DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE
FIGLIE DELLA CARITÀ DI SAN VINCENZO DE' PAOLI
Sala Clementina - Lunedì, 27 maggio 1991
Care sorelle,
1. Oggi voi siete le delegate di trentamila Figlie della Carità. Che gioia e quale responsabilità! Salutandovi di tutto cuore mi congiungo nello spirito ad ognuna delle vostre Sorelle e le ringrazio vivamente a nome della Chiesa e di tutti coloro che beneficiano del loro carisma vincenziano. A voi, Sorella Juana Elizondo, rinnovo i miei fervidi auguri di saggezza e di forza d’animo. Le Superiore generali che vi hanno preceduto erano figlie della terra di Francia, come San Vincenzo de Paoli e Santa Louise de Marillac. Le origini delle vostre famiglie sono da ricercare sull’altro versante dei Pirenei. La vostra elezione illumina di nuova luce l’impronta, già internazionale, della Compagnia nella certezza che lo spirito dei Fondatori sarà custodito con fermezza ed entusiasmo sulle orme di Suor Suzanne Guillemin, di Suor Lucie Rogé deceduta recentemente, di Suor Anne Duzan, che vi hanno trasmesso ciò che esse, in prima persona, avevano imparato dalle Superiore generali che le avevano precedute.
2. A queste parole che nascono dal cuore, vorrei far eco con il tema importante della vostra Assemblea generale: “Come si può restare autentiche Figlie della Carità nel e per il mondo d’oggi?”. Il vostro unico compito dev’essere quello di servire il mondo dei diseredati, dei “piccoli”. Più che mai vi esorto a condividere la miseria del mondo contemporaneo, come i vostri Fondatori fecero in passato e farebbero ancor oggi.
L’eterna fonte del vostro servizio per i poveri è la quotidiana contemplazione di Cristo, condividendo concretamente le sofferenze, l’insicurezza, il rifiuto, l’umiliazione, la disperazione dei poveri. È una sconvolgente contemplazione! Contemplazione che vi ispira anche nella ricerca di un servizio efficace che segua i giovani, gli adulti, le persone anziane, i malati, tutti coloro che sono colpiti dal flagello delle miserie frutto di numerose cause di cui voi siete già a conoscenza, ed inoltre dalla negativa e mal controllata evoluzione dell’attuale società.
Voi stesse, umili ancelle dei poveri, rinnovate ripetutamente il vostro “gusto” della povertà, povertà volontaria e dignitosa, rinunciando a tutto ciò che non è necessario alla vostra vocazione caritatevole. L’afflato di Pentecoste che passò sulla Chiesa al momento del Concilio, ispirò ad essa di voler essere innanzitutto “ancella e povera”. Indubbiamente la Chiesa si sforza di vivere questo ideale. Ciononostante il peso delle abitudini ce ne può allontanare. L’influenza dei modi di vivere dei Paesi maggiormente sviluppati e la necessità di strutture moderne e costose necessarie per l’apostolato hanno come scopo quello di domare ed equilibrare fedelmente lo spirito dei vostri fondatori.
3. Permettetemi, mie Sorelle, di mettere in luce un altro elemento del vostro servizio per i poveri proposto nella riflessione della vostra Assemblea generale: cioè la forza che voi dovete trovare nel corso della vostra vita comunitaria e fraterna. Santa Louise de Marillac diceva: “Che Dio sia benedetto dall’intelligenza genuina e dalla pace santa che fra voi dimora, è così che bisogna vivere per essere una cristiana e a maggior ragione per essere Figlie della Carità” (Sainte Lousie de Marillac, Massima di vita, 73)? Voi arricchite sempre più questa vita fraterna alimentata, giorno dopo giorno, dalla viva preghiera di comunione durante la quale ogni Sorella rivela fedelmente il meglio di se stessa e della sua fede.
Care sorelle, nel nome di Cristo e della Chiesa, ho l’ardire di mobilitarvi nuovamente per il mondo immenso e diversificato della povertà. Che la grazia onnipotente del Signore illumini le vostre vite, che sono già e sempre saranno un richiamo, e lo spero ardentemente per i giovani del nostro tempo notevolmente sensibili alla miseria! Vi imparto la mia affettuosa benedizione apostolica!
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