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RITO FUNEBRE IN SUFFRAGIO DEL CARDINALE FRANCESCO CARPINO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 7 ottobre 1993

 

Signori Cardinali,
Amati confratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,
Carissimi fratelli e sorelle!

1. Dopo lunga e dolorosa malattia il nostro fratello Cardinale Francesco Carpino ci ha lasciati per il Cielo.

Era già molto anziano, contando ottantotto anni e ben sappiamo che, oltre un certo limite, la vita declina per tutti inesorabilmente, tuttavia, la morte di una Persona benemerita per il lungo servizio prestato alla Santa Sede e alla Chiesa invita alla riflessione.

Il Libro della Sapienza ci ammonisce che “vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni...; vera longevità è una vita senza macchia” (Sap 4, 8-9). Nel caso del Cardinale Carpino possiamo ben dire che la vecchiaia è stata “veneranda” per ambedue i titoli: e per il numero degli anni e per la rettitudine della vita.

In questa cerimonia liturgica, in cui offriamo in suo suffragio il Sacrificio della Santa Messa e ricordiamo con affetto e riconoscenza l’opera da lui compiuta in varie mansioni, vengono in mente le parole programmatiche e consolanti di san Paolo: “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,7-8).

Sì, davvero! Dopo aver vissuto per il Signore, il caro Cardinale Carpino è morto anche per il Signore, sorretto dal suo amore misericordioso e accolto, poi, nell’abbraccio della sua bontà infinita.

Certo, davanti al mistero della morte, il pensiero va trepidante alla verità ricordata dall’Apostolo, secondo cui ciascuno deve rendere conto a Dio di se stesso (cf. Rm 14, 12) ma ci conforta al tempo stesso quanto egli ci ha ricordato nella pagina poc’anzi proclamata, che cioè “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui” (Rm 5, 8-9).

Noi confidiamo che il nostro fratello defunto sia stato “salvato” per mezzo di Cristo, che egli come Sacerdote, Vescovo e Cardinale ha servito fedelmente nel corso della sua lunga vita.

2. Era nato il 18 maggio 1905 a Palazzolo Acreide (Siracusa) ed aveva compiuto gli studi ginnasiali nel Seminario di Noto; in seguito fu alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore, conseguendo presso l’Università del Laterano le lauree in filosofia e teologia, e la licenza in Diritto Canonico.

Ordinato sacerdote nell’agosto 1927 insegnò filosofia e teologia nel Seminario di Noto per due anni, e fu poi chiamato a succedere a Monsignor Domenico Tardini alla Cattedra di Teologia Sacramentaria nell’Ateneo Lateranense, rimanendovi fino al 1951. Scrisse alcuni trattati sul Sacramento dell’Eucaristia e della Penitenza e molti articoli su riviste ed enciclopedie teologiche. In questo periodo di tempo egli svolse altre mansioni presso il Vicariato, le Congregazioni dei Sacramenti e dei Riti e dell’allora Santo Offizio. Particolarmente accurata e generosa fu la sua attività a vantaggio dei profughi e dei perseguitati durante gli anni del conflitto mondiale.

Nel febbraio 1951 Pio XII lo promuoveva Coadiutore dell’Arcivescovo di Monreale Monsignor Ernesto Filippi, al quale poco dopo succedeva, dedicandosi per dieci anni con intensa passione al ministero pastorale per lo sviluppo della vita religiosa e sociale.

Nel 1961 il Sommo Pontefice Giovanni XXIII lo richiamò a Roma, nominandolo Assessore dell’allora Congregazione Concistoriale; in ragione di tale ufficio nel giugno 1963, egli fu Segretario del Conclave, nel quale fu eletto Pontefice Paolo VI. Dopo aver svolto numerosi incarichi in diversi Organismi della Curia Romana, rivestendo anche per un breve periodo la mansione di Pro-Prefetto della Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, nel 1967 fu nominato Arcivescovo di Palermo ed elevato alla dignità cardinalizia. Nell’ottobre del 1970 rinunciò al governo pastorale dell’Arcidiocesi assumendo altri impegnativi incarichi presso la Congregazione per i Vescovi, il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica e presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

3. Noi oggi, pregando per il Cardinale Carpino e ricordando la sua lunga vita, non priva di sofferenze tanto acute quanto nascoste, possiamo e dobbiamo rammentare e fare nostra l’esortazione che egli rivolgeva ai fedeli dell’amata arcidiocesi di Palermo al momento del commiato: con voce commossa egli raccomandava a tutti di restare sempre fedeli al triplice impegno dell’amore, della pace e dell’unità.

Rimeditiamo quel monito alla luce del messaggio delle Beatitudini, poc’anzi ascoltato. Mentre la storia umana percorre il suo drammatico cammino tra sempre nuove conquiste e mai sopiti contrasti, il Divin Maestro ci propone un programma di vita efficace e sicuro, proclamando beati i poveri in spirito, e cioè gli umili di fronte al Mistero, i miti, gli afflitti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i perseguitati per causa del Regno di Dio.

La lunga vita del Cardinale Carpino ha tratto costante ispirazione da tali eterne parole. Il Servizio da lui reso alla Chiesa e alle anime con fede invitta e con dedizione totale costituisce una eloquente conferma di quanto la liturgia ci ha autorevolmente ricordato: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato” (Rm 5,5-6).

Carissimi fratelli e sorelle! Nell’offrire in suo suffragio il Divin Sacrificio, preghiamo perché il Cardinale Francesco Carpino possa al più presto godere, presso l’Altissimo, la felicità eterna per la quale unicamente siamo stati creati. Il nostro compianto fratello, nel mistero della sua morte nel Signore, ci invita oggi a guardare con speranza rinnovata verso tale meta suprema: “La grazia e la misericordia sono per i suoi eletti e la protezione per i suoi santi” (Sap 4, 15).

Amen!

 

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