DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Lunedì, 24 ottobre 1988
Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.
1. Il mio fraterno benvenuto a tutti voi, Vescovi delle province ecclesiastiche di Cincinnati e Detroit; nello stesso tempo estendo il saluto cordiale a tutti i fedeli degli stati del Michigan e dell’Ohio, spiritualmente presenti oggi con voi.
Il Concilio Vaticano II ci ricorda che solo Cristo ha insegnato l’intera verità sull’uomo, e lo ha fatto “rivelando il mistero del Padre e del suo amore” (Gaudium et Spes, 22). Cristo ha rivelato la grandezza dell’amore del Padre non solo a parole ma attraverso il suo donarsi totalmente in sacrificio. Vedere Cristo è vedere il Padre (cf. Gv 14, 9). Cristo mostra anche che l’amore del Padre è più potente di ogni male che è nell’uomo, nell’umanità o nel mondo (cf. Dives in Misericordia, 7). Questo amore è presente nella storia personale di ogni essere umano. Per comprendere la Chiesa del Verbo Incarnato è necessario comprendere l’amore di Dio.
2. Una delle espressioni più importanti di questo amore è l’amore delle coppie cristiane. Dal momento che “Dio è amore” (1 Gv 4, 8), e dal momento che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, è inscritta nella umanità dell’uomo e della donna la “capacità e la responsabilità dell’amore” (Familiaris Consortio, 11). L’amore nel suo significato più ricco e profondo comprende la donazione di sé. Cristo, Figlio di Dio e immagine perfetta del Padre (cf. Col 1, 15), diede se stesso totalmente nella pienezza dell’amore attraverso il suo sacrificio redentore. Nel caso del marito e della moglie, l’amore vero si esprime nel reciproco dono di sé, che comprende la possibilità della procreazione. Con le parole della Gaudium et Spes: “Questo amore è un atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà. Quell’amore abbraccia il bene di tutta la persona . . . Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi” (Gaudium et Spes, 49). “Da persona a persona” (“a persona in personam”): queste semplici parole esprimono una profonda verità sull’amore coniugale, un amore eminentemente interpersonale. È un amore che comporta il dono di tutta la persona. In questo dono è compresa tutta la sessualità con la sua apertura alla trasmissione della vita.
3. Commemorando il ventesimo anniversario della “profetica” enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, vediamo con sempre maggiore chiarezza oggi quanto essa sia importante e positiva. Nel suo anniversario desidero ricordare in modo speciale il vostro impegno pastorale per il matrimonio e la famiglia. Ho visto con interesse e gratitudine la Dichiarazione della Riunione Nazionale del Comitato Cattolico Episcopale per l’impegno a favore della vita in commemorazione dell’enciclica. Come sappiamo bene, il matrimonio non è solo una istituzione sociale; è davvero, secondo le parole di Paolo VI, “la saggia istituzione del Creatore per realizzare nel genere umano il suo disegno di amore” (Pauli VI Humanae Vitae, 8). L’insegnamento della Chiesa sul matrimonio è fondamentale per comprendere le molte dimensioni della relazione matrimoniale, specialmente la dimensione sessuale. Perché la sessualità non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l’intimo nucleo della persona umana come tale (cf. Familiaris Consortio, 11). Essa permette agli sposi di esprimere in modo particolare quell’amore reciproco che li unisce in un accordo permanente, fedele ed esclusivo, e che li conduce alla procreazione.
Il matrimonio è un modo specifico di rapporto e tutte le azioni attraverso cui gli sposi manifestano il reciproco amore sono parte del disegno di Dio e segni del suo amore. Nell’atto sessuale la coppia sposata ha l’occasione di crescere nella grazia, nell’intimità, nella generosità e buona volontà di cooperare con Dio nel mettere in essere nuove creature umane. Ma per rafforzare il loro amore e approfondire la loro unità, gli sposi devono essere condotti ad apprezzare sempre più pienamente “la connessione inscindibile che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo” (Pauli VI Humanae Vitae, 12). In un mondo che spesso riduce il sesso alla ricerca del piacere, e in taluni casi al dominio, la Chiesa ha la missione speciale di collocare il sesso nel contesto dell’amore coniugale e della generosa e responsabile apertura alla procreazione.
4. Come pastori noi dobbiamo incoraggiare le coppie a mantenere un’apertura alla vita e uno spirito di gioiosa condivisione riguardo ai figli. Come ci ha insegnato il Concilio, i figli sono davvero il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono pure alla santificazione dei genitori (cf. Gaudium et Spes, 50. 48). Ma concezioni materialistiche ed egoistiche spesso denigrano il valore dei figli. Ogni figlio è una nuova rivelazione dell’amore di Dio e della fedeltà degli sposi. “Ogni bambino è anche una verifica del rispetto per il mistero della vita, nel quale sin dal primo momento del concepimento il Creatore inscrive l’impronta della sua immagine e della sua somiglianza” (“Nuntius radiotelevisificus ex externo Basilicae Vaticanae podio, in sollemnitate Nativitatis Domini Nostri Iesu Christi”, 3, die 25 dec. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979 1522).
Apprezzo di cuore l’impegno della vostra Conferenza episcopale nel proclamare la santità della vita umana fin dal concepimento. In tutto il mondo assistiamo all’aumento del numero degli aborti e al declino della protezione dei non-ancora nati. I Vescovi degli Stati Uniti si sono fermamente opposti a questa eliminazione della vita umana con programmi educativi, cura pastorale e richiesta di leggi e politiche pubbliche a protezione e sostegno della vita umana, prima e dopo la nascita. Il vostro annuale “Programma di rispetto per la vita” continua l’impegno di creare rispetto per la vita umana ad ogni stadio ed in ogni circostanza.
Questo ventesimo anniversario dell’Humanae Vitae ci sfida nuovamente, come pastori, ad intensificare i nostri sforzi per presentare il matrimonio cristiano come vocazione alla santità, e ad aiutare le coppie a comprendere il ruolo della famiglia cristiana nella vita e nella missione della Chiesa. Noi siamo chiamati a fornire agli sposi e ai fidanzati la pienezza dell’insegnamento della Chiesa sulla sessualità, sull’amore coniugale e sulla procreazione responsabile. Dobbiamo sottolineare la sacralità della vita umana, in quanto dono prezioso di Dio che deve essere protetto con ogni cura, e insieme compiere sforzi più grandi e sistematici nell’istruzione sui metodi naturali di pianificazione familiare. I metodi naturali aiutano le coppie a comprendere il disegno di Dio sulla sessualità, li invitano al dialogo, al rispetto reciproco, alla comune responsabilità, al dominio di sé (cf. Familiaris Consortio, 32). La gente ha bisogno di avere una fiducia orante che Dio benedirà e sosterrà i loro sforzi per condurre una vita di santità e per essere testimoni del suo amore nel mondo contemporaneo.
5. Un’altra forma indispensabile di testimonianza di Dio per l’umanità è la pratica dei consigli evangelici nella vita consacrata. La Chiesa ha profonda stima nelle persone consacrate. Si rallegra della loro consacrazione e della loro speciale testimonianza dell’amore. Castità, povertà e obbedienza sono manifestazioni di amore non solo perché sono all’origine di innumerevoli e sublimi opere apostoliche che rispondono ai bisogni dell’umanità, ma soprattutto perché esprimono la potenza del mistero pasquale di Cristo, che vince ogni cosa che si oppone all’amore di Dio. Per comprendere pienamente l’amore, il mondo ha bisogno del segno dell’autentica “contraddizione”, dato dalla consacrazione religiosa. Tale consacrazione sarà attuata con autenticità nel vero amore del dono di sé quando i consacrati agiscono in unità con la Chiesa, in conformità con gli insegnamenti e le direttive del Magistero di Pietro e dei pastori in comunione con lui (cf. Redemptionis Donum, 14-15).
6. La Chiesa offre al mondo una testimonianza di singolare importanza all’amore di Cristo attraverso il celibato dei suoi sacerdoti. Il celibato comporta il dono totale di sé al Signore per il servizio di tutta la vita nella sua Chiesa, con la rinuncia al matrimonio per amore del Regno di Dio. È un dono di Dio alla sua Chiesa, che manifesta la carità che la muove. Il Concilio mostrò il coraggio della fede riaffermando la disciplina tradizionale del celibato con piena fiducia che Dio non mancherà di continuare ad accordare le grazie necessarie a sostenere questo carisma.
Il celibato dei sacerdoti significa che il sacerdote non è un delegato del popolo o un “funzionario” di Dio, ma un autentico testimone dell’amore di Dio per il suo popolo. La norma del celibato per la Chiesa latina è più di una legge ecclesiastica. Vi sono profonde radici teologiche e dottrinali che confermano il suo valore e mostrano la sua desiderabilità per coloro che sono stati scelti per agire “in persona Christi capitis” (cf. Presbyterorum Ordinis, 2. 6). L’anno scorso è stato il ventesimo anniversario dell’enciclica “Sacerdotalis Coelibatus”. Possiamo noi tutti, insieme con i nostri sacerdoti, continuare a trovare ispirazione in questo insegnamento mentre ci sforziamo di annunciare l’amore di Dio nella sua pienezza.
7. Le diverse forme di testimonianza dell’amore di Dio per l’umanità sono legate non poco all’amore pastorale dei Vescovi, che insegnano, governano e santificano il Popolo di Dio. Noi tutti conosciamo la profonda realtà cui si riferiva Cristo stesso citando le parole del profeta: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge” (Mt 26, 31; cf. Zc 13, 7). Non dovremmo mai perdere di vista il fatto che in larga misura la felicità eterna e perfino il benessere temporale di innumerevoli persone dipendono dalla nostra fede nella grazia di Cristo.
Certamente noi ci troviamo di fronte a delle difficoltà nell’esercizio della nostra missione di pastori. La paura può assalire i nostri cuori. Saremo capiti? Accetteranno il nostro messaggio? E il mondo, come reagirà? Come ci giudicherà la pubblica opinione? La nostra debolezza impedirà la nostra missione? Proprio in questi momenti noi riconosciamo che il nostro amore, la nostra carità pastorale ancora devono crescere. Con san Giovanni dobbiamo confessare: “Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore . . . chi teme non è perfetto nell’amore” (1 Gv 4, 18). E poiché l’amore è la vittoria sulla paura, è un trionfo nel nostro ministero.
È necessario adesso più che mai proclamare al mondo la verità dell’amore, compresa “la pienezza della verità che qualche volta irrita e offende anche se libera sempre” (“Allocutio ad quosdam Episcopos e Statibus Foederatis Americae Septemtrionalis occasione oblata “ad limina” visitationis coram admissos”, die 5 sept. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 [1983] 370 ss)
L’amore dei Vescovi per i loro sacerdoti sarà una espressione e un segno particolarmente efficace dell’amore di Cristo. Con il suo profondo interesse fraterno e paterno, con la comprensione, l’affezione e preoccupazione umana per ogni loro problema - incoraggiandoli a lottare per la santità a dispetto della umana fragilità -, il Vescovo deve aiutare i suoi sacerdoti ad essere testimoni davanti al popolo di quell’amore che è all’origine di ogni apostolato. Attraverso il Vescovo, i sacerdoti dovrebbero poter sperimentare di nuovo la potenza dell’amore di Cristo per tutti gli uomini, così da poter dire con il suo discepolo prediletto: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4, 16).
Come araldi dell’amore di Cristo ci volgiamo a Maria, sua Madre, “Mater pulchrae dilectionis”, per continuare nella preghiera la nostra riflessione su quel grande mistero di amore che sgorga dalla Santissima Trinità e a lei rifluisce - a lei sia gloria nei secoli dei secoli.
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