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DISCORSO DI GIOVANNI  PAOLO II
A GRUPPI DI PELLEGRINI ITALIANI

Sabato, 31 marzo 1984

 

Amati fratelli nell’episcopato e carissimi fedeli!

1. Con grande gioia vi accolgo in questa basilica Vaticana e porgo a tutti il mio affettuoso saluto: in primo luogo all’arcivescovo di Modena monsignor Santo Quadri e ai fedeli della cara arcidiocesi, a lui affidata; poi ai fedeli di Subiaco e all’abate monsignor Stanislao Andreotti e infine agli iscritti all’associazione dell’Apostolato della preghiera con i loro direttori e responsabili. Saluto con pari cordialità tutti gli altri pellegrini.

La vostra presenza è fondamentalmente un atto di viva fede cristiana. Siete venuti infatti a Roma in spirito di preghiera e di penitenza, perché riconoscete in Cristo il redentore divino morto sulla croce per la liberazione dell’umanità dal peccato e sempre presente per noi e con noi, come amico e salvatore. Meditando sull’avvenimento centrale della incarnazione e della passione redentrice, l’apostolo ed evangelista san Giovanni scriveva: “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4, 9-10).

Ebbene, il vostro pellegrinaggio di fede e di amore dimostra la convinzione che anima e dirige tutta la vostra vita, e io auguro di cuore che esso sia fecondo di santi propositi, stimolandovi alla fervorosa perseveranza nella testimonianza di Cristo, ovunque si svolge la vostra quotidiana esistenza.

L’Anno Santo della Redenzione sia per voi, cari fedeli, e per la Chiesa intera una data e una tappa storica per credere con maggiore convinzione nel messaggio e nell’opera redentrice di Cristo, per amare con più fervore anche in riparazione dell’ingratitudine di tante persone, per testimoniare con coraggio e coerenza nella società odierna la vostra fede.

2. Mi rivolgo ora in particolare ai singoli gruppi.

- Per i fedeli dell’arcidiocesi di Modena prendo lo spunto dalle grandiose manifestazioni culturali e religiose che, iniziatesi il 31 gennaio, festa di san Geminiano vescovo, si protraggono per tutto l’anno, per commemorare l’ottavo centenario della dedicazione della storica cattedrale, recentemente restaurata in tutto il suo splendore. Questo tempio romanico, voluto dai modenesi sopra la tomba del grande santo vescovo Geminiano iniziò nel 1099. Sono passati ormai tanti secoli, e Modena è diventata città industriale, dinamica, produttiva, con un soddisfacente reddito familiare e un benessere abbastanza diffuso. Città ricca di storia e di cultura - basta pensare alla grandiosa biblioteca Estense e all’università - Modena deve essere e rimanere città ricca anche di religiosità e di fede cristiana. La vostra cattedrale con il campanile della Ghirlandina è un simbolo e un monito! Non abbandonate le vostre profonde tradizioni cristiane! Continuate a vivere nel solco e con gli ideali dei vostri antenati! I festeggiamenti commemorativi del presente anno diano a tutti i fedeli dell’arcidiocesi una sempre maggiore presa di coscienza della missione della “comunità cristiana”, facendo sentire e capire che c’è una responsabilità personale di approfondimento dottrinale della fede e di perfezionamento ascetico nella decisa ripulsa del male, con qualunque nome si chiami; c’è una responsabilità ecclesiale di testimonianza e di catechesi; e c’è una responsabilità sociale-civile di interessamento e di intervento per il bene comune, specialmente a servizio del prossimo più bisognoso o più minacciato. Dirigete le vostre attività pastorali specialmente verso l’istruzione religiosa dei giovani e degli adulti e verso la frequenza alla santa messa domenicale e festiva. A questo scopo vi potrà essere utile la lettera pastorale del vostro arcivescovo, sul tema “Con Cristo nella Chiesa per la vita del mondo”.

- La presenza di voi, fedeli di Subiaco, mi fa ricordare quella dolce sera autunnale del 28 settembre 1980, quando, dopo aver pregato con i vescovi europei al Sacro Speco di san Benedetto e nella basilica di Santa Scolastica, entrai nella vostra suggestiva città, ricevetti dal sindaco le chiavi simboliche, e poi celebrai la santa messa all’altare elevato in Piazza della Resistenza. In quell’occasione, dopo aver firmato con i vescovi europei il messaggio all’Europa, vi ricordavo che san Benedetto in quel luogo mistico e austero aveva ideato e iniziato l’unica e valida rivoluzione, quella pacifica e costruttiva della preghiera e del lavoro. Nella Chiesa di Santa Scolastica dicevo poi che san Benedetto ci ha insegnato “che la vita dell’uomo è degna di essere vissuta, senza superficiale ottimismo utopistico né disperato pessimismo, perché è dono dell’amore di Dio e deve essere una continua, perenne, costante ricerca di Dio, l’unico vero e autentico valore assoluto” (cf. Ioannis Pauli PP. II, Supplicatio ad S. Benedictum in S. Scholasticae Cathedrali habita, die 28 sept. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/2 [1980] 743). Queste medesime parole desidero rivolgere oggi a voi. Quante vicende si sono susseguite nella storia, dai tempi burrascosi di san Benedetto ai tragici avvenimenti bellici di quarant’anni fa, che martoriarono le vostre terre, alle dolorose incertezze della nostra epoca! E tuttavia l’insegnamento del santo patriarca rimane valido per sempre e per tutti. Continuate anche voi a lavorare e a pregare, con fiducia e serenità, convinti che - come è scritto nella regola benedettina - nulla si deve anteporre all’amore di Cristo, “il quale tutti conduce alla vita eterna” (S. Benedicti, Regula, VII, 3-9.11-12).

- Infine, una parola calorosa di apprezzamento e di compiacimento giunga agli iscritti all’Apostolato della preghiera. Il discorso dovrebbe farsi molto più ampio e più profondo di quanto sia possibile in questo breve tempo, data l’importanza fondamentale di questo apostolato nella Chiesa in generale e nella vita singola di ogni fedele. In questa circostanza, motivata dal pellegrinaggio giubilare dell’Anno Santo della Redenzione, richiamandomi al messaggio del sacro Cuore di Gesù a santa Margherita Maria e alle grandi encicliche dei miei predecessori, Leone XIII (Annum Sacrum, 25 maggio 1899), Pio XI (Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928), Pio XII (Haurietis aquas, 15 maggio 1956), Paolo VI (Investigabiles divitias Christi, 6 febbraio 1965; Diserti interpretes facti, 25 maggio 1965) e alle mie due encicliche Redemptor Hominis e Dives in Misericordia, vi esorto ad allargare e ad approfondire sempre più il raggio del vostro apostolato nelle singole parrocchie, comunità e diocesi, inculcando la preghiera e l’offerta quotidiana per la conversione dei peccatori, per le necessità della Chiesa, per i governanti e le autorità civili affinché abbiano una vera e retta coscienza nel governare; e stimolando all’autentica devozione al sacro Cuore, mediante la consacrazione delle famiglie, e soprattutto la celebrazione vissuta del primo venerdì di ogni mese con la confessione sacramentale e la partecipazione all’Eucaristia. In questo modo, anche per voi, iscritti all’Apostolato della preghiera, l’Anno Santo sarà una data memorabile e feconda di copiosi frutti spirituali.

3. Nell’estendere il mio saluto a tutti gli altri gruppi presenti e ai singoli pellegrini, desidero ricordare il solenne atto di affidamento a Maria, che abbiamo compiuto domenica scorsa davanti alla venerata statua della Madonna di Fatima. Come voi sapete, quando Maria santissima apparve ai tre pastorelli nella Cova di Iria chiese insistentemente la recita del Rosario e la penitenza per la conversione di tante persone, che vivendo nel peccato rischiano l’eterna dannazione. L’Atto di affidamento a Maria sia per voi tutti un impegno ad accettare l’invito alla preghiera, alla penitenza e alla conversione.

Con questi voti, di cuore vi imparto la mia benedizione, che estendo volentieri alle comunità da voi rappresentate.

 

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