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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L'IMPOSIZIONE
DEL PALLIO A 20 ARCIVESCOVI METROPOLITI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo - Mercoledì, 29 giugno 1994

 

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16) parole di Pietro. “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (At 9, 5) parole di Gesù a Saulo.

Queste due frasi offrono una chiave interpretativa dell’odierna solennità. La prima fu pronunciata nei pressi di Cesarea di Filippo da Simone, figlio di Giona, il futuro apostolo Pietro. La professione di fede nella sua divina figliolanza divenne la pietra sulla quale Cristo edificò la sua Chiesa. Proprio per questo Simone, fin dal suo primo incontro col Maestro, fu da Lui chiamato “Pietro”: “ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)” (Gv 1, 42), cioè Roccia, Pietra. Nei pressi di Cesarea di Filippo, dopo la confessione di fede, Gesù ripete la stessa cosa: “Tu sei Pietro (cioè Pietra) e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). “Beato te, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato la mia divinità, ma il Padre mio che sta nei cieli” (cf. Mt 16, 17). Soltanto Dio poteva rivelare il Cristo, perché solo il Padre conosce il Figlio (cf. Mt 11, 27). Confessando la divinità di Cristo, Pietro partecipa all’eterna conoscenza che il Padre celeste ha del Figlio suo. In tale partecipazione sta l’essenza della fede: la fede di Pietro e la fede della Chiesa. La Chiesa si edifica costantemente su questa fede, come su una pietra.

2. Anche la fede di Paolo proviene da Cristo. Saulo di Tarso, discepolo del grande Gamaliele, fariseo, non aveva conosciuto Cristo durante la sua vita terrena, ma aveva su di Lui le stesse opinioni dei membri del Sinedrio, che lo avevano condannato a morte e consegnato nelle mani di Pilato: per loro Gesù di Nazaret era un ingannatore. Saulo pensava allo stesso modo e perseguitava i discepoli e i confessori di Gesù di Nazaret con grande convinzione.

Gamaliele, per parte sua, era favorevole ad una posizione moderata: era stato, infatti, uno di coloro che avrebbero voluto impedire la condanna a morte di Gesù. S’era pronunciato anche in difesa degli Apostoli, e in particolare di Pietro, per evitare la loro condanna. Era stato lui a dire ai membri del Sinedrio: “Se . . . questa dottrina o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!” (At 5, 38-39).

Ma Saulo non condivideva su questo la posizione del suo maestro Gamaliele. Non ammetteva che fosse d’origine divina la dottrina predicata dagli Apostoli di Cristo. Fariseo, “irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge” (Fil 3, 6), egli era deciso a perseguitare i cristiani, a gettarli in prigione e a punirli perfino con la morte, come nel caso di Stefano, il primo diacono martire, alla cui lapidazione era stato presente (cf. At 7, 58).

Per lo stesso scopo, Paolo era partito da Gerusalemme per Damasco, sapendo che anche in quella città la dottrina degli Apostoli aveva dei seguaci. Ed ecco, ormai presso le mura della città, abbagliato da una grande luce, cadde da cavallo, e in quel bagliore che lo accecava udì le parole: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9, 4). Egli, che non vedeva nulla, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (At 9, 5). Saulo perseguitava Gesù nei suoi discepoli: era persecutore della Chiesa nascente. Gli fu rivelato che, facendo così, perseguitava Gesù stesso e che non era leggenda né invenzione la risurrezione del Signore dopo la sua crocifissione e sepoltura. Il Risorto in persona gli apparve sulla strada di Damasco, gli parlò, vivo e presente, ordinandogli: “Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare” (At 9, 6). E davvero, a Damasco fu comunicato a Saulo ciò che doveva fare. Ricevette il battesimo nel nome di Gesù Cristo, che lo chiamò “uno strumento eletto”: Colui che aveva chiamato Simone “Pietra”, chiamò Paolo “strumento eletto” per portare il suo nome dinanzi ai popoli e alle nazioni di tutta la terra (cf. At 9, 15).

3. Oggi carissimi riflettiamo sul cammino percorso da entrambi gli Apostoli, un cammino terminato proprio qui, a Roma. Fu un itinerario che condusse Pietro dapprima in prigione a Gerusalemme, dove fu gettato da Erode, e da dove il Signore lo strappò miracolosamente; quell’itinerario condusse poi Pietro attraverso Antiochia, fino a Roma, come leggiamo negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo. Il cammino di Paolo invece fu diverso: si sviluppò lungo la rotta dei quattro memorabili viaggi apostolici. In precedenza egli si era preparato ad annunziare Cristo con un periodo di solitudine: prima nella città natale di Tarso, poi nel deserto arabo, prendendo quindi contatto con Pietro e altri Apostoli, per verificare se la sua comprensione del Vangelo era giusta (cf. Gal 2, 2). Questo fariseo, illuminato dallo Spirito sulle ricchezze del mistero di Cristo, giunse a conclusioni profonde e decisive, anzitutto circa la giustificazione. Non la sola obbedienza alla Legge, come prima riteneva, ma la fede in Cristo è fonte della giustificazione; e come prima era stato pronto a combattere per difendere ogni prescrizione pur minima dell’Antica Legge, così ora si opponeva a coloro che tentavano di imporne l’osservanza ai cristiani convertiti dal paganesimo. Per sostenere questo fondamentale principio egli non rifuggì dall’opporsi allo stesso Pietro, che si era mostrato troppo condiscendente nei riguardi dei giudaizzanti.

Il Vangelo di Cristo costituisce una novità assoluta. La Nuova Alleanza, pur essendo stata preparata nell’Antica e pur costituendo la diretta eredità di Abramo e di Mosè, è tuttavia qualcosa di radicalmente nuovo. Dio, che aveva parlato nell’Antico Testamento per mezzo dei Patriarchi e dei Profeti, alla fine ha parlato per mezzo del Figlio ed ora il Verbo di Dio-Figlio è la fonte della verità salvifica (cf. Eb 1, 1-2). Così insegnava Paolo in tutti i suoi viaggi. Così insegnava visitando le sinagoghe dell’Asia Minore; così insegnava percorrendo le città greche; così in particolare parlò all’Areopago di Atene. Per questo fu perseguitato e flagellato dai suoi ex fratelli nella fede; per questo su di lui incombeva la pena di morte, quando tornò a Gerusalemme e si recò sulla soglia del tempio. Ma, dovunque, il Signore gli stava vicino infondendogli forza, affinché per suo mezzo si compisse l’annuncio del Vangelo e lo potessero ascoltare tutte le nazioni (cf. 2 Tm 4, 17).

4. Paolo, maestro delle nazioni, e Pietro, al quale il Signore affidò le chiavi del Regno dei cieli, si incontrarono finalmente a Roma. Cristo aveva legato i destini di questi due Apostoli, giunti a Lui per vie così diverse. Entrambi furono condotti da Cristo alla capitale dell’Impero, che diverrà il centro della sua Chiesa. Qui giunse per l’uno e per l’altro il giorno in cui il loro sangue doveva essere sparso in sacrificio. E così, da allora, Roma è rimasta la città della testimonianza definitiva degli Apostoli Pietro e Paolo, il luogo del loro martirio: una morte che - grazie a quella di Cristo - genera nuova vita.

Ogni anno, in questo giorno, la Chiesa diffusa su tutta la terra fa memoria di tali eventi. Sono qui convenuti venti Metropoliti di varie parti del mondo, per ricevere il pallio, segno dell’unione con la Sede di Pietro nella stessa fede della Chiesa. Nell’accoglierli con un abbraccio fraterno, saluto con affetto le Chiese ad essi affidate. È bene che questa solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo sia divenuta in tal modo espressione dell’universale unità della Chiesa, edificata sulla roccia della loro fede, confermata con la testimonianza suprema del sangue.

Tutti noi riceviamo oggi con gioia la Delegazione ortodossa guidata dal Metropolita di Helioupolis e Theira, Athanasios, che il Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, ha fraternamente inviato a questa Chiesa di Roma per unirsi a noi nella celebrazione dei Santi Pietro e Paolo dopo averci guidato quest’anno nella Via Crucis al Colosseo con le sue meditazioni sul mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Nel rivolgere a ciascuno dei Delegati un cordiale saluto, esprimo l’auspicio d’incontrare personalmente il Patriarca ecumenico in questa stessa Basilica, per pregare insieme con lui il Signore affinché, per l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo, ci conceda di raggiungere presto la piena comunione.

Con venerazione ricordiamo oggi anche l’Apostolo Andrea, fratello di san Pietro, la cui tradizione è singolarmente viva nella Chiesa di Costantinopoli. Andrea condusse Simone da Gesù. Fu lui a dirgli: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1, 41) e Pietro lo seguì. Proprio allora Cristo gli disse: “Ti chiamerai Cefa” (Gv 1, 42).

Cefa-Pietro è sempre disposto ad andare da Cristo seguendo suo fratello Andrea; è pronto ad andare da Cristo seguendo tutti i fratelli nel ministero apostolico. Il Signore gli ha manifestato che, se egli deve guidare e confermare gli altri, deve anche essere pronto ad ascoltarli.

5. Crediamo che oggi Cristo prega per Pietro in modo particolare, come gli aveva promesso nell’ora della prova suprema: prega per Pietro, perché non venga meno la sua fede (cf. Lc 22, 32). Questa festa, che accomuna gli apostoli Pietro e Paolo, serva a consolidare la fede della Chiesa. Serva a proclamare la gloria del Signore, il Cristo crocifisso e risorto. Poiché “Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché [ . . .] ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 9-11).

Amen!

 

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