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SANTA MESSA PER IL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 24 luglio 1988

 

“Fratelli, vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto” (Ef 4, 1).

Con queste parole saluto cordialmente tutti i presenti che partecipano a questa santissima Eucaristia domenicale. Saluto soprattutto coloro che collaborano al bene comune di queste ville pontificie. È questa, per me, anche una circostanza propizia per esprimere loro la mia gratitudine per il lavoro e la continua sollecitudine. Saluto le suore, nostre ospiti, che sono qui, per il capitolo generale e prendono anch’esse parte a questa celebrazione eucaristica. Sono le Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea.

Questa celebrazione eucaristica è legata idealmente a quanto ci presenta oggi l’evangelista Giovanni nel sesto capitolo del suo Vangelo. San Giovanni ci parla della moltiplicazione del cibo per una massa di persone che accorrevano per ascoltare le parole di Cristo. La celebrazione eucaristica è una mensa in un duplice senso: mensa della Parola in primo luogo. Come tutti coloro che si avvicinavano a Cristo per ascoltare la sua parola, così anche noi l’ascoltiamo oggi, tramandata di generazione in generazione, nei secoli. Sono le parole di Cristo che si trovano sulla bocca della santa Chiesa. La Chiesa sempre compie il ministero profetico di Cristo, il ministero magisteriale di Cristo. Sempre ritorna alle sue parole.

L’Eucaristia è il momento solenne in cui questa Parola di Dio viene pronunziata con una insistenza più grande per orientare la nostra vita.

Il Vangelo di Giovanni ci ricorda anche questa seconda tavola eucaristica, anzi l’enunciazione di questa seconda mensa che è l’Eucaristia. L’Eucaristia è la tavola del pane eucaristico. Con la sua parola Dio ci parla di questo pane eucaristico. Con questo pane Dio si offre a noi, viene a noi come cibo di vita eterna. Partecipando così all’Eucaristia noi viviamo questo mistero soprannaturale, mistero rivelato, in cui, attraverso la parola del Signore si realizza la presenza di Dio non solamente fra noi ma in noi. Dio viene ad abitare in noi. Viene per alimentarci con il suo corpo e il suo sangue. Questa è l’Eucaristia, banchetto della Chiesa che è in terra, banchetto che anticipa quello celeste della nostra comunione con Dio, per l’eternità.

Allora, considerando l’insieme di questa verità noi dobbiamo soprattutto ringraziare il Signore, lodare il Signore come lo loda il salmo responsoriale di oggi: “Ti lodino, Signore tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza”. Così il salmo responsoriale; così noi tutti. Così la Chiesa intera dappertutto in ogni parte del mondo offre le sue lodi al Signore, le stesse lodi pronunciate dal salmista. Sono lodi sempre attuali soprattutto quando riflettiamo sul grande dono di Dio, su questa realtà: lui apre la sua mano e sazia ogni vivente. Non solamente sazia nell’ordine naturale perché è Creatore di tutti i beni con i quali veniamo saziati, ma sazia soprattutto nella fede e nella speranza della vita eterna in cui lui stesso, Dio vivo, darà a noi un alimento soprannaturale nella comunione spirituale, divina, soprannaturale e sazierà questo bisogno, questo desiderio più profondo dell’anima umana, del nostro cuore. Il nostro cuore non è sazio, non è tranquillo, come dice sant’Agostino, fino a quando non viene saziato dal Signore, fino a quando non riposerà in lui.

Considerando tutta questa verità noi possiamo capire meglio le parole di san Paolo agli Efesini riproposte oggi dalla seconda lettura: “Fratelli, vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto”. Tutto il mistero eucaristico, mistero del dono di Dio, mistero di vita eterna, tutto ci parla del mistero della nostra vocazione. È questa la dimensione propria della nostra vocazione umana e cristiana.

Certamente, noi viviamo ogni giorno questa vocazione umana nei diversi impegni della nostra professione ma c’è un’altra vocazione che nasce in noi dal momento del Battesimo ed è propria di noi cristiani, in quanto chiamati e diventati figli di Dio. L’apostolo Paolo ci esorta a comportarci in maniera degna della nostra vocazione, di questa nostra vocazione che viene dalla realtà eucaristica, dalla partecipazione nella santissima Eucaristia, nel sacrificio eucaristico. Noi riceviamo il pane ed il vino, ma sotto queste specie riceviamo il corpo e il sangue di Cristo; diventiamo partecipi della sua redenzione. Partecipi della sua redenzione noi entriamo già nella dimensione del regno di Dio, partecipazione alla vita divina, partecipazione al mistero della Santissima Trinità.

Ecco la nostra vocazione. Questa vocazione la viviamo in modi diversi; in un modo la vivono le suore, le religiose, le persone consacrate; in un altro modo i cristiani laici che vivono nel mondo con i loro diversi impegni. Ma, è la stessa vocazione, è la stessa grandezza alla quale siamo chiamati.

Per concludere, ripropongo alla vostra riflessione la preghiera di apertura della santa Messa di oggi. In questa preghiera desidero che voi troviate anche il mio augurio per tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, e voi Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea e noi tutti, componenti di queste ville pontificie di Castel Gandolfo.

Preghiamo Dio nostra forza e nostra speranza: “effondi in noi la tua misericordia perché da te sorretti e guidati usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni”. Questo è l’augurio e la preghiera della Chiesa: vivere così, usando saggiamente i beni terreni, perché fedeli alla nostra vocazione umana e terrena cerchiamo sempre i beni superiori di cui l’Eucaristia ci parla e ci fa partecipi, partecipi dei beni eterni. Amen!

 

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