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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL NICARAGUA

Domenica, 1° dicembre 1985

 

Signor cardinale arcivescovo di Managua, amati vescovi del Nicaragua.

Il tempo liturgico dell’Avvento, recentemente iniziato, ci pone in una prospettiva spirituale di attesa del Signore Gesù Cristo che viene al mondo sotto forma di Bambino.

1. Il suo nome, scelto da Dio Padre e fatto conoscere a Maria, “la piena di grazia”, dall’arcangelo Gabriele, esprime chiaramente la missione che gli fu affidata di salvare “il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21), realizzando la riconciliazione definitiva dell’umanità con Dio.

L’apostolo Paolo descrive questo evento con parole piene di mistero: “Quando fu trascorso il numero di secoli stabiliti, Dio mandò suo Figlio, fatto da una donna e nato sotto la Legge, affinché riscattasse quelli che erano soggetti alla Legge, e noi ricevessimo l’adozione di figli” (Gal 4, 4-5).

La venuta fra noi del Figlio di Dio ha inoltre un ambiente concreto e un contesto storico, ma soprattutto un realismo - il seno e il cuore di una Madre - che suscita emozioni profonde. È il mistero che nella Notte di Natale adoriamo in ginocchio dicendo: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si incarnò nel seno della Vergine Maria”.

Perciò sembra naturale che attraverso il breve itinerario liturgico che ci conduce al Portale, la Chiesa si trattenga a meditare sul mistero dell’Immacolata, che “redenta in modo grandioso, in previsione dei meriti di suo Figlio” e “arricchita dal primo istante del suo concepimento, con lo splendore di una santità veramente unica” (Lumen gentium, 53 e 56), prefigura la nuova creatura nata da Dio in Cristo” (cf. 2 Cor 5, 17)”.

2. La comunità cattolica del Nicaragua da secoli venera e glorifica questa Donna, eccelsa per perfezione, sotto il nome de “la Purissima”, e celebra la sua festa con una grande solennità liturgica e popolare, preceduta dalla novena di preparazione. Proprio in questo clima spirituale della celebrazione del mistero de “la Purissima”, ho voluto essere presente fra voi con questa lettera per testimoniare il mio affetto ed esprimere la mia simpatia a voi, signor cardinale arcivescovo di Managua, e agli amati fratelli dell’episcopato, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli cattolici. In verità, so che in occasione della festa de “la Purissima” vi trovo tutti intorno a Maria: nelle chiese delle città e delle campagne, nelle piazze, nelle strade e vicoli, riuniti come figli sotto il suo manto, per esaltare colei che avendo dato al mondo la Vita stessa che rinnova tutte le cose, è stata insignita da Dio con il dono e il privilegio di essere “la Purissima” fin dalla sua nascita (cf. Lumen gentium, 56). Una festività che è insieme simbolo e realtà che raccoglie tutti i Nicaraguensi in una sola famiglia.

In questo commovente spettacolo di preghiera e di festa - che purtroppo contrasta con la dolorosa realtà in cui da molto tempo ormai vivete quotidianamente: sofferenze e privazioni, dolore e incertezza - vede la realizzazione dell’annuncio dell’apostolo Paolo: “Egli è la nostra pace, colui che ha unito i due in un solo popolo, abbattendo il muro di odio che li teneva separati” (Ef 2, 14).

Sapete bene, amatissimi vescovi, che a voi concretamente è stato affidato il ministero e la parola della riconciliazione (cf. 2 Cor 5, 18.19). Questo servizio riassume la missione stessa della Chiesa, chiamata a mostrarci e a offrire i mezzi e le vie della riconciliazione, che sono la conversione del cuore e la vittoria sul peccato, che sia questo l’egoismo o l’ingiustizia, la prepotenza o lo sfruttamento degli altri uomini, l’attaccamento ai beni materiali o la ricerca sfrenata del piacere (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 8).

Voi, amati fratelli, siete particolarmente coscienti di questo dovere, come avete dimostrato, dirigendo ai cattolici del Nicaragua, il 22 aprile 1984, durante la Pasqua di Risurrezione, una Lettera pastorale sulla riconciliazione. Sono sicuro che continuerete a compiere con fiduciosa perseveranza la missione che Cristo vi ha affidato. Desidero con tutto il cuore che il seme gettato nella terra generosa delle coscienze dei vostri fedeli possa dare, un giorno non lontano, frutti di concordia e di fraternità.

Certamente non ignoro le vostre difficoltà nel momento attuale. Non abbiate paura e non abbattetevi, persuasi che “niente “potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù” (Rm 8, 39). Mantenete ferme in voi le supreme certezze della fede, che siete chiamati a difendere e ad accrescere nei vostri fedeli. La vocazione cristiana - e soprattutto l’essere nella comunità, con diversi ruoli, pastori leali e fedeli al gregge - comporta sacrificio, rinuncia e rifiuto. Imitate l’esempio degli apostoli che attraversavano paesi e città predicando il Vangelo, “per fortificare l’animo dei discepoli, esortandoli a perseverare nella fede e dicendo che attraverso molte tribolazioni ci è necessario entrare nel regno di Dio” (At 14, 22).

3. Nelle ultime settimane le difficoltà nell’azione pastorale - vostra e dei vostri collaboratori - si sono accresciute. Lo scorso anno, nel mese di luglio, l’arcidiocesi di Managua patì una grave riduzione del proprio personale, da sempre piuttosto insufficiente, per l’espulsione di dieci validi sacerdoti. Questo fatto non ha trovato ancora un rimedio. Ad altri sacerdoti, come conseguenza delle nuove difficoltà, si presenta incerta la possibilità di restare stabilmente nel Paese. So inoltre che soffrite a causa di ostacoli di ordine diverso che si presentano alla Chiesa, e anche per varie forme di intimidazione e vessazione fatte a ministri del culto e a fedeli cattolici. Sostengo la ferma speranza che i problemi esistenti possano essere prontamente risolti in modo soddisfacente.

Una comunità cattolica, che si vede obbligata a vivere la sua fede nelle condizioni qui esposte, esige da parte dei suoi membri un profondo senso di unione e di adesione nei confronti dei propri Pastori. Tutto ciò l’avevo già scritto nella lettera che vi indirizzai il 29 giugno 1982, solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo: “Cerchino inoltre tutti i figli della Chiesa, in questo momento storico per il Nicaragua e per la Chiesa in questa Nazione, di contribuire a mantenere solida la comunione intorno ai suoi Pastori, evitando qualunque germe di frattura o divisione”.

Effettivamente, per ciò che riguarda il destino eterno dell’uomo e ai mezzi soprannaturali per conseguirlo, non è ammissibile che non abbia un profondo “sentire cum Ecclesia”, colui che si presenta davanti a una comunità per insegnare la parola di Dio o per amministrare i sacramenti. Lo sottolineava con parole gravi anche il mio predecessore Paolo VI: “Nessuno può [esercitare questa missione], senza essere stato inviato” (Evangelii nuntiandi, 59). E aggiunge: “Evangelizzare non è per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale . . . Questo suppone che [il predicatore, catechista o pastore] compia ciò, non per una missione che egli si attribuisce o per ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome suo”. In un altro punto il Pontefice stesso ricorda come “la forza dell’evangelizzazione sarà estremamente debilitata se coloro che annunciano il Vangelo sono fra loro divisi da tanti tipi di fratture” (Evangelii nuntiandi, 77).

4. L’esigenza di unità e di coesione è fondamentale e urgente nella vostra Comunità ecclesiale. Con la speranza e l’aspettativa di allora ripeto a tutti i figli della Chiesa in Nicaragua i voti e le preghiere con cui conclusi l’omelia a Managua, il 4 marzo 1983, in occasione della mia visita apostolica nel vostro Paese: “Che l’intercessione di Maria, la Purissima, come voi la chiamate con così bel nome, di colei che è la Patrona del Nicaragua, vi aiuti a essere sempre costanti in questa vocazione di unità e fedeltà ecclesiale”.

Le preoccupazioni che vi ho manifestato - e che sono anche vostre - cari fratelli dell’Episcopato, non possono turbare il sentimento di consolazione e di gioia spirituale che provo pensando a tanti sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli cattolici che danno testimonianza di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Li esorto a perseverare, con gli occhi e il cuore fissi sui suoi Pastori, seguendo la loro parola e la loro guida.

E voi, amatissimi fratelli, a cui tutta la Comunità cattolica del Nicaragua si rivolge come a un imprescindibile punto di riferimento per la vita della fede, siate sempre “modelli del gregge”, che vi fu affidato da Cristo, Pastore supremo delle anime, restando sempre uniti fra di voi. Prendetevene cura con zelo e amore, rendendo la sua fede più fervente, più accesa la sua speranza e più premurosa la sua carità. Ricordatevi le parole dell’apostolo Pietro: “E chi vi potrà fare del male, se sarete zelanti per il bene? Ma, se anche dovete soffrire per la giustizia, beati voi! Non abbiate alcun timore e non siate spaventati, ma trattate santamente nei vostri cuori il Signore che è il Cristo, sempre pronti a rispondere, ma con dolcezza e rispetto, a chiunque vi chiede conto della speranza che è nei vostri cuori. Poiché è meglio soffrire, se questa è la volontà di Dio, facendo il bene, che facendo il male” (1 Pt 3,13 ss.).

5. Nel momento attuale, in cui si sta celebrando il Sinodo straordinario dei vescovi, insieme alla preghiera e l’affetto del Vescovo di Roma, che vi conforti il ricordo, diventato preghiera, di tanti pastori della Chiesa e dei loro greggi. Come incitamento e sostegno avete anche l’esempio di altre Chiese sorelle a cui è stato concesso dalla misericordia di Dio non solo credere in Cristo, ma anche soffrire per lui” (Fil 1, 29).

Accomiatandomi spiritualmente da voi, voglio indirizzare il mio cordiale saluto a tutto il popolo del Nicaragua: ai fanciulli, giovani, anziani, padri e madri di famiglia. Il mio ricordo si dirige in special modo a coloro che soffrono a causa della malattia o della violenza; a coloro che sono provati da perdite dolorose, dalla solitudine o dalla separazione dai propri cari. Invocando dal Signore che viene, per intercessione della sua purissima Madre, la Vergine Maria, la consolazione e la pace per tutti, vi impartisco la benedizione apostolica.

 

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