DISCORSO DI GIOVANI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA JUGOSLAVIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 18 febbraio 1983
Cari fratelli nell’Episcopato.
1. Dopo essermi intrattenuto separatamente con ognuno di voi nei giorni scorsi e ancor stamane, ora ho la profonda gioia di poter dare un fraterno e cordiale benvenuto a tutti voi insieme, cari Presuli che, essendo in maggioranza croati, costituite in pratica circa la metà dei Vescovi di Jugoslavia e avete cura delle varie diocesi delle Province ecclesiastiche di Zagabria, di Split-Makarska e di Rijeka-Senj, delle arcidiocesi di Belgrado e di Zadar, e della diocesi di Subotica.
Sono lieto di accogliervi. Siete giunti guidati dall’Arcivescovo di Zagabria e Presidente della Conferenza Episcopale Jugoslava, Sua Eminenza il Cardinale Franjo Kuharić, che ho avuto il piacere ci elevare alla dignità cardinalizia il 2 febbraio scorso e che ringrazio vivamente per le sentite parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti.
Nel porgervi il mio fraterno saluto, ho presenti pure i vostri confratelli delle altre diocesi di Jugoslavia, che verranno prossimamente per compiere, come voi fate ora, il dovere di rendere la visita “ad limina Apostolorum” e venerare i sepolcri degli Apostoli Pietro e Paolo. So bene - e l’ho potuto verificare nelle nostre conversazioni di questi giorni - che, più che il senso del dovere, vi spinge il desiderio profondo, che si fa sentito bisogno, di testimoniare e di corroborare anche in questo modo i vincoli di comunione ecclesiale, in forza dei quali “sicut, statuente Domino, sanctus Petrus et ceteri Apostoli unum Collegium apostolicum constituunt, pari ratione Romanus Pontifex, successor Petri et Episcopi, successores Apostolorum, inter se coniunguntur” (cf. Lumen Gentium, 22). Bisogno da voi particolarmente sentito in quanto è anche espressione della fedeltà sincera, a volte eroica, alla Chiesa e all’attaccamento profondo dei fedeli delle vostre diocesi al successore di Pietro. Ad essi, insieme con i sacerdoti, i religiosi e le religiose delle vostre diocesi e dell’intera Jugoslavia va ora il mio pensiero con particolare, paterno affetto.
Il nostro incontro odierno è complemento e culmine degli incontri personali che ho avuto con ognuno di voi, i quali mi hanno offerto la possibilità di conoscere i vostri sforzi per attuare nelle singole diocesi il rinnovamento della Chiesa voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Voi mi avete fatto anche presenti le gioie e le preoccupazioni provate nel vostro lavoro pastorale, i propositi e le speranze per l’avvenire. Molto mi era già noto grazie alle vostre relazioni quinquennali, ma i particolari da voi riferiti direttamente sono stati utili per farmi un’idea più precisa della situazione delle vostre rispettive comunità. Condividendo la vostra sollecitudine pastorale, desidero insieme con voi che le speranze diventino realtà consolatrice di una vita ecclesiale ogni giorno più viva e più conforme ai desideri di Cristo.
2. Le notizie incoraggianti che voi mi avete fornito circa molti aspetti della vita della Chiesa nelle vostre diocesi mi inducono ad elevare un sentimento di lode e di ringraziamento al Signore, datore di ogni bene, per l’abbondanza con cui i suoi doni hanno fruttificato nel gregge a voi affidato, nella traccia del rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II. Non dubito che altrettanto mi potranno dire prossimamente i vostri confratelli. Mi congratulo dunque con voi, venerati e cari fratelli nell’Episcopato, perché è grazie al lavoro per il vostro popolo e alla vostra preghiera che si diffonde in molteplici forme e abbondantemente la pienezza della santità di Cristo (cf. Lumen Gentium, 26).
Così, è anche grazie a voi e all’opera dei sacerdoti - vostri necessari ed immediati collaboratori nel ministero pastorale - che la fede delle vostre popolazioni continua a fare onore alla loro più che millenaria tradizione cristiana: una fede che - radicata saldamente nel cuore dei fedeli - si esprime connaturalmente nelle celebrazioni liturgiche e in altre cerimonie religiose; una fede che è altresì consapevole delle esigenze pratiche che essa comporta e spinge i credenti a conformarvi l’intera vita nelle sue manifestazioni individuali, familiari e sociali; una fede che li rende pure disponibili per contribuire al bene della società civile in cui vivono, in spirito di rispettoso dialogo, di comprensione e di fattivo impegno per il miglior svolgimento della vita sociale, come cittadini esemplari che corrispondono alle esigenze della loro identità cristiana e vogliono sinceramente il superamento delle difficoltà congiunturali di diversa indole, in cui la comunità civile può venire a trovarsi.
3. Con intima soddisfazione ho potuto poi verificare che questa fede attiva è alimentata e sostenuta anche dal grande amore e dalla profonda devozione che i vostri fedeli nutrono verso la Madonna, venerata in tutte le parrocchie e anzitutto in tanti Santuari delle vostre diocesi.
Mi auguro con voi che questi sentimenti di amore e di devozione, che si fanno preghiera riconoscente e fiduciosa alla Madre di Dio e Madre della Chiesa, continuino a manifestarsi pubblicamente mediante la partecipazione fervente alle celebrazioni liturgiche nelle feste della Madonna e ai pellegrinaggi affollati ai suoi santuari, in particolare a quello di Marija Bistrica, che vi accoglierà l’anno prossimo per la celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale; prego anche Maria, Madre di ognuno di noi, perché a detti sentimenti corrispondano sempre i frutti di una vita cristiana autentica e disponibile all’impegno apostolico che spetta ai fedeli.
4. Senza voler né poter ora essere esauriente nel ricordare i motivi di legittima soddisfazione inerenti alla realtà delle vostre comunità, dovrei anche accennare ad alcune delle preoccupazioni che voi, da Pastori zelanti, sentite e che io condivido.
Noi tutti, e anche i vostri fedeli, siamo consapevoli della necessità che la comunità cristiana possa disporre di un numero sufficiente di sacerdoti, essendo il loro ministero - esercitato in comunione con voi, che assicurate l’unità del presbiterio diocesano - indispensabile per alimentare, sostenere e far progredire la vita dei figli di Dio. Siamo anche consapevoli dell’importantissimo contributo ecclesiale recato da coloro che scelgono una delle numerose forme di vita consacrata, testimoniando così la ricchezza e varietà della vita della Chiesa e procurando oltre alla loro preghiera, un valido aiuto per tante attività di formazione e di animazione cristiana.
Ora, ho appreso con preoccupazione che le vocazioni sacerdotali e religiose sono meno numerose che alcuni anni fa. So che il problema vi assilla e che vi studiate di dargli un’adeguata soluzione: vi incoraggio caldamente a non risparmiare sforzi in questo settore e a stimolare i sacerdoti, le anime consacrate e le famiglie ad assumere la responsabilità vocazionale che spetta loro, senza che nessuno debba considerarsi libero dal dovere di dare il proprio contributo a questo fine. Raccomando a tutti di pregare incessantemente perché il Signore mandi nuovi operai alla sua messe (cf. Lc 10, 2). Vi chiedo anche di presentare gioiosamente ai giovani la vocazione sacerdotale o religiosa come un dono di Dio, una grazia per la persona e per la comunità, senza peraltro nascondere l’esigenza di fedeltà totale e irrevocabile che comporta la libera risposta affermativa alla chiamata divina. Sono certo che molti giovani sapranno rispondere a tale appello.
5. Nutro poi fiducia che le vostre Comunità sapranno far fronte ai molti pericoli che in Jugoslavia, come in quasi tutti i Paesi, si propagano nel nostro tempo nei confronti della fede cristiana. Mi riferisco alla desacralizzazione, al materialismo, al consumismo e all’edonismo, che danno la parvenza di una vita più facile perché più libera, mentre in realtà rendono l’esistenza meno umana, perché meno attenta e meno rispondente alle aspirazioni più profonde dell’uomo. Sono sicuro che la conoscenza della situazione concreta delle vostre diocesi vi permetterà di trovare le soluzioni pastorali più atte per riuscire al superamento di detti pericoli. Vorrei nondimeno suggerirvi la convenienza di promuovere, a mezzo della catechesi dei fanciulli e dei giovani e della cura continua dei fedeli nelle famiglie, nelle parrocchie e nelle altre comunità, una formazione solida ai criteri evangelici, affinché essi impegnino davvero la vita: in particolare, l’apertura allo spirituale e al mistero, la tendenza all’austerità, la disponibilità, la solidarietà fraterna, il perdono.
6. A tale scopo, occorre anche che voi continuiate ad assicurare con generoso impegno il servizio episcopale, massimamente nel garantire che la fede cristiana venga presentata senza ambiguità, poiché i fedeli hanno il diritto e il bisogno di ricevere il messaggio di Cristo nella sua verità e nella sua integrità, in conformità al Magistero della Chiesa. Consapevoli della vostra grave responsabilità, proseguite nella vostra azione intesa a promuovere l’ortodossia dell’insegnamento religioso nei vari centri di formazione ecclesiastica, nei diversi settori dell’attività pastorale, nella predicazione e nelle pubblicazioni. La fedeltà a Cristo - autore e perfezionatore della fede (cf. Eb 12, 4) - e al suo messaggio, implica infatti la fedeltà alla Chiesa; e la fedeltà alla Chiesa comporta, a sua volta, la fedeltà al suo Magistero. E questa fedeltà deve essere costantemente assicurata da voi, che avete anche il compito di promuovere l’applicazione corretta delle disposizioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, tenendo conto delle indicazioni apportate dai documenti pontifici posteriori, fra i quali quelli che rappresentano il frutto dei singoli Sinodi dei Vescovi.
7. Sono queste le riflessioni che ho voluto parteciparvi, pensando all’intera comunità cattolica che è in Jugoslavia. Quando riceverò gli altri confratelli della Conferenza Episcopale, mi rivolgerò ad essi nella medesima prospettiva. Sono certo che le accoglierete come espressione del mio desiderio e del mio dovere di confermarvi e di incoraggiarvi nell’esercizio del ministero pastorale che vi è stato affidato, affinché “quando apparirà il Supremo Pastore voi riceviate la corona incorruttibile della gloria” (1 Pt 5, 4).
Prima di congedarmi da voi, venerati e cari fratelli, vi chiedo di portare a tutti i vostri concittadini il mio saluto cordiale e i miei più fervidi voti di bene.
Insieme con voi benedico tutti i membri delle vostre comunità diocesane, invocando da Dio abbondanti grazie ed assicurandoli del mio sincero e profondo affetto.
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