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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI

Basilica della Missione di San Carlo Borromeo a Carmel
 Giovedì, 17 settembre 1987

 

Caro vescovo Shubsda,
cari fratelli e sorelle
.

1. Vengo oggi quale pellegrino a questa missione di San Carlo che evoca così fortemente lo spirito e le gesta eroiche di Fra Junípero Serra e che custodisce i suoi resti mortali. Questo luogo bello e sereno è veramente il cuore storico e spirituale della California. Tutte le missioni di “El Camino Real” rendono testimonianza alle lotte e all’eroismo di un’epoca passata, ma non dimenticata e senza significato per la California e la Chiesa di oggi.

Questi edifici e gli uomini che li animarono, specialmente il loro padre spirituale, Junípero Serra, sono il ricordo di un’età di scoperte ed esplorazioni. Le missioni sono il risultato di una consapevole decisione morale presa da uomini di fede in una situazione che presentava molte possibilità umane sia buone che cattive, nei confronti del futuro di questa terra e delle popolazioni indigene. Fu una decisione che aveva le sue radici nell’amore di Dio e del prossimo. Fu una decisione di proclamare il Vangelo di Gesù Cristo all’alba di una nuova era, cosa estremamente importante sia per i colonizzatori europei sia per gli indigeni americani.

2. Molto spesso, nei momenti cruciali delle vicende umane, Dio chiama uomini e donne cui affida ruoli di importanza decisiva per il futuro sviluppo della società e della Chiesa. Sebbene la loro storia si svolga nell’ambito dell’ordinarietà della vita quotidiana, essi trascendono la loro vita in seno alla prospettiva storica. A maggior ragione ci rallegriamo quando le loro conquiste sono accompagnate da una santità di vita che può dirsi veramente eroica. È questo il caso di Junípero Serra che la Provvidenza divina chiamò ad essere apostolo della California e ad avere un’influenza permanente sul patrimonio spirituale di questa terra e del suo popolo qualunque sia la sua religione. Tale consapevolezza apostolica viene colta nelle parole a lui attribuite: “in California è la mia vita e là, a Dio piacendo, spero di morire”. Per mezzo del mistero pasquale di Cristo, quella morte è divenuta un seme nella terra di questo Stato che continua a dare frutto, “dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta” (Mt 13, 9).

Padre Serra era un uomo convinto della missione della Chiesa, a lei conferita da Cristo stesso, di evangelizzare il mondo “di ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19). Il modo in cui egli ha adempiuto a quella missione corrisponde fedelmente all’odierna visione che la Chiesa ha sul significato dell’evangelizzazione “. . . la Chiesa evangelizza allorquando, in virtù della sola potenza divina del messaggio che essa proclama, cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro propri” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 18).

Egli non soltanto portò il Vangelo agli indigeni americani, ma quale persona che viveva il Vangelo divenne anche il loro difensore e il loro campione. All’età di sessanta anni viaggiò da Carmel a Mexico City per intercedere a loro favore presso il viceré - un viaggio che lo portò per due volte vicino alla morte - e presentò la sua “Representación”, oggi famosa, con la sua “dichiarazione dei diritti”, che mirava al miglioramento di tutta l’attività missionaria in California, particolarmente al benessere fisico e spirituale dei nativi americani.

3. Padre Serra e i suoi fratelli missionari condividevano la certezza, rintracciabile ovunque nel Nuovo Testamento, che il Vangelo è una questione di vita e di salvezza. Essi ritenevano, offrendo al popolo Gesù Cristo, di compiere qualcosa di un valore, di un’importanza e di una dignità immensa. Che altra spiegazione si può dare delle sofferenze che essi hanno liberamente e felicemente sopportato, come san Paolo e tutti gli altri grandi missionari prima di loro: viaggi difficili e pericolosi, malattia e isolamento, uno stile di vita ascetico, duro lavoro, e anche, come san Paolo, quella “preoccupazione per tutte le Chiese” (2 Cor 11, 28) che Junípero Serra, in particolare, sperimentò come “Presidente” delle missioni della California di fronte a ogni vicissitudine, delusione e opposizione.

Cari fratelli e sorelle: anche noi come padre Serra e i suoi confratelli francescani, siamo chiamati ad essere evangelizzatori, a condividere attivamente la missione della Chiesa di ammaestrare tutte le nazioni. Il nostro modo di adempiere tale missione sarà differente dal loro. Ma la loro vita ci parla ancora della loro fede profonda nella verità del Vangelo, e a motivo della loro appassionata convinzione del valore di portare agli altri la verità della salvezza, anche a un alto costo personale. Sono molto da invidiare coloro che sono in grado di dare la propria vita per qualcosa di più grande di loro nell’amorevole servizio agli altri. È questo, più dei soli fatti o delle parole, che attira le persone a Cristo.

Questa disponibilità al celibato non è prerogativa soltanto dei grandi missionari nei luoghi esotici. Deve essere il fulcro di ogni ministero sacerdotale e la testimonianza evangelica di ogni religioso. È la chiave del loro personale senso di benessere, felicità e realizzazione in ciò che essi sono e in ciò che fanno. Questa vocazione al celibato è anche essenziale alla testimonianza cristiana del laicato cattolico. Il patto di amore tra due persone nel matrimonio e la felice condivisione della fede con i figli richiedono l’impegno di una vita. Se la coppia smette di credere nel matrimonio come sacramento di fronte a Dio o tratta la religione come nient’altro che un problema di salvezza, viene allora meno la testimonianza cristiana che essa può dare al mondo. Anche coloro che non sono sposati devono essere fermi nel compiere i loro doveri nella vita se devono portare Cristo nel mondo in cui vivono.

“Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13). Queste parole di un grande missionario, san Paolo, ci ricordano che la nostra forza non viene da noi. Persino nei martiri e nei santi, come ci ricorda la liturgia, è “il potere di Dio che brilla attraverso la nostra debolezza umana” (Prefazio dei Martiri). È la forza che ispira il motto di padre Serra: “Sempre avanti, mai indietro”. È la forza che si avverte in questo luogo di preghiera così pieno della sua presenza. È la forza che può fare di ognuno di noi, cari fratelli e sorelle, dei missionari di Gesù Cristo, testimoni del suo messaggio, operatori della sua parola.

 

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