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VISITA ALLA PARROCCHIA DELLO SPIRITO SANTO ALLA FERRATELLA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 16 aprile 1989

 

Alla popolazione del quartiere  

Saluto tutta la vostra parrocchia dedicata allo Spirito Santo. Saluto tutti i parrocchiani qui presenti e tutti gli abitanti di questo quartiere, di queste case, di questi palazzi; tutti e ciascuno, tutte le generazioni, cominciando dai più anziani e terminando con i più piccoli, quelli che hanno appena cominciato la loro vita. A loro pensiamo specialmente oggi, giornata dedicata alla vita umana e, attraverso la vita umana, alla vita divina di cui lo Spirito Santo è una sorgente misteriosa ma continua. Noi confessiamo sempre, nel “Credo” della celebrazione eucaristica, che lo Spirito Santo ci dà la vita. Ogni vita è dono di Dio. Ma c’è anche la vita soprannaturale, la vita divina, che è grazia, dono per la creatura, per l’uomo, per ciascuno di noi. Lo Spirito Santo è soprattutto la fonte divina personale di questa vita. Vi auguro che si verifichi nella vostra comunità quello che la Chiesa intera ripete sempre pregando: “Emitte Spiritum tuum et creabuntur et renovabis faciem terrae”. Che si rinnovi la faccia della terra, si rinnovi nello Spirito Santo attraverso la sua discesa, con l’opera della sua forza divina; si rinnovi quello che è creato, che è umano, quello che è anche “esterno”, ma soprattutto quello che è “interno”, il nostro cuore, l’uomo interiore, che assomiglia di più a Dio perché è stato creato a sua immagine e somiglianza. Con questa immagine e somiglianza, egli è chiamato, dal momento della sua creazione, ad essere penetrato dallo Spirito Santo, da quello Spirito di Dio, da quella persona misteriosa, nascosta, invisibile, che penetra la profondità della divinità e, nello stesso tempo, le profondità della nostra umanità. Che sia efficace la sua opera in noi, che ci diriga verso i nostri destini non solamente terrestri ma eterni. Uno solo è il destino dell’uomo: Dio stesso.  

Ai bambini  

Un gioioso sventolìo di fiori e di piccole colombe di carta, accompagnato dalle note del canto “Madonna Nera”, accoglie l’arrivo di Giovanni Paolo II in mezzo ai bambini della parrocchia. È come sempre, un momento di grande festa, scandito dal vociare allegro e chiassoso dei tanti fanciulli coinvolti nell’attività catechistica e ricreativa della comunità dello Spirito Santo. Una di loro, una bambina delle scuole elementari della Ferratella, rivolge al Santo Padre un breve indirizzo di saluto.
Quindi i bambini gli indirizzano una poesia che essi stessi hanno composto.
Colpito dalla toccante accoglienza il Papa rivolge ai fanciulli le seguenti parole.  

Nella liturgia di oggi si celebra il Buon Pastore. Noi sappiamo che questo Buon Pastore è Gesù Cristo. Egli stesso diceva: “Io sono il Buon Pastore”. Il pastore è colui che si occupa del gregge, dell’ovile, degli agnelli, o anche di altri animali. E certamente una metafora che presenta Cristo nella sua sollecitudine di salvatore, di redentore. Egli dice: “Io sono il Buon Pastore. Il Buon Pastore è quello che dà la sua anima per le sue pecore”. E Cristo è quello che ha dato la sua anima per tutti noi, per tutta l’umanità. E splendida questa parabola evangelica, è splendida questa celebrazione odierna che appartiene al periodo pasquale e ci spiega anche il mistero pasquale, il mistero della redenzione. Cristo dà la vita perché, anche se crocifisso, non è stato ucciso ma è risorto. Egli dà la vita, perché sempre ha la vita e può trasferire a ciascuno di noi questa vita che è in lui: una vita che non è solamente umana, ma è la vita del Figlio di Dio, vita divina. Egli ci dà questa vita perché anche noi possiamo essere figli adottivi di Dio, simili a lui. E anche il Buon Pastore è simile a noi. Questa è una realtà omogenea che si chiama Chiesa. Noi siamo tutti nella Chiesa, anzi, tutti siamo la Chiesa, la comunità del Popolo di Dio, dei redenti, dei battezzati, dei confermati, o di quelli che si preparano alla Confermazione, e soprattutto di quelli che si nutrono del Corpo e del Sangue di Cristo, del cibo eucaristico. Noi siamo questa comunità del Buon Pastore e come tale abbiamo anche noi diversi compiti pastorali. Io vorrei domandarvi: chi è oggi “pastore” nella vostra assemblea? Certamente risponderete: il Papa, il Cardinale, monsignor Vescovo. Ma io vorrei dire che anche un vostro maestro, una vostra maestra è un pastore, perché anche lui porta in sé una sollecitudine per il vostro bene e partecipa all’opera della salvezza che viene da Cristo. Naturalmente, soprattutto i vostri genitori sono pastori della famiglia, dei loro figli. Ma, proseguendo nella stessa analogia, possiamo vedere che a ciascuno di noi è affidato un compito pastorale: il compito di essere pastore verso un suo fratello, una sua sorella, un suo amico, una sua amica. Essere pastore anche nel senso più specifico della parola: avere sollecitudine per un altro. Se uno o una di voi ha questa sollecitudine per il suo vicino, per il suo coetaneo o per uno più piccolo, per un bambino, è pastore e partecipa di quello che è Cristo, di questa sua caratteristica di Buon Pastore largamente condivisa da tutti quelli che hanno la stessa preoccupazione per il bene, per la salute, per la salvezza degli altri. Con le loro intenzioni, con le loro opere, molte volte con le loro sofferenze, essi partecipano attivamente all’opera di Gesù, il Pastore che dà la vita per noi. Volevo evocare questa analogia, questa parabola, perché la Chiesa la vive oggi e cerca di approfondirla non solamente nel senso intellettuale, come conoscenza, ma anche nel, senso esperienziale, come vita, come esperienza vissuta. Non vorrei dimenticare le nostre suore. Anche loro hanno tanta sollecitudine per gli altri, per i bambini, i giovani, i malati, i sofferenti, gli anziani, per tutti. Vorrei che questo vi rendesse più capaci di seguire la liturgia pasquale odierna del Buon Pastore, e di seguirla non solamente con l’immaginazione, con il pensiero, ma con le opere, con il comportamento. Cercate di essere anche voi “buoni pastori” per gli altri. Così certamente sarete sempre vicini a Cristo come sue pecore, come suoi fratelli adottivi, che hanno anche la figliolanza divina come lui è Figlio di Dio. A tutti i presenti, ai vostri coetanei nelle diverse scuole della parrocchia, alle vostre famiglie, ai vostri insegnanti, genitori, voglio offrire insieme con il Cardinale e il Vescovo qui presenti una benedizione. Vorrei, insieme con il vostro parroco che è il primo pastore della comunità dello Spirito Santo, fare a tutti voi l’augurio di essere sempre vicini alla Madonna, alla Madre di Cristo.  

Al Consiglio pastorale  

Mi congratulo con voi, con tutta la vostra parrocchia per questa chiesa visibile dedicata allo Spirito Santo. Mi congratulo anche per la presenza e per l’attività di questo Consiglio pastorale entro la comunità. Certamente la chiesa è l’edificio, il tempio che segna la presenza della Chiesa. Ma san Paolo ci dice che noi siamo il tempio e lo Spirito Santo abita in noi. Ecco, accanto a quella umana, un’altra dimensione della chiesa visibile. Questa è opera degli uomini, degli artisti, dei parrocchiani, ma nello stesso tempo è opera divina. Lo Spirito Santo abita in noi non solamente per dimostrarvi, ma per collaborare con la nostra umanità. Questo è il mistero profondo della Rivelazione cristiana. Lo Spirito Santo è Dio stesso che abita in noi, fa parte del nostro cammino umano, divinizza quello che è umano. E, divinizzando, umanizza. Alcuni pensatori moderni trovano in ciò una contraddizione. Ma naturalmente essi sbagliano. Non c’è contraddizione tra divinizzare e umanizzare, come non c’è contraddizione tra divino e umano, perché l’uomo è immagine di Dio, e un fondamento divino si trova dentro la nostra natura umana. Lo Spirito Santo che abita in noi, lavora con noi, cammina con noi, costituisce un principio nascosto ma reale delle nostre attività. Fra i suoi doni, c’è anche quello del “consiglio”. Auguro a tutti i membri di questo Consiglio pastorale il dono dello Spirito Santo, e questo dono specifico del “consiglio” per portare avanti la comunità cristiana, l’opera dello Spirito che abita in voi, in questa chiesa a lui intitolata, ma soprattutto in voi che siete Chiesa e tempio vivente. Offro una benedizione a tutti i presenti, come anche a tutti i vostri familiari, giovani e anziani.  

Ai gruppi parrocchiali  

All’incontro con il Papa sono presenti i giovani che curano i bambini nell’attività sportiva; il gruppo Liturgico, la Legio Mariae, particolarmente attiva nell’attività caritativa; il gruppo dei redattori del notiziario parrocchiale; i rappresentanti dei donatori di sangue, operante in stretto collegamento col vicino ospedale Sant’Eugenio; il gruppo della Comunità di Sant’Egidio. Dopo aver ascoltato una breve presentazione, Giovanni Paolo II si rivolge ai presenti con queste parole.  

Occorre una piccola interpretazione teologica, anzi pneumatologica sul perché ci troviamo nella comunità parrocchiale dello Spirito Santo. Viene subito in mente quello che san Paolo ci ha lasciato scritto sui diversi carismi, perché dietro ogni vocazione, raggruppamento, associazione, movimento, si trova un carisma, un dono dello Spirito Santo che spinge a modo suo, dal di dentro, dal cuore, a questa sua spinta spirituale crea poi un indirizzo personale, ed anche comunitario. Sappiamo bene che la dimensione comunitaria è la caratteristica dell’essere cristiano: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome . . .”. Vi auguro di continuare ad approfondire sempre questi vostri carismi, opera dello Spirito Santo, cercando in lui la luce, la forza per essere fedeli a questi vostri carismi. E questi carismi, come insegna anche san Paolo, ciascuno e tutti, servono al bene comune, sono destinati a promuovere il bene comune, inteso come bene della comunità spirituale, della comunità ecclesiale, ma anche, attraverso la Chiesa, della comunità umana, per esempio, di quella dl questo quartiere di Roma. Diceva uno dei Padri antichi che i cristiani sono “l’anima” della società. Io auguro ai cristiani di oggi, ai carissimi cristiani di Roma, di questo quartiere, di essere “l’anima” della città, della società: “anima” che è anche propulsore, sorgente e principio di vita dentro di noi. Auguro a questa “anima” che sia profondamente travagliata e penetrata dallo Spirito Santo, perché è lui che dà la vita divina. Vi ringrazio per il vostro impegno e per la vostra presenza, per la collaborazione con la comunità parrocchiale.  

Ai catechisti  

Un significativo richiamo al ruolo fondamentale della donna nell’annuncio catechetico della Buona Novella cristiana è rivolto dal Santo Padre ai membri del gruppo catechisti della parrocchia. Si tratta di una realtà particolarmente viva e dinamica, composta da coppie di sposi e soprattutto da donne, per lo più “mamme affiancate da giovanissimi di 14 e 15 anni che hanno il desiderio di diventare catechisti”, come una rappresentante del gruppo illustra al Santo Padre. Sottolineando la profonda dimensione “catechizzante” della Chiesa, rivelatasi con la Pentecoste, il Papa ricorda come le prime persone a portare il lieto annuncio della Risurrezione fossero donne ed ha augurato ai catechisti parrocchiali di continuare con impegno la loro attività formativa ed educativa tra i ragazzi del quartiere.
Queste le parole di Giovanni Paolo II.  

Voglio ringraziarvi per questa attività catechistica che è fondamentale e principale. Quando, nel giorno della Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo la Chiesa ha incominciato a vivere, a rendersi visibile dinanzi al mondo, soprattutto dinanzi a Gerusalemme e, attraverso Gerusalemme, a diverse nazioni del mondo, essa è apparsa subito come Chiesa catechizzante. Si può dire che questo era un “kerigma” apostolico, una proclamazione del mistero di Dio, ma nello stesso tempo era la prima catechesi, dalla quale incomincia un processo che passa attraverso secoli e generazioni. Da sempre la Chiesa si basa su quella catechesi, su quel “kerigma” e su quella catechesi che vanno insieme: la proclamazione del mistero di Dio, del mistero di Cristo, del mistero pasquale, e lo sforzo per arrivare con questa proclamazione alle menti e ai cuori per formare cristiani; non solamente proclamare il mistero cristiano, ma anche formare cristiani. Io vi ringrazio per la vostra partecipazione attiva a questa opera. Incontrandovi in tutte le vostre componenti, mi accorgo di come era giusto scrivere la Lettera apostolica Mulieris Dignitatem sulla dignità della donna. Tutta questa opera catechetica è basata in gran parte sulle donne. Vi ringrazio per questo: è un segno che ha il suo inizio nel giorno della Pasqua. Le prime a portare il lieto annuncio erano donne. Vi auguro di continuare in questo. E se anche gli uomini, forse i sacerdoti, i Vescovi, forse anche i Papi, non sono come dovrebbero essere, voi invece dovete sempre essere come le prime donne a cui Cristo ha affidato il primo “kerigma”: “Resurrexit”. Non voglio però diminuire il merito dei catechisti! Auguro tutto il bene alle vostre famiglie.  

Ai giovani  

Ai giovani, ai loro interrogativi, alle loro attese, alle loro speranze, Giovanni Paolo II dedica, come di consueto, l’incontro conclusivo della sua visita pastorale alla parrocchia dello Spirito Santo alla Ferratella. Si tratta ancora una volta di un incontro-dialogo, durante il quale il Papa ascolta le domande postegli da quattro dei giovani presenti alla ricerca di una parola di incoraggiamento e di consiglio per intraprendere la impegnativa strada dell’amore e della missione. Rispondendo alle domande, Giovanni Paolo II ha detto:  

É chiaro che i giovani sono un po’ curiosi. Anzi, è bene che siano curiosi, perché devono conoscere sempre più questa realtà che li circonda, questo mondo, questo cosmo in cui vivono, e anche quel cosmo interno che vive in loro. Capisco bene il vostro interessamento per quello che fa il Papa. Anche il Papa è una realtà in questo mondo, in questa Chiesa, di cui si parla, di cui si scrive.

Si sa, per esempio, che lui viaggia. Non tanto nel senso che lo fanno viaggiare. E lui deve viaggiare perché lo cercano, lo invitano, lo aspettano. Di questi viaggi vi interessa certamente quello che corrisponde alla vostra età. Durante i miei pellegrinaggi io incontro sempre i giovani, nelle parrocchie di Roma, come in ogni città e diocesi d’Italia e in ogni Paese del mondo. Ho giò fatto tanti di questi incontri, o, piuttosto, li ho vissuti con i giovani: non posso dire di averli fatti io, li hanno fatti loro e mi hanno invitato. Devo dirvi una cosa, che forse è la più significativa e caratteristica di questi incontri. Se gli altri incontri sono fatti soprattutto per ascoltare quello che dirà il Papa, in quelli con i giovani prima vogliono parlare loro, vogliono porre domande, fare le loro affermazioni, le loro osservazioni, e soprattutto vogliono parlare in modo direi “visibile”, con i loro canti, con i loro balli, le loro danze. Se io durante queste visite pastorali posso conoscere un po’ l’ambiente umano, la cultura locale, è soprattutto grazie ai giovani, a quello che loro portano con sé e che cercano di presentare. Sono molto riconoscente a questi giovani dei diversi Paesi del mondo perché tutti, con la loro testimonianza, che naturalmente richiede sempre molta preparazione, mi hanno offerto un’immagine del loro Paese, del loro popolo, della loro cultura, della loro vitalità. Tutto ciò è molto prezioso per chi rende visita, per vedere, imparare. Allora, i giovani sono sempre i buoni maestri del Papa attraverso i loro programmi e i loro incontri durante le visite pastorali.

Riguardo alla vostra domanda sull’ecumenismo, io penso che sia molto importante, direi una domanda-chiave, che “doveva” essere posta nel vostro ambiente, in questa parrocchia dedicata allo Spirito Santo. Alla domanda precedente, quella su come avvicinare un non credente e aiutarlo ad aprirsi a Cristo, penso che non si potrebbe dare una risposta esaustiva, univoca. Si deve precisare se si tratta del modo di parlare, di comportarsi, di avvicinare questo fratello. Ci sono diversi modi possibili, ma io sono convinto che c’è sempre un modo sostanziale, fondamentale, senza il quale non si può parlare a nessun altro uomo, donna, giovane, fratello, sorella, specialmente non credente. E questa parola, questo linguaggio è quello della preghiera. Si deve parlare con la preghiera. Io posso anche non pronunciare nessuna parola; se continuo a pregare per questo amico incredulo, faccio quello che è più importante. Naturalmente non si può dire che questo porterà frutto subito; forse porterà frutto alla fine della sua vita. Ma certamente porterà frutto, perché la preghiera, come ci ha assicurato Gesù, viene sempre esaudita. Il Padre esaudisce le nostre preghiere. Qualche volta a noi sembra che non ci sia risposta, anche se preghiamo. Il nostro Padre celeste sa quando e come. Direi che questa è la risposta più essenziale e sostanziale alla domanda fatta.

E parlando di questo, essendo qui nella parrocchia dello Spirito Santo e incontrandomi con i giovani, non posso non dire una cosa che mi è venuta subito in mente quando sono entrato in questa chiesa. Giovani vuol dire “risveglio”. Essi crescono, acquistano sempre maggiore maturità nella loro umanità, nella loro natura umana individuale, corporale: si vede come crescono! Ma nello stesso tempo cresce quello che é costitutivo della umanità di ciascuno: la vita spirituale. E cresce il compito apostolico di convertire gli altri intorno a noi, perché la preghiera fa crescere noi stessi spiritualmente. Nella preghiera, come dice stupendamente san Paolo nella lettera ai Romani, è sempre lo Spirito che parla in noi. E molte volte noi non sappiamo come pregare, che cosa implorare, ma egli ci indirizza. C’è questa creatività spirituale che viene dallo Spirito. L’uomo è un essere spirituale e, nello stesso tempo, un essere corporale. Ma lo spirito umano è aperto al mondo spirituale, a questo Spirito supremo che è Dio. Dio è lo Spirito, come diceva Gesù alla donna samaritana, che lavora in noi e forma i nostri spiriti attraverso il suo Spirito Santo. E questo l’augurio che faccio a tutta la gioventù della parrocchia dello Spirito Santo.

Ritornando alla domanda sull’ecumenismo, certamente qui ci troviamo nell’ambiente dello Spirito Santo. E vero che noi uomini, come Chiese, comunità ecclesiali, inclusa la Chiesa cattolica facciamo sforzi umani di dialogo, di conoscenza reciproca, per avvicinarci, per ritrovare la nostra unità nella fede. Ma siamo pienamente convinti che questa nostra opera, questi sforzi umani non saranno mai efficaci se non attraverso lo Spirito Santo. L’unione dei cristiani, se un giorno sarà pienamente realizzata, sarà un’opera dello Spirito Santo.

Io penso che le vie più indicate per fare esperienza di Dio si vedono soprattutto attraverso i santi contemporanei, soprattutto attraverso i santi giovani. Ho potuto già beatificare parecchi giovani. Per esempio, nell’anno in cui si celebrava il Sinodo dei laici, l’anno mariano, sono state beatificate due ragazze italiane martiri, come santa Maria Goretti, per difendere la purezza. Ma è stato beatificato anche un giovane francese, Marcel Callo, membro dell’Associazione dei giovani operai, cosiddetta JOC, in Francia, che è stato arrestato dai nazisti, portato nel campo di Mauthausen e lì assassinato per la fede, perché era credente. E un uomo contemporaneo. Domenica scorsa c’è stata anche la canonizzazione di Clelia Barbieri, una giovane di 23 anni, la più giovane fondatrice di una Congregazione religiosa. E così, tanti altri: mi ricordo la beatificazione, fatta a Torino, di Laura Vicuña, una persona straordinaria. Cilena, abbandonata da sua madre, ha offerto la sua vita giovane proprio per la conversione della madre, si è offerta al Signore come “vittima” per la madre. Ci sono tanti giovani tra i santi, ed essi sono modelli vivi per i giovani. Naturalmente non si può pensare ad una imitazione meccanica. Nessun santo ha avuto mai un imitatore nel senso stretto, una ripetizione della sua santità individuale. Ma in tutti c’è una ispirazione che orienta la vita di ciascuno. E ciascuno di noi ha i suoi carismi. A ciascuno è dato un dono speciale di Dio. Questo dono è un germe della vita spirituale, soprannaturale. Sviluppare questo dono dello Spirito vuol dire crescere nella santità. E la santità si realizza sempre e soprattutto attraverso la carità. Vi auguro un buon cammino spirituale. Tutti i santi sono anche gioiosi.

 

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