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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA IX
"WORLD CONFERENCE ON LAW"

Lunedì, 24 settembre 1979 

 

Signore e Signore

Vi ringrazio per la vostra visita al termine di un’importante conferenza che porta a compimento la vostra discussione già iniziata a Madrid. Essa mi porge la felice occasione di accogliervi e di esprimervi la mia profonda stima e l’incoraggiamento per il lavoro della pace a cui dedicate i vostri eccezionali talenti, mettendo in comune le vostre esperienze. Il “Centro della pace mondiale mediante il diritto” e le associazioni ad esso affidate, giustamente si gloriano di essere “la prima associazione su scala mondiale che coordina gli sforzi di migliaia di giudici, avvocati, professori e studenti di diritto di tutte le nazioni del mondo, con il preciso intento di coinvolgere se stessi nei problemi comuni dell’umanità, nei tentativi, procedure, principi e istituzioni universalmente accettate dalla regola del diritto”. A questo compito la Santa Sede desidera offrire un suo imparziale contributo entro i limiti e nello spirito della missione affidata alla Chiesa da Cristo nostro Signore.

Il rapido sviluppo sia in estensione che in profondità delle relazioni tra gli uomini e le nazioni, richiede uno sforzo senza precedenti per essere realmente governati dall’uomo, al fine di non venire trasportati sulla tumultuosa onda dell’interesse e dell’istinto egoista, di modo che si possa trovare un’ordinata struttura che esprima e promuova l’unità della famiglia umana con il rispetto per la suprema dignità di ogni individuo e di ogni gruppo umano. Questo sforzo trova nella guida del diritto l’“imperium legis” e l’indispensabile sostegno che garantisce la sua continuità, la sua rettitudine e la sua forza creativa. La regola del diritto non implica in nessun modo una rigida immobilità. Essendo fondata su una ricca tradizione e su preesistenti valori umani, che dal diritto stesso traggono forza e sono stati perciò collaudati, essa diventa più che mai capace di affrontare con risolutezza, situazioni che continuamente cambiano, e di imprimere su di loro la caratteristica umana. La sua tradizionale ed essenziale applicazione a tutte le circostanze, trova appunto nella presente unificazione dell’umanità un vasto e nuovo terreno per escogitare nuove vie e nello stesso tempo ringiovanire le varie espressioni già accolte e che esso ha forgiato secondo le tradizioni dei diversi paesi.

La regola del diritto non ignora le tensioni che nascono dalla vita, né gli aspetti di verità contenuti nelle proteste e contestazioni di quei popoli che un certo sistema legale rifiuta di riconoscere come legittime aspirazione (cf. Giovanni XXIII, Pacem in Terris, 39ss.). Ma essa ha sufficiente fiducia in se stessa, nella legge del cuore e della ragione da cui essa promana, per cercare soluzioni non in un’ulteriore esasperazione di quelle tensioni, ma piuttosto in un appello alle più alte facoltà dell’uomo, capace di escogitare e creare sistemi organizzati, più consoni all’attuale sviluppo dell’umanità. È questa convinzione che vi ha portati a esaminare già nella città di Madrid l’intera serie di sfide dei nostri tempi: i diritti umani con gli accordi di Helsinki, le leggi del mare, la codificazione delle leggi che governano le corporazioni multinazionali, i diritti della famiglia, le tecnologie informatiche e il diritto di riservatezza, il controllo internazionale delle fonti alternative di energia, la progressiva riduzione della vendita di armi tradizionali, l’arbitrato internazionale, ecc.

La Santa Sede partecipa attivamente alle conferenze internazionali che trattano questi diversi problemi, e il suo contributo originale di natura etica trova terreno più fertile dove i modelli dei sistemi legali sono stati meglio applicati, grazie specialmente ai vostri sforzi. Essa fa ciò, da un punto di vista di cambiamento ed evoluzione che deve caratterizzare la legge, perché questo fatto è anche caratteristico dello sviluppo dell’umanità e delle nazioni. Come ho già detto, la Dichiarazione dei diritti umani e l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha avuto per scopo non solo di allontanare le orribili esperienze dell’ultima guerra mondiale, ma anche di creare le basi per una continua revisione di programmi, sistemi e regimi, dall’unico e fondamentale punto di vista che è quello del benessere umano, o per meglio dire, dell’individuo nella comunità, che deve, come fondamentale fattore del bene comune, costituire il criterio essenziale per tutti i programmi, i sistemi e i regimi (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 17,3).

Sì, l’uomo è la base di ogni cosa. Esso deve essere rispettato nella sua personale e trascendente dignità. La sua dimensione sociale deve essere rispettata: la personalità umana e cristiana non può realizzare se stessa, in effetti, se non nella misura in cui l’egoismo esclusivista viene respinto, poiché la sua chiamata è insieme personale e sociale. Il diritto canonico ammette e favorisce questo caratteristico miglioramento, perché conduce a un superamento dell’egoismo; l’abnegazione di sé come esclusiva individualità, conduce all’affermazione di sé in un’autentica prospettiva sociale, nel riconoscimento e nel rispetto dell’altro come “persona”, che ha diritti universali, inviolabili e inalienabili, e una trascendente dignità (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad Sacram Romanam Rotam, 17 febbraio 1979).

I valori umani, i valori morali sono alla base di tutto. La legge non può prescinderne, né nei suoi obiettivi né nei suoi mezzi. La sua autonomia rettamente ordinata è intrinseca alla legge morale, nella quale, del resto, essa non incontra un freno o una restrizione, ma il terreno fertile del suo dinamico e programmatico sviluppo. Voi sapete, e anch’io non lo ignoro, che è difficile definire l’uomo in ciò che costituisce il suo essere permanente e la sua universalità nel tempo e nello spazio, al di là delle abitudini e delle diverse culture. Ed è ugualmente difficile tracciare gli elementi istituzionali che favoriscono la crescita umana nella solidarietà, tenendo contemporaneamente conto della diversità delle convinzioni umane, puntando sulla coscienza creativa dell’uomo e assicurando così l’indispensabile libertà in cui questa coscienza si può formare, riformare e nella quale può agire. Tutta la storia del diritto dimostra che la legge perde la sua stabilità e la sua autorità morale, che essa è tentata di far crescente ricorso alla costrizione e alla forza fisica o finisce per abdicare alle sue responsabilità – in favore dei nascituri o della stabilità del matrimonio o sul piano internazionale in favore di intere popolazioni abbandonate all’oppressione – quando cessa di ricercare la verità, riguardante l’uomo, o permette di venire tacitata con dannose forme di relativismo.

Si tratta di una ricerca difficile, brancolante nel buio, ma necessaria e tale che il giurista più di ogni altro non può farne a meno.

Per quello che riguarda la Chiesa, il solido fondamento della sua ricerca è Cristo Gesù. Ma tutto ciò che il credente scopre alla luce della fede, egli lo crede e lo afferma di tutti gli uomini, credenti e non, perché Cristo è unito in qualche modo a tutti gli uomini, ad ogni uomo. Inoltre, questa è la nostra certezza: la vita di Cristo parla, anche, a molti che non sono capaci di ripetere con Pietro: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente!”. Egli, il figlio del Dio vivente, parla alla gente anche come uomo: parla la sua vita, la sua umanità, la sua fedeltà alla verità, il suo amore che accoglie tutti (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 7,4). 

Signore e signori, con profondo rispetto per le vostre convinzioni, permettetemi di invitarvi ad ascoltare la voce di Cristo il messaggio del Vangelo che riguarda l’uomo. Ciò non farà altro che rafforzarvi nel vostro desiderio di costruire la pace mondiale tramite il diritto.

Rinnovo il mio profondo sentimento di stima per l’opera che avete fin qui svolto, ed esortandovi a continuarla senza stancarvi, invoco su di voi, sulle vostre famiglie e soprattutto sul vostro lavoro, la benedizione di Dio onnipotente. 



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