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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL
INDIA
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Castel Gandolfo - Martedì, 12 settembre 1989

 

Cari fratelli Vescovi.

1. Questo incontro conclude l’attuale serie di visite “ad limina” dei Vescovi dell’India. Oggi sono lieto di ricevere voi, Vescovi delle province ecclesiastiche di Bangalore, Madras-Mylapore, Madurai e Pondicherry negli Stati di Karnataka e Tamil Nadu. “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (2 Cor 1, 2). La vostra presenza costituisce un intenso momento della comunione ecclesiale che ci unisce nel servizio al corpo di Cristo, la Chiesa. Portate con voi - in pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo - una testimonianza della vita cristiana e della santità della parte di Popolo di Dio affidato alle vostre cure. Rendo grazie a Dio per la possibilità che mi ha dato, attraverso l’incontro con i Vescovi dell’India, di esercitare in modo personale e diretto il ministero universale affidato al successore di Pietro.

2. La Chiesa in India è una realtà viva piena di risorse di evangelizzazione. È ricca di riti differenti e molteplici forme di presenza ed azione in mezzo a gruppi di diverse origini sociali e culturali. Ha una storia lunga e varia da cui trae indicazioni per la sua vita e la sua missione attuale, tra cui l’esempio di grandi santi e sante cui può guardare per riceverne incoraggiamento ed ispirazione nell’affronto delle enormi sfide dell’evangelizzazione e del servizio.

Parlando con voi Vescovi, sono diventato più consapevole della situazione in cui vivono i vostri fratelli e sorelle nella fede, che abitano un grande Paese in lotta per raggiungere un più grande sviluppo, oltre che l’unità, l’armonia sociale e la giustizia per tutto il popolo. Tramite voi desidero inviare parole di incoraggiamento a tutti i membri della Chiesa cattolica dell’India. Nell’accogliere con gioia la buona Novella annunciata dalla Chiesa nel nome di Gesù e nella fedeltà generosa alla grazia da ciascuno ricevuta per l’edificazione del Corpo di Cristo, possano tutti i figli e le figlie della Chiesa in India “essere saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio” (Col 4, 12).

3. Uno dei molti ricordi della mia visita nel vostro Paese è l’incontro con i sacerdoti nella Basilica di Bom Gesù a Velha Goa, dove ho potuto pregare davanti ai resti di san Francesco Saverio. una delle figure eminenti nella storia missionaria della Chiesa. I sacerdoti presenti in quella circostanza, in rappresentanza di tutti i sacerdoti dell’India, erano “come servitori che offrono se stessi senza badare al costo, come guide che formano, ispirano e conducono l’unico Popolo di Dio sulle vie del Signore” (Allocutio ad Indiae Presbyteros in Basilica “Boni Jesus” habita, 3, die 6 febr. 1986: Insegnamenti di Giovanni Poalo II, IX, 1 [1986] 350). Oggi di nuovo desidero esprimere la mia profonda affezione nel Signore per ciascuno di loro ed incoraggiarli, come dissi allora, a continuare a dare Gesù all’India.

Vescovi e sacerdoti sono uniti in un vincolo organico che scaturisce dalla natura propria della Chiesa, come segno sacramentale della presenza salvifica di Cristo nel mondo, una presenza che continua nel tempo in modo particolare attraverso l’azione di coloro che sono chiamati a partecipare all’unico ed eterno sacerdozio di Gesù Cristo. Possiate voi, che avete ricevuto la pienezza del sacerdozio, non venir meno all’importante dovere di edificare e mantenere i vincoli di profonda fraternità ed amicizia con i sacerdoti che partecipano con voi all’impegno quotidiano del ministero pastorale. In ciascuna diocesi il presbiterio dovrebbe essere una evidente testimonianza di unità, carità e mutuo sostegno tra tutti i suoi membri. Non dovrebbero esserci mai segni di discriminazione o divisione. Le difficoltà non mancheranno mai, ma con l’aiuto di Dio e la buona volontà di tutti quelli che se ne occupano la buona salute del presbiterio sarà un fattore importante per il benessere e la perseveranza di ciascuno dei vostri fratelli sacerdoti.

4. Desidero congratularmi con i Vescovi dell’India per la vostra sollecitudine manifesta per la vita e il ministero dei vostri sacerdoti. In particolare, noto con piacere quanto è scritto nell’introduzione della Carta della Formazione sacerdotale per l’India, approvata nel 1988: “La conferenza dei Vescovi cattolici dell’India è più impegnata per la formazione dei sacerdoti che per qualsiasi altra cosa. Il futuro della Chiesa in India dipende dalla qualità e la statura dei sacerdoti che escono dai nostri seminari e case di formazione”. Siete giustamente convinti che un’attenta selezione dei candidati e la loro salda e integrale formazione sia di singolare importanza e beneficio per le vostre diocesi e per tutta la Chiesa.

Davvero, in vista del Sinodo dei Vescovi del 1990, tutta la Chiesa cattolica è stata invitata alla riflessione, meditazione e dialogo e preghiera sulla formazione dei sacerdoti nelle situazioni concrete dei nostri giorni. Il tema è molto attuale perché offre ai Vescovi di tutto il mondo l’opportunità di esaminare lo stato del rinnovamento voluto dal Concilio in questo campo, le esperienze e i risultati ottenuti da allora e le nuove domande che continuamente nascono dalla vita della comunità ecclesiale. Si potrebbe dire che il prossimo Sinodo completa il precedente sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Proprio in quel Sinodo si levarono molte voci a richiedere che i sacerdoti ricevano una solida formazione spirituale, che siano preparati a collaborare con i laici e che questa preparazione li spinga all’animazione dello stato laicale (cf. Lineamenta, 1).

5. È mio desiderio incoraggiarvi a coinvolgere tutta la Chiesa dell’India in una riflessione fino al Sinodo e sostenervi nella specifica responsabilità che è vostra in quanto Vescovi nel campo della formazione sacerdotale. I “Lineamenta” parlano del ruolo dei Vescovi e dei superiori maggiori dei religiosi nell’aspetto concreto della visita ai seminari e dell’essere informati del progresso dei seminaristi, nel guidare e sostenere il lavoro di quanti sono impegnati nella formazione (cf. Lineamenta, 22). Un Vescovo non dovrebbe lasciare ad altri la formazione dei suoi seminaristi, al punto di non essere personalmente coinvolto nel processo del discernimento vocazionale e del cammino verso l’ordinazione. Essendo colui che ha la responsabilità primaria del bene della Chiesa particolare cui presiede, è anche responsabile prima di tutti della vita e del ministero dei suoi sacerdoti e della loro formazione.

6. Nella Carta della Formazione sacerdotale per l’India avete giustamente precisato che la natura e la missione della Chiesa come sacramento dell’unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano pone una sfida speciale in India, che è terra di molte e differenti realtà. La formazione sacerdotale, pertanto, per poter servire con efficacia alle necessità delle vostre diocesi, deve tener conto della cultura, del linguaggio e del modo di vita del popolo che il seminarista è chiamato a servire nel suo futuro ministero. Nello stesso tempo questa attenzione verso le condizioni locali non dovrebbe in alcun modo indebolire il senso dell’unità e unicità della Chiesa. I seminaristi dovrebbero imparare a distinguere tra l’unità essenziale nella fede, nella vita sacramentale e nella comunione gerarchica, e la legittima pluralità che si accorda con una reale cattolicità. Un’enfasi esagerata sul pluralismo, teologico, liturgico o pastorale, può talvolta condurre a un “pluralismo di posizioni fondamentalmente opposte” (cf. Synodi Extr. Episc. 1985, Relatio finalis, II, C, 2).

Ogni aspetto della formazione sacerdotale deve essere visto in relazione con la Chiesa come “mistero” del disegno eterno di Dio reso presente e visibile nella storia dell’uomo. Quelli che sono chiamati a esporre questo “mistero” - in particolare, i teologi, professori e persone del seminario incaricate della formazione sacerdotale - dovrebbero essere ricolmi di un atteggiamento di umile e amorosa adorazione del “pietatis sacramentum” (1 Tm 3, 16) che è la sorgente della vita e della missione della Chiesa.

7. Come Pastori di una comunità ecclesiale nel cuore dell’Asia, voi siete sensibili al grande anelito che percorre il vostro continente: la profonda sete di liberazione dall’oppressione e dalla povertà, dal pregiudizio e dalla violenza, il desiderio di rispetto della dignità dell’uomo. Voi sapete quanto profondamente i popoli dell’Asia aspirano alla verità religiosa e alla pienezza della salvezza. Voi sapete che, in questo contesto, il vostro compito principale - detto nel modo più semplice ma anche più vero - è condurre e incoraggiare le vostre Chiese particolari a manifestare il volto di Gesù Cristo, annunciare il suo messaggio e comunicare la “vita nuova” che scaturisce dal mistero pasquale. Il vostro primo compito di Vescovi è quindi essere fedeli a Gesù Cristo, ciascuno di voi e tutti insieme, e riflettere il meglio possibile la figura del Buon Pastore, “il testimone fedele” (Ap 1, 5).

I punti più importanti del vostro ministero, come l’annuncio del Vangelo, la sua “inculturazione” e presentazione in un modo corrispondente al “genio” del vostro popolo, il dialogo interreligioso con i seguaci di altre tradizioni spirituali, vi impegna in un necessario dialogo di fede e carità con la Chiesa universale, e in particolare con la Sede Apostolica. In questa occasione della vostra visita “ad limina”, desidero ringraziarvi, Vescovi della Chiesa in India. per la costanza e la serietà del vostro impegno in questo aspetto essenziale della collegialità.

Con profonda convinzione ricordo una cosa detta durante il nostro incontro a New Delhi il 1° febbraio 1986: “Il nucleo di tutta la vostra sollecitudine pastorale, cari confratelli, è l’unità della Chiesa. Nella sua unità riconosciamo la più grande delle benedizioni, il desiderio del Cuore di Gesù, l’espressione di fedeltà al Signore, il segno di credibilità della sua Chiesa ed il segno della credibilità della missione stessa di Cristo. Nell’unità della Chiesa vediamo la ragione per cui Cristo è morto: “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11,52)” (Delii, allocutio ad Indiae sacros Praesules, 7, die 1 febr. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 1 [1986] 264). Affido questa intenzione alle vostre preghiere, al vostro studio e alle opere da voi intraprese per il bene della Chiesa nella vostra terra. L’unità può non essere facile. Spesso richiede grandi sacrifici e sofferenze personali. Può essere sostenuta solo dalla grazia di Dio.

Maria, madre del Verbo incarnato, interceda per ottenere questo dono alla Chiesa dell’India.

 

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