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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL VI COLLOQUIO GIURIDICO ORGANIZZATO
DAL PONTIFICIO ISTITUTO «UTRIUSQUE IURIS»

Sabato, 26 aprile 1986

 

Cari fratelli.

1. Sono lieto di salutare tutti voi, convenuti a Roma per il VI Colloquio giuridico, organizzato dal Pontificio Istituto “Utriusque Iuris” dell’Università Lateranense in collaborazione col Pontificio Istituto per studi su matrimonio e famiglia.

Nel rivolgere un particolare saluto al rettore, mons. Piero Rossano, e a mons. Carlo Caffarra, esprimo a ciascuno di voi il mio benvenuto e il mio compiacimento per tale alta iniziativa culturale, che ha per tema “La famiglia e i suoi diritti nella comunità civile e religiosa”. È questo un argomento di grande importanza, che si pone in sintonia con quanto ebbi modo di manifestare nel febbraio 1980, durante la mia visita all’Università del Laterano. In quella circostanza, dopo aver delineato la funzione di questo particolare centro di studi giuridici, sottolineai che almeno tre erano gli ambiti, nei quali esso avrebbe potuto dare il suo rilevante contributo. Fra questi indicai l’approfondimento di quei diritti, che, proprio perché frequentemente elusi nella società contemporanea, devono avere una cura particolare da parte della Chiesa.

2. Le relazioni di giustizia che stanno alla base della convivenza sociale, quando rispondono adeguatamente alla natura dell’uomo, non coartano né restringono la libertà della persona umana, anzi l’aiutano e la proteggono nell’esercizio delle sue scelte connaturali. Il matrimonio e la famiglia, che vi sforzate di servire con la vostra scienza giuridica, sono istituzioni naturali, radicate nell’essere stesso della persona, dal cui bene specifico trae beneficio la società intera.

Infatti, come rammenta la costituzione pastorale Gaudium et Spes (Gaudium et Spes, 12) del Vaticano II: “Dio non creò l’uomo lasciandolo solo; fin da principio uomo e donna li creò. Questa società dell’uomo e della donna costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale e senza i rapporti con gli altri non può vivere, né esplicare le sue doti”. La famiglia e il matrimonio, che ne è il fondamento, sono istituzioni a cui tutta la comunità civile e religiosa devono servire. Se si comprende che “questa società dell’uomo con la donna è la prima forma di comunione di persone umane”, si percepisce pienamente che ogni iniziativa a servizio della comunità matrimoniale e familiare dà vigore ed è di beneficio alle varie forme di convivenza e, in definitiva, all’intera società umana.

Tuttavia si scopre anche che questa “prima società” ha le sue esigenze naturali e non può essere manipolata da ideologie o da concezioni parziali della società. L’introdurre nella regolazione delle istituzioni sociali norme o leggi, che possano violare le esigenze ad esse proprie, oltre a mettere in difficoltà e in un ordine non esatto ciò che invece è utile alla famiglia, impoverisce e priva l’intera società di quei valori morali che contribuiscono efficacemente al bene comune, intaccando la base della convivenza. Infatti, nulla di quanto pregiudichi direttamente la famiglia può essere di beneficio alla società.

3. È importante che le autorità pubbliche, e quanti col loro lavoro scientifico si occupano di ciò che è conforme alle autentiche esigenze dell’uomo e della società, percepiscano che cosa significa una vera collaborazione tra la legislazione civile e quella religiosa relativa ai diritti della famiglia. “Perseguendo il suo proprio fine - insegna il Concilio Vaticano II - la Chiesa non solamente comunica all’uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, in tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona, consolida la compagine dell’umana società, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato” (Gaudium et Spes, 40). Perciò nel difendere la visione cristiana del matrimonio e della famiglia, la Chiesa costruisce e rafforza anche la comunità civile con fermi e stabili legami di ordine morale. Infatti, l’adesione dei fedeli alla dottrina della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia contribuisce efficacemente a far sì che tra i componenti di una comunità regnino quelle virtù morali, che rendono possibile la giustizia e cioè la fedeltà, il rispetto della persona, il senso di responsabilità, la comprensione vicendevole, l’aiuto reciproco.

4. I diritti della famiglia non sono un tema puramente spirituale e religioso che, di conseguenza, la società civile può lasciare da parte, quasi non fosse una questione profondamente umana, che la tocca intimamente. Certamente la Chiesa, promovendo i valori fondamentali della famiglia, risponde agli impegni della propria missione; ma anche sulle autorità civili grava l’obbligo di promuovere la salvaguardia di tali diritti che fanno parte dei beni primordiali del matrimonio.

Il destino della comunità umana è strettamente legato alla sanità dell’istituzione familiare. Quando, nella sua legislazione, il potere civile disconosce il valore specifico che la famiglia rettamente costituita porta al bene della società, quando esso si comporta come spettatore indifferente di fronte ai valori etici della vita sessuale e di quella matrimoniale, allora, lungi dal promuovere il bene e la permanenza dei valori umani, favorisce con tale comportamento la dissoluzione dei costumi.

Come pure un atteggiamento permissivo nei confronti della trasmissione della vita al di fuori delle leggi naturali dell’unione coniugale, quantunque possa risolvere alcuni problemi immediati relativi a una paternità desiderata, contribuisce ad oscurare la natura e la dignità del matrimonio.

5. Non è, infine, meno importante ricordare i tanti altri aspetti, che sono stati da voi affrontati in questi giorni di studio e di riflessione, quali gli specifici diritti della donna, del bambino, dell’anziano e anche quelli stessi della famiglia globalmente considerati, dei quali ho parlato nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, e che sono stati raccolti dalla Santa Sede nella “Carta dei diritti della famiglia”.

Pur essendo tutti importanti, ritengo opportuno sottolineare il diritto-dovere dei genitori all’educazione dei figli. È un loro preciso compito quello di formare nella prole una personalità matura, frutto del patrimonio dei valori fondamentali nei confronti della vita. “Questa funzione educativa - dice il Concilio Vaticano II - è tanto importante che, se manca, può appena essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto hanno bisogno tutte le società” (Gaudium et Spes, 3).

6. Da parte loro, i poteri pubblici, riconoscendo questo diritto-dovere dei genitori, devono favorire la vera libertà di insegnamento, perché la scuola cooperi, come un’estensione del focolare domestico, a far crescere gli allievi in quei valori fondamentali che sono voluti da chi ha loro dato la vita. Purtroppo, si limita la libertà di insegnamento quando praticamente, a motivo delle difficoltà economiche, le famiglie non sono in grado di scegliere l’orientamento formativo che possa più adeguatamente proseguire la loro opera educativa. Quando, d’altra parte, la scuola scelta è dichiaratamente cattolica, i genitori hanno il diritto, e perciò possono esigere, che l’educazione ivi impartita sia conforme all’insegnamento del magistero della Chiesa. Il contrario sarebbe un inganno che lede la virtù stessa della giustizia.

7. Carissimi, queste mie parole vogliono essere un segno dell’attenzione pastorale che porto ai seri problemi della famiglia, e anche una testimonianza della mia fiducia nel vostro lavoro e del mio incoraggiamento a proseguire con impegno.

Mentre domando al Signore di illuminarvi sempre nella vostra ricerca, perché con i vostri studi possiate contribuire alla costruzione di comunità familiari serene e felici, cellule vive del popolo di Dio e della civiltà dell’amore, invoco per voi l’intercessione della Vergine Maria: ella ottenga per voi dal suo Figlio risorto luce e conforto.

Con affetto e con stima vi imparto la mia apostolica Benedizione.

 

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