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SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE AUTORIT

À E ALLA POPOLAZIONE DI APRILIA

Domenica, 14 settembre 1986

 

Signor sindaco, membri dell’amministrazione comunale, cittadini tutti di Aprilia!

1. Dopo gli incontri che ho già avuto dinanzi alle vostre Chiese parrocchiali, dopo le parole così eloquenti e sincere che ho adesso ascoltato dalla bocca del vostro primo rappresentante, mi riesce facile e naturale manifestarvi pubblicamente i più vivi sentimenti di compiacimento e di gratitudine. Non soltanto le espressioni di benvenuto, non solo il testo dello speciale “documento” votato dal consiglio comunale e la generosa offerta che mi viene consegnata per le popolazioni del Terzo mondo, ma la tematica stessa, che mi è qui presentata, e lo stesso paesaggio, che ho potuto contemplare dall’alto venendo tra voi, rendono particolarmente gradita l’odierna mia visita in questa città. Nel 50° anniversario della sua fondazione, Aprilia riguarda al suo passato che, pur non essendo cronologicamente esteso, è tuttavia ricco di eventi, s’interroga sui fattori del suo sviluppo attuale, individua tra questi fattori come preminente e determinante il lavoro umano, e a tale non certo incongrua né inutile, ma opportuna e proficua considerazione desidera in qualche modo associare la mia persona, come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa di Cristo.

A voi tutti, cari cittadini di Aprilia, il mio cordiale saluto e il mio grazie per la vostra accoglienza.

2. Conosco quel che era in antico la zona dove sorge ora la vostra città, come altre zone limitrofe dell’Agro pontino e, in genere, del Lazio meridionale. Dov’erano un tempo desolazione e squallore, ci sono ora fertilità e prosperità; non è forse questo fatto un motivo sufficiente per ricordare gli sforzi di tanti pionieri, i sacrifici dei singoli lavoratori e di intere famiglie, gli arditi tentativi e le iniziative protratte per lunghi decenni, l’opera indefessa di diverse generazioni? Fu dopo tanto sudore, nell’impegno concorde di autorità, imprenditori pubblici e privati, lavoratori dei campi e artigiani, che in un giorno di primavera di cinquant’anni fa sorgeva questo centro operoso e dinamico. È giusto, pertanto, fare una sorta di pausa per riprender lena e impostare il programma per gli anni avvenire. Così, rispondendo al vostro invito, io desidero unirmi a voi in questa celebrazione, fatta di riflessione e di soddisfazione, di propositi e di piani operativi.

3. Conviene, prima di tutto, celebrare il lavoro umano. Per chi ha avuto modo di conoscere da vicino il lavoro nella varietà delle sue forme ed espressioni - inclusa quella manuale -, esso costituisce sempre un alto, inconfondibile segno di umanità. Ha detto bene il signor sindaco quando ha parlato dell’“umanesimo del lavoro per un futuro di pace”, e ha fatto bene la locale Associazione dei pionieri fondatori a porre nel suo stemma la dizione dell’antica sapienza romana sull’“homo faber”. Ci sarebbe oggi Aprilia, se fosse mancato il lavoro, molteplice e articolato, sì, ma anche e soprattutto serio, tenace, indefesso, concorde? Ad Aprilia approdarono persone e famiglie provenienti da svariate regioni d’Italia e anche dall’estero: tradizioni, abitudini, esperienze quanto mai diverse qui vennero a confluire in una volontà univoca di applicazione e di impegno, che ha dato origine alla consolante realtà odierna.

Voi, dunque, celebrerete, anzi celebreremo insieme l’umano lavoro non già nell’astrattezza di considerazioni teoriche, ma nella concretezza delle realizzazioni che esso ha avuto proprio qui, in mezzo a voi: riscatto della terra, bonifica integrale, campi fecondi, strutture e opifici, case e chiese e - come coronamento di tutto - una ben compaginata comunità cittadina. È così che il lavoro, da voi svolto in concordia di voleri e di intenti, si è rivelato, a sua volta, fattore di concordia; insieme con altri fattori, esso ha esercitato un’azione unificatrice, conferendo una fisionomia omogenea alle componenti di varia ascendenza etnico-culturale e rivelando, anche sotto questo aspetto, il suo carattere umanistico.

4. Ma, conformemente alla natura della mia missione, nonché alla ragione più vera della mia visita, io debbo e voglio collocare a fianco del vostro lavoro, unitario e insieme unificante, l’importante funzione della vita religiosa, qui vissuta come testimonianza di fede e di pratica cristiana. Anche a questo riguardo, si può ripetere che la molteplicità o disparità delle origini ha trovato nella religione un punto superiore di aggregazione che nel vocabolario cristiano si chiama propriamente comunione. I vostri padri e le vostre madri cinquant’anni fa recavano con sé un vero patrimonio culturale e spirituale: erano i valori della civiltà cristiana, intorno ai quali, per così dire, si ritrovarono e si raccolsero fin dall’inizio. E quando Aprilia conobbe le distruzioni della guerra, ancora una volta questi valori emersero, e l’intera popolazione - come molti di voi certamente ricordano - trovò nella Chiesa il fulcro dell’unità e lo stimolo per la necessaria ripresa. Oggi come ieri, cari fratelli e sorelle, bisogna far tesoro di questo patrimonio e conservare non solo, ma sviluppare ed accrescere, altresì, l’eredità dei valori cristiani, consegnata fin dalle origini alla comunità apriliana.

Di tutto ciò la mia presenza oggi tra voi vuol essere non un semplice ricordo, ma un espresso richiamo che contiene un’esortazione per tutti. Da parte mia, considererò come il frutto più ambìto della mia venuta tra voi l’incremento della vita cristiana.

 

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