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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

 


A sua eccellenza Salim Ahmed Salim presidente dell’assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

1. L’importanza di questa sessione speciale e del contenuto dei suoi lavori mi sollecita ad indirizzare a questa ragguardevole assemblea alcuni pensieri e riflessioni su di un argomento che è stato di costante interesse per la santa Sede, specialmente nell’ultimo ventennio. Con questo messaggio la santa Sede intende assicurare nel futuro il suo continuo interesse in questo campo. Il lavoro preparatorio a questa sessione è stato lungo e impegnativo. Esso ha assorbito le energie e le risorse dei maggiori organi delle Nazioni Unite ed è stato oggetto di un vasto impegno e di grandi speranze da parte di popoli di tutto il mondo. La santa Sede ha seguito tutto questo lavoro da vicino e con un vivo desiderio di servire.

Qualunque abbiano potuto essere i vantaggi o le mancanze degli sforzi passati, questa sessione speciale dovrebbe essere vista come una nuova opportunità di stabilire una linea che possa giovare ai popoli e alle nazioni. È giustamente una nuova opportunità a motivo del lavoro che è stato fatto, ma ancor più per le necessità e le giuste aspirazioni di tantissimi uomini che a ragione continuano a cercare un futuro migliore e più umano per se stessi e per i propri figli.

2. Per essere un’opportunità nuova, questa sessione delle Nazioni Unite non deve affondare nel passato. Essa dovrebbe essere piuttosto un’occasione per ognuno di noi di imparare dal passato e di fare nuovi passi avanti, coscienti di ciò che può aver ostacolato il progresso nel passato, così che possano essere evitati fallimenti nel futuro. Questo lavoro non può ricadere nei vecchi polarismi, deve trascenderli. Non può essere prigioniero di tristi ideologie, deve invece superarle. Se i partecipanti di questa assemblea sono uomini nel desiderio di esaminare nuovamente i problemi comuni, allora è già stata creata l’atmosfera che renderà questa sessione una delle più produttive delle Nazioni Unite.

3. In queste discussioni la Chiesa cattolica ha un suo ruolo da svolgere. Essa non cerca di parlare di questioni meramente economiche o tecnologiche. Non cerca di dare soluzioni concrete alle realtà complesse che sono sotto la sua particolare responsabilità. Questo non significa che la Chiesa sia ignara della complessità dei problemi che stanno davanti a questa assemblea, né essa è inconsapevole dell’essenza e del contenuto delle questioni che devono essere qui affrontate dagli esperti di varie parti del mondo. Ma qui la Chiesa parla anzitutto per testimoniare la sua sollecitudine per tutto ciò che riguarda la condizione umana. Molti di voi già sanno che la santa Sede ha preso parte in vari modi alla maggior parte del lavoro preparatorio a questa sessione speciale, così come ha partecipato ai lavori di varie organizzazioni le cui preoccupazioni trovano ampio spazio in questa assemblea.

La santa Sede, mentre lascia giustamente i problemi puramente tecnologici ed economici a coloro che ne sono direttamente responsabili, continua ad essere presente a queste riunioni per unire la sua voce nel corso delle discussioni. Fa questo al fine di offrire una visione della persona umana e della società. Fa questo per proporre dei criteri utili ad assicurare che i valori umani, i valori dello spirito, i valori dei popoli e delle culture non siano inavvertitamente asserviti a qualche scopo meno alto, che dia un vantaggio meramente economico o materiale e che in definitiva non si rivelerebbe degno della persona e della società che noi tutti cerchiamo di promuovere.

4. Come è stato riconosciuto, oggi viene attribuita una importanza sempre maggiore alle considerazioni di carattere non economico per quanto riguarda la creazione di nuove strutture dei rapporti internazionali. A questo proposito i fattori religiosi ed etnici, l’educazione e l’opinione pubblica hanno una parte importante. La pace stessa diventa la forza motrice di tantissimi ambiti della comunità umana, quella pace che è irriconciliabile con le guerre militari ed economiche.

Una tale prospettiva si apre davanti a noi in questa sessione speciale. E se vi parlo in virtù della mia eredità cristiana ed uso un vocabolario familiare a coloro fra voi che seguono Colui che chiamiamo il Principe della Pace, faccio questo con la convinzione che le mie parole possano essere facilmente comprese ovunque dagli uomini e dalle donne di buona volontà e siano loro di beneficio.

5. La cosa per me più importante è un appello a tutti voi che siete qui e a tutti i popoli in ogni parte del mondo. È un appello ad andare oltre ogni posizione statica che derivi da una particolare ideologia. Bisogna che ogni sistema ed ogni parte funzionante di un sistema guardi a ciò che in realtà può fare, per chiedere come in realtà esso possa contribuire, per vedere come in realtà possa favorire i veri scopi della vita umana, senza riguardo per qualunque posizione le consuete dispute basate su pregiudizi ideologici vogliano imporre artificialmente - posizioni e pregiudizi che ostacolano invece di promuovere un reale progresso e una fraterna collaborazione.

Questa grande assemblea è composta di uomini e donne di diversi, addirittura opposti, sistemi ed ideologie. Non possiamo tuttavia permettere che i limiti dei pregiudizi ideologici ostacolino la nostra sollecitudine per l’uomo - l’uomo nella realtà, tutto l’uomo, ogni uomo (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 13). Perciò non possiamo permettere che queste categorie ideologiche ci imprigionino. Non possiamo lasciarci dominare da vecchi conflitti in modo tale da non poter rispondere ai bisogni dei popoli ovunque.

6. In luogo degli indugi ideologici che hanno prevalso in passato, vorrei suggerire un criterio che è un atteggiamento e un principio guida, il quale misura ogni decisione concreta che tutti voi, membri di questa assemblea, prenderete: è la speranza, una solida, realistica speranza per ogni uomo, donna e bambino e per la società stessa.

Questa speranza non è un desiderio, non un vago sentimento. È una categoria nata dalla nostra esperienza storica e nutrita dai nostri desideri comuni per il futuro. Come tale, questa speranza accetta la storia come il luogo della propria azione e dichiara abbastanza apertamente e realisticamente che il futuro è una storia che deve essere fatta, fatta da noi con l’aiuto di Dio onnipotente. È un futuro che va costruito con gli sforzi di tutti, per assicurare il bene comune attraverso la reciproca cooperazione e collaborazione. Questa speranza è allora il criterio guida: esso ci dice che, se c’è una storia che va realizzata e se siamo responsabili del bene comune ora e nel futuro dobbiamo esaminare insieme e mettere in pratica ora le modifiche necessarie, così che il futuro a cui aneliamo corrisponda alla speranza che condividiamo per tutti gli individui, i popoli e le nazioni di questa terra.

7. La considerazione di questo atteggiamento della speranza come nostra prospettiva comune e come principio guida nei lavori di questa assemblea mi consente di porre in rilievo alcuni punti che meritano di essere considerati seriamente in questa sessione e fuori di essa. I problemi di cui parlo non sono gli unici ad avere grande importanza. Essi costituiscono tuttavia alcune delle preoccupazioni più urgenti che sono già state discusse in varie riunioni delle Nazioni Unite ed esigono la nostra attenzione, sia in ragione del lavoro che ad essi è già stato dedicato, sia perché lo richiedono le condizioni del mondo attuali.

- C’è un bisogno estremo di una maggiore e più equa distribuzione delle risorse. Questo implica l’inclusione della scienza e della tecnologia, che fu l’argomento dell’assemblea delle Nazioni Unite a Vienna lo scorso anno. Ciò significa una tecnologia adatta alle necessità e ai migliori interessi dei popoli e delle nazioni in questione. Ma significa molto di più di una semplice distribuzione materiale.

C’è bisogno urgente di distribuire le risorse della mente e dello spirito, della conoscenza scientifica e dell’espressione culturale ed artistica. Una tale distribuzione non è a senso unico. È reciproca e multilaterale e comporta che i valori culturali, etici e religiosi dei popoli debbano essere sempre rispettati dalle parti implicate in questa distribuzione. Essa comporta una reciproca disposizione ad imparare l’uno dall’altro e a condividere l’uno con l’altro.

In questa distribuzione non c’è dubbio che lo sviluppo tecnologico e la crescita economica comportino cambiamenti nei modelli sociali e culturali di un popolo. In certa misura questo è inevitabile e deve essere affrontato realisticamente per la crescita di un popolo. Ma, e siamo onesti, quando diciamo che l’uomo non è solo “homo oeconomicus” noi tutti dobbiamo premurarci di vedere che ogni cambiamento dannoso, in cui i valori positivi vengono sacrificati, sia ridotto al minimo e che i valori etico-morali, culturali e religiosi siano anteposti agli indicatori di crescita puramente economica.

In questa distribuzione infine è bene riconoscere ed appoggiare i numerosi metodi nuovi di cooperazione tra i popoli e le nazioni. Non solo vi è una condivisione fra un gruppo e un altro; anche le nazioni in via di sviluppo stanno imparando a dividere fra loro, e gruppi regionali si aiutano l’un l’altro nella ricerca dei mezzi migliori per favorire i loro interessi reciproci.

- Voi membri di questa assemblea non potete accontentarvi solo di altre prospettive o di ideali etici.

Voi avete la responsabilità di negoziare insieme in buona fede e rispetto reciproco. I negoziati che voi conducete dovrebbero essere il più possibile completi, prendendo in considerazione i vantaggi che si dovrebbero ottenere da accordi di grande portata su tutti i punti che dovrete trattare. Questo tipo di realismo illuminato farà molto per creare le modificazioni necessarie al nostro futuro comune, costruito sulla nostra comune speranza.

- Il mio predecessore Paolo VI esortò le nazioni sviluppate a contribuire per l’1% del loro prodotto nazionale lordo alla causa dello sviluppo. La cifra che effettivamente viene destinata oggi a questo scopo sembra molto più bassa. Riconosco che l’inflazione è un problema mondiale, che tocca sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo. Tuttavia la santa Sede desidera ripetere l’appello di Paolo VI, secondo cui l’1% del prodotto nazionale lordo non è un traguardo irrealistico. Il contributo di questa percentuale aiuterebbe in larga misura il fondo comune concordato attraverso i negoziati Unctad e allo stesso modo un possibile fondo mondiale di sviluppo.

- Perché iniziative di questo genere siano effettive, deve esserci uno sforzo rinnovato da parte di tutte le nazioni, sviluppate e in via di sviluppo, per porre fine ad ogni spreco, sia materiale che umano.

Sul piano materiale i problemi dell’ambiente esaminati dall’Unep e da altre organizzazioni meritano un rinnovato studio ed azione. L’intero problema dell’energia potrebbe essere ben visto in questo contesto, così da rendere utilizzabili le risorse energetiche effettive senza un inutile spreco e uno sfruttamento delle materie.

Sul piano umano molte conferenze delle Nazioni Unite hanno dimostrato sollecitudine per i bambini, per le donne, per gli handicappati, per tante categorie e popoli le cui risorse vengono sfruttate o non utilizzate per il loro bene e per il bene della società. Ancora una volta l’impegno sui vari aspetti dello sviluppo umano per il bene comune può riaccendere le speranze dei popoli, dando loro la prospettiva di un’esistenza più piena e feconda.

- Infine, non sarei fedele al mio compito se non richiamassi l’attenzione sui poveri e su coloro che sono ai margini della società in tutto il mondo. Ci sono paesi ricchi di risorse culturali, spirituali ed umane, ma che sono fra i più poveri economicamente e si trovano fra quelli che soffrono maggiormente per la situazione attuale. Noi tutti conosciamo le statistiche impressionanti riguardo alla terribile carestia che affligge così tanti popoli sulla terra. I popoli che soffrono in varie regioni gridano a noi di portar loro soccorso ora, affinché possano sopravvivere.

Tutti noi che abbiamo così tanto, possiamo almeno impegnarci per dare nuova speranza a questi poveri del mondo attuando l’impegno anzitutto di alleviare la loro condizione, quindi di provvedere ai loro bisogni fondamentali, come il cibo, l’acqua, la salute, l’abitazione. Alleviare le sofferenze immediate e procurare quegli elementi che aiuteranno i popoli a diventare più autosufficienti sarebbe una sicura indicazione che stiamo contribuendo alla speranza che questa terra e i suoi abitanti hanno bisogno.

8. In tante questioni simili ciò che è necessario è la volontà politica che vada oltre l’interesse immediato. Una tale volontà politica ha condotto in passato a grandi risultati, quali la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Una tale volontà deve essere costantemente guidata da criteri che esaltino l’umano e il sociale, l’etico e il culturale; il morale e lo spirituale al di sopra dell’economico e del tecnologico soltanto.

Una tale volontà ha bisogno di essere sviluppata non solo fra i governanti, ma fra tutti i popoli ad ogni livello di vita. Molti problemi possono essere risolti solo a livello globale ed in questa assemblea voi avete questi compiti davanti a voi. Ma su molti altri si può e si dovrebbe trovare un accordo proficuo a livello continentale o regionale o a qualche altro livello intermedio. La necessità di soluzioni globali a molti problemi non dovrebbe renderci ciechi alle possibilità di risolverli e di costruire un futuro migliore a livelli di vita inferiori a quelli globali. Infatti, applicando la nozione di sussidiarietà, possiamo vedere che ci sono molti gruppi e popoli che possono risolvere meglio i loro problemi ad un livello locale o intermedio e che tale azione dà loro inoltre un senso diretto di partecipazione ai loro stessi destini. Questo è un passo positivo, a cui noi tutti dovremmo essere sensibili.

9. Nelle mie visite pastorali in Europa, in nord e sud America e in Africa ho parlato spesso e in vari modi del bisogno della conversione dei cuori. Ho sottolineato la necessità che ognuno di noi si converta e veda nell’altra persona un fratello o una sorella uniti dal legame di una comune umanità davanti a Dio. Il mio predecessore Paolo VI nella sua enciclica “Populorum Progressio”, un documento che resta uno dei contributi validi e durevoli all’opera di sviluppo, disse: “Non può esserci alcun progresso verso lo sviluppo completo dell’uomo senza il simultaneo sviluppo di tutta l’umanità in uno spirito di solidarietà... “L’uomo deve incontrare l’uomo, la nazione deve incontrare la nazione, come fratelli e sorelle, come figli di Dio. In questa reciproca comprensione ed amicizia, in questa comunione sacra, dobbiamo anche incominciare a lavorare insieme per costruire il futuro comune della razza umana”” (Paolo VI, Populorum Progressio, 43).

Termino questo messaggio rivolto a voi oggi richiamando alla vostra riflessione queste parole e questa prospettiva. Chiedo che, mentre cercate un cambiamento nelle strutture affinché possano meglio servire il bene comune nella giustizia, non dimentichiate l’educazione e l’ispirazione dei vostri popoli, che aiuteranno a raggiungere la conversione dei cuori. Solo tramite la conversione dei cuori fratelli e sorelle possono “costruire il futuro comune della razza umana” e costruire il grande e stabile edificio della pace. Ed è verso questa pace - il cui nuovo nome appropriato rimane “sviluppo” (cf. Paolo VI, Populorum Progressio, 87) - che tutti gli sforzi di questa sessione speciale devono essere diretti. Con l’aiuto di Dio possa essere così!

Dal Vaticano, 22 agosto 1980

GIOVANNI PAOLO II

 


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