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VISITA PASTORALE NELLA DIOCESI SUBURBICARIA
DI SABINA-POGGIO MIRTETO

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLO STADIO DI MONTEROTONDO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità di San Giuseppe - Monterotondo (Roma)
Venerdì, 19 marzo 1993

 

1. “Egli mi invocherà: Tu sei mio Padre” (Sal 89, 27). È assai ricca la parola di Dio che la liturgia ci propone nell’odierna Solennità di san Giuseppe. Essa ci presenta le parole del Vangelo di san Luca ma, al tempo stesso, attinge al grande tesoro dell’Antico Testamento, in particolare al secondo Libro di Samuele e al Libro dei Salmi. Tra l’Antica e la Nuova Alleanza esiste un intimo legame, che viene illustrato da san Paolo, in modo chiaro e profondo, nel brano della Lettera ai Romani, poc’anzi proclamata. Chi è colui che, mediante le parole del Salmo, grida: “Tu sei mio Padre”? È Gesù Cristo, il Figlio del Dio Vivo. Prima, però, che queste parole venissero pronunciate da Gesù di Nazaret, il Salmista le aveva espresse nel contesto dell’Alleanza conclusa da Jahvè con il suo popolo. Sono, pertanto, parole rivolte al Dio dell’Alleanza. Ecco, proprio indirizzandosi a Dio, che è la Roccia della salvezza dell’uomo, Gesù proclama: “Tu sei mio Padre”! Dice, usando l’espressione della massima confidenza di un figlio nei confronti del Padre: “Abbà”, padre mio!

2. Abbà, padre mio! Così Gesù chiama il Padre che è nei cieli, e rende possibile pure a noi di rivolgerci in tal modo a Colui del quale Egli è il Figlio consustanziale ed eterno. Gesù ci autorizza ad esprimerci in questo modo, a pregare il Padre così. La liturgia odierna ci introduce in maniera significativa nella preghiera che il Figlio di Dio rivolge incessantemente al padre celeste. Allo stesso tempo, dalla sua orante invocazione, che mette il luce la paternità di Dio, emerge, in qualche modo, un singolare disegno salvifico circa l’uomo chiamato Giuseppe, a cui il Padre eterno ha affidato una peculiare partecipazione alla propria paternità. “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 20-21). Con queste parole, il Padre celeste chiama Giuseppe, discendente della stirpe di Davide, a partecipare, in modo speciale, alla sua eterna paternità. Il Figlio di Dio, Figlio di Maria, concepito mediante lo Spirito Santo, vivrà al fianco di Giuseppe. Sarà affidato alla sua paterna premura. Si rivolgerà a Giuseppe – un essere umano – come ad un “padre”.

3. La Madre di Gesù, quand’egli era ancora dodicenne, non ebbe forse a dire nel tempio di Gerusalemme: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo!” (Lc 2, 48). Maria parla di Giuseppe ed usa l’espressione: “tuo padre”. In quella circostanza, ben singolare fu la risposta data dal fanciullo Gesù ai suoi genitori: “perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). Gesù rivela in tal modo la verità profonda della sua divina Figliolanza: la verità che concerne il Padre, il quale “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Gesù fanciullo risponde a Maria e a Giuseppe: “Io devo occuparmi delle cose del Padre mio”. E benché a prima vista queste parole sembrino, in un certo senso, mettere in ombra la “paternità” di Giuseppe, in realtà la evidenziano anche maggiormente come paternità premurosa del singolare “discendente di Davide”, Giuseppe di Nazaret.

4. Ecco, carissimi Fratelli e Sorelle, il cuore dell’odierna solennità liturgica: la paternità premurosa di san Giuseppe. Egli è il garante e il protettore che, insieme alla vocazione di padre putativo del Redentore, ha ricevuto dalla Provvidenza divina la missione di proteggerne la crescita in sapienza, età e grazia. Nelle Litanie a lui dedicate, noi l’invochiamo con titoli stupendi. Lo chiamiamo “Illustre figlio di Davide” – “Splendore dei patriarchi” – “Sposo della Madre di Dio” – “Custode purissimo della Vergine” – “Tu che hai nutrito il Figlio di Dio” – “Tu che hai difeso Cristo Gesù” – “Tu che hai guidato la Sacra Famiglia”. Con una espressione, che ben sintetizza la verità biblica su di lui, lo invochiamo come “protettore della Santa Chiesa”. Si tratta di un’invocazione profondamente radicata nella rivelazione della Nuova Alleanza. La Chiesa è, appunto, il Corpo di Cristo. Non era, allora, logico e necessario che colui, a cui il Padre Eterno ha affidato il Figlio suo, estendesse la sua protezione anche su quel Corpo di Cristo, che – secondo l’insegnamento dell’Apostolo Paolo – è la Chiesa?

5. Oggi la Comunità dei credenti, diffusa nel mondo intero, affida a san Giuseppe se stessa e affida al suo potente patrocinio le sue necessità nell’attuale difficile tappa della storia, mentre si avvicina la fine del secondo Millennio cristiano. Invoca il tuo aiuto o mirabile Custode del Signore: “Tu che hai difeso Cristo Gesù”, Tu che sei “protettore della Santa Chiesa”. Anche la Chiesa sabina quest’oggi, raccomanda a te se stessa e i suoi progetti pastorali. Carissimi Fratelli la vostra diocesi si prepara all’importante appuntamento spirituale dell’anno duemila con la Visita pastorale che il vostro Vescovo effettuerà nelle ottantadue parrocchie che compongono la vostra famiglia ecclesiale, in vista della celebrazione del Sinodo diocesano. Possa questa provvidenziale visita pastorale aprire in tutti voi la strada ad una autentica mentalità Sinodale. Voi avvertite come necessario una riscoperta del mistero della “Chiesa” intesa come comunione e missione e il cuore del vostro progetto pastorale è proprio questo: tutti annunciare a tutti che Gesù Cristo è il Signore!

6. Con tali sentimenti sono lieto di salutare ciascuno di voi presenti a questa solenne celebrazione eucaristica e quanti sono a noi uniti spiritualmente. In particolare, saluto il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario Generale per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Saluto con affetto e stima il pastore della vostra Comunità diocesana, Mons. Salvatore Boccaccio, unitamente ai sacerdoti, suoi primi collaboratori nel servizio pastorale ai fratelli! A voi, cari sacerdoti, vorrei rivolgere una parola di sentito apprezzamento per il vostro lavoro apostolico arduo e talora umanamente poco gratificante. Siate sempre solidamente fondati in Cristo; di lui sentitevi in ogni circostanza araldi e testimoni. Curate con passione evangelica la porzione del popolo cristiano a voi affidata e diffondete attorno a voi il messaggio della salvezza destinato ad ogni essere umano. Per poter seminare a piene mani la gioia e la speranza del Vangelo, si consolidi la comunione tra voi e con il vostro Vescovo si che la vostra comune azione pastorale diventi sempre più stretta ed incisiva. Un affettuoso saluto rivolgo al Nunzio apostolico in Italia e ai Vescovi della Conferenza Episcopale Laziale. Saluto, poi, voi cari Religiosi e Religiose e quanti attivamente operate nei vari campi dell’apostolato a servizio del Vangelo. Il Signore ricompensi ogni vostro sforzo e vi renda segni fulgidi della sua presenza nel mondo. Mi è gradito, inoltre, rivolgere un deferente pensiero alle Autorità civili e militari; ai rappresentanti della Amministrazione provinciale di Roma e della Giunta regionale del Lazio, come pure a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa mia visita dandomi modo in un solo giorno di conoscere varie ed interessanti località della Sabina. Con affetto particolare, mi rivolgo a voi, carissimi ammalati, testimoni privilegiati della Croce di Cristo, a voi, anziani, a voi, giovani, che vedo numerosi e so animati da coraggioso ed ardente entusiasmo missionario. Cari giovani, su di voi è puntata la speranza della Chiesa e quella della Comunità civile. Aprite il cuore a Cristo, non lasciatevi catturare dai richiami fallaci del consumismo e dell’egoismo. Siate apostoli di un amore senza frontiere; siate ricercatori di verità autentiche e liberatrici. Siate appassionati di Cristo.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle, l’odierna mia visita, non può non interessare in modo speciale le famiglie e il lavoro – le vostre famiglie e il vostro lavoro: quello svolto nei campi, quello compiuto nelle fabbriche e nelle officine. Il quadro delle condizioni attuali della famiglia è purtroppo, anche in questa vostra regione, per molti aspetti allarmante. La crisi dell’istituto familiare, connessa con le crescenti problematiche del lavoro, si fa sentire e gravi sono le sue ripercussioni sull’intera società. Soprattutto una parte della vostra diocesi, quella che gravita su Roma, risente delle difficoltà della Capitale, sollecitata dalla “immigrazione selvaggia” a nuovi modelli di vita, a nuove esigenze, a un nuovo modo di concepire l’esistenza. Il lavoro di ambedue i genitori, spesso addirittura il doppio lavoro, i tempi morti per i trasferimenti su strade sovraffollate, sono il tarlo roditore dell’identità familiare e contribuiscono ad aumentare lo sbandamento dei giovani, sempre più confusi nelle loro scelte di fondo e delusi nelle loro più intime aspettative. San Giuseppe, custode della famiglia di Nazaret, guarda alle famiglie di questa Comunità diocesana! Aiutale a risolvere le tante e complesse problematiche che rendono il loro futuro incerto e poco sereno. Le persone hanno diritto ad un lavoro che assicuri ai nuclei familiari un tenore di vita dignitoso; i figli debbono poter godere dell’affetto pieno e indiviso dei genitori; le nuove coppie di sposi vanno poste in condizione di iniziare con serenità ed impegno la vita matrimoniale. San Giuseppe aiuta le famiglie a diventare soggetti di una rinnovata evangelizzazione, sostenuta ed accompagnata, come ha ricordato il vostro Vescovo all’inizio della celebrazione, dalla testimonianza della carità a partire dagli ultimi. La vostra comunità diocesana crescerà, così, nell’apertura missionaria e nella concreta solidarietà verso chi è nel bisogno. In tale contesto, vi ringrazio per la generosa offerta che mi avete consegnato a favore delle popolazioni africane maggiormente colpite dalla miseria, dalla violenza e dalla fame.

8. Come avveniva nella Famiglia di Nazaret, nella Famiglia di san Giuseppe, fate delle vostre famiglie il luogo privilegiato dell’incontro vivo con Cristo e i fratelli. Nelle Litanie di san Giuseppe preghiamo ancora così: “Decoro della vita domestica” – “Modello dei lavoratori”. La famiglia e il lavoro diventino, grazie alla sua protezione, qui e dappertutto, germoglio di vita eterna, espressione di quell’Alleanza che Dio ha concluso in Gesù Cristo con l’intera umanità.

“Tu sei mio padre”... Giuseppe fedelissimo, a te ci rivolgiamo. Non cessare di intercedere per noi; non cessare d’intercedere per l’intera famiglia umana!  

Al termine della Santa Messa celebrata a Monterotondo, Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai giovani presenti che hanno eseguito una coreografia come gioioso congedo a conclusione della intensa giornata di incontri nella diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, pronuncia queste parole.  

Voglio ringraziare per questa aggiunta coreografica. Nei tempi passati si predicava con la Bibbia dei poveri. Oggi viviamo un altro fenomeno. Possiamo dire la Bibbia dei giovani. Loro hanno il loro modo di esprimersi di trasmettere i concetti, le preoccupazioni, le speranze. E lo fanno senza parole. Certamente, la figura di San Giuseppe appartiene al profondo Mistero divino, all’incarnazione, e vi appartiene, rappresentando queste due realtà, famiglia e lavoro, che sono umane. Ma appartengono anch’esse alla dimensione del Mistero. Con Cristo la vita umana è diventata Mistero divino. Il Mistero è difficile da esprimere con le parole. Si esprime qualche volta con i gesti, con un linguaggio senza parole che è ancora più espressivo e più comunicativo.

Allora lasciamo ai giovani questa Bibbia dei giovani e che essi portino davanti ai nostri occhi, davanti alla nostra immaginazione, ai nostri cuori, alla nostra fede le verità umane, sempre consapevoli che queste verità sono profondamente permeate dal Mistero divino.

Vi ringrazio giovani. Ringrazio tutta la vostra diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, specialmente questa città. Vi ringrazio per questa giornata passata insieme durante la festa di San Giuseppe. Che questo grande Patrono rimanga sempre vicino a voi.

 



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