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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CONSIGLIO DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI

21 marzo 1981


Fratelli carissimi,

1. Prima di porre fine a questo incontro, desidero ringraziarvi tutti di cuore, perché mi avete dato questa opportunità di ritrovarci e di discutere con voi quell’argomento di grandissima importanza che è stato trattato lungamente e con tanta diligenza nell’incontro superiore del Sinodo, e precisamente “i doni della famiglia cristiana nel mondo moderno”. In realtà, ora voi mi testimoniate di nuovo quanta importanza abbia questo problema nella società del nostro tempo, così come allora testimoniarono anche i Padri dello stesso Sinodo. Ciò è poi confermato soprattutto dal fatto che moltissimi uomini in tutto il mondo hanno seguito con grandissimo interesse i lavori del Sinodo anche attraverso i molteplici strumenti di comunicazione sociale e che le stesse deliberazioni del Sinodo in seguito sono state esaminate dovunque da esperti.

Allo stesso modo in questa riunione anche voi avete esaminato più profondamente le conclusioni del Sinodo per poter comprendere la ricchezza del loro significato e nello stesso tempo per poter considerare in quale maniera possano essere introdotte nella vita della Chiesa. Ora infine mi comunicate i frutti delle vostre consultazioni, mentre vi esprimo la mia gratitudine e parimenti vi confermo che me ne servirò per redigere un documento su quest’argomento così come ho preannunciato già il 28 dicembre, nel discorso prima della recita dell’Angelus Domini.

2. Oltre ad avere trovato un’occasione desiderabile per il vostro raduno, avete anche esaminato le conclusioni e le enunciazioni che sono state trasmesse dalla Conferenza episcopale sull’argomento del prossimo Sinodo, dalle assemblee dei Vescovi di rito orientale e dai dicasteri della Curia romana e dall’Unione dei Superiori generali. Perciò a tutti coloro che con maturità di giudizio vi hanno affidato tali enunciazioni, e inoltre a voi stessi che le avete esaminate con spirito critico, desidero rendere grazie il più ampiamente possibile.

Senza dubbio stimo grandemente quei criteri secondo i quali avete esaminato le varie opinioni intorno al tema del prossimo Sinodo. Avete scelto infatti dei criteri di giudizio: in primo luogo, l’universalità di un problema che tocchi ed interessi tutta quanta la Chiesa; in secondo luogo, la sua più urgente necessità; infine, le sue ragioni e la sua utilità sia dottrinali sia pastorali.

Riguardo a ciò che ci avete indicato, delibererò a mia volta; le vostre indicazioni a riguardo mi saranno certamente utilissime per stabilire poi l’argomento che sarà trattato nel prossimo Sinodo.

3. È già abbastanza chiaro di per se stesso – e questo Sinodo superiore nel quale avete lavorato diligentemente me ne persuade – quale grande importanza e quale giovamento comporti questa Istituzione per la vita di tutta quanta la Chiesa. Essa sorse per un saggio consiglio di Paolo VI mio predecessore, accettato a pieni voti al Concilio Vaticano. Infatti attraverso le Chiese locali diffuse sulla terra, i Vescovi recano a Pietro le esperienze e le ricchezze della vita cristiana, presenti nelle loro giurisdizioni; e grazie ad essa anche Pietro conferma i fratelli nella fede e nella verità e presiede efficacemente alla carità universale.

Il Sinodo diviene perciò un validissimo strumento di quella collegialità che il Concilio Vaticano II ha posto nella sua giusta luce. Giacché: “Così come, per volontà del Signore Iddio, san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un solo collegio, allo stesso modo il Santo romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli si riuniscono tra di loro” (Lumen Gentium, 22).

Nell’obbedienza dunque al mio ministero, desiderando servirmi in ogni modo degli aiuti, dei consigli e dei desideri di tutto l’Episcopato cattolico, ritengo di assolvere in letizia la volontà del mio predecessore Paolo VI che attraverso il Sinodo volle dare ai Vescovi la facoltà “di partecipare in maniera più manifesta e più efficace alla mia sollecitudine verso la Chiesa universale” (Paolo VI, Apostolica Sollicitudo, AAS 57 [1965] 776).

Infatti mi associo al suo pensiero nel quale afferma che se “giova all’utilità del nostro compito di Primate ciò che per il bene della sua Chiesa universale e per il ministero, Cristo ha tramandato all’apostolo Pietro e dopo di lui ai successori della Sede romana, non meno si pone ad onore del Collegio dei Vescovi; poiché proprio per questa ragione esso è associato al Pontefice di Roma, per la cura della Chiesa universale” (Paolo VI, Insegnamenti di Paolo VI, V, [1967], 468).

Mentre dunque vi esorto e prego intensamente affinché il Sinodo dei Vescovi si volga al suo compito fino ad espletarlo sempre meglio e pienamente e affinché divenga sempre più consistente questa opera reciproca di aiuto tra la Sede ecclesiale principale e le Chiese particolari, con grande benevolenza elargisco di cuore a voi singolarmente la benedizione apostolica.

© Copyright 1981 - Libreria Editrice Vaticana

 



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