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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL II CONGRESSO INTERNAZIONALE
SULLO STERMINIO PER FAME E MISERIA

Giovedì, 13 febbraio 1986

 

Signor presidente, signore e signori.

1. Vi accolgo e vi saluto con piacere. Prima di iniziare i lavori del vostro secondo Congresso internazionale sui temi dello sterminio per fame e miseria e l’affermazione del diritto alla vita e del diritto alla libertà, voi mi fate l’onore della vostra visita. Ve ne sono molto riconoscente. Tra i partecipanti di questa assemblea altamente rappresentativa, ai quali io rivolgerò personalmente il mio saluto alla fine di questa udienza, ringrazio particolarmente il vostro portavoce per le calorose parole che mi ha rivolto.

Sono ancor più sensibile ora che vedo nella vostra pratica un omaggio all’opera della Santa Sede e di tutta la Chiesa cattolica per la promozione della vita umana.

2. La Chiesa non può non guardare con occhio benevolo ogni iniziativa che concorra a informare e a formare l’opinione pubblica, facendo prendere coscienza della responsabilità comune di fronte al problema del sottosviluppo e della fame del mondo in modo da avere una certa influenza presso gli stati e le organizzazioni internazionali al fine di suscitare da parte loro un impegno più efficace e più coordinato nella lotta contro questi flagelli dell’umanità. Il vostro Congresso offre un’occasione particolare di incontro tra personalità eminenti del mondo intero, rappresentanti i diversi settori della politica, della vita internazionale, della scienza e dell’economia. Grazie al confronto delle vostre diverse esperienze, volete così elaborare delle proposte determinanti in modo più preciso, degli obiettivi e dei mezzi di azione suscettibile a favorire lo sviluppo integrale di ogni essere umano e di tutto il popolo.

3. L’ampiezza e l’urgenza dei problemi richiedono infatti che siano attuate senza indugio misure realiste che permettano di affrontare concretamente e in modo responsabile la situazione terribile e pressante della sotto-alimentazione e della mortalità per fame. Tali situazioni non possono essere sormontate da iniziative sporadiche ma da un’azione progressiva e costante realizzata in ciascun paese e tendente al loro auto-sviluppo nel quadro della corresponsabilità di tutte le nazioni del mondo.

Scelte simili presuppongono che ci si metta, come fate voi, nella prospettiva di valori morali, particolarmente il diritto alla vita, il diritto alle libertà fondamentali, alla crescita e alla promozione integrale di ogni persona umana; e di conseguenza, il diritto di ciascuno dei membri della comunità umana e il diritto di ogni popolo di disporre dei mezzi necessari per una vita degna dell’uomo.

Ciascuna nazione può considerare come un’esigenza primordiale di disporre di tutte le condizioni essenziali che permettono un processo globale di crescita, ripartite equamente in modo da garantire la vita, la libertà la compiutezza di tutti i membri della comunità nazionale.

Quando si vuole lottare in modo concreto contro la miseria e la fame, non ci si può dunque limitare a distribuire al momento opportuno gli aiuti necessari, né a preparare delle misure tendenti ad aumentare in modo adeguato la produzione. È necessario un impegno organico e di lungo respiro che interessi profondamente i rapporti tra i paesi il cui grado di sviluppo è diverso. Si tratta di rettificare proprio nei loro fondamenti le situazioni di squilibrio che esistono in modo più acuto in certe zone del mondo tra popolazioni e risorse. Infine diciamo che si deve agire sulle cause, identificate nella loro diversità, secondo il loro genere e la loro ampiezza.

4. È importante mettere in risalto, come si fa molto giustamente nel vostro Congresso, l’apporto che viene dall’esperienza di uomini di governo o di persone impegnate nelle attività di organizzazioni internazionali sia a livello mondiale che regionale.

Un tale contributo sembra indispensabile, anzitutto per avere una documentazione con degli elementi precisi, sulle situazioni e le risorse; e anche per essere in grado di preparare dei progetti e dei programmi validi. È necessario infatti che su un piano internazionale e a livello di decisioni governative, si giunga a delle opzioni operative precise, rispondenti a dei bisogni effettivi e tenendo conto delle possibilità concrete di realizzazione. I contributi che provengono da iniziative di solidarietà, numerose e generose sembrano intensificarsi ma allo stesso tempo le diverse iniziative devono essere coordinate e rese più efficaci poiché bisogna evitare ogni dubbio impiego o dispersione e bisogna anche armonizzare con gli orientamenti e le scelte di una vera politica di cooperazione allo sviluppo.

5. In definitiva la questione è proprio questa: permettere che tutti i Paesi si sentano interessati in modo responsabile ed effettivo, i più prosperi devono prendere coscienza del loro dovere di contribuire al progresso dei Paesi meno provvisti, in misura proporzionata alle loro più grandi possibilità.

Tenendo conto delle esigenze della libertà e della dignità di ogni popolo. Un’autentica cooperazione allo sviluppo si realizza concretamente con dei programmi stabiliti in accordo con i Paesi beneficiari, secondo i modelli corrispondenti alla loro cultura, e messi in opera nel rispetto dei ritmi e delle possibilità locali, in modo da ottenere, nella misura del possibile, la collaborazione attiva della popolazione locale.

Si tratta, in poche parole, di lavorare insieme per il bene effettivo delle popolazioni che si trovano in condizioni di sottosviluppo, cercando di far convergere le iniziative pubbliche e private, nazionali e internazionali, tutte animate da uno spirito di sincera solidarietà. Si tratta di superare gli interessi egoisti delle persone o dei gruppi e imprese particolari, come altrove le preoccupazioni nazionali interessate che si nascondono talvolta dietro le iniziative dei governi, specialmente nelle operazioni bilaterali.

6. Bisogna infine ricordare che un simile rinnovamento dell’orientamento della politica interna e internazionale suppone un profondo rinnovamento delle coscienze, sia su un piano generale, a livello dell’opinione pubblica, sia in modo speciale, presso i responsabili chiamati a prendere le decisioni effettive e a metterle in pratica.

È necessario modificare le mentalità e i comportamenti che contraddicono i criteri di giustizia nella solidarietà verso il prossimo. Urge superare l’insediamento in una vita facile di sovrabbondanza; le abitudini di consumi superflui o anche pericolosi; gli sprechi nelle imprese di carattere generale e di prestigio effimero.

Bisogna passare oltre le cause di tensione interne e internazionali, la logica perversa delle divisioni, la volontà di potenza che si traducono in altre attività dispendiose di armamenti, poiché tutto ciò compromette il processo di sviluppo di alcuni Paesi, talvolta appena iniziato, e condiziona in modo negativo il sostegno dei Paesi più avanzati. Lavorare infine con coraggio e lucidità per instaurare un nuovo ordine economico internazionale.

7. Ma il profondo cambiamento che ho appena evocato rimarrà sterile se non si fonda su un rispetto plenario, un rispetto convinto della dignità dell’uomo, di ogni uomo.

Precisamente nel programma dei vostri lavori, avete stabilito uno stretto legame contro la miseria e contro la fame e l’affermazione del diritto alla vita e del diritto alla libertà. Nel corso del mio recente viaggio pastorale in India incontrando a Madras i responsabili delle religioni tradizionali ho espresso la stessa convinzione: “L’abolizione di condizioni di vita inumane è un’autentica vittoria spirituale perché dà all’uomo libertà e dignità”.

La promozione della dignità e della libertà dell’uomo che sono dei valori nettamente evangelici, è una dimensione essenziale della dimensione della Chiesa. L’uomo è infatti “la prima strada, è la strada fondamentale della Chiesa, strada tracciata dal Cristo stesso” (Redemptor Hominis, 14). È per questo che la Chiesa non si limita alla proclamazione astratta di tali valori, ma essa si preoccupa di raggiungere l’uomo nella realtà concreta dei suoi bisogni e delle sue sofferenze, delle sue angosce e delle sue speranze.

Così essa non cessa di difendere con tutte le sue forze la vita umana che viene da Dio. Permettetemi di far notare, con pena, che di fronte a una sensibilità molto viva e quasi sacrosanta nei riguardi degli attentati alla vita che sono il fatto della fame, della guerra, del terrorismo, non si trova una sensibilità simile nei confronti dell’attentato costituito dall’aborto, che tuttavia falcia innumerevoli vite innocenti.

Richiamando, poi che il Cristo si è identificato con chi soffre la fame, la sete, la nudità e ogni specie di privazione, la Chiesa si preoccupa di tutti gli uomini che si battono nella miseria e nel sottosviluppo. Là essa stessa si trova in prima linea, mostra ad ogni uomo di buona volontà l’urgenza di lottare contro tali condizioni inumane, in un impegno di giustizia che è il frutto dell’amore fraterno.

La Chiesa non può impedirsi di essere preoccupata da un’altra fame: “la fame di libertà” di uomini e popoli oppressi da ragioni politiche, ideologiche e razziali. La libertà è propria dell’uomo in quanto figlio di Dio; è un bene che appartiene all’intimità inviolabile della persona e che non può essere calpestata senza che la persona non sia in un certo senso messa a morte.

Tale è il contributo specifico della missione spirituale e religiosa della Chiesa: essa è decisa a offrirlo a tutti coloro che operano, a diversi livelli di competenza e di iniziativa, per le grandi cause dell’uomo che costituiscono l’oggetto del vostro Congresso.

È con questo spirito che desidero assicurarvi del mio interesse, i miei incoraggiamenti, i miei voti cordiali per i vostri lavori. E invoco sulle vostre persone e sulle imprese di solidarietà umana le benedizioni dell’Altissimo.

 

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