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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELL'UNIONE DEI CONSOLI ONORARI IN ITALIA

Venerdì, 22 marzo 1985

 

1. Sono lieto di questo incontro con voi, illustri Signori dell’Unione dei Consoli Onorari in Italia e della Federazione Internazionale dei Corpi e delle Associazioni Consolari, qui convenuti insieme con le vostre famiglie e con alcuni Consoli di Carriera.

Il saluto che vi porgo si ispira a sentimenti di apprezzamento per l’istituto consolare, il quale opera nell’ambito delle ampie relazioni che caratterizzano gli Stati moderni per la tutela di interessi comuni alle nazioni e per l’assistenza ai cittadini del Paese rappresentato, al fine di proteggerne i diritti, tutelarne gli interessi e, se necessario, svolgere quelle funzioni che normalmente importano alle persone fisiche o morali attive nello Stato che le ospita. È nell’interesse delle nazioni e dei cittadini che la figura e l’attività del console siano opportunamente avvalorate e che i compiti della vostra missione siano sempre opportunamente attesi e organicamente garantiti dai pubblici poteri.

2. Nel vostro servizio emergono due gruppi di impegni: il primo concerne le funzioni relative all’interesse pubblico delle nazioni rappresentate; l’altro è un ufficio rivolto alle singole persone che ve ne fanno richiesta. Non di rado, in questo secondo caso, si presentano a voi problemi urgenti, situazioni che appellano il vostro profondo senso di giustizia e di umanità. Problemi contemplati dalla vostra professionalità, come quelli connessi con la documentazione per la libera circolazione delle persone, la definizione del loro stato giuridico, gli accertamenti relativi alla loro posizione civile; ma talvolta situazioni umane che sono affidate prevalentemente alla vostra libera iniziativa, al vostro sentimento umanitario, alla vostra carità. È confortante constatare come il Console, sovente al di là dei doveri imposti dalla propria carica, assuma forme dirette di assistenza ai cittadini ospiti dello Stato in cui egli opera, oppure si faccia interprete delle peculiari necessità di un’intera comunità rappresentata.

La vostra opera ha potuto moltiplicare le sue forme di servizio specialmente nella nostra epoca a motivo dell’accrescersi dei fenomeni migratori che la caratterizzano. Accanto a una migrazione di tipo tecnico, per molti aspetti garantita e protetta negli interessi da convenzioni di lavoro sicure, permane una migrazione solo apparentemente spontanea, ma forzata invece dalla necessità, da fenomeni gravi di recessione dei posti di lavoro, da pressioni ideologiche, politiche, etnologiche. Il fenomeno della gente che si sposta vi coinvolge comunque in situazioni che richiedano il vostro intervento per aiuti validi o consigli decisivi. A voi il compito altamente umanitario di avvertire sulle difficoltà che spesso il forestiero incontra per far valere i propri diritti legalizzati. Ma ancor più, voi sapete che oltre alle leggi e alle garanzie degli uomini esistono necessità reclamate da diritti più semplicemente umani e naturali. Tra questi specialmente occorre ricordare quanto concerne l’area delle famiglie delle persone che si portano in altri Paesi.

3. È doveroso, inoltre, accennare all’incremento che voi potete dare alle relazioni internazionali. Il vostro lavoro quotidiano dice che esse non sono fondate sul contrasto, sulla contrapposizione degli interessi oppure sull’emulazione e sul prestigio; ma su rapporti di servizio, stimolati dall’affetto verso il popolo di cui tutelate i diritti, dai problemi umani che si sottendono al reciproco incontro sia della nazione vostra che della nazione per la quale operate. Si può ben dire che voi svolgete una singolare e capillare missione di pace: una pace cercata specialmente nell’intesa diretta tra le persone. Non siete, quindi, spettatori estranei dei rapporti tra i popoli, ma costruttori pazienti e immediati delle loro relazioni. Voi non siete beneficiari o vittime passive delle vicende internazionali, ma protettori e difensori della pace a titolo speciale, per un peculiare e non trascurabile compito.

Non vi scoraggino le incomprensioni e le difficoltà, ma vi animi nel vostro lavoro non solo l’impegno professionale, ma anche un sincero amore di fratelli. Vi accompagni la mia benedizione. Cari fratelli nell’episcopato.

Vi accompagni la mia Benedizione.

 

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