CONCISTORO PER LA CREAZIONE DI 30 NUOVI CARDINALI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sabato, 26 novembre 1994
“Filius hominis venit ut ministraret et daret animam suam redemptionem pro multis” (Mc 10, 45).
1. Gesù presenta così la sua missione, offrendosi come modello da imitare e da seguire. Il mandato che ha ricevuto dal Padre, Egli lo affida agli apostoli e ad ogni credente: annunciare e testimoniare al mondo la Verità. Cristo, il Primogenito di ogni creatura, per questa causa ha donato la vita sulla croce in riscatto “dei molti”, cioè di tutti gli uomini.
In questo suo donarsi totalmente fino al sacrificio della Croce emergono con la più grande chiarezza l’amore di Cristo per gli uomini ed il servizio evangelico da Lui assunto in obbedienza al Padre. Questo esempio del Maestro tutti i discepoli sono chiamati a condividere e proporre, ciascuno secondo la propria vocazione, pronti sempre a farsi, insieme con Lui, servi di ogni uomo.
Le parole dell’evangelista Marco illuminano pienamente il senso del Concistoro, momento di grande importanza per la vita della Chiesa, costruita sul fondamento degli Apostoli e dei Martiri. Il servizio di amore, al quale il Signore chiama i battezzati, viene proposto in modo del tutto singolare a voi, carissimi e venerati Fratelli, eletti alla dignità cardinalizia.
È un servizio esigente, da prestare con la massima dedizione “usque ad effusionem sanguinis”, come afferma la formula per l’imposizione della berretta e come ben mostra il colore rosso collegato con la dignità cardinalizia.
2. Pascete il gregge di Dio, facendovi modelli (cf. 1 Pt 5, 2-3). Venerati Fratelli, con l’odierna celebrazione voi entrate a far parte a pieno titolo della Chiesa di Roma, di cui il Successore di Pietro è Vescovo. Fin dal primo millennio della sua storia, la Chiesa di Roma comprendeva le diocesi suburbicarie affidate a vescovi, le parrocchie delle quali erano responsabili i presbiteri, e le diaconie delle quali, conformemente ad un’antica tradizione apostolica, si occupavano i diaconi con compiti sia liturgici che sociali. Il Collegio cardinalizio riflette tuttora, pur nelle mutate condizioni storiche, tale ordinamento attraverso la triplice divisione in Cardinali vescovi, Cardinali presbiteri e Cardinali diaconi. È assai significativo, ad esempio, che responsabili dei Dicasteri della Curia Romana siano Cardinali diaconi, a sottolineare quasi visibilmente il carattere “diaconale” della Curia a servizio della Chiesa universale.
Il vostro legame con la Chiesa di Roma mette così in luce la missione peculiare che questa Comunità ecclesiale ed il suo Pastore, il Papa, rivestono nei confronti dell’intero popolo cristiano. Missione diaconale di comunione e di guida nel predicare e testimoniare il Vangelo, rispondendo alle grandi “sfide” del mondo contemporaneo.
3. Compito specifico dei Cardinali riuniti in Conclave è proprio l’elezione del Vescovo di Roma, Successore di Pietro, assicurando la continuità della successione apostolica in questa Sede, continuità essenziale per la Chiesa e per il suo cammino nei secoli al fedele servizio del Vangelo.
Il Collegio cardinalizio nella sua attuale composizione esprime, assai significativamente, l’unità e l’universalità del popolo di Dio e, soprattutto negli ultimi anni, si è arricchito della crescente presenza di Presuli di molte Nazioni di ogni Continente: nella schiera dei nuovi Cardinali sono rappresentate ben ventiquattro Nazioni di ogni parte del mondo.
La comunione dell’intero gregge di Dio, nutrito da Cristo, principe dei pastori (cf. Lumen gentium, 6), viene così a rispecchiarsi, in certo modo, nel Collegio cardinalizio, la cui istituzione è molto importante dal punto di vista della tradizione collegiale della Chiesa. La dimensione collegiale, costitutiva ed essenziale per l’episcopato, trova in effetti una manifestazione eminente ed esemplare nei Cardinali stretti intorno al Successore di Pietro.
Questa dimensione collegiale, originaria ed intrinseca alla successione apostolica, è andata sviluppandosi nel corso dei secoli, in connessione con la storia della Chiesa e vive oggi un momento particolarmente felice di riscoperta della sua genuinità e di acquisizione di nuove potenzialità.
Ciò vale anche per quella sua peculiare espressione che è costituita dal Collegio dei Cardinali: oltre ad abbracciare, per così dire, il mondo intero, esso, grazie alle maggiori possibilità di comunicazione e di incontro, sviluppa oggi in maniera più costante ed efficace il suo servizio. Comunione, collegialità e comunicazione vanno insieme: la comunicazione al servizio della collegialità e la collegialità al servizio della comunione.
4. Singolare espressione della comunione ecclesiale, ed in particolare della collegialità episcopale, è senza dubbio il Sinodo dei Vescovi. Il Concilio Vaticano II, come pure il mio venerato predecessore il Servo di Dio Paolo VI, hanno operato attivamente perché tale istituzione acquistasse sempre più vigore e consistenza. Si è registrato così, negli anni del post-Concilio, un provvidenziale sviluppo della dimensione sinodale della Chiesa, i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti. La chiamata alla dignità cardinalizia del Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi va vista, oltre che come riconoscimento alla persona, come un’ulteriore tappa di tale incremento.
Lo sviluppo della “sinodalità” nella Chiesa, in cui si rispecchia visibilmente la collegialità dell’intero Episcopato, procede di pari passo con la tradizione dei Concistori ordinari e straordinari. Nei sedici anni del mio servizio pastorale, ho avuto occasione di convocare sei Concistori ordinari e cinque straordinari, l’ultimo dei quali ha avuto luogo nel giugno scorso ed è stato dedicato alla preparazione del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Da quella riunione ho tratto molti elementi per la stesura della Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente.
5. Venerati Fratelli! Sono veramente lieto in questa circostanza di salutare con affetto ciascuno di voi, insieme con le Comunità ecclesiali delle quali siete Pastori o dalle quali provenite. Fra voi vi sono Prelati che offrono già da tempo un prezioso servizio alla Santa Sede, Pastori che sono alla guida di Comunità cristiane cariche di storia o note per la loro sofferta e coraggiosa testimonianza evangelica, Presuli che per la prima volta assicurano alle loro Comunità di provenienza presenza e voce nel Collegio cardinalizio; vi sono fra i neo-Eletti anche illustri esponenti della cultura cattolica e della Teologia.
Di voi si è fatto interprete il carissimo Cardinale Nasrallah-Pierre Sfeir, che ringrazio sentitamente per le toccanti parole rivoltemi. Egli ha voluto, inoltre, riaffermare l’impegno di ciascuno dei neo Cardinali a restare fedele alla propria vocazione di Pastore, in piena e generosa collaborazione con la Sede Apostolica.
Il pensiero va naturalmente in questo momento con speciale intensità ad ogni Comunità cristiana duramente provata. Penso ai fedeli che si trovano nel Libano, ove sperimentano nella propria carne le conseguenze dei gravi problemi legati alla situazione politica in Medio Oriente; penso alle Chiese dell’Est, che per lunghi anni hanno dovuto subire le vessazioni di un regime totalitario ateo; penso ai cattolici del Viêt Nam e di Cuba, che danno una coraggiosa testimonianza di fedeltà a Cristo e di servizio silenzioso ai fratelli in mezzo a non poche difficoltà; penso, in particolare, ai cristiani di Sarajevo e della Bosnia ed Erzegovina, dove purtroppo non si è ancora fermato il devastante fragore delle armi e tanto sangue innocente continua a scorrere, senza che si intraveda una prospettiva di pace.
La vostra presenza, venerati Fratelli, è un grande segno di speranza: essa sta ad indicare che la Chiesa intera è accanto a chi soffre con la preghiera e con una spirituale e concreta solidarietà. La Chiesa ed il Papa sono particolarmente solidali con i fratelli e le sorelle dell’amata terra di Bosnia ed Erzegovina, simbolo di assurde lotte fratricide che insanguinano l’Europa e il mondo. Guardano a quella regione con cristiana fiducia ed invocano da Dio misericordioso per i popoli coinvolti nel conflitto l’avvento dell’auspicata riconciliazione e della pace.
6. È Cristo, venerati Fratelli, la nostra autentica Pace: noi lo attendiamo. Inizia proprio domani il tempo dell’Avvento, tempo di attesa e di orante vigilanza.
Ma l’Avvento quest’anno assume un rilievo tutto particolare. Con esso prende avvio, infatti, la preparazione di tutta la Chiesa allo storico appuntamento del grande Giubileo del 2000, verso il quale siamo ormai velocemente incamminati.
Nella recente Lettera Apostolica “Tertio millennio adveniente”, ho sottolineato come “i cristiani sono chiamati a prepararsi al Grande Giubileo dell’inizio del terzo millennio rinnovando la loro speranza nell’avvento definitivo del Regno di Dio, preparandolo giorno dopo giorno nel loro intimo, nella Comunità cristiana a cui appartengono, nel contesto sociale in cui sono inseriti e così anche nella storia del mondo” (n. 46).
La Chiesa è chiamata a mostrare all’umanità intera, con la parola e con l’esempio, che il suo cammino nel tempo è in realtà un itinerario verso Cristo, un misterioso viaggio spirituale che termina in Dio.
7. Affido questo impegnativo itinerario alla Vergine Madre del Redentore, particolarmente presente nella liturgia dell’Avvento. Ella è l’immagine perfetta della Chiesa, che attende con speranza la venuta del Figlio di Dio. Maria ci precede nel cammino verso Cristo, salda nella fede e pronta nell’adempimento della parola di Dio. La sua totale adesione al disegno salvifico è modello per ogni credente che vive nell’attesa operosa del ritorno del Signore della gloria.
A Lei affido, in particolare, voi, carissimi Fratelli, ai quali mi accingo ad imporre la berretta e ad assegnare il titolo cardinalizio, affinché guidi e sostenga il vostro servizio nella Chiesa.
Rivestita di speranza e di amore, rinvigorita nel suo splendore e nella sua santità, la Comunità dei credenti possa così proseguire con quotidiano coraggio la sua ardua missione di annunciare e testimoniare la buona novella di Cristo.
Certa che dopo una breve sofferenza, il Dio di ogni grazia la confermerà e la renderà stabile per sempre (cf. 1 Pt 5, 10), la Chiesa prosegue serenamente “tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (S. Agostino, De civitate Dei, 18,59,2).
“Ipsi, soli Deo, imperium in saecula saeculorum. Amen!” (1 Pt 5, 11).
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