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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELL'ORDINE DEI FRATI PREDICATORI

Lunedì, 5 settembre 1983

 

Cari Frati Predicatori,
membri del Capitolo generale.

1. Due volte, secondo le cronache primitive dell’Ordine, frate Domenico ha lasciato Tolosa, ove con un pugno di frati aveva costituito la Santa Predicazione iniziata nella solitudine e nel sacrificio di Prouilhe, e ha intrapreso la faticosa e pericolosa traversata delle Alpi per raggiungere la città eterna. È venuto nel 1215 a chiedere a Innocenzo III, per la sua piccola famiglia, “di poter chiamarsi ed essere veramente l’Ordine dei Predicatori” (Legenda Petri Ferrandi, c. 27). Vi è ritornato poi nel dicembre 1216 per ricevere da Onorio III, appena eletto al soglio pontificio, la bolla di approvazione dell’Ordine che aveva tanto desiderato. Tutte e due le volte, sappiamo con quanta venerazione ed affetto paterno i due Pontefici lo abbiano accolto.

Ricordo queste due venute di Domenico de Guzmán alla casa del Papa perché, molto volentieri, io mi ricollego ai miei due lontani e illustri predecessori nella gioia e nell’affetto con i quali vi accolgo oggi: voi, padre Damien Aloysius Byrne, 63° successore di san Domenico, al quale io auguro di tutto cuore di poter, con la collaborazione attiva e generosa di tutti i vostri fratelli, guidare l’Ordine sulle vie dell’apostolato, in piena fedeltà alla forte e luminosa tradizione dei vostri predecessori, e nell’ascolto dei bisogni attuali della Chiesa e del mondo; voi, padre Vincent de Couesnongle, al quale esprimo la mia viva gratitudine e quella della Chiesa per l’infaticabile lavoro durante i nove anni del vostro incarico; e voi, cari Padri capitolari, che rappresentate qui l’intero Ordine e ai quali io auguro un lavoro sereno e fruttuoso nel momento in cui, come fece san Domenico, venite ad associare il Vescovo di Roma alle vostre riflessioni sul cammino del vostro Ordine.

A tutti voi, desidero manifestare ancora una volta l’attaccamento che, per molte ragioni, io sento per il vostro Ordine. Con voi - lasciate che ve lo dica -, io mi sento in famiglia. Sono sicuro che la Chiesa e colui che ne è il Pastore universale possono contare sulla vostra collaborazione, come hanno sempre fatto, nell’arduo compito dell’evangelizzazione del mondo.

È proprio per questo compito che san Domenico fondò il vostro Ordine. È proprio per questo che esso è stato approvato e inviato dalla Chiesa. La vostra “missione” è sempre la stessa. Il mio predecessore Onorio III, scrivendo a san Domenico il 18 gennaio 1221, la riconosce ispirata da “Colui che permette alla sua Chiesa di generare una discendenza sempre nuova”. È la missione “di consacrarsi alla predicazione della Parola di Dio, annunciando nel mondo intero il nome di Nostro Signore Gesù Cristo” (cf. MOPH, XXV, p, 144).

«In effetti, l’Ordine dei frati predicatori, fondato da san Domenico, “dalle sue origini, come si sa, è stato istituito specialmente per la predicazione e per la salvezza delle anime”. È per questo che i nostri fratelli, secondo il mandato del Fondatore, “come uomini desiderosi di cercare la propria salvezza e quella degli altri, devono comportarsi in maniera onesta e religiosa, come uomini evangelici, seguendo l’esempio del loro Salvatore, parlando con Dio o di Dio con se stessi o con il prossimo”» (Constitutio fundamentalis”, § II).

“Ora, per essere perfetti nell’amore di Dio e del prossimo mediante questa “sequela Christi”, legati al nostro Ordine attraverso la professione religiosa, noi ci consacriamo totalmente a Dio e ci doniamo alla Chiesa in maniera nuova «totalmente dediti alla predicazione della Parola di Dio»” (Ivi, § III). Nella misura in cui l’Ordine sarà fedele, domani come ieri, a tali esigenze, parteciperà intimamente all’azione della Chiesa universale, e sarà particolarmente vicino al Vescovo di Roma.

Per compiere la sua missione, il vostro Ordine deve conservarsi fedele a quelle idee-guida che risalgono al testo fondamentale che vi ho letto. Sono i principi della fede, che la teologia ha sviluppato, con i grandi Dottori, tra i quali san Tommaso d’Aquino brilla di luce particolare. Questi principi, la Chiesa continua a proporli come fondamenti della saggezza cristiana e come assi dell’apostolato. A voi Padri capitolari spetta di coglierne il dinamismo per tradurlo in ordinanze o in orientamenti per la vita spirituale e il lavoro dell’Ordine.

Ecco una traduzione in lingua francese delle parole del Papa.

Chers Frères Prêcheurs,
membres du Chapitre Général,

1. Deux fois, d’après les chroniques primitives de l’Ordre, frère Dominique a quitté Toulouse, où avec une poignée de frères, il donnait corps à la Sainte Prédication commencée dans la solitude et le sacrifice de Prouilhe, et il a entrepris la pénible et périlleuse traversée des Alpes pour se rendre à la ville éternelle. Il est venu en 1215 demander à Innocent II, pour sa petite famille, de “pouvoir s’appeler et être vraiment l’Ordre des Prêcheurs” (Legenda Petri Ferrandi, c. 27).  Il est retourné en décembre 1216 pour recevoir d’Honorius III, à peine élu au Siège de Pierre, la bulle d’approbation de l’Ordre qu’il avait tant souhaitée. Les deux fois, nous savons avec quelle vénération et quelle paternelle affection les deux Pontifes l’ont accueilli.

Je rappelle ces deux venues de Dominique de Guzman à la maison du Pape parce que, bien volontiers, je me rattache à mes deux lointains et illustres prédécesseurs dans la joie et l’affection avec lesquelles je vous accueille aujourd’hui:

- vous, Père Damien Aloysius Byrne, quatre-vingt troisième successeur de saint Dominique, à qui je souhaite de tout cœur que vous puissiez, avec la collaboration active et généreuse de tous vos frères, guider l’Ordre sur les voies de l’apostolat, en pleine fidélité à la forte et lumineuse tradition de vos ancêtres, et dans l’écoute des besoins actuels de l’Eglise et du monde;

- vous, Père Vincent de Couesnongle, à qui j’exprime ma vive gratitude et celle de l’Eglise pour votre infatigable labeur durant les neuf années de votre charge;

- et vous, chers Pères Capitulaires, qui représentez ici l’Ordre entier et à qui je souhaite un travail serein et fructueux au moment où, comme l’a fait saint Dominique, vous venez associer l’Evêque de Rome à vos réflexions sur les chemins de votre Ordre.

A vous tous, je tiens à manifester encore une fois l’attachement que, pour tant de raisons, j’éprouve pour votre Ordre. Avec vous - laissez-moi vous le dire -, je me sens en famille. Je suis sûr que l’Eglise et celui qui en est le Pasteur universel peuvent compter sur votre collaboration, comme ils l’ont toujours fait, dans la tâche ardue de l’évangélisation du monde.

C’est bien pour cette tâche que votre Ordre a été fondé par saint Dominique. C’est bien pour cela qu’il a été approuvé et envoyé par l’Eglise. Votre “mission” est toujours la même. Mon prédécesseur Honorius III, lorsqu’il écrivait à saint Dominique le 18 janvier 1221, la reconnaissait inspirée par “Celui qui permet à son Eglise d’engendrer une descendance toujours nouvelle”. C’est la mission de “se consacrer à la prédication de la Parole de Dieu, en annonçant de par le monde entier le nom de Notre-Seigneur Jésus-Christ” (Cfr. MOPH XXV, p. 144). 

“En effet, l’Ordre des frères prêcheurs, fondé par saint Dominique, «depuis ses origines, comme l’on sait, a été institué spécialement pour la prédication et pour le salut des âmes». C’est pourquoi nos frères, selon le mandat du Fondateur, «comme des hommes désireux de chercher leur propre salut et celui des autres, doivent se comporter de façon honnête et religieuse, comme des hommes évangéliques, suivant les traces de leur Sauveur, parlant avec Dieu ou de Dieu, avec eux-mêmes ou avec le prochain»” (Constitutio Fundamentalis, § II). 

“Or, afin d’être parfaits dans l’amour de Dieu et du prochain moyennant cette sequela Christi, liés à notre Ordre par la profession religieuse, nous nous consacrons totalement à Dieu et nous nous donnons à l’Eglise d’une façon nouvelle, «totalement livrés à la prédication de la Parole de Dieu» tout entière” (Ibid. § III). Dans la mesure où l’Ordre sera fidèle, demain comme hier, à de telles exigences, il participera intimement à l’action de l’Eglise universelle, et il sera spécialement proche de l’Evêque de Rome.

Pour accomplir sa mission, votre Ordre doit tenir ferme à quelques idées-maîtresses qui ressortent du texte fondamental que je vous ai lu. Ce sont des principes de la foi, que la théologie a développés, avec les grands Docteurs, parmi lesquels saint Thomas d’Aquin brille d’un éclat particulier. Ces principes, l’Eglise continue à les proposer comme fondements de la sagesse chrétienne et comme axes de l’apostolat. Vous les Pères Capitulaires, il vous appartient d’en saisir le dynamisme pour le traduire en ordonnances ou en orientations pour la vie spirituelle et le travail de l’Ordre.

2. Il primato di Dio

Il primo di questi principi è quello che afferma l’assoluto primato di Dio nell’intelligenza, nel cuore, nella vita dell’uomo. Sapete bene come san Domenico rispondeva a questa esigenza della fede nella sua vita religiosa: “Egli parlava solo con Dio o di Dio”.

Voi sapete anche come, a livello di dottrina, san Tommaso d’Aquino, a cominciare dalle Sacre Scritture e i Padri della Chiesa, ravvisò questo primato di Dio e come lo sostenne con la forza e la consistenza del suo pensiero metafisico e teologico, usando l’analogia dell’Essere che permette il riconoscimento del valore della creatura, ma come dipendente dall’amore creatore di Dio. E poi, a livello di spiritualità, san Tommaso appartiene completamente alla scuola del Padre suo Domenico, quando definisce i religiosi come “coloro che si pongono totalmente al servizio di Dio, come offrendo un olocausto a Dio” (S. Tommaso, Summa theologica, q. 186, a. 1 e a. 7).

Se non si accetta questa subordinazione, se si esalta la grandezza dell’uomo a detrimento del primato di Dio, si arriva al fallimento delle ideologie che postulano l’autosufficienza dell’uomo e contribuiscono alla proliferazione di errori di cui il mondo moderno porta il peso delle conseguenze e di cui non riesce a spezzare il giogo culturale e psicologico. I fondamenti della vita morale e sociale sono scossi laddove, a livello religioso, viene frequentemente manifestata una sorta di insensibilità o indifferenza nei riguardi di Dio. Si potrebbe perfino parlare dell’incapacità di fronteggiare questa “lotta con Dio”, che, come ci insegna la storia di Giacobbe, esprime al più alto grado la tensione dell’uomo chiamato a procedere verso un traguardo che trascende la storia, nella quale l’uomo deve vivere, lavorare, affrontare delle prove, vincere le sfide del tempo che passa e della morte che sopraggiunge. Si potrebbe parlare di una alienazione dell’uomo da se stesso: egli perde la sua dignità e capacità di sperare, anche quando delle ideologie gli prometterebbero la liberazione.

Voi domenicani avete la missione di proclamare che il nostro Dio è vivo, che egli è il Dio della vita, e che in lui esiste la radice della dignità e la speranza dell’uomo che è chiamato alla vita. Voi fate ciò come religiosi mediante la testimonianza delle vostre vite “totalmente consacrate, come olocausto a Dio”. Voi fate ciò come maestri e predicatori se la vostra teologia e la vostra catechesi, come il kerigma degli Apostoli, produce una scossa, una breccia nel sistema chiuso in cui l’uomo è sulla via di perdere se stesso al limite dell’annientamento. La vostra proclamazione deve essere rivolta all’uomo proprio in quanto costituito di cultura, vita sociale, personalità e coscienza, e gli deve portare la potenza liberante di Dio.

Ogni altro studio e ogni altra opera, nei diversi ambiti delle scienze umane, dell’economia, dell’azione sociale, ecc., sono giustificate se, per voi, come religiosi chiamati a testimoniare e predicare il Regno di Dio, ciò trova la sua finalità e la sua misura nel più vasto fine apostolico - considerato nella sua totalità - della Chiesa e del vostro Ordine.

Le vostre Costituzioni danno priorità al ministero della parola in tutte le sue forme, orali e scritte, e il legame tra il ministero della parola e quello dei Sacramenti è suo coronamento. E da questa priorità viene anche il carattere missionario del vostro Ordine.

In questo senso, le vostre Costituzioni (l. I., c. IV, art. 1, n. 98) contengono forti esortazioni: “Ad imitazione di san Domenico, che era pieno di sollecitudine per la salvezza di tutti gli individui e tutti i popoli, che i frati sappiano di essere mandati a tutti, credenti e non-credenti, e specialmente ai poveri . . ., per evangelizzare e istituire la Chiesa tra i popoli non-credenti, e per istruire e rafforzare la fede del popolo cristiano”.

La Chiesa oggi non può che confermare queste vostre leggi, benedire tali progetti, e incoraggiare il vostro impegno missionario universale, perché essa sa bene che, dappertutto, in ogni dove, e anche in ogni cuore umano, c’è bisogno di Dio!

Ecco una traduzione in lingua inglese delle parole del Papa.

2. The primacy of God

The first of these principles is that which affirms the absolute primacy of God in the intelligence, in the heart, in the life of man. You know well how Saint Dominic responded to this requirement of faith in his religious life: “He spoke only with God or of God”.

You also know how, on the level of doctrine, Saint Thomas Aquinas, beginning with the Sacred Scriptures and the Fathers of the Church, envisioned this primacy of God and how he supported it with the force and consistency of his metaphysical and theological thought, using the analogy of being which permits the recognition of the worth of the creature, but as dependent on the creative love of God.

And then, on the level of spirituality, Saint Thomas is completely of the school of his Father, Dominic, when he defines the religious as “those who place themselves totally at the service of God, as if offering a holocaust to God” (S. THOMAE Summa Theologica, q. 186, a. 1 et a. 7). 

If one does not accept this subordination, if one exalts the greatness of man to the detriment of the primacy of God, one arrives at the failure of the ideologies that postulate the self-sufficiency of man and give rise to the proliferation of errors of which the modern world bears the weight and of which it does not succeed in breaking the cultural and psychological yoke. The foundations of the moral and social life are shaken whereas, at the religious level, a kind of insensitivity or indifference is frequently manifested in regard to God. One could even speak of the incapacity to face this “struggle with God”, which, as the story of Jacob teaches us, expresses in the highest degree the tension of man called to go forward towards a goal that transcends history, where he must live, work, confront trials, and overcome the challenges of time which passes and of death which follows. One could speak of an alienation of man from himself: he loses his dignity and capacity of hope, even when the ideologies would promise him liberation.

You Dominicans have the mission of proclaiming that our God is alive, that he is the God of life, and that in him exists the root of the dignity and the hope of man who is called to life.

You do it as religious by the witness of your lives “totally consecrated, as a holocaust to God”. You do it like masters and preachers if your theology and your catechesis, like the kerygma of the Apostles, produces a shock, a break in the dosed system where man is on they way to losing himself at the frontier of annihilation. Your proclamation must be addressed to man just as he is constituted by culture, social life, his personality and his conscience, and it must bring him the liberating power of God.

Every other study and every other task, in the different domains of the human sciences, economics, social action, etc., are justified if, for you, as religious called to witness and to preach the Kingdom of God, it finds its finality and its measure in the higher apostolic goal - taken in its totality - of the Church and of your Order.

Your Constitutions give priority to the ministry of the word in all its oral and written forms, and the link between the ministry of the word and that of the Sacraments is its crowning.

And from this priority also comes the missionary character of your Order.

In this sense, your Constitutions contain strong exhortations: “In imitation of Saint Dominic, who was full of solicitude for the salvation of all individuals and all peoples, may the brothers know that they are sent to all people, believers and non-believers, and especially to the poor . . ., to evangelize and establish the Church among non-believing peoples, and to instruct and strengthen the faith of the Christian people” (L. I, c. IV, art. 1, n. 98). 

The Church today cannot but confirm these laws of yours, bless such projects, and encourage your universal missionary commitment, because she knows well that, everywhere, in every place, as in each human heart, there is need of God!

3. Vivere e testimoniare il mistero di Cristo

Dio ha nella storia risposto a questo desiderio. Mediante la fede abbiamo conosciuto l’opera di salvezza che ha il suo centro, il suo asse e la sua pienezza in Gesù Cristo. E non desistiamo mai dall’annunciare che la salvezza giunge a noi attraverso Gesù Cristo, conformemente alla solenne espressione di Pietro e degli altri Apostoli: “Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12).

Proprio questo ha fatto san Domenico seguendo le tracce degli Apostoli. Come disse santa Caterina da Siena, frate Domenico ha sentito la “missione della Parola” (Dialogo, 158). Vi ha risposto, nutrendo per il Crocifisso un amore appassionato. Il famoso dipinto di Fra Angelico rappresenta magnificamente proprio questo: esso mostra il santo mentre preme le sue mani sulla Croce e abbraccia la figura di Cristo contemplandola con gli occhi, così che le gocce di sangue del Salvatore scorrono su di lui. Nella sua predicazione, san Domenico ha annunciato sempre Gesù Cristo a fondamento del Vangelo.

Penso oggi agli innumerevoli frati, noti e sconosciuti, che oggi come nei passati 760 anni, si dedicano al lavoro dell’esegesi, della patristica, della teologia nel suo insieme, o operano come insegnanti e predicatori, editori o addetti alle comunicazioni sociali, come promotori del Santo Rosario, e come missionari, nella pastorale o in incarichi particolari della Santa Sede. Tutti hanno quest’unico proposito: di compiere il loro servizio con tutte le forze e con cuore disinteressato come umili servitori della Redenzione nel mondo d’oggi.

Il successore di Pietro esprime con gioia all’Ordine di san Domenico la riconoscenza della Chiesa per tutto ciò che ha finora compiuto, perciò incoraggio oggi voi - mentre si celebra il vostro Capitolo generale nel corso dell’Anno Santo 1983 -, i vostri Confratelli, sulla linea dei vostri predecessori, ad aprire nuove possibilità di lavoro per lo studio così come per la predicazione di Gesù, il Crocifisso (cf. 1 Cor 1, 23; 2, 2).

Ciò che il Concilio Vaticano II ha insegnato sugli studi ecclesiali, le indicazioni e le linee direttive del mio predecessore Paolo VI sull’evangelizzazione nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi così come le mie indicazioni nell’enciclica Redemptor Hominis e nell’esortazione apostolica Catechesi Tradendae, costituiscono una durevole regola di lavoro, che di cuore prego il vostro Ordine di far propria, per essere collaboratori scelti del Magistero ecclesiale, pronti a dispiegare agli occhi del mondo la ricchezza di Cristo, morto e risorto per noi.

Ecco una traduzione in lingua tedesca delle parole del Papa.

3. Das Geheimnis Christi leben und bezeugen

Auf diese Sehnsucht hat Gott in der Geschichte geantwortet. Durch den Glauben haben wir das Heilswerk kennengelernt, das seine Mitte, seine Achse, seine Fülle in Jesus Christus hat. Und wir lassen niemals darin nach zu verkünden, daß das Heil uns durch Christus erreicht, entsprechend der feierlichen Aussage des Petrus und der anderen Apostel:”Es ist uns Menschen kein anderer Name unter dem Himmel gegeben, durch den wir gerettet werden sollen“(Act. 4, 12). 

Genau das hat der hl. Dominikus auf dem Spuren der Apostel getan. Wie die hl. Katharina von Siena sagte, hat Bruder Dominikus die”Sendung des Wortes“(Dialog. 158) empfangen. Er hat darauf geantwortet, indem er dem Gekreuzigten eine leidenschaftliche Liebe entgegenbrachte. Das berühmte Bild von Fra Angelico stellt dies ja großartig dar: es zeigt den Heiligen, wie er seine Hände auf das Kreuz drückt und dabei die Gestalt Christi betrachtend mit den Augen umfängt, so daß die Blutstropfen des Erlösers gleichsam über ihn hinfliegen. In seiner Predigt hat der hl. Dominikus auf der Grundlage des Evangeliums immer wieder Jesus Christus verkündigt.

Ich denke heute an die unzähligen Brüder, bekannte und unbekannte, die gegenwärtig wie in den vergangenen 760 Jahren sich der Arbeit in der Exegese, der Patristik, der Theologie im Ganzen widmen oder als Lehrer und Prediger, als Editoren und Medienfachleute, als Promotoren des hl. Rosenkranzes und als Missionare, in der Pastoral oder in Sonderaufgaben des Hl. Stuhles tätig sind. Sie alle haben nur diese eine Absicht: mit allen Kräften und mit selbstlosem Herzen ihren Dienst zu tun als demütige Diener der Erlösung in der Welt von heute.

Der Nachfolger Petri bekundet dem Orden des hl. Dominikus mit Freuden die Dankbarkeit der Kirche für alles, was er bisher vollbracht hat. Dazu ermutigt er Euch heute - da Euer Generalkapitel gerade mitten im Heiligen Jahr 1983 gefeiert wird -, Euren Mitbrüder auf der Linie Eurer Vorfahren neue Arbeitsmöglichkeiten zu eröffnen für das Studium sowie für die Predigt über Christus, den Gekreuzigten (Cfr. 1 Cor. 1, 23; 2, 2). 

Was das II. Vatikanische Konzil über die kirklichen Studien gelehrt hat, dazu die Hinweise und Richtlinien meines Vorgängers Paul VI. über die Evangelisation im Apostolischen Rundschreiben Evangelii Nuntiandi: sowie meine eigenen Hinweise in der Enzyklika Redemptor Hominis und im Apostolischen Rundschreiben Catechesi Tradendae bilden eine beständige Arbeitsregel, die sich zu eigen zu machen ich Euren Orden herzlich bitte, damit Ihr erstrangige Mitarbeiter des kirchlichen Lehramtes seid, dazu bereit, vor den Augen der Welt den Reichtum Christi zu entfalten, der für uns gestorben und auferstanden ist.

4. Relazione vitale con la Chiesa

Arriviamo al terzo principio che giustifica l’esistenza di un Ordine religioso e che ne orienta l’azione: la relazione vitale con la Chiesa. Come indicano il Codice di diritto canonico e le vostre Costituzioni (p. I, c. I, n. 21), c’è un’esigenza di cattolicità, di unità e di apostolicità se si desidera essere Chiesa e lavorare ad un livello universale; e c’è bisogno di rendere sempre più reale e visibile la quarta caratteristica della Chiesa, la santità. Il vincolo col Papa è la migliore garanzia di questo carattere ecclesiale; esso legittima l’azione di un Ordine esteso in tutto il mondo, garantisce la sua libertà, sempre in conformità con le norme che regolano l’attività dei religiosi all’interno delle Chiese locali.

Siate poi certi che nel vostro Ordine non mancherà mai la tradizionale e piena obbedienza al successore di Pietro, con sincero rispetto per il suo Magistero e con quella totale fedeltà alla Santa Sede, che è sempre stata nota caratteristica della vostra Famiglia religiosa.

Auguro al vostro Ordine - il cui motto è Verità - che formi molti figli disposti a servire la Chiesa, e lavorare nella verità e nell’obbedienza, ricordando questo famoso testo delle vostre Costituzioni: “Dal momento in cui per obbedienza noi ci uniamo a Cristo e alla Chiesa, ogni sforzo e ogni mortificazione che facciamo per metterla in pratica è come un prolungamento della oblazione di Cristo e acquista un valore di sacrificio, tanto per noi personalmente quanto per la Chiesa: nella consumazione di questo sacrificio si realizza tutta l’opera della creazione” (l. I, art. II, n. 11).

La relazione vitale tra l’Ordine e la Chiesa ha un’altra dimensione essenzialmente teologica, che scaturisce dalla sua finalità e dalla sua natura, riconosciute dalla Sede Apostolica. Come si legge nella vostra costituzione fondamentale, voi siete nella Chiesa un “ordine clericale”, che ha una “funzione sacerdotale e profetica” (Constitutio fundamentalis, § V e § VI).

La vostra storia è prova che tra vocazione sacerdotale e vocazione profetica non vi è opposizione, ma che esse si incontrano per dare all’Ordine la sua identità e la sua integrità proprio come voleva san Domenico. È anche vero che, a causa delle differenti condizioni culturali e religiose dei popoli e forse più ancora a causa delle attitudini e i carismi personali, l’una o l’altra di queste funzioni assumono rilievo particolare. In ogni caso, dalla vostra storia, dalla vostra regola, dalla vostra dottrina, si deduce che nell’insegnamento, nella predicazione, nell’esercizio del ministero pastorale, il carisma profetico nel vostro Ordine ha ricevuto il sigillo particolare della teologia, intesa nel senso pieno di san Tommaso come una sapienza che pone a fondamento del pensiero e dell’azione la contemplazione; essa stimola l’azione, la ispira e la regola (cf. S. Tommaso, Summa theologica I, q. 1, a. 6; II, q. 45, a. 3). Lo stesso san Tommaso, seguendo san Domenico, è stato non solo maestro, ma anche esempio di questa vita di sapienza, alla quale ha sempre potuto guardare l’Ordine come a un aspetto della propria “funzione profetica”, che consiste nell’“annunciare ovunque il Vangelo di Gesù Cristo con la parola e con l’esempio”, secondo il testo della vostra costituzione fondamentale.

Oggi desidero dirvi, a voi Padri capitolari e a tutti i vostri fratelli d’osservanza: siate fedeli a questa missione di ideologia e di sapienza del vostro Ordine, quali siano le forme - erudite o popolari, accademiche o pastorali, scientifiche o catechetiche - nelle quali potete essere chiamati ad esercitarla. Ed evidentemente deve continuare ad avere uno spazio privilegiato, al primo posto nel vostro lavoro scientifico e apostolico, l’approfondimento dell’opera teologica e filosofica di san Tommaso d’Aquino. Si impone, per voi più che per altri, la necessità di coltivare la familiarità col pensiero e con gli scritti dell’ineguagliabile Maestro, rinnovare ed arricchire la sua dottrina.

La vostra funzione teologica assicura all’Ordine una relazione vitale con la comunità ecclesiale, ove la verità e la ricchezza dei carismi sono stati posti in unità dallo Spirito, in vista della edificazione del Corpo di Cristo.

Ecco una traduzione nelle lingue spagnolo e portoghese delle parole del Papa.

4. Relción vital con la Iglesia

Llegamos al tercer principio que justifica la existencia de una Orden religiosa y que orienta su acción: la relación vital con la Iglesia. Como lo indican el Código de derecho canónico y vuestras Constituciones (P. I., C. I, n. 21), hay una exigencia de catolicidad, de unidad y de apostolicidad si se quiere ser Iglesia y trabajar a un nivel universal; y hay que hacer cada vez más real y visible la cuarta nota de la Iglesia, la santidad. El vínculo con el Papa es la mejor garantía de este carácter eclesial; él legitima la acción de una Orden extendida por todo el mundo, garantiza su libertad, dejando siempre en salvo la conformidad con las normas que regulan la actividad de los religiosos dentro de las Iglesias locales.

Estoy pues seguro de que en vuestra Orden no faltará nunca la tradicional y plena obediencia al Sucesor de Pedro, con sincero respeto a su Magisterio y con esa total fidelidad a la Santa Sede, que ha sido siempre nota característica de vuestra Familia religiosa.

Yo deseo a vuestra Orden –cuyo lema es la Verdad– que forme muchos hijos dispuestos a servir a la Iglesia, a trabajar en la verdad y la obediencia, recordando este hermoso texto de vuestras Constituciones:

“Desde el momento en que por obediencia nos unimos a Cristo y a la Iglesia, todo esfuerzo y toda mortificación que hacemos para ponerla en práctica es como una prolongación de la oblación de Cristo y adquiere un valor de sacrificio, tanto para nosotros personalmente como para la Iglesia: en la consumación de este sacrificio se realiza toda la obra de la creación” (L. I, a. II, n. 11). 

La relación vital entre la Orden y la Iglesia tiene otra dimensión esencialmente teológica, que brota de su finalidad y de su naturaleza, reconocidas por la Sede Apostólica.

Como se lee en vuestra Constitución fundamental, vosotros sois en la Iglesia una “orden clerical”, que tiene una “función sacerdotal y profética” (Constitutio Fundamentalis, § V et VI).

Vuestra historia es prueba de que entre vocación sacerdotal y vocación profética no hay oposición, sino que ambas se encuentran para dar a la Orden su identidad y su integridad tal como quiso Santo Domingo. Es también verdad que, debido a las diferentes condiciones culturales y religiosas de los pueblos y quizá más aún a las aptitudes y carismas personales, la una o la otra de esas funciones asumen particular relieve. En todo caso, de vuestra historia, de vuestras reglas, de vuestra doctrina, se deduce que en la enseñanza, en la predicación, en el ejercicio del ministerio pastoral, el carisma profético dentro de vuestra Orden ha recibido el sello particular de la teología, entendida en el sentido pleno de Santo Tomás como una sabiduría que lleva a fundamental el pensamiento y la acción sobre la contemplación; ésta estimula la acción, la inspira y la regula (Cfr. S. THOMAE Summa Theologiae, q. 1, a. 6; II, q. 45, a. 3). El mismo Santo Tomás, siguiendo a Santo Domingo, ha sido no sólo el maestro, sino también el ejemplo de esta vida de sabiduría, hacia la cual ha podido mirar siempre la Orden como hacia un espejo de su propia “función profética”, que consiste en “anunciar por todas partes el Evangelio de Jesucristo con la palabra y el ejemplo”, según el texto de vuestra Constitución fundamental.

No dia de hoje, quero dizer-vos, a vós Padres Capitulares e a todos os vossos Irmãos em religião: sede fiéis a esta missão de teologia e de sabedoria da vossa Ordem, quaisquer que sejam as formas - eruditas ou populares, académicas ou pastorais, científicas ou catequéticas - sob as quais possais ser chamados a exercê-la. E evidentemente que há-de manter um lugar de eleição, na primeira linha do vosso trabalho científico e apostólico, o aprofundamento da obra teológica e filosófica de Santo Tomás de Aquino. Impõe-se, para vós mais do que para outros, a necessidade de cultivar a familiaridade com o pensamento e com os escritos do inigualado Mestre, renovar e enriquecer a sua doutrina.

A vossa função teológica assegura à Ordem uma relação vital com a Comunidade eclesial, onde a variedade e a riqueza dos carismas estão ordenados para a unidade pelo Espírito, em vista da edificação do Corpo de Cristo.

5. Vita spirituale

Infine, carissimi Padri capitolari, desidero ricordarvi, sempre sulla traccia delle vostre Costituzioni, che il segreto di un proficuo svolgimento della vostra missione nella Chiesa e nel mondo, il segreto della vostra stessa ripresa numerica e qualitativa dopo la crisi che anche il vostro Ordine ha dovuto affrontare negli scorsi anni, consiste nella fedeltà alla “vita apostolica nel suo significato integrale, in cui la predicazione e l’insegnamento devono sgorgare dall’abbondanza della contemplazione” (Constitutio fundamentalis, 4).

È il quarto fondamento - ma quanto ad importanza è il principale - su cui potete costruire un presente e un avvenire dell’Ordine, degni del suo passato. Esso si esplicita in cose che ben conoscete e che qui basterà appena accennare per affidarle alla vostra riflessione e, se è necessario, alle risoluzioni del vostro Capitolo: lo spirito di orazione, la vita interiore, lo zelo, l’esattezza e la fedeltà nella celebrazione della Liturgia e, in generale, la regolare osservanza della vita comune, la pratica e lo spirito dei voti, la penitenza.

Il Papa Onorio III riassumeva tutto questo, quando nella lettera a san Domenico e ai suoi primi compagni diceva che per la riforma del mondo moderno e la predicazione della fede, Dio aveva loro “ispirato nell’animo l’amoroso desiderio di abbracciare la povertà e di mettere in pratica la vita regolare . . .” (Epist., 18 gennaio 1221: MOPH, XXV, p. 144; cf. Constitutio fundamentalis, 1).

Questa ispirazione divina indicava la via che deve restare vostra anche oggi. Essa non è stata modificata nei punti essenziali e non deve essere compromessa dagli adattamenti e dalle innovazioni di carattere strutturale e funzionale che, lealmente e in armonia con le direttive della Chiesa, voi avete ritenuto e ritenete di apportare all’organizzazione dell’Ordine. Molti esperimenti e tentativi sono possibili, ma a patto che non si abbandoni la giusta via”. Può anche darsi che, in base a un realistico bilancio di ciò che si è sperimentato, risulti al Capitolo che su alcuni punti si impone un ripensamento.

In particolare, lasciate che vi raccomandi di prestare un’attenzione rinnovata alle qualità della vita conventuale: il silenzio, del quale si diceva tradizionalmente tra di voi che è il “padre dei Predicatori”, l’abito “come distintivo della vostra consacrazione” (l. I, c. I, art. V, n. 51), il giusto posto della clausura, stabilita dalle vostre Costituzioni “perché . . . i frati possano attendere meglio alla contemplazione e allo studio, perché s’accresca l’intimità della famiglia e si possa esplicare l’indole della nostra vita religiosa e la fedeltà ad essa . . .” (l. I, c. I, art. V, n. 41). Resi forti dalla vita comunitaria, i frati potranno adempiere ai loro compiti sulle strade del mondo, senza nascondere la loro identità, rendendo testimonianza ai valori della vita religiosa liberamente scelta per il Regno di Dio.

6. Conclusione

Quante altre cose vorrei dirvi a cuore aperto e come espressione del mio affetto e del mio apprezzamento per il vostro Ordine, carissimi Padri capitolari! Che le mie parole vi siano di incoraggiamento a camminare nella scia dei vostri confratelli che, con la loro vita, hanno segnato la storia dell’Ordine e, si può dire, della Chiesa stessa.

Poiché devo concludere, lo farò ripetendo con voi alcuni periodi di quella “Preghiera al beato Domenico”, che fu scritta dal suo successore, Maestro Giordano, e che deve esservi molto familiare. La ripeto qui come se ci trovassimo davanti alla Tomba del vostro Fondatore, che io pure ho potuto più volte venerare in san Domenico di Bologna: “Tu una volta iniziato il cammino della perfezione, tutto lasciasti per seguire nudo il Cristo nudo, preferendo accumulare tesori nel cielo. Ma, con ancor più forza rinunciasti a te stesso e, portando virilmente la tua croce, ti sforzasti di seguire le orme della nostra sola vera guida: il Redentore. Tu, infiammato dallo zelo di Dio e da ardore soprannaturale, per la sovrabbondanza della tua carità, in uno slancio immenso di generosità ti spendesti tutto per la povertà perpetua, per la vita apostolica e la predicazione evangelica. E per questa grande opera, non senza una ispirazione dall’alto, istituisti l’Ordine dei Frati Predicatori [. . .]. Tu, che cercasti con tanto zelo la salvezza del genere umano, vieni in aiuto al clero, al popolo cristiano . . . Sii per noi veramente un “dominicanus”, ossia un solerte custode del gregge del Signore . . .” (cf. ed. Scheben, ASOP, XVIII, 1929, pp. 564-568).

Cari Frati Predicatori, all’intercessione del vostro Santo Padre Domenico affido voi e tutto il vostro Ordine, come pure l’intera Famiglia domenicana, comprendente, oltre i Frati, le Monache claustrali, le Suore di vita attiva, gli Istituti secolari associati all’Ordine e i numerosi laici e sacerdoti appartenenti alle Fraternità. E di tutto cuore vi imparto la mia benedizione, propiziatrice della divina assistenza per i lavori del Capitolo e di sempre più abbondanti grazie per la vita dell’Ordine, a voi e a me così caro.

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