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VIAGGIO PASTORALE IN BENIN, UGANDA E KHARTOUM

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NEGLI SPORTS GROUNDS

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Soroti (Africa) - Martedì, 9 febbraio 1993

 

“Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3, 10)

Ikaitotoi angakaitotoi alotooma Kristo (Cari fratelli e sorelle in Cristo),

1. Le folle andarono da Giovanni il Battista sulle rive del fiume Giordano. Lo ascoltarono predicare. Presero a cuore le sue parole. Risposero quindi chiedendo: “Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3, 10). Il Battista venne inviato da Dio nella pienezza del tempo, quando “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3, 6). Egli era il messaggero di Dio, un Profeta. L’ultimo e il più grande dei Profeti. Era la voce che gridava nel deserto: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri;... fate dunque opere degne della conversione” (Lc 3, 4-8). Il suo messaggio è stato il sempre valido e sempre urgente messaggio di conversione che Dio ha rivolto alla famiglia umana fin dall’inizio, dal primo momento di ribellione, attraverso tutte le pagine della storia della salvezza. Dio ripetutamente ha chiamato l’uomo peccatore ad opere di conversione e penitenza, proprio come ha fatto attraverso Isaia, che ci parla nella liturgia di oggi: “Sciogliete le catene inique... dividete il pane con l’affamato e introducete in casa i miseri senza tetto;... vestite chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla vostra gente” (Is 58, 6-7). In ogni età questo dialogo tra Dio e l’umanità bisognosa continua. Così, dai Profeti fino a Giovanni il Battista, l’appello è sempre lo stesso: una chiamata alla penitenza e alla conversione. Qui oggi, nell’Uganda orientale, tutto il popolo di Dio è sfidato ad accogliere la chiamata di Dio a cambiare, ad aspirare ad una vita cristiana migliore e più alta: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” (Lc 3, 4).

2. Cari fratelli e sorelle, rendo grazie di tutto cuore a Dio che mi ha concesso di visitarvi e di compiere il ministero del Successore di Pietro in questa parte del vostro Paese. Saluto il Vescovo di Soroti Erasmus Wandera e gli altri Vescovi delle Diocesi orientali: il Vescovo di Kotido Denis Kiwanuka, il Vescovo di Moroto Henry Ssentongo e il Vescovo di Tororo James Odongo. Esprimo il mio affetto per i sacerdoti: quelli che sono figli di questa terra, e i Padri di Mill Hill, i Padri Bianchi, i Padri di Verona e tutti coloro che sono venuti qui per il ministero al popolo di Dio, manifestando che la Chiesa è una comunione universale in cui siamo tutti responsabili l’uno nei confronti dell’altro. Religiosi e religiose, sia che veniate dall’estero o che siate figli e figlie delle Chiese locali di questa regione, la vostra stessa consacrazione vi pone al cuore della missione evangelizzatrice della Chiesa. Vi esprimo la gratitudine del Papa, e desidero incoraggiarvi a rendere gioiosa testimonianza nelle vostre vite e nel vostro lavoro delle eterne verità e valori del Regno di Cristo. Catechisti e membri del laicato, è con profonda gioia che celebro questa Eucaristia qui a Soroti e prego con voi per le vostre necessità e per il bene di tutto il popolo ugandese. Saluto i membri delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali cristiane che sono insieme a noi in questo evento solenne, e porgo il benvenuto ai seguaci delle altre tradizioni religiose che sono qui presenti.

3. “Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3, 10). Questo stesso interrogativo sorge nei nostri cuori. Così come nel Vecchio Testamento i Profeti hanno risposto, Giovanni il Battista ha risposto, e nel Nuovo Testamento Gesù ha risposto, così la Chiesa deve rispondere ai “vecchi” e ai “nuovi” interrogativi che l’uomo le pone. Essa deve cercare una risposta alle questioni che riguardano le differenti comunità e società a cui i popoli appartengono. Ma quando gli uomini e le donne dei nostri giorni chiedono cosa debbono fare, la Chiesa non può fare a meno di dare la risposta data da Cristo stesso: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15). Convertirsi significa non peccare più (cf. Gv 8, 11). Significa amare il Signore nostro Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, e amare il prossimo come noi stessi (cf. Mt 22, 38-39). Significa essere perfetti come è perfetto il nostro Padre Celeste (cf. Mt 5, 48). Credere alla Buona Novella significa ascoltare le parole di Giovanni il Battista: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29), e di conseguenza riporre tutta la nostra fiducia in Cristo, il Redentore che solo ha parole di vita eterna (cf. Gv 6, 68). È attraverso le vite rette e sante dei suoi membri, e attraverso la sua incrollabile fedeltà a Cristo, che la Chiesa cresce in mezzo a ogni popolo e in ogni parte del mondo. Un chiaro esempio è il significato dei Martiri dell’Uganda per la vita della comunità cristiana di questo Paese. Oltre cent’anni fa, il nobile Mulumba Matthias Kalemba riconobbe dinanzi a Padre Livinhac dei Padri Bianchi che egli aveva continuato a cercare una risposta all’interrogativo su cosa dovesse fare. Quando stava per morire, il suo padre adottivo, Magatto, del clan Musu, disse a Matthias che un giorno sarebbero venuti degli uomini a “insegnare la retta via”. Da suo padre aveva imparato ad aver fame della luce della verità, e quando, per la Provvidenza di Dio, questa arrivò, Matthias si impadronì del prezioso dono della Buona Novella della Salvezza per non lasciarlo mai più, anche se gli sarebbe costato la vita. L’attuale generazione dei cattolici ugandesi non deve permettere che si oscuri la luce che i Martiri hanno fatto risplendere su questo Paese!

4. Quando i Vescovi dell’Uganda vennero a Roma per la loro visita “ad limina” lo scorso mese di maggio, abbiamo discusso alcune importanti questioni che la Chiesa di questa parte dell’Africa sta affrontando. Quindi, in preparazione di questa visita, hanno pubblicato una Lettera Pastorale in cui hanno parlato del programma dell’azione della Chiesa per gli anni che ci conducono al nuovo Millennio, e hanno proposto che questa visita del Papa serva come riflessione sul tema: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16). Ad ogni stadio di questa breve ma intensa visita ho fatto riferimento a qualche aspetto particolare di ciò che la Chiesa in Uganda è chiamata a fare al fine di preparare un futuro più luminoso per il popolo di Dio e al fine di costruire una società più giusta e unita, più umana e pacifica (cf. Lettera Pastorale Fa’ risplendere la tua luce, 2). Tra le “aree di priorità” della comunità cattolica dell’Uganda, il compito fondamentale dell’evangelizzazione occupa il primo posto. L’evangelizzazione infatti è la realizzazione di ciò che Giovanni il Battista chiede nel Vangelo di oggi: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri... i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3, 4-6) Il fatto che un numero così grande di persone non abbia ancora udito la Buona Novella, e che alcuni siano tiepidi nella loro fede, significa che tutta la comunità cristiana deve raccogliere la sfida di prendere sul serio la missione di essere apostoli per gli altri, la missione che ciascuno ha ricevuto nel Battesimo e nella Confermazione, e che viene costantemente nutrita nell’Eucaristia (cf. Fa’ risplendere la tua luce, 30).

5. La missione di evangelizzare implica che i cristiani ugandesi debbano ascoltare le grida di quanti in questo Paese e attraverso tutta l’Africa implorano di essere liberati da tante forme di schiavitù: dall’ignoranza e dall’oppressione che gravano così pesantemente sui poveri, i vecchi e quanti sono soli, gli ammalati, i rifugiati, i giovani indifesi e in particolare gli orfani di guerra e gli orfani che ha provocato l’epidemia dell’Aids. Tutti loro hanno bisogno del vostro amore preferenziale e pratico. Tutto ciò che farete per loro lo farete a Cristo stesso (cf. Mt 25, 34-36). I vostri Vescovi hanno anche esortato la Chiesa in Uganda a difendere coraggiosamente la vita umana e la dignità umana. I cristiani devono fare una chiara e attiva opzione per la giustizia: “Dove c’è la giustizia, la pace scorre come un fiume” (Fa’ risplendere la tua luce, 35). Solo superando la rivalità e l’odio, solo mettendo da parte il desiderio di vendetta, solo perdonando e riconciliandosi, i cristiani dell’Uganda renderanno testimonianza alla luce. Migliorare i rapporti ecumenici, pregare per l’unità dei cristiani, promuovere una maggiore comprensione e cooperazione con i seguaci dell’Islam nello sviluppo umano e costruire una nuova Uganda fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti umani: tutto ciò fa parte del compito che sta di fronte alla comunità cattolica alla soglia di un nuovo Millennio cristiano. Riporto questi punti della Lettera Pastorale dei vostri Vescovi al fine di confermare loro, i Pastori, nella loro scelta di priorità per il ministero pastorale degli anni a venire. Ma anche per incoraggiare tutti i cattolici ugandesi a meditare profondamente sulla domanda della lettura del Vangelo: “Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3, 10). I vostri Vescovi hanno indicato la via da seguire. Possa tutta la comunità cattolica rispondere: come una lampada sopra il lucerniere che faccia luce a tutti quelli che sono nella casa (cf. Mt 5, 15).

6. L’immediato futuro della vita della Chiesa su questo continente sarà profondamente influenzato dall’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Questo importante evento intende aiutare le Chiese particolari in Africa a trasmettere la luce del Vangelo in tutta la sua pienezza agli uomini e alle donne della prossima generazione. Lo Spirito Santo sta chiamando la Chiesa Cattolica in Africa a una nuova Pentecoste, una nuova realizzazione del potere dell’amore di Dio di santificare il popolo di Dio e, attraverso la vostra opera e la vostra testimonianza, di trasformare società e cultura. In tutta l’Africa i popoli sono già impegnati attivamente e fruttuosamente nella discussione dei temi dell’Assemblea. Oggi a Kampala la preparazione del Sinodo entra in una nuova fase. Vi chiedo di continuare a pregare per questo importante evento, così che l’Africa si immerga nella luce di Dio, la luce che ha brillato nel beato martirio di San Matthias, di San Charles, di San Musaka, di San Kizto e di tutti i loro gloriosi compagni.

7. “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3, 6). La luce che Dio ha mandato quando ha dato al mondo suo Figlio (cf. Gv 3, 16) vale per tutti i popoli. Il Battista sul Giordano ha reso testimonianza alla natura universale della redenzione. Vedendo Gesù che veniva verso di lui, Giovanni fu spinto dallo Spirito di Dio a proclamare: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29). Le parole di Giovanni sono rimaste proprio al centro della Messa: l’offerta del pane e del vino che, su questo altare, diventeranno l’offerta di Cristo stesso al Padre per la nostra salvezza. Sì, per la salvezza del mondo! Oggi, a Soroti, rendo grazie a Dio per aver potuto offrire questa Messa per la santificazione del popolo di Dio nella regione orientale dell’Uganda. Quale Successore di San Pietro sono venuto da voi per esortarvi a far splendere la vostra luce davanti a tutti, affinché vedendo le vostre buone opere tutta l’Africa renda lode al nostro Padre che è nei cieli (cf. Mt 5, 16).

Iterereng lo asuban Africa! Iterereng lo asuban Uganda! Iterereng lo asuban iyes dadang kere! Amen.

 (Dio benedica l’Africa! Dio benedica l’Uganda! Dio benedica ciascuno di voi! Amen).

Al termine della celebrazione eucaristica, Giovanni Paolo II rivolge ai fedeli presenti le seguenti parole.  

Cari Fratelli e Sorelle, vedendovi qui riuniti, voi, della diocesi di Soroti e di altre diocesi di questa regione, ricordo il giorno di Gerusalemme, la Pentecoste e gli Apostoli che iniziarono a parlare lingue diverse, e la folla nel Cenacolo che udì le differenti lingue parlate dagli Apostoli. Ma tutto ciò che veniva detto era Magnalia Dei, grandi cose di Dio. E quindi, visitando l’Africa, visitando l’Uganda ho costatato che, da regione a regione, da diocesi a diocesi, voi parlate le diverse lingue e adorate Dio in lingue diverse: cantando, pregando, offrendo, attraverso le danze, le vostre culture, tutte le vostre culture ugandesi. E le differenti culture in Uganda si esprimono in questa adorazione, in questa partecipazione alla Santa Eucaristia. Vi ringrazio per tutto ciò. Vi ringrazio per la buona preparazione e per la buona partecipazione. Possa Dio benedire tutti voi di Soroti e delle diocesi di questa regione, e dell’Uganda. Grazie mille.

 

 



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