò nella steppa cipressi, / olmi insieme con abeti... »[3].

L’uomo che abita nel Sahel, o in altre simili regioni del mondo colpite dalla siccità, comprende questo quadro biblico certamente meglio di noi oggi qui riuniti. Egli lo comprende in base alla propria esperienza; ma dobbiamo pure dar fede a questa esperienza che si manifesta nelle parole di Isaia. E così — con la similitudine dell’attesa di pioggia da parte della terra arida— ci diventa comprensibile l'attesa dell'Avvento di Israele.

3. Chi è il Giusto? È Colui che deve fare felici i cuori, così come la pioggia porta con sé la fertilità della terra.

Il profeta prega per la sua venuta. E la venuta è attesa tanto da parte del « cielo »: « stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada, e dalle nubi scenda a noi il Giusto »; quanto da parte della « terra »: « si apra la terra e produca la Salvezza ». Mediante ciò il Profeta coglie il nucleo stesso del mistero dell’Incarnazione, della Divina Natività: l’adempimento del primo Avvento.

Colui che è atteso da Israele, e in essa dall'umanità dopo il peccato originale, è il Salvatore. È il Salvatore per il fatto che Egli è il « Giusto ». La Salvezza si unisce alla Giustizia.

Che cosa vuol dire Giustizia?

4. Qui ci troviamo dinanzi all'espressione, al concetto che ha acquistato ampia cittadinanza nella storia dell'umanità, nell’ethos umano. Ha acquistato cittadinanza pure — e forse soprattutto — mediante l’esperienza di ciò che è ingiusto. Quando l'uomo esperimenta ciò che è giusto, fa riferimento alla giustizia. Così fu ai tempi di Israele. Così fu ai tempi di Cristo. E così è pure ai nostri tempi. Ci richiamiamo alla giustizia, sperimentando ciò che è ingiusto, ciò che — in diversi modi e in diversa misura —è ingiusto. Ciò può accadere nella relazione tra uomo e uomo, può accadere a livello sociale nei rapporti reciproci dei gruppi o degli strati della stessa società. Oppure nei rapporti tra coloro che esercitano il potere e quelli che sono loro sottomessi. Più spesso l'esperienza dell'ingiustizia si collega con la disuguale, sproporzionata divisione dei beni materiali. Esiste tuttavia un’altra esperienza di ingiustizia, quando, per esempio, un gruppo, che esercita il potere politico, priva i cittadini dei loro giusti diritti, come il diritto di partecipare alla decisione sui problemi essenziali della vita nazionale, o come il diritto alla libertà religiosa e di coscienza!

Molto vasta e diversificata è l’esperienza dell'ingiustizia nella storia dell’umanità. A volte essa contribuisce a scavare quasi un « abisso » tra un ristretto gruppo di persone, economicamente o politicamente privilegiate, e un largo cerchio di uomini privi dei diritti che loro competono, oppure mancanti dei beni loro necessari.

Il problema della giustizia si collega strettamente con il problema della pace: « iustitia et pax ». La pace infatti può crescere solo sul terreno della giustizia: interpersonale, sociale, internazionale.

Opus iustitiae pax!

5. Il grido dell'Avvento che invoca il Salvatore, il Giusto racchiude in sé il riferimento a tutte queste forme, a tutte queste dimensioni dell’ingiustizia. Il Giusto è Colui che indica la strada per superarla; e Colui che libera dalla ingiustizia.

Quanto eloquenti sono le parole di Isaia: « Si apra la terra e produca la salvezza ». E contemporaneamente il Profeta prega: « Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenderà a noi il Giusto ». In questo modo egli diventa il testimone e l’espressione del desiderio che risale al di là, oltre le dimensioni umane della giustizia, oltre il suo senso puramente « orizzontale ».

Isaia il Profeta: uno che parla in nome di Dio, che è testimone della Rivelazione data a Israele. Egli ci trasmette l’Espressione della Giustizia che è da Dio. Della Giustizia che è solo Dio!

Non è forse egli tante volte — ed insieme con altri profeti — il denunziatore della infedeltà del Suo Popolo nei confronti di Jahve? Non sono forse i profeti diventati il portavoce della difesa di Dio, ed insieme del dolore nel suo amore tradito?[4]

Perciò esiste anche una tale dimensione dell’ingiustizia! Non vi è solo il torto dell'uomo nei confronti dell’altro uomo. Non vi è solo il sopruso di una creatura nei confronti di un’altra. Ma esiste l’offesa della creatura nei confronti del Creatore.

6. Può essere l'uomo « ingiusto » nei confronti di Dio? Se la giustizia si riferisce solo a due soggetti, che sono uguali allora evidentemente: no. Se tuttavia giustizia significa rendere ciò che compete ad un altro, e, in questo caso, rendere ciò, che compete a Dio da parte della creatura, da parte dell’uomo, allora: sì. In tal caso, infatti, entriamo in un’altra esperienza di ingiustizia. Ed insieme entriamo in una necessità ancor più profonda della Giustizia.

Isaia, gli altri profeti e custodi della Verità Divina, conoscono questa dimensione. Conoscono pure questo bisogno. Questa dimensione e questa necessità risalgono al Principio stesso. Si radicano nella disobbedienza originaria nei confronti del Creatore e Padre.

Disobbedienza è uguale a ingiustizia?

7. In ogni caso il grido d’avvento verso il Giusto si pone in questa dimensione.

Il Redentore verrà come l’« obbediente fino alla morte »[5] e, in pari tempo, come Colui che « giustificherà ». Giustificherà l'uomo dinanzi a Dio.

Il grido d’avvento verso il Giusto suona « stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada, e dalle nubi scenda a noi il Giusto »; in pari tempo « si apra la terra e produca la salvezza ». Che venga da Dio e nasca dalla terra! Infatti è necessario che abbracci tutta l'ingiustizia della terra, e la riferisca al Principio stesso. È necessario che abbracci quella ingiustizia, che pervade la storia del'uomo, che si radica nel suo cuore, e che la rialzi « al livello » di Dio.

L’Uomo che si è privato dell’eredità « della giustizia originaria », la quale — insieme con I’essere a immagine e somiglianza di Dio — fu dono del Creatore, può venire « giustificato » solo con tale Giustizia, che è da Dio.

8. Il « Giusto », verso il quale la Chiesa prega nel tempo di Avvento, è proprio Colui che apporterà questa giustizia e la radicherà nei cuori degli uomini. La radicherà nella storia dell’uomo. La renderà un’eredità nuova, salvifica della famiglia umana, perché superi gradatamente e durevolmente ogni ingiustizia, che ha riempito la storia dell'uomo, che si nasconde nel cuore dell'uomo.

Infatti ogni ingiustizia, nelle relazioni interpersonali, sociali e internazionali (ingiustizia nel significato orizzontale) ha il suo inizio e la sua fonte in quella primigenia « ingiustizia » (che possiamo chiamare « verticale »), la quale è disobbedienza, è peccato.

Ogni ingiustizia dell'uomo nei confronti dell’uomo, della nazione nei confronti di un’altra nazione, dei possidenti nei confronti dei non-possidenti, di coloro che esercitano il potere nei confronti degli oppressi è contemporaneamente « ingiustizia » nei confronti di Dio. È disobbedienza. È peccato.

Non ne rendono testimonianza Isaia e gli altri profeti? Certamente. Quante volte! E Cristo non dice forse: « Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. Ogni volta che avete fatto queste cose... l’avete fatto a me »?'[6]

Questo Egli afferma.

9. Occorre che meditiamo bene, noi uomini del ventesimo secolo, che sta per giungere alla fine, ed il mio invito si rivolge, oggi, particolarmente a voi professori e studenti degli atenei romani: meditiamo con attenzione: Qual è il pieno significato di questo grido d’avvento? Qual è la sua portata? Qual è la sua eloquenza dinanzi al mondo contemporaneo, nel secondo millennio dopo Cristo, che sta per finire?

Questo grido d’avvento verso il Giusto si riferisce pure a me? A ciascuno di noi? Ognuno di noi non ha forse « bisogno » — e non desidera! — questa Giustizia che porta Cristo?

Noi, uomini del progresso unilaterale, non abbiamo forse perduto le proporzioni più essenziali, dalle quali dipende l’equilibrio più profondo del mondo umano? E l’equilibrio dell’intimo umano? Ognuno di noi, dalla profondità dell’esperienza della molteplice ingiustizia, non deve forse gridare verso il Giusto proprio come gridò Isaia? Come grida la Chiesa nel tempo d’Avvento? Gridare verso Colui che è capace di convertire l’uomo dalla disobbedienza e dal peccato alla « giustizia ». Verso Colui che porta la Giustizia più grande e più profonda di qualsiasi giustizia umana? (la quale tante volte si collega con l’ingiustizia!). Verso Colui che porta la Giustizia di Dio, e la innesta nei cuori umani, nella storia umana?

10. Il Vangelo odierno indica con estrema chiarezza che l’uomo è « misurato » dagli occhi di Dio con il metro del « Regno dei cieli »: del Regno di Dio.

Le parole, che pronunzia Cristo su Giovanni Battista, lo indicano espressamente.

Il nostro incontro d’Avvento serve proprio perché noi ci ricordiamo questo « metro ». Perché noi desideriamo questa definitiva Giustizia, che è da Dio. Questa giustizia che Cristo porta.

Preparatevi al Natale nel Sacramento della Riconciliazione e della Comunione, che riporta questa Giustizia alle nostre anime – ed introduce nella vita.

11. Voglio concludere ricordando — vent'anni dopo il termine del Concilio Vaticano II — alcune parole che, nel giorno della chiusura, l’8 dicembre 1965, nella solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, i Padri Conciliari indirizzarono alla gioventù: la Chiesa « ha fiducia che... voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà senso alla vita: la certezza dell'esistenza di un Dio giusto e buono. È a nome di questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio »[7].

Ed ai Professori, ai rappresentanti del mondo della cultura e della scienza si sono rivolti con queste parole: « Continuate a cercare, senza mai rinunciare, senza mai disperare della verità... Forse mai come oggi, grazie a Dio, è apparsa così bene la possibilità di un accordo profondo fra la vera scienza e la vera fede, entrambe al servizio dell’unica verità. Non disperdete questo incontro prezioso! Abbiate fiducia nella fede, questa grande amica dell’intelligenza! »[8].

Venite, adoriamo il Signore, il Re che sta per venire, « il solo che ha potuto dite e può dire: "Io sono la luce del mondo, io sono la via, la verità e la vita" »[9].


[1] Is. 45, 8.

[2] Ibid.

[3] Is. 41, 17-19.

[4] Cfr, Is. 5; Os. 10, 1; 11, 8-9; Ier. 2, 21; 6, 9; 31, 1-21; Ez. 16, 1-62.

[5] Cfr. Phil. 2, 8.

[6] Math. 25, 15.40.

[7] Patrum Concil. Nuntii quibusdam Hominum ordinibus dati: « Ad Iuvenes », die 8 dec. 1965.

[8] Ibid.: « Ad Homines intellectuales et in scientiis versatos ».

[9] Ibid.

 

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