VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI FERRARA-COMACCHIO
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA POPOLAZIONE DI COMACCHIO
Sabato, 22 settembre 1990
Signor sindaco, cari fratelli e sorelle!
1. Sono lieto di incontrarvi in occasione della mia visita pastorale a questa diocesi. Saluto di cuore ognuno di voi. Saluto il vostro carissimo e zelante arcivescovo, che conosco e apprezzo da molto tempo, quando era segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Ringrazio il signor sindaco per le calorose parole di benvenuto, che ha voluto gentilmente indirizzarmi, a nome di tutta la popolazione. Rivolgo un particolare pensiero a voi, qui presenti, e a quanti mi ascoltano. Abbraccio spiritualmente tutti gli abitanti di Comacchio e di queste valli, che con il loro incantevole panorama fanno della vostra zona un’oasi di verde e di pace.
La vostra è una terra che, nonostante le difficili vicende storiche e le stesse calamità naturali, ha saputo attraverso i secoli, per la tenacia della propria gente, non perdere la sua identità ambientale. Ne è uscita anzi più definita e più bella. Questo è uno dei luoghi, rari nel nostro tempo di indiscriminata espansione industriale, dove l’intervento della tecnica ha rispettato il volto della natura, creando condizioni adatte perché lo sviluppo non perda la sua dimensione umana.
2. Di simile paesaggio, caratterizzato da spiagge marine, da varietà di vegetazione, da fauna di terra, di aria e di acqua, dove spesso riesce difficile definire i confini stessi dei vari elementi, sembra a prima vista che il naturale costruttore sia stato il gran fiume, sempre pronto a sconfinare, a far capricci, e talvolta a cambiare perfino corso. Migliaia di ettari di terra sono stati contesi, ora perduti e ora riacquistati, in una gara secolare tra mare, fiumi e uomo.
Ma oggi possiamo giustamente affermare che ha vinto l’uomo. Così, il vostro litorale, una volta ricoperto di boschi, è ora tutto punteggiato di tranquille località di villeggiatura. Le pietre, sapientemente collocate per porre argine all’invasione delle acque, gli edifici civili e religiosi, con strade e sentieri collegati da ponti, fanno della vostra ridente cittadina, con le sue isole e il labirinto dei suoi canali, un esempio dell’umana ingegnosa operosità.
In realtà, il più valido artefice di questo singolare luogo, che qualcuno ha chiamato “il paese dell’acqua”, è stato l’uomo, che è riuscito, col suo coraggio e la sua fede, ad avere la meglio, non incrociando mai le braccia di fronte ai fenomeni avversi.
3. Cari fratelli e sorelle, venendo in mezzo a voi, il mio pensiero si rifà con insistenza alla stupenda pagina della Genesi che, riletta in questa singolare circostanza, assume un valore di straordinaria attualità. Dopo aver creato il mondo, Dio, benedicendo il primo uomo e la prima donna, disse: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogate e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra” (Gen 1, 28).
Le parole del Libro sacro trovano qui una loro suggestiva applicazione. Dio creatore plasmò l’uomo a propria immagine e somiglianza, affidandogli il compito di custodire e coltivare la terra e di dominare sui pesci del mare, oltre che sugli uccelli del cielo e sugli animali della terra. È quanto l’uomo ha fatto nel corso dei secoli in questo angolo privilegiato della penisola, affrontando a volte immani fatiche. Non sono mancati i momenti nei quali anche gli uomini di queste valli hanno avvertito tutto il peso dell’antica sentenza: “Col sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gen 3, 19). Ma anche quando il confronto con la natura s’è rivelato penoso e duro, il lavoro non ha cessato di essere un bene per l’uomo, perché gli ha consentito non solo di trasformare l’ambiente adattandolo alle proprie necessità, ma anche di realizzare se stesso come uomo, di divenire, in certo senso, più uomo (Laborem exercens, 9).
L’attività lavorativa chiama ciascuno a partecipare all’opera della creazione, impegnandone non solo il fisico, ma anche lo spirito. Sant’Agostino ripeteva: “Considero la terra e vedo che essa è stata creata. È grande la bellezza della terra, ma ha un Creatore. Vedo la grandezza del mare che ci circonda, me ne stupisco, l’ammiro, ma cerco il Creatore. Alzo gli occhi al cielo, ammiro la bellezza delle stelle, lo splendore del sole, vedo la luna: sono meravigliosi tutti quanti: li ammiro, li esalto, ma ho sete di colui che li ha creati” (S. Agostino, Comm. in Ps. 41). È Dio, dunque, il primo artefice di tutto. È lui che noi cerchiamo anche quando ci sforziamo di costruire un mondo più bello: lui, Verità immutabile ed Essere cui nulla fa difetto. Il mondo visibile, mutevole e limitato, non può rispondere totalmente alle attese della mente e del cuore umano.
È con queste interiori disposizioni che occorre affrontare la propria fatica quotidiana. Chi lavora con un simile atteggiamento, entra in una sorta di dialogo con Dio, che ben può qualificarsi preghiera. La sua attività diventa vera collaborazione col Creatore nel far progredire l’universo verso una perfezione sempre maggiore. Al termine della propria fatica quotidiana l’uomo, asciugandosi il sudore della fronte, può allora condividere la soddisfazione di Dio, dopo ogni giorno della creazione, per aver fatto “una cosa buona” (Gen 1, 10. 12).
4. Cari fratelli e sorelle, vi sostenga in quest’impegno e vi accompagni, ogni giorno della vostra esistenza, la Vergine Madre, la più alta collaboratrice di Dio. Voi la venerate con filiale devozione e l’invocate, come vostra patrona, nel santuario di Santa Maria in Aula Regia congiunto alla città da un lungo porticato. La chiamate anche, in modo assai significativo, “Madonna del popolo”, a indicare il profondo rapporto che c’è tra la gente di Comacchio e Colei che ha dato al mondo il Salvatore. Sono particolarmente lieto di associarmi a voi nel celebrare oggi la sua festa. Con voi la invoco e per tutti imploro la sua protezione.
Santa Maria in Aula Regia sia al fianco di ciascuno e vegli materna sull’intera vostra Comunità.
Vorrei aggiungere ancora una parola di ringraziamento speciale. Dalle parole del vostro signor sindaco abbiamo appreso che tra quelli che sono venerati in Polonia come “cinque frati” protomartiri monaci, vi erano anche due rappresentanti della vostra terra. Era all’inizio della storia della mia Patria, nei primi anni di questo millennio. Vorrei ringraziare per questo dono spirituale che ci unisce attraverso tanti secoli, ci unisce nel mistero della Chiesa, ci unisce nel mistero di Cristo. Grazie di cuore a nome della mia Patria, dei miei compatrioti, della Chiesa in Polonia.
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