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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L’INCONTRO ECUMENICO
NELLA CATTEDRALE LUTERANA DI NIDAROS

Trondheim (Norvegia) - Venerdì, 2 giugno 1989

 

Cari amici.

1. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Ef 1, 2).

Queste parole di san Paolo descrivono adeguatamente i miei doverosi auguri a ciascuno di voi e a tutto il popolo della Norvegia. Rendo grazie a Dio per questa opportunità di ascoltare la Parola di Dio insieme con voi e di riflettere con voi sul suo significato per la vita della Chiesa e del mondo.

Il mio speciale saluto va ai Vescovi della Chiesa luterana di Norvegia, ai rappresentanti delle altre Chiese e delle comunità ecclesiali, ai funzionari statali e municipali, ai miei fratelli cattolici e a tutti coloro che oggi sono qui presenti. Sono particolarmente grato al Vescovo Bremer per avermi invitato, a nome della Chiesa luterana di Norvegia, in questo venerabile luogo di culto.

2. Questa cattedrale di Nidaros fu costruita dai vostri antenati sulla tomba del grande sant’Olav, che ebbe un ruolo decisivo nella diffusione del cristianesimo in questa terra. In questo e in molti altri modi, la cattedrale rende testimonianza della storia spirituale, politica e culturale della vostra Nazione. Essa ci parla anche di un’epoca in cui i cristiani non avevano ancora conosciuto la tristezza delle divisioni. Sia i protestanti che i cattolici della Norvegia guardano a sant’Olav per ritrovare le loro radici passate e per trarre l’ispirazione di cui hanno bisogno per vivere nel presente una vita autentica cristiana.

Certamente, questa cattedrale è più di un semplice edificio di pietra. È un luogo in cui, per secoli, il popolo è rinato quale figlio di Dio nel Battesimo, in cui esso ha ascoltato la Parola di Dio proclamata nelle Scritture, come noi abbiamo fatto oggi, ed ha offerto a lui il culto della Chiesa; un luogo in cui nella preghiera personale esso ha manifestato a Dio i suoi bisogni e lo ha ringraziato per le sue benedizioni. Per i pellegrini del medioevo che giungevano a Nidaros dopo un viaggio lungo e faticoso, la cattedrale era anche il riflesso della Gerusalemme celeste verso la quale noi tendiamo nel nostro pellegrinaggio terreno. In verità, una cattedrale come questa è più di un edificio di pietra. Essa fa volgere il nostro sguardo spirituale al cielo. Essa eleva le nostre menti e i nostri cuori a Dio.

3. Cari fratelli e sorelle: noi dobbiamo riconoscere davvero che la mente e il cuore dell’uomo moderno hanno bisogno di essere elevati a Dio. Noi dobbiamo ammettere che per tutte le conquiste della scienza moderna e della tecnologia che stanno trasformando il nostro modo di vivere, l’umanità, nelle parole di san Paolo, ancora “geme in se stessa” (cf. Rm 8, 23) in attesa di qualcosa di più. In verità, l’intera creazione “geme nel travaglio” (cf. Rm 8, 20. 22) per qualcosa che va al di là di quanto le nostre umane possibilità possono darci.

La scienza e la tecnologia attraverso le quali le preoccupazioni materiali e i fardelli della vita vengono via via alleggeriti, sono autentiche conquiste dell’energia creativa e dell’intelligenza dell’uomo. Ma una conoscenza di questo tipo crea problemi proprio così come li risolve. Pensiamo soltanto all’impatto ambientale e sociale del nostro moderno modo di vivere o ai danni causati dall’uso che facciamo dell’atomo o delle tecniche biomediche. La scienza e la tecnologia, come la vita economica da esse generata, non possono esprimere in se stesse il significato dell’esistenza o degli sforzi umani. Non possono spiegare in se stesse, né tanto meno eliminare, il male, la sofferenza e la morte.

Né possiamo dimenticare che l’“uomo moderno” di cui parliamo non è un’astrazione, ma piuttosto la persona concreta che ciascuno di noi è, un essere umano con un cuore con una mente. Anche qui ci troviamo di fronte a molti dilemmi. Noi lottiamo per l’amore, senza il quale non possiamo vivere, eppure oggi i rapporti fondamentali di amore nel matrimonio e nella famiglia sono minacciati dal divorzio, da fratture in seno ai nuclei familiari e da una radicale messa in discussione dell’autentico significato dell’essere uomo e donna. Noi lottiamo per la sicurezza, il benessere e per un senso di autostima, eppure le tradizioni della comunità, della famiglia, della casa e del lavoro vengono insidiate dalle trasformazioni che non sempre riconoscono la dimensione etica insita in tutte le attività e gli sforzi umani. Noi vogliamo essere liberi, ma senza una comune comprensione di ciò che noi dovremmo fare e non semplicemente di ciò che possiamo fare, la libertà finirà nella tirannia dell’egoismo e della forza superiore.

Ciò che è necessario tra questi mali individuali e sociali è una saggezza superiore che trasformi la mente, il cuore e la volontà: una saggezza che perfezioni l’intelletto umano portandolo dolcemente a cercare e ad amare ciò che è vero e bene, conducendo così l’uomo attraverso le realtà visibili a quelle che non possono essere viste. I Vescovi cattolici del Concilio Vaticano II ammonivano che: “L’epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi” (Gaudium et Spes, 15).

4. Cari amici: oggi in questa cattedrale di Nidaros, edificata per la gloria di Dio quale faro puntato verso il cielo, nel mezzo del mondo moderno, stiamo insieme per proclamare la buona Novella della Redenzione in Gesù Cristo. Attraverso di lui noi apprendiamo il significato della creazione e dell’attività umana entro il disegno di Dio. Gesù Cristo è la nostra saggezza. Egli è la via, la verità e la vita (cf. Gv 14, 6). Se la creazione è ancora “soggetta a futilità” lo è nella speranza di essere trasformata in Cristo. Se l’umanità “geme nel travaglio”, questo avviene nella misura in cui le menti e i cuori della gente non sono elevati con Cristo a Dio, e le coscienze non si sono conformate attraverso Cristo alla saggezza che viene da Dio.

Come cristiani noi proclamiamo una saggezza che riconosca e sostenga la priorità dell’etica sulla tecnologia, il primato della persona sulle cose, la superiorità dello spirito sulla materia (cf. Redemptor Hominis, 16). Noi siamo in grado di fare queste affermazioni perché Cristo ci ha mostrato che il nostro destino umano è un destino personale, morale e spirituale; esso consiste in un rapporto filiale con Dio.

Attraverso la fede e il Battesimo noi abbiamo compreso che la saggezza viene offerta come dono divino, ma anche che essa confonde l’intelletto umano se rimane chiusa al trascendente. È una saggezza rivelata che ci insegna che il Dio dell’universo non è una forza impersonale o inconoscibile, ma un Padre. Nei momenti di illuminazione interiore, le parole di Gesù riecheggiano nei nostri cuori: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25).

5. Il nostro compito è aprire la mente dell’uomo moderno alla saggezza divina, aprire il cuore dell’uomo moderno a Dio. Dobbiamo far questo alla maniera di Cristo, che è “dolce e umile di cuore”, e il cui “giogo è soave e il fardello leggero” (cf. Mt 11, 29-30). Proclamando il Vangelo in parole ed opere, noi rendiamo testimonianza di fronte a tutti del cammino che conduce alla vita. E non facciamo questo come individui isolati, ma come persone unite in Cristo attraverso il nostro Battesimo.

Chiaramente tale testimonianza costituisce una sfida ecumenica per tutti coloro che, come dice san Paolo, hanno “ascoltato la parola della verità” e hanno “ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso” (Ef 1, 13). Oggi alla vigilia del terzo millennio cristiano, il mondo ha bisogno di sentire la buona Novella della salvezza non meno di quanto fece nel primo e nel secondo millennio. È ancor più urgente che i cristiani operino per la graduale eliminazione delle loro differenze e rendano comune testimonianza al Vangelo.

Oggi in questa cattedrale, rendo grazie a Dio per la grazia del movimento ecumenico che abbiamo sperimentato nel nostro tempo. Grazie all’opera dello Spirito Santo nuove relazioni si sono venute a creare tra i cristiani che per secoli sono stati divisi gli uni dagli altri. Desidero anche manifestare la mia gratitudine a tutti coloro che in Norvegia hanno risposto a questa grazia ed hanno operato con dedizione per promuovere l’unità dei cristiani conformemente alla volontà di Cristo. Possiate voi perseverare lungo questo cammino con pazienza e amore, cosicché il dialogo tra noi continui nella fiducia e nel rispetto reciproci mentre cerchiamo l’unità nella piena verità di Cristo.

I preparativi per la celebrazione dei mille anni dalla fondazione di Trondheim, nel 1997, offriranno la opportunità ai luterani, ai cattolici e a tutti i cristiani della Norvegia di riflettere ulteriormente sulle comuni radici della vostra fede e sui valori del Vangelo che hanno plasmato la vostra storia comune. Offriranno inoltre un’opportunità di preghiera fervida, incessante preghiera per l’unità di tutti i seguaci di Cristo, poiché alla fine noi sappiamo che l’unità verrà solo come un dono di Dio.

6. Cari fratelli e sorelle: di fronte a noi sta il dovere di aprire nella storia un nuovo capitolo cristiano in risposta alle molte sfide di un mondo che cambia. Nei secoli passati la Chiesa ha condotto i popoli dell’Europa al fonte battesimale, e l’identità culturale dell’Europa è scaturita dalla fede cristiana. La centralità della persona, il ruolo della famiglia nella società, i diritti dell’individuo e dei gruppi, i valori etici e morali che diedero orientamento e ispirazione al comportamento umano, tutto questo si è sviluppato a contatto con il Vangelo e con l’insegnamento della Chiesa. Nell’Europa di oggi, tuttavia, sta nascendo uno scontro culturale dalle gravi conseguenze: è uno scontro tra due visioni di vita. L’una rivelata in Cristo in cui Dio viene accettato come fonte ultima e riconosciuta di verità, bontà e libertà; l’altra del mondo, chiusa alla trascendenza, in cui tutto deve essere costruito sugli sforzi dell’umanità per dare significato e orientamento a se stessa attraverso il consenso sociale. I cristiani comprendono che cosa è in gioco. La storia del nostro stesso secolo mostra chiaramente che dove non viene riconosciuta alcuna norma trascendente le persone rischiano di arrendersi a delle forze che prendono il sopravvento sulla società senza curarsi degli individui e della loro libertà.

La Chiesa cattolica non cerca privilegi ma si aspetta soltanto che la libertà civile e religiosa venga effettivamente garantita cosicché ella possa proclamare il suo messaggio e rivolgere l’attenzione alle domande fondamentali poste dall’esistenza umana nel mondo contemporaneo. Parlando al Parlamento europeo nell’ottobre dello scorso anno, sottolineai che “se il sostrato religioso e cristiano di questo continente dovesse essere emarginato dal suo ruolo di ispirazione dell’etica e dalla sua efficacia sociale, non è soltanto tutta l’eredità del passato che verrebbe negata, ma è ancora un avvenire dell’uomo europeo . . . che verrebbe gravemente compromesso” (Allocutio ad “Parlamento Europeo”, 11, die 11 oct. 1988).

Ecco il tempo della saggezza da parte di ciascuno! Ecco il tempo di una rinnovata testimonianza di fede da parte dei cristiani. Siamo sfidati a portare all’umanità il Vangelo di Cristo, la buona Novella della Redenzione e dell’adozione a figli di Dio. Siamo sfidati a rendere testimonianza della saggezza del Verbo incarnato. Cristo la “luce delle Nazioni” (cf. Lc 2, 32), una luce che porta alla pienezza di vita per coloro che l’accolgono. Di fronte a così grandi sfide lo Spirito di verità ci esorta a perseverare nel compito ecumenico.

Con fiducia in Dio, “colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare” (Ef 3, 20), accogliamo la sfida di una nuova evangelizzazione. Proclamiamo una volta di più la saggezza delle beatitudini ad un mondo che ha bisogno di pace, di amore e di fratellanza. Proclamiamo una volta di più la verità di Cristo, il nostro salvatore crocifisso e risorto. Egli è “il fine della stona umana, “il punto focale dei desideri della storia e della civiltà”, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni” (Gaudium et Spes, 45). Che Dio sia con tutti voi. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo”. Amen.

 

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