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VIAGGIO APOSTOLICO
A CAPO VERDE, GUINEA BISSAU, MALI, BURKINA FASO E CIAD

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL MALI NELL’ARCIVESCOVADO DI BAMAKO

Bamako (Mali) - Domenica, 28 gennaio 1990

 

Cari fratelli nell’episcopato,

1. “Ringraziamo sempre Dio per tutti voi . . . memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 1, 2-3).

Queste parole dell’Apostolo San Paolo esprimono bene quello che io sento in occasione di questa visita pastorale nel Mali. Voi rappresentate certo la più piccola delle comunità dei credenti del Paese, vivendo in una società i cui criteri di pensiero e di azione, le mentalità e i comportamenti collettivi sono soprattutto quelli delle religioni tradizionali e dell’Islam, ma voi siete un Popolo di fede, che semina il gusto di Dio nel mondo.

Voi siete un Popolo di riconciliazione, che apre con pazienza i cammini del dialogo fraterno e della pace.

Siete un Popolo di condivisione e di speranza, che semina i germogli della solidarietà e della speranza nel cuore delle società umane.

È così infatti che mi appare la vostra Chiesa, che io visito con molta gioia e, aggiungerei, con fierezza, considerando il bel lavoro che è stato realizzato fino ad oggi: in cento anni, voi avete messo radici, avete vinto molte resistenze, siete riusciti a crescere su di un terreno difficile.

2. Dopo le celebrazioni dell’anno del centenario dell’evangelizzazione, proseguite con dinamismo rinnovato la missione ricevuta da Cristo: “Predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15). Voi continuate a costruire la Chiesa, facendo prendere coscienza ai battezzati del progetto che Dio ha su ciascuno di loro: essi sono le pietre viventi dell’edificio spirituale. Voi fate anche crescere in loro il senso della corresponsabilità. Lasciate che io vi incoraggi a dare una formazione approfondita ai fedeli delle vostre diocesi, seguendo l’auspicio espresso nell’ultimo Sinodo dei Vescovi sulla vocazione e la missione dei laici, affinché la Chiesa nel Mali sia sempre più splendente. Che i cattolici siano luce, sale e lievito per far sbocciare le ricchezze spirituali del popolo del Mali!

Tra le altre cose, auspico con voi che la vita contemplativa prenda radici in futuro nel vostro Paese, affinché monaci e monache diano, con la loro vita di preghiera, di silenzio e di offerta totale di sé, la testimonianza del primato, della grandezza e dell’amore di Dio. Attraverso la luce della sua presenza, essi disporranno molti cuori ad aprirsi al messaggio del Vangelo. Con le loro suppliche, otterranno dal Signore l’invio di operai più numerosi per la messe abbondante.

3. Nella vostra vita ecclesiale nel Mali, dove i cattolici sono una piccola minoranza, il dialogo religioso viene a trovarsi in primo piano. So che qui esiste un clima di intesa tra le diverse famiglie di credenti e ne rendo grazie a Dio.

Questo tema del dialogo sarà oggetto, tra gli altri, delle riflessioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che ho convocato, lo scorso anno, nella festa dell’Epifania del Signore. Vi invito, cari fratelli, a entrare nel grande movimento di preparazione di questo avvenimento, e ad interessare ad esso l’insieme delle vostre famiglie diocesane. La Chiesa del Mali vi dovrà far sentire la sua voce attraverso i suoi delegati: non ha essa, proprio nel campo del dialogo religioso, un’esperienza da condividere con gli altri?

Il dialogo è infatti una componente della missione di evangelizzazione e un mezzo necessario per compierla. Non si può proclamare il Vangelo senza dialogare con fede e amore con coloro ai quali la Buona Novella è portata.

Del resto, in Africa, il pluralismo religioso che spesso caratterizza l’ambiente nazionale, etnico e persino familiare, incita a sviluppare uno spirito di dialogo per prevenire conflitti e discordie. Succede, d’altra parte, che la Chiesa cattolica, nel vostro continente, sia chiamata a prendere l’iniziativa in questo campo delicato e difficile.

Il dialogo religioso riguarda in primo luogo i nostri fratelli nella fede cristiana. L’Africa ha ereditato divisioni dalle Chiese più antiche, ed ha anche esperienza della moltiplicazione delle nuove sette. Senza scoraggiarsi, bisogna cercare l’unità “perché il mondo creda” (Gv 17, 21). Avete un patrimonio culturale comune e un senso religioso innato che possono facilitare il dialogo. La collaborazione tra la Chiesa cattolica e comunità ecclesiali diverse ha già dato buoni frutti, in vari punti dell’Africa, per esempio per la traduzione della Bibbia, per la presenza cristiana nei media, per la promozione della giustizia e della pace. Queste azioni condotte insieme rafforzano la reciproca comprensione, che è condizione per uno scambio di idee franco e senza equivoci sul contenuto della fede e il senso della Chiesa. Qui, come nelle altre parti del mondo, il dialogo ecumenico è un dovere. Seguite la via segnata dal Concilio Vaticano II, e supplicate il Signore di riunire i suoi figli nell’unità.

4. Il dialogo abbraccia anche l’insieme dei musulmani che sono, in Africa, importanti interlocutori in ragione delle molteplici dimensioni del loro Islam e delle profonde radici che questo ha messo in numerosi popoli africani. A partire dal monoteismo di Abramo, al quale essi volentieri si riferiscono, i musulmani sono portatori di valori religiosi autentici che noi dobbiamo saper riconoscere e rispettare. Certo, il dialogo con loro non è sempre facile, né desiderato da tutti, e, a volte, si trova persino difficilmente un linguaggio comune e interlocutori rappresentativi. Ed è qui che la generosità cristiana deve saper essere realista e coraggiosa insieme. E soprattutto, ci si è talvolta trovati, in certi Paesi, di fronte a forti reticenze a rispettare il principio di reciprocità nel riconoscimento dei diritti degli uni e degli altri alla libertà di coscienza e di culto. Il dialogo ha anche vocazione ad essere una domanda pressante nella ricerca della giustizia.

Nella convinzione che la carità di Cristo può superare tutti gli ostacoli (cf. Rm 12, 21), conviene dunque creare un’atmosfera utile a preservare per tutti la libertà di adesione alla fede attraverso scelte chiare e le occasioni di una collaborazione fruttuosa e pacifica per il bene comune.

5. Nel dialogo con coloro che mantengono l’adesione alla religione tradizionale africana, converrà incoraggiare una benevola attenzione ai valori che essi professano, per riconoscervi con discernimento quello che può restare parte integrante del bene comune. Spesso la collaborazione sarà possibile e benefica per il servizio della società. E, conservando una parte preziosa dell’eredità tradizionale, i cristiani potranno testimoniare chiaramente la loro fede in Gesù Cristo, in un dialogo naturalmente fraterno.

6. A tutti i vostri diocesani, ripeterete il mio incoraggiamento a prendere parte, secondo la vocazione di ciascuno, all’avvento del regno di Dio nel Mali, in Africa e nel mondo. Siano essi di stimolo gli uni verso gli altri nella carità di Cristo sotto la vostra vigilanza pastorale!

Un certo numero di vostri fedeli avrebbe senza dubbio desiderato incontrare il Papa in questa occasione unica della sua venuta nel vostro Paese, ma non è stato loro possibile perché sono disseminati sul vostro immenso territorio. Trasmettete loro la mia Benedizione, e assicurateli della mia preghiera. Vorrei soprattutto che esprimeste il mio affetto ai malati, agli handicappati, agli anziani, ai prigionieri.

Che Dio vi conservi nella Sua gioia e nella Sua pace! Che permetta al Mali di realizzare una crescita felice! Che assista i suoi dirigenti! Che ispiri ogni abitante nella sua coscienza, perché il bene sempre lo guidi in ogni sua azione e perché la giustizia e la fraternità impregnino la vita sociale del Paese!

Affido a Nostra Signora del Mali i voti fervidi che formulo per voi e, di tutto cuore, vi benedico insieme con i vostri collaboratori e con tutti i fedeli del vostro caro Paese.

 



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