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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALL
’UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORI GENERALI

Giovedì, 22 maggio 1986

 

Care sorelle.

1. È per me una gioia sempre rinnovata ritrovare le delegate delle Superiori Generali delle religiose del mondo intero, e manifestare loro la profonda riconoscenza della Chiesa per la testimonianza evangelica che danno le suore con la propria e con la loro collaborazione al regno di Cristo. Ma vedo nell’incontro di oggi una doppia circostanza che ne accresce l’interesse.

Innanzitutto questo incontro ha luogo nella settimana di Pentecoste che corona il mistero pasquale: lo Spirito Santo viene a compiere l’opera realizzata da Cristo nel corso della sua vita terrestre. Dopo il ritorno al Padre del Verbo Incarnato, lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio e che dà la vita ci è inviato per santificarci. D’altronde, il tema dei vostri lavori sulla formazione delle religiose di vita apostolica alla preghiera è in piena armonia con questo periodo liturgico.

2. Voglio congratularmi vivamente per questa scelta e al tempo stesso vi incoraggio ad approfondirla in modo che i membri dei vostri Istituti la vivano sempre più pienamente. La preghiera è infatti il grande atto spirituale che esprime in modo fondamentale la dipendenza dell’anima nei confronti del Signore che ci ha riscattati: noi viviamo continuamente della sua grazia. La vita cristiana, la vita religiosa è una vita che si riceve da Dio, nell’azione di grazia, nella supplica e nella disponibilità naturale dell’anima. E si può dire anche che la preghiera cristiana è una partecipazione alla preghiera di Cristo. Gli evangelisti ci presentano Gesù come uomo di preghiera, modello perfetto di dialogo con Dio. La sua parola ci insegna cos’è la preghiera e la sua vita ci indica come realizzare e vivere questo rapporto filiale. Cristo è prima l’uomo di Dio, che rivela e glorifica Dio come Figlio unico totalmente dedito alla realizzazione dell’opera di suo Padre.

Il Concilio Vaticano II ha parlato della priorità della vita spirituale per le anime consacrate, sperando che al seguito di Cristo le religiose “che professano i consigli evangelici, cercano Dio e amano prima di tutto lui che ci ha amati per primo (1 Gv 4, 10), e si applicano in ogni circostanza a tenersi nella vita nascosta in Dio con Cristo, da dove si apre e si fa pressante la dilezione del prossimo per la salvezza del mondo e l’edificazione della Chiesa” (Perfectae Caritatis, 6).

Uno sguardo superficiale tende talora a opporre contemplazione e azione, come se si trattasse di vocazioni differenti, l’una delle quali escluderebbe l’altra. Il riferimento al Vangelo, al contrario, mostra che se Cristo si dà pienamente alle folle che lo cercano, guarendo gli ammalati, curando le loro infermità, senza risparmiare il suo tempo e la sua pena, passa anche lunghe ore in luoghi appartati dove si dedica alla preghiera. Oggi è di conforto constatare che le giovani riscoprono il senso della preghiera e comprendono la sua necessità. Se la preghiera è un elemento fondamentale di tutta la vita cristiana, per i religiosi essa è una manifestazione privilegiata della loro unione con Dio e della loro generosità al suo servizio. È anche un atto difficile, un cammino esigente e talvolta austero nel quale si cerca di progredire umilmente, con la grazia di Dio come un discepolo che ha gli occhi fissi sul suo Signore, sostenuto anche dall’esempio dei maestri spirituali.

3. Le comunità religiose devono dunque essere delle vere scuole di preghiera, presentando le condizioni indispensabili all’entrare in contatto col Signore. Le candidate che si presentano nelle vostre famiglie religiose devono trovarvi un clima fatto di raccoglimento, di silenzio, di vita semplice e povera favorendo il dono di se stesse nella gioia, nella disciplina personale che permette loro di ascoltare la voce interiore del Maestro. Per mezzo di un distacco progressivo di se stesse, l’accettazione delle loro compagne in una comunione fraterna basata sul perdono reciproco delle debolezze, le suore giovani adotteranno poco a poco le prospettive e i ritmi di una vita apostolica realizzata secondo lo spirito proprio dei vostri Istituti.

La preghiera personale delle religiose si esprime nell’ascolto e nella meditazione della parola di Dio, nella comunione alla vita divina trasmessa attraverso i sacramenti: penso in particolare all’Eucaristia e anche alla Riconciliazione, nell’orazione silenziosa, nel desiderio costante della ricerca di Dio e della sua volontà, negli avvenimenti e nelle persone. Si troverà anche un’espressione di scelta e di stimolo nella preghiera comunitaria. Una comunità religiosa orante costituisce un luogo in cui si realizza in verità la promessa di Cristo: “Dove due o tre si riuniscono nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 19). Dopo il Concilio, tutti i vostri Istituti hanno compiuto sforzi notevoli e lodevoli per applicare la riforma liturgica. La vostra azione e quella delle formatrici per migliorare la qualità della vita liturgica nelle vostre comunità porta un elemento di primo piano in favore della preghiera delle vostre suore.

4. Questa preghiera personale e comunitaria sarà necessariamente una preghiera apostolica. La preghiera apostolica non significa una semplice identificazione del lavoro e della preghiera. Il lavoro diventa preghiera solo se la persona che lo realizza sa interromperlo regolarmente per dedicarsi alla preghiera, in modo da vivere il lavoro e gli sforzi apostolici in unione con Dio, per Dio, al suo servizio, con tutta la disponibilità al suo piano di salvezza, e a portare nella preghiera stessa la sollecitudine per le anime.

La consacrazione religiosa, per se stessa, è un modo di partecipare in profondità alla missione salvifica di Cristo. Vi ricordate della preghiera sacerdotale di Gesù: “Padre . . . come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso perché siano anch’essi nella verità” (Gv 17, 18-19). Questa consacrazione significa santificazione, offerta sacrificale e spirituale, disponibilità totale alla volontà del Padre, affinché attraverso questo dono plenario, la salvezza raggiunga tutti gli uomini. Le anime consacrate si offrono a Cristo nella preghiera e nell’apostolato perché migliori l’opera missionaria, il cui scopo è l’adesione alla fede e la conversione.

Gioisco nel constatare che i vostri Istituti hanno la preoccupazione di essere presenti ai poveri nei quali riconoscono Cristo. Ma per riconoscere Cristo nel povero, bisogna prima di tutto incontrarlo e conoscerlo nella preghiera: l’attività per il Signore non deve mai far dimenticare colui che è il Signore dell’attività, il quale dona per mezzo dello Spirito Santo il suo frutto autentico. Il Codice di diritto canonico, fedele interprete degli insegnamenti conciliari, lo richiama perfettamente: “L’apostolato di tutti i religiosi consiste innanzitutto nella testimonianza della loro vita consacrata che essi sono tenuti a conservare con la loro preghiera e la penitenza” (Codex Iuris Canonici, can. 673).

E nel ritmo spossante dei vostri impegni apostolici la preghiera personale e comunitaria dovrà avere dei momenti quotidiani e settimanali ben curati e sufficientemente prolungati. Questi momenti costituiranno al tempo stesso una preziosa occasione per trattenere presso le suore la preoccupazione di rinnovare costantemente il dono di se stesse al Signore per la realizzazione della loro missione ecclesiale, in una fedeltà amorevole e generosa alla loro vocazione e agli insegnamenti del magistero della Chiesa.

Che lo Spirito Santo, il Dono di Dio, fortifichi in voi questa disposizione al dono. E che la Vergine Maria che accompagnava gli apostoli al cenacolo per attendere lo Spirito Santo nella preghiera sia costantemente il vostro modello e il vostro sostegno.

Glielo chiedo per voi stesse, per ciascuna delle vostre suore, specialmente per coloro che sono colpite da infermità o da malattie e vi benedico tutte di cuore.

 

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