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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA «MATER ECCLESIAE»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 19 febbraio 1989

 

1. “In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abramo” (Gen 15, 18).

La liturgia di questa seconda domenica di Quaresima ci invita, nelle letture, a considerare alla luce della nostra fede il mistero dell’alleanza di Dio con l’uomo. L’inizio di questa alleanza è collegato con Abramo, come ricorda la prima lettura, tratta dal libro della Genesi.

Dio gli dice: “Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese” (Gen 15, 7). Il paese che si estende “dal fiume d’Egitto al grande fiume Eufrate” (Gen 15, 18). Ecco la culla del popolo dell’alleanza - dei discendenti di Abramo, prima di tutto degli eredi della sua fede. Dio indica le stelle sparse nel cielo e dice al patriarca: “Così numerosa sarà la tua discendenza” (cf. Gen 15, 5).

Infatti alla fede di Abramo si richiamano sia gli Israeliti, sia i cristiani, e vi fanno riferimento anche i musulmani. San Paolo lo chiama padre della nostra fede (cf. Rm 4, 11). La fede è il fondamento dell’alleanza di Dio con l’uomo: quelli che accolgono con la fede la Parola di Dio entrano nell’alleanza con lui.

2. L’odierna liturgia unisce nelle sue letture l’inizio dell’alleanza, cioè, per così dire, il suo atto primo con quello ultimo. Quest’alleanza definitiva viene da Dio stipulata con l’umanità nel Verbo incarnato: nell’eterno Figlio che si è fatto uomo. Egli è nato ed è vissuto in mezzo al popolo dell’antica alleanza, di Israele, per istituire l’alleanza nuova ed eterna, compiendo la sua missione messianica.

Ecco, sul monte Tabor si trovano con Cristo gli apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni, e insieme, nel momento della Trasfigurazione, appaiono Mosé ed Elia, testimoni dell’antica alleanza.

Davanti ad essi e davanti agli apostoli, ai quali sarà affidato il Vangelo, il Padre stesso rende testimonianza a Cristo: “Questo è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo” (Lc 9, 35).

La storia dell’alleanza, che inizia insieme con la vocazione di Abramo, conduce attraverso il monte della Trasfigurazione verso il monte della crocifissione. La Trasfigurazione prepara gli apostoli all’esperienza del venerdì santo. Colui che offrirà sulla Croce la vita, subendo una morte infamante, è il Figlio eletto del Padre. In lui l’alleanza di Dio con l’uomo raggiungerà il suo zenit.

3. L’alleanza è l’iniziativa di Dio nei riguardi dell’uomo.

Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, e per questo l’ha reso capace di accettare la sua iniziativa salvifica.

Come immagine di Dio, l’uomo porta in sé lo spazio dell’immortalità, che soltanto Dio può colmare con la sua presenza, con la sua vita ineffabile, donandosi all’uomo in tutta la verità della sua divinità. In questo modo Dio, che è amore, desidera donare all’uomo se stesso.

E l’uomo porta in sé il desiderio profondamente nascosto, di “vedere” Dio, come ne rendono testimonianza le parole del Salmo in questa liturgia:

“Il tuo volto, Signore, io cerco. / Non nascondermi il tuo volto, / non respingere con ira il tuo servo. / Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi” (Sal 27, 8-9).

L’uomo è stato abbracciato dall’iniziativa di Dio. Vive nella dimensione dell’alleanza. Il suo cuore è irrequieto finché non riposa in Dio (come insegnava il grande Agostino). La sua più grande paura nasce dalla possibilità di essere respinto da Dio nell’eternità. Questo costituisce la tragica prospettiva della morte eterna, mentre la speranza della vita è inseparabilmente collegata col desiderio di vedere Dio:

“Di te ha detto il mio cuore: cercate il suo volto”; e in seguito: “Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi” (Sal 27, 8. 13).

4. Vivendo qui, sulla terra, in una tale prospettiva definitiva, l’uomo deve maturare nell’incontro con Dio “a faccia a faccia”, nell’unione con lui. Deve trasfigurarsi profondamente in tutta la sua umanità.

E per questo sulla nostra via quaresimale appare oggi il monte della Trasfigurazione.

San Paolo nella lettera ai Filippesi rilegge il significato di questa Trasfigurazione di Cristo come una chiamata indirizzata a tutta la nostra umanità.

Ecco “Gesù Cristo . . . trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose” (Fil 3, 21).

Il monte della Trasfigurazione è preannunzio della risurrezione di Cristo. La sua Risurrezione apre davanti all’uomo l’ultima prospettiva dell’alleanza: la “glorificazione” dell’intero essere umano, spirituale e corporale, in Dio. La prospettiva che il Simbolo degli apostoli esprime con le parole: “Credo la risurrezione della carne”.

5. Tuttavia il monte della Trasfigurazione prepara nello stesso tempo al monte della crocifissione: al Golgota. La Risurrezione di Cristo passerà attraverso il suo spogliamento e la sua morte.

Gli apostoli, che sul monte della Trasfigurazione gridano: “Maestro, è bello per noi stare qui” (Lc 9, 33), dovettero poi sperimentare l’infamia della morte di Cristo sulla Croce. Per questa via egli è entrato nella sua gloria (cf. Lc 24, 26).

E perciò l’apostolo Paolo esorta con grande fermezza i destinatari della sua lettera affinché i loro pensieri e atti non si stacchino dalla Croce, affinché essi non si comportino “da nemici della Croce di Cristo” (Fil 3, 18), come fanno quelli che “sono intenti alle cose della terra” (Fil 3, 19).

L’alleanza di Dio con l’umanità, in definitiva, si è attuata per mezzo della Croce: nel mistero pasquale del nostro Signore Gesù Cristo.

E mediante la Croce tutti noi siamo abbracciati dalla potenza salvifica di quest’alleanza.

6. Oggi, insieme con la Chiesa in tutta la terra, noi meditiamo queste grandi verità della catechesi liturgica del tempo di Quaresima qui in questa parrocchia di santa Maria “Mater Ecclesiae”.

La Croce infatti è il simbolo della fede cristiana, è l’emblema di Gesù, crocifisso e risorto per noi. La Croce quindi deve segnare le tappe del nostro itinerario quaresimale per insegnarci a comprendere sempre di più la gravità del peccato e il valore del sangue, col quale il Redentore ci ha lavati e purificati. Mettiamoci alla scuola del crocifisso non solo durante la pia pratica della “Via Crucis”, che è propria del tempo quaresimale, ma anche nella nostra meditazione e preghiera, fino ad arrivare ad un solo sentire e ad una intima comunione col Cristo. Infatti, come dice l’apostolo Pietro: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate . . . esultare” (1 Pt 4, 14).

7. Con questi pensieri saluto, unitamente al Cardinale vicario Ugo Poletti e al Vescovo del settore, monsignor Clemente Riva, tutti voi, cari fedeli di questo popoloso quartiere di Tor di Valle. Saluto in particolare il vostro parroco, monsignor Mario Cipolletti, e tutti i sacerdoti suoi collaboratori nella cura pastorale di questa zona. Un grato pensiero va pure a tutti i gruppi e le componenti parrocchiali, che operano in stretta sintonia con le direttive e i programmi dei sacerdoti; mi riferisco ai gruppi di animazione liturgica, dei catechisti, della Caritas, degli Scouts, della protezione civile, della stampa, del canto. Un saluto particolare alle suore del Santissimo Sacramento di Valence, le quali sono pienamente inserite nell’attività pastorale della parrocchia, principalmente nell’ambito della educazione della gioventù e nell’assistenza degli anziani e degli ammalati.

Questa parrocchia è intitolata a Maria “Mater Ecclesiae”, a ricordo della chiusura del Concilio Vaticano II, in cui la Vergine santa fu solennemente proclamata da Paolo VI madre della Chiesa. Come la prima comunità cristiana di Gerusalemme si raccoglieva intorno a Maria nel Cenacolo, così anche voi venerate Maria e fate unità nel suo nome. Come lei, la Vergine dell’ascolto, anche voi mettetevi in atteggiamento di ascolto e di generosa disponibilità alla voce del Signore, che parla al vostro cuore. In questo modo saprete risolvere meglio i problemi anche gravi, che assillano questa zona e che vanno dall’uso della droga alla disoccupazione, da un certo individualismo che condiziona il comportamento anche di alcuni cristiani all’indifferentismo religioso, per cui si trascura di frequentare la Chiesa. Questo tempo di Quaresima serva a far riflettere sulle ragioni ultime della nostra vita, aiuti un buon esame di coscienza per verificare se siamo cristiani coerenti, che sanno assumersi coraggiosamente la propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini. Sia anche per noi questo un tempo di trasformazione interiore, di miglioramento e di trasfigurazione spirituale, in modo da giungere a celebrare la Pasqua interiormente rinnovati, come risorti a vita nuova.

8. Cari fratelli e sorelle!

Lasciamo che durante la Quaresima parli a noi in modo particolare la potenza salvifica dell’alleanza di Dio con l’uomo, la quale trova il suo zenit in Cristo.

Come gli apostoli, cerchiamo anche noi di prepararci mediante la Trasfigurazione di Cristo al mistero pasquale: alla Croce e Risurrezione.

Mediante tutto questo si ravvivi in noi la consapevolezza della vocazione all’unione con Dio, nel quale l’“irrequieto cuore umano” deve trovare quella realizzazione che non può raggiungere nelle realtà temporali.

Ripetiamo quindi con il salmista: “Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore” (Sal 27, 14).

 

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